Seaside: Alessandra

Questa è la parte 3 di 3 della serie Seaside
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[Photo credit immagine di copertina]

Capitolo 1 – In Famiglia

[Alessandra,con il padre, a bordo di una barca a vela]

Accanto alla barca della famiglia U., nel marina in Corsica, era ormeggiata una barca a vela leggermente più piccola, di poco più che dieci metri. Era una vecchia barca solida e piuttosto diffusa ancor oggi. A bordo c’era Giulio S. con la figlia Alessandra.

Giulio era un sessantacinquenne toscano, due volte divorziato e che da diversi anni viveva da solo, trascorrendo più settimane all’anno che poteva sulla propria barca. Alessandra, da poco diciottenne, era sua figlia, nata dal secondo matrimonio, naufragato quando lei era ancora in fasce.

Per la verità non si trovavano esattamente nel posto accanto, ma ad un posto barca, vuoto, di distanza – circa quattro metri, quindi. Questo perché la stagione estiva era da poco iniziata, e le barche in giro erano ancora poche. Ad ogni modo, e benché occupati ognuno dal proprio gruppo familiare, i due equipaggi si erano notati ed educatamente salutati a vicenda.

Alessandra era giunta a bordo solo da un giorno, aveva raggiunto il padre la sera prima in aereo e treno. La madre, italo-francese, viveva in Liguria e lavorava in Francia. Alessandra era quindi cresciuta italiana ma con una forte impronta francese, conosceva abbastanza bene la lingua, e non vedeva il padre che durante le vacanze. L’ultima vacanza in barca con lui risaliva a due estati prima, quando ancora era una bambina. Quest’anno, la madre aveva insistito perché accettasse di trascorrere due settimane con lui, e lei aveva dovuto accettare.

Alessandra era cresciuta e cambiata, rispetto a due anni prima. Si trovava nel pieno dell’adolescenza e il suo umore lo testimoniava perfettamente. Fisicamente si era sviluppata, era ormai una donna fatta: non molto alta, aveva ereditato dalla madre un fisico asciutto, con curve appena accennate, i capelli biondi e gli occhi castano chiari.

Al calar del sole sedeva in pozzetto, dove aveva appena finito di apparecchiare. Suo padre, portando fuori da sottocoperta la cena, le disse gaio (e, agli occhi della ragazza, sciocco e semplicista come al solito):
– Domani usciamo, andremo in una rada poco distante che, vedrai, è bellissima. Se poi fa bel tempo come promette, potremo anche fermarci fuori per la notte; vedrai come è bello!

La ragazzina non disse nulla, prese le stoviglie che lui le passava e le mise sul tavolo. Mentre il vecchio scendeva di nuovo, lei, apparecchiando, notò sul molo la ragazza bionda della barca accanto che tornava dalla doccia. Aveva un asciugamano avvolto intorno al corpo, i capelli bagnati, ed era bella anche così, come l’aveva vista bella la prima volta che l’aveva notata a bordo. Osservando il suo arrivo, vide che si fermava a salutare l’uomo, il proprietario della barca: e notò allora che quello si stava lavando direttamente sulla banchina di cemento, e che era completamente nudo.
Alessandra lo fissò con sorpresa, per alcuni secondi. si vedeva, tra la schiuma bianca, l’inguine nudo dell’uomo, fitto di peluria nera, ed il pene flaccido (ma piuttosto lungo, notò) che oscillava libero.
Sapeva che in barca c’era una certa libertà su quei comportamenti, ma questa le parve comunque un po’ sorprendente.
Le venne voglia di farlo notare al padre. Quando lui riemerse dalla cabina, con la cena pronta, Alessandra gli chiese:
– In porto ci si può fare la doccia liberamente?
Giulio, mentre si sedeva, provò a rispondere: – Beh, dipende; puoi farla al circolo, in genere costa un euro o due, oppure puoi farla in barca.
– Il nostro vicino se la fa sulla banchina. – Accompagnò la frase con una cenno del capo verso il vicino, che si stava risciacquando.
– Ah beh sì, la si può fare anche lì, basta attaccare una canna… – Giulio si voltò a guardare, e vide l’uomo interamente nudo, che si stava togliendo la schiuma da dosso. – Insomma… forse è un po’ più educato farla in barca, ma comunque…
– Beh in barca è stretto, lì almeno ti lavi bene.
– Ah sì, questo sì.
– Tu la fai mai sul molo?
– Qualche volta… Ma in genere tengo addosso il costume, ecco.
Alessandra rispose a quella precisazione con una semplice alzata di spalle. Dopo un po’, Giulio aggiunse:
– Tu comunque puoi farla dove preferisci, anche sul molo se vuoi…
La ragazzina non disse nulla e iniziarono a cenare.

La mattina seguente si levò un bellissimo sole e una brezza leggera, e come da programma il Gabbiano, la barca di Giulio S., prese il largo. Uscirono dal porto mentre i loro vicini di barca ancora dormivano.
Anche Alessandra si era svegliata da poco. Era uscita dalla cabina mentre il padre si apprestava a salpare, su sua richiesta era andata a prua a liberare una cima, e poi aveva assistito passivamente, seduta, alla manovra dell’uomo che da solo portava la barca fuori dal porto.

Alessandra non faceva colazione, non era sua abitudine. Non appena furono fuori dalla diga foranea, mentre Giulio impostava la rotta e le diceva gioviale che in un’oretta sarebbero giunti alla rada, lei, già in bikini nero (gli slip erano a forma di pantaloncino cortissimo), si stese sulla tuga della barca, a pancia in sotto, a prendere il sole.
L’uomo la vide distendersi e chiudere gli occhi, proprio di fronte a lui che timonava, e notò che si portava le mani dietro le scapole e slacciava il reggipetto, per meglio abbronzarsi la schiena. “Bene”, pensò, “così si rilasserà e si distrarrà.” Ci teneva che la figlia stesse bene in quelle vacanze, molto importanti per lui.

Dopo più di mezz’ora di navigazione Alessandra si sollevò sui gomiti, le braccia incrociate di fronte al petto, si guardò intorno come se si fosse appena risvegliata, quindi con aria annoiata guardò il padre di fronte a lei, al timone, e chiese:
– Tra quant’è che arriviamo?
– Guarda, la rada è proprio quella laggiù in fondo, si vede già… tra mezz’oretta saremo ancorati. Posso accelerare ancora un po’…
Mentre Giulio aumentava leggermente i giri del motore, Alessandra ruotò la testa per guardare brevemente la loro meta. Quindi si alzò sulle ginocchia, reggendosi il costume sul petto con un braccio, si alzò in piedi e, aggrappandosi con una mano sola alle sartie, camminò sul passavanti e saltò in pozzetto.
– Stai attenta quando ti muovi, aggrappati bene… – la apostrofò Giulio. La ragazza entrò con cautela in cabina, ignorandolo.
Ne riemerse un attimo dopo, con in mano il telefono cellulare, con il quale si mise a rispondere ad alcuni messaggi, seduta in pozzetto. Con il braccio sinistro continuava a reggersi il costume.

Verso mezzogiorno pranzarono, coprendo il pozzetto con un tendalino che garantiva ombra, mentre la brezza portava il fresco. Subito dopo il pranzo leggero, mentre ancora Giulio sparecchiava, Alessandra chiese di poter fare un bagno. Il padre le calò la scaletta in acqua e la ragazza si mise in piedi sul bordo. Prima che scendesse, Giulio si trovò per un istante accanto a lei, con il viso proprio all’altezza del piccolo sedere rotondo e pieno, sollevato, fasciato dal costume nero. Lo sguardo gli si fermò per qualche istante sui glutei lisci e abbronzati, a pochissimi centimetri da lui, e non poté non apprezzarne la bellezza e perfezione. Dopo pochi secondi Alessandra si voltò ed iniziò a scendere in acqua, e Giulio pensò che era meglio così.

Mentre entrava la ragazza emise un sospiro e un gemito al contatto con l’acqua fredda:
– Brrr-rrr!…
Giulio sorrise: – Ti sembra fredda perché sei stata al sole…
– Gelata… Tu non entri?
– Mah… non ho molta voglia.
– Paura per il freddo?
– Ma va’, no…
– Brrr… io ce la faccio! – Così detto si immerse del tutto e si spinse via dalla scaletta, galleggiando in acqua.
Giulio si lasciò convincere. Scese anche lui la scaletta dietro a lei che già nuotava intorno. L’acqua appariva effettivamente fredda, ma l’uomo tenne duro ed entrò rapido quasi quanto la figlia. Quando si staccò dalla barca e la raggiunse, lei stava nuotando verso la scaletta:
– Io esco… è fredda.
Si aggrappò e salì i pioli, uscendo dall’acqua e tornando a bordo. Giulio, sentendosi sciocco all’idea di risalire subito, nuotò un po’ avanti e indietro, da solo.
Poco dopo Alessandra si affacciò alle draglie a poppa della barca, con un telo spugna avvolto attorno al corpo come un vestito. Diede un’occhiata al padre e stese il proprio costume nero sulle draglie, sia il reggiseno che gli slip.
Giulio finalmente emerse dall’acqua e tornò a bordo, terminando un bagno di cui non aveva avuto voglia. Alessandra stava sparecchiando, portando di sotto le stoviglie.
– Lascia, Alessandra, lavo io adesso…
– Mh-m.  Io vado a prua.
– Sì… se vuoi, puoi farti una doccia con l’acqua dolce, per toglierti il sale.
La ragazza a quelle parole si fermò e tacque un istante. – Dove? – chiese.
– Qui a poppa, c’è una doccetta apposta. Basta non usare troppa acqua…
– Ah. Ok. Tu la fai?
– Sì…
– Ok, dopo la faccio io. Intanto dammi il costume che te lo stendo.
La ragazzina tese la mano ed attese. L’uomo per qualche secondo rimase del tutto all’impasse. Ricordò il discorso della sera prima, e pensò ad un malinteso: lui di solito si sciacquava con indosso il costume, forse Alessandra invece aveva pensato che la sua proposta si riferisse a quanto visto la sera precedente sul molo…
Nell’indecisione, dovette decidere di fare qualcosa. Siccome Alessandra aspettava, non trovò di meglio che girarsi di spalle, rispondendo affermativamente mentre si slacciava il costume, e quindi calarlo.
Le dava le spalle quando se lo tolse anche dai piedi e, voltando solo la testa, glielo porse:
– Grazie.
Era del tutto nudo, e sapeva che stava rivolgendo ad Alessandra il sedere, bianco perché mai abbronzato. La ragazzina prese il costume e senza dir nulla andò come anticipato a prua, a stenderlo.
Giulio tornò sullo specchio di poppa, in piedi e voltando sempre le spalle alla barca, e si sciacquò dalla testa ai piedi con l’acqua dolce. Quando ebbe finito, Alessandra era alle sue spalle.
– Fatto?
– Sì, grazie!
– Faccio io…
– Sì…
Capì che doveva farle spazio, e si voltò continuando a darle le spalle, ritornando in pozzetto. Alessandra sfilò dietro di lui ad occupare il suo posto.
L’uomo raggiunse la propria salvietta, la prese e se l’avvolse subito attorno alla vita, senza nemmeno preoccuparsi di asciugare i capelli e il torso. A quel punto si girò e guardò per la prima volta verso poppa, dove Alessandra, girata di spalle nella stessa posizione sua di poco prima, era completamente nuda e si stava sciacquando rapidamente.
L’uomo osservò brevemente il corpo magro e flessuoso, abbronzato, con il segno degli slip più chiaro ma non bianchissimo. Vide il sedere nudo, piccolo e rotondo, sodo. Vide la schiena graziosa e liscia. In leggero imbarazzo, si voltò a sistemare, un po’ inutilmente, due cuscini in pozzetto, poi sedette senza sapere bene cosa fare.
Lo tolse dall’imbarazzo Alessandra, che raccolse e si riavvolse attorno al corpo l’asciugamano, rientrò in pozzetto e lo apostrofò un po’ aggressivamente:
– Non ti metti un costume asciutto?
– Sì… mi stavo un attimo asciugando.
Accanto a lui, come dando il buon esempio, la ragazza raccolse un paio di slip asciutti che si era preparata e se li infilò sotto l’asciugamano. Quindi sciolse quest’ultimo, reggendoselo solo davanti al petto.
– Vado a prendere un po’ il sole.
– Sì…
Sfilò davanti a lui salendo sulla tuga. Gli slip che aveva indossato erano interamente bianchi, tanto che era difficile distinguerli da comuni slip di biancheria intima…
Si stese prona, sull’asciugamano, e non avendo indosso il reggiseno esibì la schiena nuda al sole.

Era ormai primo pomeriggio quando Giulio osò tornare nei pressi della figlia, che era rimasta stesa al sole sulla tuga. La raggiunse e vide che era ancora stesa prona; aveva le cuffie del lettore mp3 nelle orecchie e sembrava dormire.
Giulio le sedette vicino. Già da quella distanza sentì la musica a tutto volume, ritmata: doveva essere rap, se non sbagliava.
Appena lui si sedette Alessandra alzò la testa, dimostrando di non dormire affatto. Lo guardò da dietro gli occhiali da sole e si tolse le cuffiette.
– Ciao… Ti ho svegliata?
– No. Cosa c’è?
– Niente… volevo dirti che se poi più tardi hai voglia magari di scendere a terra, abbiamo il gommone.
– No, io sto bene qui.
– Va bene. Non rischi di scottarti stando al sole così a lungo?
– No, non mi scotto mai. Poi sono già abbronzata.
– Ah sì, hai già una bella abbronzatura.
Parendo infastidita dalla presenza dell’uomo, che non accennava ad alzarsi, Alessandra spense l’ipod e gli chiese di passarle il costume che c’era lì vicino. Giulio glielo diede, e lei se lo infilò sotto il petto. Restando distesa lo legò dietro alle scapole magre, quindi si sollevò a sedere curando che le coppe triangolari del bikini bianco fossero perfettamente a posto.

Se Giulio si era per un istante illuso che quello fosse un gesto di apertura al dialogo, si accorse subito del contrario: la figlia si alzò in piedi, lui intravide le gambe sottili e abbronzate, e dicendo semplicemente: – Vado a bere un succo – sparì sottocoperta.
L’uomo non desistette. Si alzò a sua volta poco dopo e scese in cabina.
La trovò di fronte alla cucina, in piedi, che finiva il succo. Il costume bianco, piuttosto ridotto, risaltava l’abbronzatura del suo corpo – e ancora una volta lui lo notò.
– Se vuoi mangiare qualcosa abbiamo yogurt, frutta… c’è la dispensa piena!
Alessandra, mentre lui parlava, si raccolse i capelli in una coda, quindi rispose senza entusiasmo:
– No, grazie. Posso fare una doccia?
– Sì… ma a quest’ora?
– Ho caldo, voglio rinfrescarmi!
– Ah, va bene… puoi anche fare un bagno in mare, se vuoi…
La ragazza, sempre lì in piedi, si portò le mani dietro la schiena a slacciare nuovamente il reggiseno.
– No, non ho voglia di sale addosso. – Slacciato che l’ebbe, senza esitare, si sfilò spalline e reggiseno, dapprima reggendoselo sul petto con un braccio, quindi sostituendo al reggiseno il braccio stesso, il sinistro, a coprire il seno.
– Ah beh… allora è una buona idea, così ti rinfreschi e non ti copri di sale; ma qui dentro o fuori, la vuoi fare?…
– Posso dentro? – Alessandra si portò l’altra mano al bordo degli slip, e attese.
– Sì, nel bagno… certo.
– Ok. – La ragazza si voltò di spalle e si chinò in avanti mentre sfilava gli slip. Li calò fino ai piedi, se li tolse, li raccolse e li appoggiò sul tavolo insieme al reggiseno.
Da dietro, Giulio la vide di nuovo nuda di spalle, vide il sedere scoperto, sodo, giovane, con il leggero segno dell’abbronzatura; “perfetto”, pensò per un attimo osservandolo. Solo un attimo.
Si sentì fuori luogo, lì sotto. Perché era lì? Per trovarsi uno scopo, le aprì la porta del bagnetto:
– Non preoccuparti di bagnare in giro, è fatto apposta…
Alessandra si voltò verso di lui, e teneva una mano a coprire bene l’inguine, tra le gambe. Senza commentare le sue indicazioni, che apparivano così piuttosto superflue, gli sfilò di fronte e girò, entrando nel piccolo bagno. Di nuovo voltata di spalle, Giulio le vide abbassare il braccio sinistro, che prima copriva il seno, e portare la mano alla maniglia della porta. Così facendo, ruotò leggermente soltanto con il busto, girandosi verso di lui. Gli rivolse una domanda:
– Di acqua ce n’è abbastanza?
Giulio fu sorpreso dal fatto che lei conoscesse il funzionamento del serbatoio dell’acqua; dava sempre per scontato che la figlia non conoscesse nulla della vita a bordo, e lei raramente faceva qualcosa per contraddire quest’idea. Ma restò sorpreso per una ragione ulteriore e ben diversa: Alessandra, girata a mezzo verso di lui ad aspettare una risposta, aveva ruotato anche le spalle, quel tanto che bastava perché ora, accanto al suo braccio abbassato, lui vedesse il fianco del pallido seno sinistro, nudo.
L’uomo riconobbe la piccola mammella, il segno chiaro della pelle non abbronzata sotto il costume, e il piccolo capezzolo roseo che stava in cima, sulla punta. Vide tutto questo, ma non seppe dire se e per quanto lo guardò. Di sicuro rispose con leggero ritardo:
– Sì…
Alessandra incalzò brusca: – Sicuro? Non è che finisce proprio mentre mi lavo?
– No… dovremmo averne abbastanza, sì…
– Non puoi controllare!?
Senza molto riflettere, Giulio si voltò verso il carteggio. Mentre azionava l’indicatore del livello serbatoio pensò che era sciocco, sapeva che il serbatoio era praticamente pieno. Ad ogni modo, ubbidiente, controllò.

Era pieno. Quando si voltò di nuovo, Alessandra si era spostata. Era sempre in piedi davanti al bagno, ma si era voltata di fronte, e si era avvolta l’asciugamano in vita, come una gonna. Il busto era sempre nudo, e lei aveva le braccia conserte sul petto, in posizione di attesa piuttosto scocciata.
In questo modo le braccia le coprivano anche il seno, ma non bene, erano leggermente troppo basse. Di nuovo Giulio colse con lo sguardo il segno chiaro sui seni nudi, e vide distintamente il bordo dei capezzoli che faceva capolino da sopra le braccia, uno più dell’altro.
Alessandra attendeva annoiata.
– Sì, sì, il serbatoio è pieno… l’acqua va usata sempre con un po’ di parsimonia in barca, però puoi fare la doccia…
– Basta che non mi finisce a metà!
– No, non preoccuparti… è pieno…
– Ma l’hai riempito quando, ieri?
– Sì, ieri sera.
– Ma allora lo sapevi già che era pieno, no!?
– …Sì…
Alessandra sbuffò e scosse la testa, come una maestra alle prese con un allievo stupido.
– Merde, mi hai fatto aspettare mezz’ora!
– Alessandra, ho… controllato… per sicurezza…
Mentre Giulio si scusava, la ragazzina tornò a voltargli le spalle, mantenendo le braccia conserte, quindi sparì in bagno chiudendosi la porta alle spalle. Dopo poco Giulio sentì scorrere l’acqua.

L’uomo tornò in coperta e sedette in pozzetto, disorientato. Si era seduto anche perché aveva la sensazione che gli girasse la testa. Perché? Cosa stava succedendo?
Riebbe delle immagini fugaci della figlia. Erano immagini inattese. Del tutto inattese. Quella vacanza, appena iniziata… stava già prendendo una piega diversa da quel che si era immaginato. In passato gli era capitato, sì, di avere strane fantasticherie… ma… non aveva mai indugiato, non erano vissute più che qualche istante. Le aveva bloccate sul nascere, con una sana forza di volontà. Eppure… eppure ora si chiedeva se non sarebbe stato più sano averle affrontate prima. Averci indugiato.

Si guardò intorno. Il tempo passava. Ascoltò: l’acqua della doccia scorreva ancora. Era già da parecchi minuti, ormai. Passò altro tempo, lui restò lì. La doccia di Alessandra continuava. Cominciava ad essere un po’ troppa acqua…

L’uomo scese in cabina, si avvicinò al bagno e, dopo un momento di esitazione, bussò piano.
– Alessandra…
– Cosa?
– Tesoro, stai usando molta acqua…
– Hai detto che ce n’era!
– Sì, ma è tutta la riserva che abbiamo… se vogliamo stare fuori anche stanotte, ce ne servirà un po’… la doccia non dovrebbe…
– Sì va bene, va bene!! Ho capito!
Cessò il rumore dell’acqua, e si sentirono movimenti bruschi nel bagno. Giulio si scostò. Un attimo dopo la porta si aprì, e Alessandra uscì con indosso l’asciugamano come prima, a mo’ di gonna. Uscì decisa, rapida. Era a busto nudo, e non si copriva con le braccia. Si fermò e alzò gli occhi sul padre, nervosa; si mostrò sorpresa di trovarlo lì:
– Senti non puoi aspettare di sopra che finisco!?
L’uomo la fissò, colto alla sprovvista. Lo sguardo gli era già caduto sul busto della ragazza e, questa volta, sui seni interamente nudi, che per qualche istante aveva visto ondeggiare, dondolare sul petto, triangoli chiari con i piccoli capezzoli rosa scuri al centro, puntuti.
Prima che l’uomo rispondesse, Alessandra incalzò: – Devi farla anche tu??
– Sì… – Giulio rispose d’istinto, senza pensarci. Alessandra lo prese sul serio.
– Allora dai! – La ragazza si scostò, fece due passi indietro e rimase in attesa, braccia lungo i fianchi. Ancora gli occhi di Giulio scivolarono sui piccoli, acerbi seni nudi. Alessandra attendeva: gli fissava significativamente il costume, dei calzoncini a quadri, e aspettava che lui si levasse per poter passare. Giulio era all’impasse, e seguì passivamente il copione.
Si sciolse il laccio dei calzoncini con mani tremanti. Nel frattempo si voltò di schiena ad Alessandra, e quindi, dopo un’ulteriore esitazione, calò i calzoni, per la seconda volta di fronte alla figlia da che la vacanza era cominciata.
Questa volta però non poteva semplicemente restare girato di sedere. Il bagno era alle sue spalle, quindi si voltò, col costume in mano che in qualche modo teneva all’altezza dell’inguine, tentativo poco deciso di difesa.
Alessandra era di nuovo di fronte a lui. Nel frattempo si era portata le mani dietro la nuca, a rifare e sistemare la coda ai capelli, ed era così a braccia sollevate, con i piccoli seni nudi che tremolavano in aria. Abbassò le braccia quasi subito, e si tenne con una mano un polso, accennando così vagamente a coprire il petto con le braccia, ma senza di fatto farlo.
Giulio doveva ora proseguire lungo il suo copione. Lo fece, un po’ legnosamente. Allungò la mano che reggeva il costume e lo appoggiò sul tavolo, accanto a dove era anche quello di Alessandra. L’altra mano era bassa, sull’anca: non sapeva se spostarsi a coprire o meno; nel dubbio, non si copriva nulla. Era così nudo di fronte alla ragazzina, sua figlia.

Alessandra non diceva nulla, né si scomponeva. Pareva solo essere in attesa che lui si togliesse di torno. Giulio guardò la sua maschera facciale fredda, e colse, per un solo attimo, uno sguardo silenzioso diretto al proprio inguine nudo. Sentì il proprio inguine, e sentì che non era del tutto flaccido.
Dopo pochissimi secondi, la ragazza gli diede il tempo, con tono scocciato:
– Dai ti muovi!? Mi fai passare?
Alessandra si portò le mani al seno, e questa volta se lo coprì, una mano aperta per ogni mammella.
Giulio si fece indietro, appiattendosi di schiena contro la paratia: – Scusa, passa se vuoi passare…
Alessandra, scocciata, avanzò, voltandosi a sua volta di lato, rivolta verso di lui, con gli occhi bassi per vedere di non toccarlo, che puntavano però così sul suo inguine. Il passaggio era stretto, lo sfiorò passando, e quindi senza voltarsi imboccò la scaletta ed uscì in pozzetto, vestita così com’era.

L’uomo la trovò ancora così tre minuti dopo, quando uscì dalla doccia e salì all’aperto, con indosso un asciugamano avvolto ai fianchi. Era seduta in pozzetto, anche lei con l’asciugamano sui fianchi, intenta, gomiti sulle ginocchia, a manovrare l’iPod, pur se non indossava le cuffie.
L’uomo azzardò dell’ironia, galvanizzato forse dalla rapida doccia:
– Ma se non ti metti le cuffie non senti niente!
Alessandra, senza sorridere, spiegò fredda:
– Non stavo sentendo musica, lo stavo impostando. – E smise di usarlo, stendendosi spalle contro lo schienale con lo sguardo verso l’orizzonte e il bellissimo panorama marino. Di nuovo, Giulio si trovò a fissarle, seppur fugacemente, il piccolo seno nudo.
Ripensò a quando uscivano dal porto, quella mattina. Ad Alessandra nel suo bikini nero. A come non si sarebbe mai aspettato di trovarsela davanti agli occhi così, ora.
– Beh, stendo l’asciugamano… – Attese un istante, per sentire se lei avrebbe detto qualcosa, chiesto… ma non udì nulla. Salì sul passavanti, si sciolse l’asciugamano di dosso e si chinò a stenderlo. Nel frattempo, freneticamente, pensava che le avrebbe dovuto dire di stare attenta al sole, a non scottarsi… dove non era abbronzata…
Tornò in pozzetto, accettando questa volta implicitamente il fatto di essere nudo, e il fatto che tra le gambe qualcosa gli dondolasse incontrollato. Si fermò di fronte ad Alessandra. Era ancora seduta, le braccia abbandonate in grembo, e guardava la spiaggia in silenzio. Lui seguì il suo sguardo: – E’ bello qui, eh…
Come una risposta, la ragazzina sollevò le braccia, mani dietro la testa, si stiracchiò e sbadigliò. L’uomo, tornato con lo sguardo su di lei, vide il busto magro teso indietro, e i seni, fattisi ancor più piccoli, tesi e appuntiti, con i capezzolini rosei proprio sulla cima.
Questa volta sentì il cazzo indurirglisi rapidamente.
Alessandra si voltò verso di lui, e restò in quella posizione negligente, braccia sollevate e seni nudi in piena vista. Giulio, conscio del cambiamento che stava subendo, cominciò a voltarsi verso la cabina. La ragazzina abbassò le braccia, e si portò le mani ai seni, coprendosi dapprima i capezzoli con le dita e quindi i seni con tutta la mano. Giulio vide una sua occhiata diretta al proprio inguine, ormai gonfio e in piena mostra. Esitò, fermo. Alessandra si alzò in piedi e senza dire nulla gli sfilò accanto, mani sempre sui seni, imboccando la scaletta per scendere. Lui la seguì con lo sguardo, e intravide che appena dentro la ragazza si scioglieva l’asciugamano; la vide nuda, da tergo, mentre raccoglieva il proprio costume e, senza fretta, lo reindossava.


Capitolo 2 – Non solo Paolo

[Continua la storia…]

Più tardi Alessandra tornò a stendersi sulla tuga, in costume, a prendere il sole, e Giulio non la disturbò oltre. Il sole calò lentamente, la giornata era placida e tranquilla; Giulio si dedicò ad alcuni lavoretti che mai mancavano su una barca di quell’età, tenuta da lui peraltro piuttosto bene.

Quando il sole iniziò a lambire l’orizzonte, il meteo prese una piega diversa. Cominciò a levarsi una brezza da sud, fin dall’inizio piuttosto tesa, che presto sollevò i primi spruzzi bianchi sulle onde. La barca aveva ruotato intorno all’ancora e si era orientata al nuovo vento, e già dondolava piuttosto sensibilmente.
Giulio lesse meglio che poteva i segnali meteorologici, e capì che si sarebbe levato del vento fresco. La loro posizione nella baia non li riparava dal vento proveniente da quella direzione: dovevano spostarsi, se volevano rimanere lì per la notte.

Con una certa titubanza, decise di avvertire la figlia, pur temendo di disturbarla e ricevere una sua reazione stizzita. Salì sulla tuga, dove la ragazza, prona, con occhiali da sole e cuffie, sembrava dormire. Indossava entrambi i pezzi del bikini bianco.
Ancora una volta Alessandra si risvegliò da sola al suo semplice avvicinarsi.
– Alessandra… si sta alzando del vento, dobbiamo spostarci in fondo alla baia, così saremo riparati.
La ragazzina annuì e scrollò le spalle. L’uomo proseguì la spiegazione, cercando di essere più chiaro possibile:
– Ora devo salpare l’ancora… ho bisogno che mi aiuti tu, perché c’è vento, bisogna stare attenti altrimenti rischiamo di spaccare qualcosa.
La giovane biondina si alzò a sedere e tolse pazientemente occhiali e cuffie. Senza entusiasmo, chiese:
– Cosa devo fare?
– Dovresti stare a prua e tirare su l’ancora con il verricello mentre io avanzo… ti darò io il comando quando farlo…
– Ok.
Alessandra posò la sua roba sulla tuga e fece per avviarsi a prua, in costume com’era. Giulio le disse:
– Faresti meglio a metterti delle scarpe, magari…
Scocciata, la ragazzina rispose di fretta: – Senti sono già qui, dai! – e andò al verricello di prua.
Rassegnato, Giulio tornò a poppa, al timone.

Quando l’uomo ebbe acceso il motore e cominciato a dare gas, mentre la barca avanzava contro le onde che si stavano facendo sempre più alte (il vento soffiava ora teso e piuttosto freddo), urlò verso prua alla figlia di cominciare a recuperare la catena.
– Gira… gira il verricello!
Alessandra capì e, dapprima solo accovacciandosi, afferrò con due mani il verricello e si mise a girarlo con forza. Era duro, e presto dovette inginocchiarsi per fare meglio leva. I muscoli snelli ma sodi delle sue braccia e del torso si tesero visibilmente mentre, ansimando, riavvolgeva centimetro per centimetro la catena.

Si curvò ancor più sul verricello, puntando piedi e ginocchia, sforzando i muscoli di tutto l’esile corpo, ma la catena saliva lentamente e a fatica, mentre la barca beccheggiava ora violentemente, e la prua si schiantava contro onde ormai alte. Le arrivarono addosso degli spruzzi, provò freddo: la pelle le si intirizzì e lei ansimava già per lo sforzo.
Giulio le urlò qualcosa, ma non riuscì a sentirlo. La prua della barca ora saltava in alto e in basso e lei barcollava. L’ancora doveva ormai essere vicina, ma la fatica cominciava a prendere il sopravvento.

Un’ulteriore caduta contro un’onda la prese alla sprovvista e la sbalzò violentemente indietro. Cadde su un gluteo e su un fianco, sentì dolore e il freddo di qualcosa di metallico che la toccava. Gemette, temette di cadere ancor più lontano, si lanciò in avanti e tornò ad aggrapparsi al verricello. Non capiva se suo padre le stava urlando qualcosa, d’istinto forzò ancora sul verricello per recuperare altra catena, e a quel punto vide l’ancora appesa a pochi metri dalla prua, fuori dall’acqua: gli sbalzi della prua tra le onde le stavano facendo prendere velocità, roteandola in aria come un’arma di pesante metallo. Ebbe paura.
L’ancora volò in semicerchio e cadde nella sua direzione, rimbalzando contro le draglie metalliche che così, all’ultimo istante, la protessero e la salvarono dall’impatto. Alessandra cadde all’indietro con un urlo. La catena sferragliava, l’ancora riprese a dondolare in aria, la barca sbandava e la sbalzava in aria. Rotolò suo malgrado sulla fiancata opposta, andando a sbattere contro le draglie, alle quali si aggrappò spasmodicamente, graffiandosi un braccio. Quando si voltò, mentre la prua di nuovo cadeva fra le onde, vide l’ancora sollevata in aria, che questa volta scavalcava le draglie e si precipitava proprio addosso a lei. Lanciò un urlo.

Il pesante attrezzo appuntito e ferroso cadde pochi centimetri al suo fianco, contro un candeliere, che si piegò. Rimbalzò sulla coperta in teak con un rumore sordo, e scivolò via con un lungo stridio. Alessandra scoppiò a piangere.
Subito un’altra onda sollevò la prua, lei venne strattonata e cadde indietro, rotolò, si aggrappò a delle sartie con una mano. In quel momento scorse le scarpe e poi le gambe di suo papà, che da sopra la tuga le correva incontro. Alessandra lasciò la presa che aveva e si allungò ad afferrargli una gamba, con un gemito disperato. L’uomo si chinò e la prese per le spalle.
– Papà!!… – lo chiamò piangendo, con un urlo. Lui la sollevò di peso e la trascinò verso poppa, e in pochi secondi era in pozzetto.

– Aggrappati qui, resta seduta! – le disse lui, e sparì rapidamente verso prua. Alessandra scoppiò in singhiozzi vedendolo andare, e quando poco dopo tornò indietro, tra il rumore del vento e delle onde urlò:
– Non andare via! Ti prego!
– Sono qui Alessandra – urlò lui di rimando, mettendosi al timone e dando gas al motore, – non preoccuparti, va tutto bene! Ora ci mettiamo al riparo.
La barca danzò sulle onde, mentre la ragazzina si aggrappava ad un tientibene, rannicchiata contro la tuga. Ci vollero solo cinque minuti perché le acque cominciassero a calmarsi, e dopo altri cinque erano al riparo dalle onde e il vento era poco più che un ricordo, divenuto una brezza tra i capelli.
Giulio raggiunse rapidamente la posizione che già aveva individuato. Con una manovra ben fatta arrestò la barca e corse a dar fondo all’ancora. Alessandra lo seguì con lo sguardo come per accertarsi che non se ne andasse.

Quando la barca fu ormeggiata e lui tornò in pozzetto a spegnere il motore, lei gli saltò addosso, gli si aggrappò al collo costringendolo a sedere e scoppiò in singhiozzi, scaricando tutta la paura subita.
– Calma, calma piccola… va tutto bene…
– Io… io non sapevo… cosa fare!! Non… non sapevo…
 Pianse ancora, di un pianto nervoso e isterico. Il padre l’abbracciò e le accarezzò la testa.

Rendendosi conto che la ragazza era ancora in costume, le disse di seguirlo e l’accompagnò in cabina, fino al divanetto in dinette. Qui sedettero di nuovo e lei gli premette la testa sul petto, di nuovo piangendo, scossa da alcuni singhiozzi.
– Io non… non sapevo cosa dovevo fare! Avevo paura!…
– Lo so, va bene, va tutto bene adesso… siamo al sicuro…
Abbracciandola sentì la sua pelle nuda bagnata dagli spruzzi. Guardò verso il basso: si accorse solo allora che il costume, gli slip, le si era strappato su una natica, probabilmente cadendo; era per metà lacerato, il gluteo sinistro era scoperto e solo un brandello di tessuto elastico resisteva in vita.
Giulio guardò fuori e accennò ad alzarsi:
– Alessandra, ora vado a chiudere il…
– No! – scattò lei, – No! Non andare via! Ti prego! Ti prego!
L’uomo si arrestò sorpreso, con la ragazzina appesa al collo che lo fissava implorante. Risedette.
– No, va bene.. sto qui…
Lei per tutta risposta gli si fece ancora più addosso, scivolando su di lui con gambe e fianchi, in braccio. L’uomo udì chiaramente un debole schiocco, e vide l’ultimo pezzo d’elastico degli slip lacerato, e il brandello di costume che scivolava via ormai distrutto.

L’abbracciò ancora.
– Calmati, va tutto bene adesso… davvero…
Lei non disse nulla, si limitò a piangere ancora in silenzio, singhiozzando di tanto in tanto. D’un tratto lo guardò:
– Mi prometti che non vai via? Resti qui con me!?
– Ma certo… sto qui.. – Tenendola abbracciata, dopo averci pensato un momento, aggiunse: – Alessandra, guarda che il costume… ti si è rotto…
La ragazza non diede segni di aver sentito. L’uomo insistette:
– Gli slip…
Alessandra allora girò la testa a guardare, a guardarsi, e per tutta risposta sollevò le ginocchia a rannicchiarsi ancor più in braccio a lui, senza lasciargli il collo, in posizione quasi fetale.
– Mi abbracci?…
– …Certo… certo…
L’uomo la cinse ancor più con le braccia, lei gli si rannicchiò addosso, lui le cinse la schiena all’altezza dei reni e poi, accarezzandola per tranquillizzarla, scese fino su una natica. Alessandra gli si fece ancor più addosso, e lui si trovò a tenerla per una natica e per le gambe.

Aveva smesso di singhiozzare. Tirò su col naso un paio di volte. Giulio, affettuosamente, le si rivolse:
– Piccola… vuoi che ti metta in cuccetta un pochino, mentre sistemo le ultime cose?
Lei lo guardò: – Non vai via?
– No, no, promesso. Salgo solo un momento in coperta a fissare il timone e poi stiamo qui dentro.
Dopo un attimo, la ragazzina annuì silenziosamente. Giulio allora, afferrandola per le gambe e la schiena, si alzò, sollevandola con lui, in braccio. Si diresse alla cuccetta che c’era lì accanto e ve la portò.

Mentre la portava la percepì piccola e leggera tra le proprie braccia, sebbene dovesse in realtà fare un certo sforzo per spostarla così. L’adagiò sulla cuccetta, Alessandra si rannicchiò su un fianco: lui le vide la delicata schiena nuda, e il sedere, sferico, liscio e sodo, altrettanto nudo, come le gambe affusolate. Sfilò il lenzuolo e la coprì fino al collo. Le diede ancora una carezza, quindi salì a sistemare definitivamente l’ormeggio.
Quando tornò sottocoperta, Alessandra dormiva.

Giulio cenò, e lasciò che la figlia dormisse. Dopo cena lesse un poco, tornò a controllare che l’ormeggio fosse a posto, quindi, poco dopo il tramonto, si infilò a poppa nella propria cuccetta, quella armatoriale, e si coricò a sua volta.

Giulio stava lavorando in pozzetto, pulendo alcuni bozzelli, quando Alessandra si alzò il mattino dopo. Erano circa le nove, il sole era già alto e caldo.
La ragazzina uscì da sottocoperta indossando già un costume bianco, un due pezzi, che a Giulio parve identico a quello della sera prima. Aveva i capelli biondo scuri raccolti in una coda, indossava gli occhiali da sole neri e le cuffie del lettore musicale.
Non si soffermò in pozzetto; passando, salutò l’uomo con un “ciao” atono, e salì direttamente sulla tuga. Sistemò un cuscino che aveva portato con sé e vi si sdraiò sopra, a prendere il sole.

Il padre non la disturbò per circa un’ora, durante la quale proseguì i lavori per conto suo. Passate le undici, finalmente si decise a raggiungere la figlia sulla tuga.
Alessandra era prona, con il reggiseno slacciato. Lui le toccò gentilmente una spalla liscia e lei alzò la testa a guardarlo, da dietro i grossi occhiali neri.
– Comincia a far caldo!… Cosa ne dici di fare un bagno?
– No, io no, grazie. – La sua risposta non ammetteva repliche.
– Va bene… io faccio un tuffo!
Andò a poppa da solo e si calò in acqua. Non rimase a mollo a lungo.
Pochi minuti dopo, quando tornò vicino alla tuga, teneva il proprio costume in mano. Lo stese sulle draglie, non lontano da Alessandra, e intanto parlò ad alta voce:
– Aah, freschissima! Una meraviglia!
Stesolo, si voltò verso la ragazzina, in piedi, nudo. Lei aveva il viso rivolto verso di lui, ma gli occhiali non permettevano di capire se dormisse o fosse sveglia.
Eppure dopo un istante disse:
– Fredda?
L’uomo si portò le mani sui fianchi, guardando l’orizzonte, senza guardare nulla di particolare. – Fresca, – rispose. – Molto bella.
– Mm, dopo lo farò anch’io.
Alessandra rotolò su sé stessa, girandosi supina, e sollevò le braccia stendendole sopra il capo. Il reggiseno del costume, slacciato, rimase sulla tuga, e i suoi piccoli seni nudi e pallidi si stirarono alla luce del sole, tremolando leggermente.
Giulio li fissò, poi distolse lo sguardo. Poi li fissò di nuovo altre volte. Sentì il proprio pene indurirsi e per tutta risposta sedette sulla tuga accanto a lei, nascondendosi così l’inguine tra le cosce.

– Come stai?… Va meglio?
Alessandra lo guardò interrogativamente: – Cosa?
– Così, ti è passato… lo spavento di ieri sera?
– Sì – rispose lei, sbrigativamente.
– Bene… – Giulio cambiò tono, e allegramente aggiunse: – Vado a preparare qualcosa per pranzo, ti va?
– Ok.
Si alzò e se ne andò.

Alcuni minuti più tardi l’uomo aprì il tavolino in pozzetto e cominciò ad apparecchiare con lo stretto necessario per un pranzo leggero.
Alessandra si alzò. Pigramente tornò verso poppa, portando il cuscino con sé. Scese in pozzetto a due passi da Giulio, che si girò a guardarla e la trovò ancora in slip di costume, senza pezzo sopra. Le piccole, ma sode, tette nude dondolavano ancora sul petto.
Anche lui era nudo. Era rimasto così da dopo il bagno.
Il pene non era rigido, ma era comunque parzialmente gonfio, e dondolava oblungo tra le sue cosce, proprio sopra ai testicoli.
Alessandra parve non farci caso.
– Posso fare una doccia, invece del bagno? – chiese.
– Sì… certo; una doccia dentro?
– No, qui fuori.

La ragazzina andò direttamente a poppa, si issò a bordo barca e recuperò la doccia. L’uomo, mentre apparecchiava senza fretta, la osservò con la coda dell’occhio aprire l’acqua e sciacquarsi dalla testa, ad occhi chiusi e bocca aperta.
Alessandra si bagnò con cura tutto il corpo, accarezzandosi con l’altra mano. Arrivata agli slip, li calò leggermente e li allargò per indirizzare il getto dentro. Mentre continuava a lavarsi, Giulio notò che ora erano abbassati e leggermente fuori posto: era girata verso di lui e l’uomo non poté non vedere un poco di pelo pubico che rimaneva scoperto.

La ragazzina non se li sistemò tornando in pozzetto. Quando scese nuovamente di fronte a lui, una rapida occhiata gli permise di vedere almeno un terzo (valutò lui stesso) della striscia verticale di peli ruvidi, castano chiari, che le coprivano l’inguine. Sbucava da sopra il bordo degli slip, e dal fianco sinistro, perché erano leggermente girati verso destra. Vedeva, inoltre, il segno più chiaro lasciato sulla pelle dai piccoli slip.
– …Rinfrescata? – sorrise, cercando di mostrarsi a suo agio. La figlia annuì.
– Vado dentro ad asciugarmi.
A lui sarebbe venuto istintivo dirle di non entrare bagnata, per non bagnare in giro; ma non riuscì a dir niente e, in silenzio, la guardò scendere le scalette.
La seguì un attimo dopo, con la buona scusa che doveva prendere le ultime cose per la tavola.

Quando fu in cabina, vide che lei era andata verso prua, all’ingresso della propria cabina. Qui, fermatasi, si chinò a sfilarsi di dosso gli slip. Era nuovamente nuda, completamente nuda, voltata di spalle.
Mentre Giulio non si decideva a fare una qualunque cosa, le giovane bionda lanciò gli slip nella propria cabina, quindi si voltò e tornò verso di lui.
Questa volta la vide interamente nuda davanti a sé: le vide l’inguine nudo, la striscia di pelo ruvido e chiaro, il bacino, il ventre, e i seni che dondolavano.
Lei gli sfilò accanto con una certa cautela, mormorando rapidamente “scusa”, e aprì la porta del bagno accanto a lui per recuperare un asciugamano.
Giulio si rese conto di essere ingiustificatamente immobile. Si girò verso la cucina e recuperò qualcosa, piuttosto alla cieca. Senti il pene premergli contro lo stipite di legno verniciato.
– Porto su qualcosa?
Alessandra era voltata verso di lui, sempre nuda, si stava asciugando senza particolare impegno.
– No – rispose d’istinto, poi ci ripensò e aggiunse: – …sì… sì, magari… la frutta…

Giulio si voltò a prendere il bacile con la frutta fresca e lei gli si avvicinò per riceverlo. Quando l’uomo si voltò di nuovo, se la trovò di fronte, a pochi centimetri dal suo corpo. Non seppe dire se fece un altro mezzo passo verso di lei, involontariamente; o se invece erano già così vicini. Ma sentì che la toccava… la toccava con la parte di lui che in quel momento sporgeva maggiormente: la punta del pene.
Rimase per qualche istante immobile, tenendo la frutta sul piano della cucina, con una mano. Si mosse impercettibilmente, sentendo sul pene una superficie liscia. Capì che era una coscia, quasi all’altezza dell’anca.
Alessandra, senza un tono particolare, chiese:
– La porto io?
– Come vuoi…
Sentì che il proprio pene ora le sfiorava i peli, i peli dell’inguine. Capì che lo stava spostando.
– Oppure… puoi portare su i piatti… – Non sapeva dire da dove gli venissero le parole, in quel momento. Non le stava pensando.
Alessandra rimaneva immobile, l’asciugamano in una mano. L’uomo si mosse di qualche centimetro, con il corpo, verso di lei, questa volta rendendosene conto. Sentì il pene, ormai duro, premere contro i peli dell’inguine della ragazzina.

Lei reagì impassibilmente. Prese la decisione senza esitare.
– Porto i piatti, – disse. Si sporse in avanti, e gli fu praticamente addosso con tutto il corpo.
Giulio sentì il pene premere conto il pube, e poi piegarsi di lato, mentre il pube della ragazzina si schiacciava contro il suo inguine. Sentì la punta dei suoi seni toccargli il petto, e poi i seni stessi, nudi, premersi contro di lui. Alessandra si era sporta oltre il suo braccio, a prendere i piatti di plastica usa e getta che erano alle sue spalle.
Rimase appoggiata a lui in quel modo mentre, presili, li contava, togliendo quelli in eccesso. Ci vollero solo due secondi, ma a lui sembrarono un’eternità. Il pene duro pulsava contro il corpo di lei, sentiva i suoi peli sul proprio inguine, l’inguine di lei che premeva contro i propri testicoli. Prima che la ragazzina si spostasse, l’uomo l’abbracciò.

La strinse ulteriormente a sé. Alessandra si bloccò, senza dire una parola.
Dopo qualche istante, fu lui a parlare, con voce malferma:
– Mi… mi dispiace per ieri… che ti sei spaventata…
Alessandra non disse niente. Lui le passò una mano lentamente sulla schiena liscia. Con l’altra scese più in basso.
– Sono cose che capitano… in barca… può essere pericolosa…
La sua mano era scesa sul sedere della ragazzina. Le toccò un gluteo nudo, sodo, liscissimo. Poi lo afferrò davvero.
Giulio cominciò a muovere il bacino. Il suo pene si sfregò contro il corpo della ragazza: una, due, tre volte. Alessandra ebbe allora una reazione, ed indietreggiò leggermente con il corpo.
Per tutta risposta, l’uomo piegò le ginocchia, allontanò il bacino e subito premette la punta del pene, che si era rizzato, direttamente contro il suo inguine. L’abbracciò più stretta.

Il glande dell’uomo scivolò tra i peli, tornò indietro, poi parve trovare la propria strada. Si appoggiò tra le labbra carnose della ragazzina.
Alessandra gemette, un gemito appena percepibile. Tentò ancora di farsi indietro, ma l’uomo strinse la presa.
– Ale… Alessandra…
Il pene era dritto e duro come legno. Lui lo premette con forza, ed esso si fece strada fra le labbra, infilandosi nelle piccole e umide. Si incuneò nella vulva.

– Mh… – Alessandra spinse con i gomiti ed allontanò il busto da quello del padre. In questo modo, senza volerlo, gli facilitò l’ingresso. Il pene avanzò ancora, infilando la sua vulva.
– Al… ferm… ferma… ferma… – L’uomo sembrò trattenere il respiro. Le cinse la vita con le braccia, mentre la ragazzina spingeva le spalle indietro. Le vide il busto inarcato, i seni nudi che oscillavano sul petto.
Con un colpo di reni, la penetrò.
Alessandra emise un lamento forte, quasi un urlo. Le sue cosce si divaricarono, tese, ed un piede si sollevò da terra. L’uomo la sorresse. E diede un altro colpo.
Si spostarono entrambi, quasi cadendo, fino ad arrivare contro la scaletta che portava in coperta. La ragazzina vi batté la schiena, e si aggrappò agli scalini. L’uomo la premette contro, e la penetrò ancora.

Alessandra emise un lamento più lungo e chiuse gli occhi. Senza guardare allungò una mano e gliela premette sul petto, alla cieca. Mugolò, a denti stretti.
L’uomo sentiva, ma non pensava. La penetrò ancora, e ancora. Prese il ritmo, e la sbatté letteralmente, premendola contro la scaletta. Il corpo di Alessandra sobbalzava ad ogni colpo, le tette dondolavano.

Giulio era muto, sudato, rosso in volto. Ansimava con delle specie di muggiti soffocati. Alessandra, per contro, prese a lamentarsi con un lungo, ininterrotto lamento, simile ad un miagolio. Si inarcò ancora di più, rivoltando il capo all’indietro, aggrappandosi alla scaletta, Ebbe un brivido violentissimo, poi due, poi tre. Poi venne.
Le contrazioni della sua vulva fecero venire immediatamente anche il padre. Tendendo spasmodicamente i muscoli, le eiaculò copiosamente nel ventre, per diversi secondi; per poi sfilarsi e, lentamente, accasciarsi indietro a terra, mentre fili di sperma scendevano dalla punta bagnata del suo pene, e dalla vagina semiaperta della figlia.

Alessandra scivolò a terra anche lei, sussultando. Si portò una mano tra le cosce, a coprirsi la vagina, madida di sperma che seminava a terra.
Guardò il padre che, seduto a terra, stremato, aveva ancora il pene rigido che colava sperma. Non incrociò il suo sguardo. Con un ultimo lamento, si alzò in piedi e uscì precipitosamente dalla barca.

Alessandra andò a poppa. Si fermò sul bordo della barca per alcuni secondi, lo sguardo fisso sull’acqua cristallina. Vi si calò. Si lavò abbondantemente. Si sfregò la vagina con una mano, per ripulirla.
Quindi uscì dall’acqua, recuperò un asciugamano steso e si asciugò, in fretta. Poi si diresse a recuperare il proprio costume.
Se lo mise, e rallentò. Andò a prua, si lasciò cadere seduta sulla coperta, e fissò il mare.

Giulio si riprese più lentamente, alzandosi in piedi ancora malfermo. Si portò una mano all’inguine, al pene umido e svuotato. Barcollò fino al bagno e se lo lavò nel lavandino.
Piano piano riprese consapevolezza. Per alcuni minuti rimase del tutto immobile, in silenzio.
Prima di uscire dal bagno si coprì con un asciugamano, quindi andò dritto in camera e si vestì con dei calzoncini di costume.
Passò un’ora prima che trovasse il coraggio di salire in coperta.

Quando fu in pozzetto e si voltò a guardare, vide che Alessandra era tornata sulla tuga. Era stesa prona, indossava il costume, entrambi i pezzi, gli occhiali da sole e l’ipod. Prendeva il sole e dormiva. Sembrava che non fosse cambiato nulla rispetto a poche ore prima.

L’uomo ritirò il pranzo, l’unica cosa che trovò da fare. Mangiò qualcosa, senza nemmeno rendersene conto.
Mentre stava piegando il tavolino, ultimo atto dell’operazione, Alessandra sollevò il capo e gli disse:
– Stasera torniamo in porto?
Più che una domanda, era una richiesta. Automaticamente Giulio rispose:
– Certo.
Non sapeva immaginare che cosa dovesse aspettarsi, quella sera e nel futuro a seguire. Rabbrividì.

Svolse da solo tutte le operazioni. Per salpare l’ancora, camminò avanti e indietro accanto alla ragazza, che non accennò a muoversi. Poi condusse la barca sul mare tranquillo, mentre il sole si abbassava sull’orizzonte. Alle sette di sera entrarono in porto.

Quando si trattò di ormeggiare al loro solito posto barca, Alessandra si rizzò a sedere, appoggiata alle mani. Non alzò un dito per aiutarlo, e lui compì tutta la manovra da solo. L’equipaggio di una barca vicina notò la cosa, e la commentò ironicamente a bassa voce.

Non appena furono ormeggiati, la ragazza si alzò e camminò decisa verso poppa. Per un attimo, Giulio immaginò che scendesse a terra e se ne andasse.
Invece Alessandra si diresse sottocoperta, e sparì per alcuni minuti.
Riemerse un poco più tardi, quando l’uomo aveva finito di sistemare gli ormeggi e coprire il timone. Si era cambiata: indossava di nuovo il costume due pezzi nero, che aveva anche il primo giorno.
Le risaltava l’abbronzatura, notò l’uomo automaticamente.


(Continua…?)

(di Carol89)

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About Carol89

Mi chiamo Carol. Mi piace questo nick perché suona come Carroll, quello di Alice. Non mi piace presentarmi Mi piace scrivere liberando la fantasia. Nei racconti mi piace la progressione, la cura dei particolari… e naturalmente, al momento opportuno, forte erotismo e sesso. Questo sito, Venere e il Sole, nasce da una mia fantasia. Se volete parlare di racconti, miei o vostri o di altri, il mio indirizzo è: carol1989@yandex.com. Se volete un racconto scritto su misura per voi, la realizzazione di una vostra fantasia… i miei servizi sono descritti qui.

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