Lettera dall’oltretomba /2

di Esperia

Capitolo 2 – Ho visto tutto!

E a letto? Lo so che mi avresti voluta più disinibita e aperta alla
sperimentazione. Ci ho provato, davvero. Volevo che fossi soddisfatto di
me, ma proprio non riuscivo a fare molte delle cose che volevi da me.
Il mio corpo non riesce a contorcersi in quel modo. Ma ho cercato di
provare tutto quanto suggerivi almeno una volta e vorrei che ricordassi
quant’era bello quando facevamo l’amore e non quando litigavamo. Io
ricorderò per il resto della mia vita i momenti sensuali che abbiamo
passato insieme come una delle cose più belle della mia vita.>

“Quando facevamo l’amore”?  Avremmo “fatto l’amore” non più di una
dozzina di volte nei ventitré anni passati insieme. Il più delle volte
mi prendeva e senza una parola infilava il suo ridicolo pisellino (una
patetica imitazione di un cazzo vero) dentro di me e andava su e giù per
qualche secondo finché non si scaricava. Quindi si girava e
incominciava a russare lasciandomi sola a masturbarmi sotto le coperte.
Davvero un amante all’altezza.
E che dire della “sperimentazione”? Quando provava a “sperimentare”
qualcosa io finivo sempre umiliata, dolorante o degradata in una qualche
maniera. E cos’era tutta questa fissazione con il mio buco del culo?
Tutto quello che voleva era che mi mettessi bocconi senza muovermi, come
se fossi un cadavere, in modo che lui potesse infilarmelo nel culo. Lo
eccitava moltissimo venire in quel modo. Io invece non sono venuta mai,
neanche una volta. Mi faceva un male cane, spesso sanguinavo, e la
sensazione dello sperma che mi usciva dal buco era sgradevolissima, come
se mi stessi cagando addosso.
‘Fanculo lui e le sue “sperimentazioni”! Sono tra i ricordi più disgustosi che mi sono rimasti.
Eppure ho cercato di provare di tutto, come leccargli il buco del culo,
lasciare che mi schizzasse lo sperma in faccia o raccontargli con parole
volgari, mentre mi sodomizzava, come avrei voluto succhiare il cazzo di
un altro o leccare una passera. Ma certe cose non le ho proprio volute
fare, come quando mi suggeriva di includere un’altra donna quando
facevamo sesso. Mi diceva che lo eccitava l’idea di vedermi con
un’altra, ma io sapevo benissimo che la cosa che lo interessava di più
era scoparsi l’altra, nel nostro letto, col mio consenso. Quella volta
abbiamo litigato, e di brutto, anche. La peggior discussione che abbiamo
mai avuto.
Comunque, il sesso con lui definirlo mediocre era già troppo. Non ho mai
misurato il mio amore per lui con la soddisfazione sessuale, troppo
deprimente.

< Ammetto di aver fatto molti errori, nel nostro matrimonio, Ettore,
ma anche tu ne hai commesso qualcuno, no? Ho saputo di Bianca Barbieri
quasi dal primo momento. Tu pensavi che non ne sapessi nulla, ma invece
lo sapevo. E quando l’ho saputo mi si è spezzato il cuore. Ho pensato
che ti avrei perso, che mi avresti lasciata. Poi mi sono chiesta cosa
avrebbero detto i nostri amici e le nostre famiglie, quale dolore
avremmo provocato loro. Così non ho fatto niente, non ti ho detto
niente. Volevo disperatamente rimanere sposata con te e rimanevo sveglia
la notte a piangere. Non ho mai detto niente a nessuno, ho tenuto tutto
dentro. E il nostro matrimonio ne ha sofferto, certo. Non so se ce ne
siano state altre, prima di lei. L’ho sospettato, ma lei è l’unica di
cui sono stata certa. Forse ti sei messo con lei per qualche mancanza da
parte mia. Forse avevi bisogno di qualcosa di cui non mi sono accorta e
che non ho saputo darti. Ti chiedo scusa per essere stata una moglie
così incapace, sia nella gestione della casa che in camera da letto. Ho
provato, ho cercato con tutte le mie forze di essere all’altezza delle
tue aspettative, ma mi rendo conto di aver fallito miseramente. E ti
chiedo scusa per questo. Ora, che sono così vicina alla morte, mi
accorgo di non essere capace di odiarti per quello che hai fatto e così
ho scelto di perdonarti. Ecco, lo dico: ti perdono, Ettore. Per il tuo
tradimento ti perdono.>

Quel bastardo mi ha spezzato il cuore. Dal momento che l’ho visto dal
finestrino del secondo bagno scoparsi Bianca sull’amaca in giardino dopo
essere tornata prima da una riunione cancellata a scuola, ogni residuo
sentimento che provavo per lui si è completamente azzerato, come una
lavagna bianca, e per sempre, anche.
Ho capito subito che quello che volevo era restituirgli il male che mi
aveva fatto con gli interessi per essersi messo con quella troia, fargli
sputare sangue per aver buttato via ventitré anni di matrimonio. Ho
pensato di scoparmi il primo che mi capitasse a tiro per poi
raccontargli tutto nei dettagli, ma non ne sono stata capace: non sono
una troia come Bianca e poi, francamente, dove lo trovavo uno che avesse
voglia di trombare una casalinga cinquantacinquenne, madre di due
figli, sovrappeso, con le tette cadenti e un culo pieno di cellulite?
Allora ho pensato di spiattellare tutto al marito della zoccola. Ma
all’ultimo non me la sono sentita: è un tipo così gentile e educato,
davvero un gentiluomo d’altri tempi, ammodo e affidabile. Perché
rovinargli la vita raccontandogli che sua moglie lo cornificava con
Ettore tutte le volte che doveva viaggiare per lavoro? No, non avrei
potuto. Meglio aspettare il momento giusto e solo allora ottenere la mia
vendetta, un piatto che si gusta meglio freddo, come sanno tutti. Ecco
credo che il momento giusto sia arrivato.

< Non posso darti il mio perdono per quello che hai fatto a Bianca,
però, per terminare la tua relazione con lei. T’ho visto, ero lì vicina,
nascosta dai cespugli. Ma non ho detto niente a nessuno per paura che
facessi anche a me quello che hai fatto a lei. So bene che tutti l’hanno
cercata quando hanno denunciato la sua scomparsa, Polizia, Carabinieri,
il marito, giornalisti, vicini, amici e parenti. Invano. Hanno persino
dragato i laghetti e gli stagni qui del Parco Nord, vicino a casa,
sapendo che spesso amava fare qualche chilometro di corsetta leggera nel
parco e qualche episodio inquietante è anche successo in passato, come
quando hanno violentato una signora ottantenne che passeggiava la
mattina presto. Ma non hanno mai trovato la benché minima traccia.
Sparita nel nulla. Ma io so cosa le è successo: ho visto tutto. Stavo
entrando in casa con la bici (ero tornata prima perché minacciava
pioggia) quando ho visto la sua macchina nel nostro box, accanto alla
tua e tu che colpivi Bianca da dietro, alla nuca, con quella grossa
chiave inglese, pesantissima, da idraulico, che teniamo insieme agli
altri attrezzi nel box. L’ho vista cadere e t’ho visto colpirla ancora
un paio di volte quand’era a terra. Hai avvolto il suo cadavere in quel
vecchio tappeto finto-orientale che non usavamo più e che tenevamo
arrotolato nel box. Poi l’hai trascinata in giardino, hai scavato una
buca vicino al nostro melo e ce l’hai sepolta dentro. Non ti sei accorto
di me, ma io ero lì, poco distante e ho visto tutto. Finora ho avuto
paura di fare la stessa fine e per questo sono sempre stata zitta, ma
ora, che so che mi resta poco da vivere, non ho più niente da perdere.
Il cancro sta facendo il lavoro al posto tuo. Provo una strana
sensazione. Ti ho sempre amato con tutta me stessa, ma vederti compiere
un’azione così orribile, selvaggia e violenta in quella ferale notte
d’estate, mi ha fatto perdere ogni traccia di fiducia nell’umanità. E
questo non te lo posso perdonare. Non mi capacito di sentirmi così. Un
tempo ti amavo alla follia e in un certo senso ti voglio bene ancora
oggi, ma non posso né dimenticare né lasciar passare ciò che hai fatto
alla povera Bianca.>

Queste ultime frasi dovrebbero dargli da pensare. La rivelazione della
sua defunta moglie che sostiene di essere stata testimone di un delitto
che lui sa benissimo di non aver commesso dovrebbero impensierirlo. Non è
stato lui a accoppare la troia. Sono stata io. È successo esattamente
come l’ho descritto, solo che la mazzata in testa con la chiave inglese
glie l’ho data io, non lui. La chiave inglese! Di quelle che chiamano
“pappagallo”. Pesantissima. L’aveva comprata una volta che si era
intasato il lavello della cucina, pensando che l’avrebbe saputo far
funzionare di nuovo, ma dopo qualche tentativo ha lasciato perdere e ha
chiamato l’idraulico. Ingegnere delle mie palle! E la chiave è rimasta
lì, dimenticata nel box, per anni e anni, finché non è finita sulla
testa di Bianca. E così, in un colpo solo ho messo fine alla loro
squallida storia e mi sono vendicata di lei. E ora con questa piccola
bugia in questa lettera, mi vendicherò anche di lui.
Ho dovuto ammalarmi di cancro per pareggiare i conti con quel maledetto
bugiardo, traditore e figlio di puttana. Ora non mi resta che terminare
la lettera e prepararmi a morire.

< Voglio chiederti perdono per non essere stata capace di essere la
donna, la moglie e l’amante che avresti voluto che fossi, ma ho fatto
del mio meglio e sono stata la miglior moglie, amante, madre e compagna
che sono stata capace di essere. Mi spiace quindi che dobbiamo lasciarci
così. Spero che di me ricorderai le cose buone e i momenti felici che
abbiamo passato insieme, dimenticando i nostri dissidi e le nostre
incomprensioni. Ricordati che ti ho amato sempre con tutto il mio cuore a
con tutta me stessa.

Con amore

Daniela>

Non male, davvero. Suona sincero. Credo con questo di aver finito il mio
compito su questa terra. Non voglio morire, ma visto che devo per lo
meno lo farò essendomi tolta un peso enorme dalle spalle.
Secondo l’oncologo la fine dovrebbe arrivare in modo rapido e doloroso.
Quanto odio il dolore! Per fortuna ci sono gli antidolorifici e la
morfina che mi aiuteranno a entrare nell’incoscienza  fino alla morte.
Bene, questo è tutto. No, un momento, ho dimenticato una cosa importante:

< P.S. Ettore, ho dato istruzioni all’avvocato di far aver una copia di questa mia alla Polizia e ai Carabinieri.> 

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