Alessandra

di Monsterdark


Capitolo 1. Introduzione


La prima volta che vidi Alessandra, beh non me la scorderò mai.

Bionda.
Alta circa 1,70.
Capelli lunghi poco oltre le spalle con un curato taglio scalato.
Tailleur giacca-pantalone nero, camicetta bianca e un femminilissimo tacco a slanciarne la figura.
Lineamenti affilati, labbra sottili e rosse, il collo era adornato da un elegante filo di perle e la scollatura della camicetta, pur essendo poco rivelatrice, attirava lo sguardo verso un seno non molto voluminoso ma comunque armonizzato al resto del fisico.

Stava chiedendo al receptionist dell’hotel come raggiungere la sala conferenze, dove entro pochi minuti avrebbe tenuto una splendida lezione ad un uditorio di settanta selezionatissimi professionisti del settore tutti concordi nel definirla, chi con ammirazione e chi con invidia, la migliore sul campo.

Sia chiaro, la sua fama era molto più che meritata e costantemente corroborata da grande intelligenza, ottima capacità manageriale, intuito finissimo e carattere da vendere; se si considera che all’epoca aveva ventisei anni solamente, capirete il perché bastasse dire il suo nome perché tutti, ma proprio tutti, nel settore sapessero di chi si parlava.

Mi fa strano, ora, pensarla così, perfetta ed elegante sintesi di professionalità e femminilità che da subito mi fece perdere la testa.

Mi fa strano, dicevo, soprattutto ora che la sto guardando scarmigliata, sudata, sporca di sperma ai lati della bocca mentre due senegalesi le penetrano figa e culo con ritmo sostenuto facendola gemere continuamente.
La scena è estremamente eccitante e probabilmente me la godrei anche, se non fosse doloroso per me assistervi. Nulla di straziante, ormai, quella fase è finalmente superata.

Sì perché vedete, Alessandra, la splendida amazzone che sta urlando a Omar di “spaccarla” e di “farglielo sentire fino in gola”, è niente meno che mia moglie. Già, mia moglie.

Come siamo arrivati a questo punto?

Beh la storia è un po’ lunga, ma forse vale la pena raccontarla. Tanto quei tre ne hanno ancora per un po’… e quell’altro sta ancora aspettando il suo turno.


Capitolo 2. Iniziamo dal principio


Iniziamo dal principio.

Come vi ho detto, vidi Alessandra per la prima volta in un elegante hotel dove teneva un corso di aggiornamento per pochi, selezionatissimi addetti ai lavori.

Tra loro c’ero anche io.

Titolare di uno studio di media grandezza, mi ero distinto nell’ultimo periodo con l’ideazione di un metodo di diagnostica ed intervento da remoto sul alcuni macchinari che aveva di fatto abbattuto i costi di manutenzione senza per fortuna richiedere riduzioni di personale nelle ditte specializzate; insomma, mi ero inventato una bella gallina dalle uova d’oro.

L’età media dei partecipanti al corso di aggiornamento era superiore ai cinquanta, per cui fu abbastanza naturale per me e Alessandra avvicinarci nella pausa caffè e iniziare a dialogare tra noi; da subito ne restai totalmente stregato, oltre a essere molto sexy aveva un’intelligenza brillante e grande sicurezza di sé, ma non cadeva mai nell’alterigia e dialogare con lei era come farlo con un’amica d’infanzia, veniva assolutamente spontaneo.

Nel prosieguo della giornata fu divertente giocare con gli sguardi nel tentativo di scoprire chi guardava di più l’altro e convintomi che l’attrazione era bilaterale, le chiesi il numero di telefono, estorcendole la promessa di rivederci.

Che spettacolo la prima volta che uscimmo insieme! Faceva caldo quel pomeriggio e lei indossava un vestitino nero sbracciato che terminava al di sopra di metà coscia, le sue gambe toniche e nude contrastavano col colore del vestito e richiamavano costantemente la mia attenzione. Parlammo per ore, di qualsiasi argomento, mangiandoci un gelato seduti nel parco del Valentino a goderci il sole e la compagnia, scoprendoci l’un l’altro ogni momento un po’ di più. Dopo quel pomeriggio uscimmo insieme alcune sere finché, un sabato pomeriggio, il mio telefono vibrò:

Ale: Sono a casa e mi annoio… che fai?

Io: Lavoravo sulla moto… ma non ne ho troppa voglia…

Ale: Mmm sudato e sporco di grasso… niente male!

Io: Mi toccherà farmi una doccia in effetti!

Ale: Apro l’acqua… ti aspetto…

Io: Arrivo.

Fare l’amore con lei in quella doccia fu dolce e passionale allo stesso tempo. La sua pelle chiara lievemente arrossata dal calore e dall’acqua, i suoi seni, impertinenti e succulenti sotto le mie labbra, che si increspavano di pelle d’oca, il mio sesso affondato in lei e i nostri gemiti di piacere diventati presto grida, mentre l’orgasmo ci cresceva dentro a ondate fino a lasciarci ansimanti e appagati, stretti in un languido abbraccio.

Fu l’inizio di una grande storia d’amore.

Di quelle che ti rivoltano come un guanto, che ti fanno sorridere senza motivo mentre sei in ufficio.

Presto lei si trasferì a casa mia, lasciando il suo vecchio appartamento per rendere il mio covo da scapolo un nido perfetto per una giovane coppia. Eravamo felici ed appassionati, facevamo l’amore ogni volta che si poteva, in ogni luogo: la scrivania del mio studio, la sala d’attesa del suo, i bagni del teatro più importante della città durante una visita guidata… eravamo bravi a distinguere le volte in cui facevamo l’amore da quelle in cui ci scopavamo animalescamente lasciando libero sfogo ai nostri istinti senza farci troppe remore.

Una meraviglia di coppia, direste.

Sì, vi avrei risposto fino a due mesi fa.

Ora, nel preciso momento in cui la mia dolce moglie si fa eiaculare senza protezione dentro la vagina da Ahmed, godendosi le stantuffate potenti e instancabili di Omar nello sfintere, beh ora vi risponderei di no.

Perché?

Come vi dicevo, la nostra intesa sessuale era perfetta e continua, esploravamo le fantasie l’uno dell’altro senza grossi pregiudizi e con il solo desiderio di far felice la persona amata. Non ci facevamo mancare nulla. Probabilmente è per questo che non mi accorsi subito di quello che stava succedendo.

Una sera di fine estate andammo a cena in un pregevole ristorante della collina da cui si godeva una romantica vista di Torino. Serata splendida, cena a base di pesce innaffiata da vino bianco di qualità, atmosfera elegante e Alessandra splendida in un vestito aderente color verde acqua, che risaltava la sua bellissima abbronzatura; la scollatura provocante ma non esagerata richiamava lo sguardo sul suo seno libero da ogni sostegno, tanto che fissando bene si potevano intravedere i capezzoli. La gonna al ginocchio con taglio obliquo fasciava le gambe tornite, che terminavano in un bellissimo sandalo dorato con tacco dodici. Eravamo allegri e anche un pelo brilli, Alessandra mi stuzzicò per tutta la cena, raggiungendo il clou tra il secondo e il dessert:

-Sai, ho un piccolo problemino – mi sussurrò nell’orecchio – stasera non ho messo le mutandine… e bagnata come sono ho paura di macchiare il vestito…

Fu ovviamente come far esplodere una bomba nel mio cervello, in dieci minuti avevo pagato il conto e la stavo letteralmente trascinando verso l’uscita con una mano saldamente artigliata al suo culo.
Una volta usciti dal ristorante, ci dirigemmo verso le panchine del parco lì vicino limonando come liceali, le mie mani non stavano ferme un secondo e accarezzavano in continuazione il suo corpo, stringendo e palpando, mentre lei si strofinava spesso sulla mia eccitazione, che ormai tendeva i pantaloni; raggiungemmo la panchina e mi sedetti prendendola in braccio, infilandole la mano tra le cosce e facendola sospirare.
Le baciai il collo, le spalle, risalii fino all’orecchio in preda alla lussuria, lei intanto armeggiava per slacciarmi i pantaloni; presa dalla passione, tirò fuori il mio cazzo e, tiratasi su la gonna in vita, si mise a cavalcioni su di me impalandosi.
Iniziò a muoversi lentamente, cercando la giusta posizione per agevolare l’amplesso, la mia bocca incollata al suo seno destro che avevo liberato dal vestito.
Muovendo poi il viso per cercare più aria, lo vidi.

A circa sette/otto metri da noi, un ragazzo sulla trentina ci osservava, rapito. Era sporco, con vestiti più grandi della sua taglia, logori e lerci, uno di quei ragazzi dell’est Europa che purtroppo spesso si vedono a chiedere l’elemosina nelle stazioni o ai semafori.

Mi bloccai, invitando Alessandra a fare lo stesso.

-​ Ale, quello ci fissa, forse è il caso che ti rivesta.

-​ Mm… no dai… non ora ho troppa voglia… lascialo guardare…

-​ Ma sei matta, e se gli vengono strane idee?

-​ Dai Marco, ho voglia… e poi mi eccita che ci stia guardando… dai scopami…

-​ Non mi sembra il caso!!

-​ Ehi tu che stai guardando!! Goditi lo spettacolo ma stai a distanza, ok? – disse rivolta al guardone, che con il pollice alzato fece cenno d’aver capito.

Alessandra riprese subito a muoversi, richiamando tutta la mia concentrazione al basso ventre… lo ammetto, in un attimo non pensai più al guardone e mi godetti la cavalcata. Lei era scatenata, si mosse con una foga mai vista prima e mormorandomi “mi fa sentire troia sapere che ci sta guardando”, si lasciò andare ad un orgasmo travolgente, inondadomi le gambe con i suoi succhi, seguita a brevissimo dalla mia copiosa venuta.

Ci abbandonammo mollemente sullo schienale della panchina, scossi dai tremiti e sudati; pian piano le nostre menti tornarono lucide e rendendoci conto di essere in un luogo pubblico, anche se deserto, ci rivestimmo velocemente e ci dirigemmo verso l’auto.

Non mi voltai nella direzione del guardone per vedere se era ancora lì. Lo fece Alessandra, notai.

Quello che non notai, fu l’inconfondibile gesto che gli fece lei da dietro la mia schiena, gesto che in qualunque lingua del mondo significa solo una cosa.

“Ti chiamo dopo”.


Capitolo 3. La vacanza – parte 1


L’episodio del guardone ben presto diventò un piacevole ricordo e nulla più, la nostra vita riprese normale da giovane coppia innamorata e felice.

Per festeggiare il nostro primo anniversario, decidemmo di regalarci una settimana di vacanza insieme; la ricorrenza era alla fine di gennaio, per cui optammo per un paese caldo per spezzare l’inverno torinese e scaldarci un po’ le ossa. La meta prescelta fu Lanzarote, splendida isola di origine vulcanica dell’arcipelago delle Canarie. Già solo guardando il depliant dell’agenzia sognavamo le spiagge incontaminate di sabbia nera, il sole, l’oceano e poco turismo… insomma non vedevamo l’ora di partire.

Prima della partenza mi recai in un rinomato negozio del centro per comprare un costume da regalare alla mia bella per l’occasione; sapevo già cosa mi interessava, per cui fu facile spiegare alla commessa quale modello volevo, di colore bianco, con il sotto a perizoma e il reggiseno a fascia finemente lavorato con ricami di filo dorato. Alessandra ne fu entusiasta, lo provò immediatamente improvvisando una breve sfilata prima che, ammaliato dallo spettacolo, non la buttassi allegramente sul letto per vedere se era facile sfilarglielo. Facemmo l’amore giocosamente, felici dell’imminente partenza.

Il viaggio fu comodo e abbastanza corto, circa quattro ore e all’arrivo la piacevole temperatura di 24 gradi ci accolse insieme all’immancabile vento. Ritirata l’auto a noleggio, ci dirigemmo verso la zona sud dell’isola ammirando l’incredibile paesaggio che ci sfilava accanto, fatto di colline brulle di terra nera, case basse e bianche e qualche basso filare di vite incassato nel terreno per proteggerlo dal vento. Ammirati ed entusiasti, arrivammo al bungalow da noi prenotato e ci facemmo indicare dalla receptionist le spiagge più belle da vedere.

– Le spiagge vicino alle zone turistiche sono molto comode e attrezzate, ma sono molto frequentate anche in questo periodo dell’anno. Se vi interessano delle spiagge più selvagge, invece, vi consiglio Punta Papagayo, zona moto più bella ma con meno servizi. È anche la zona più frequentata dai nudisti.

Ringraziammo dei suggerimenti e ci recammo in camera.

– Amore, le spiagge nudiste!- mi sorrise ammiccante Alessandra.

– Lo so amore, in effetti da queste parti il nudismo è accettato e molto più frequente che da noi.

– Dai, ci andiamo? Così vediamo come sono…

– Amore, per me va bene, ma forse come primo giorno sarebbe meglio non allontanarci troppo e vedere un po’ come funziona l’isola…

– Io ho deciso che voglio andarci, non mettere i bastoni tra le ruote! – mi rispose seccamente.

Un po’ stupito dalla reazione scontrosa e desideroso di far cominciare la vacanza con il piede giusto, acconsentii ed in breve partimmo verso la spiaggia.

Effettivamente lo spettacolo offerto dalle spiagge quasi completamente deserte e dalle calette nascoste nella roccia era mozzafiato. Dopo aver parcheggiato, raggiungemmo a piedi la spiaggia con una breve scarpinata e trovammo ad attenderci l’oceano e poche persone sparse su tutto lo spiaggione. Liberatici velocemente di tutti gli indumenti, ci stendemmo a prendere il sole e a rilassarci lasciandoci avvolgere dal calore e dalla quiete per quasi tutto il pomeriggio, intervallato da qualche passeggiata sul bagnasciuga. Vedere Alessandra nuda che camminava con naturalezza in un luogo pubblico era estremamente erotico e gli effetti di tale spettacolo non tardarono a farsi notare; visto il principio di erezione, decisi di buttarmi in acqua per non dare troppo spettacolo.

Nuotai per una ventina di minuti, poi con bracciate lente e rilassate mi diressi verso riva.
Notai allora Alessandra che, in piedi, chiacchierava con una coppia che stava posando borse e asciugamani, chiaramente erano appena arrivati; vederla chiacchierare nuda con altre persone, con il lui della coppia che non faceva nulla per mascherare gli sguardi sul corpo della mia donna, mi fece venire un crampo allo stomaco. Rimasi in acqua ad osservare la scena, vedendo la coppia presentarsi e pian piano spogliarsi completamente; lei era carina, capelli scuri, non molto alta ma formosa, forse qualche chilo di troppo ma comunque molto gradevole.
Lui era un bell’uomo, alto, ben piazzato ma non palestrato, rasato e con un tatuaggio sulla spalla. Vedere anche loro nudi chiacchierare con Alessandra mi fece un attimo riflettere sul fatto che in una spiaggia nudista era normale chiacchierare senza vestiti, quindi calmai la fitta di gelosia ed uscii dall’acqua raggiungendo il gruppetto.

– Amore, vieni, ti presento Giulia e Carlo, sono italiani ed appena arrivati come noi! Che fortuna, possiamo girare insieme ed avere un po’ di compagnia!

Ci presentammo e passammo il resto della giornata insieme, chiacchierando piacevolmente.

Il giorno dopo ci trovammo alla spiaggia di buon mattino. La giornata era splendida, e il vento non eccessivo accarezzava la nostra pelle scaldata dal sole. Avevamo comprato entrambi un ombrellone che io e Carlo piantammo nella sabbia per creare una zona d’ombra in cui lasciare le borse frigo con il pranzo, mentre le ragazze chiacchieravano al sole come amiche di vecchia data. Carlo mi era simpatico, uomo istruito e con mille interessi, era una compagnia molto piacevole ed in breve si instaurò grande cameratismo e confidenza; eravamo già un gruppetto unito.

La giornata in spiaggia trascorse serena e gioviale e complici le otto San Miguel che ci spartimmo per pranzo, pian piano anche la confidenza si fece più intima, portandoci a raccontarci qualche piccolo “peccatuccio” passato e parlare apertamente di sesso, con aneddoti e gusti gli uni degli altri.
Saranno state le birre, i discorsi o l’eccitazione di affrontare certi argomenti in completa nudità, fatto sta che ben presto loro iniziarono a baciarsi con passione seguiti a ruota da noi due.
I baci sempre più focosi non fecero altro che soffiare sulla miccia della nostra passione, e ben presto mi trovai in un appassionato 69 con Alessandra mentre Carlo penetrava Giulia da dietro.
Guardare ed essere guardati eccitò moltissimo tutti e quattro, prendemmo spunto gli uni dagli altri fino a che, come se fosse prestabilito, le ragazze si inginocchiarono davanti a me e a Carlo.
Inondare i loro visi di caldo sperma fu il coronamento migliore che potessimo immaginare.

La sera Alessandra era un fiume in piena.

Era entusiasta dell’esperienza vissuta e io non ero da meno, riparlandone in camera ci eccitammo da morire e la possedetti sul divano con foga e trasporto finché non urlammo entrambi dal piacere.

Crollati esausti tra le braccia l’uno dell’altra, ci mettemmo a chiacchierare:

– Sai, è stato veramente eccitante… vedere come ci guardavano e come si regalavano piacere mentre lo facevano… mi bagno solo a ripensarci…

– Sì è vero, è stato davvero pazzesco, e a giudicare da come ti fissava Carlo credo che anche lui si sia divertito – la punzecchiai.

– Mi fissava, vero? Beh sono contenta di averlo eccitato, mi fa sentire orgogliosa che si eccitasse vedendomi godere.

– Speriamo che Giulia non se ne sia accorta troppo, non vorrei che si arrabbiasse per la scarsa considerazione…

– Sai, Carlo mi ha detto che vorrebbe rifarlo… e mi ha anche fatto una battuta sul fatto che potreste scambiarvi di posto…

Rimasi di stucco per qualche istante:

– Beh e tu che gli hai detto??? Spero tu gli abbia fatto capire che non è il caso!

– Dai Marco, non ti arrabbiare, ha fatto solo una battuta… e poi che male ci sarebbe? Tante coppie sono scambiste, perché non provare?

– Ale ma che cazzo stai dicendo?? Andresti a letto con uno conosciuto da meno di 48 ore solo per provare?

– Senti non farmi la morale, mi eccita l’idea e vorrei provare…

– Tu sei tutta matta! – sbottai alzandomi e rivestendomi – Vado a prendere una boccata d’aria, ne ho bisogno!! – ed uscii, sbattendomi la porta alle spalle.

Sono quasi sicuro che lasciare da sola la propria donna che ti ha appena confessato di volersi scopare un altro, che risiede nello stesso hotel e che sei sicuro che si farebbe lei senza remore, non sia l’idea più geniale che un uomo possa avere.

Purtroppo in quel momento non ci pensai, troppo accecato dalla rabbia.


Capitolo 4. La vacanza – parte 2


Tornai in stanza dopo aver camminato per due ore, Alessandra dormiva, non la svegliai e mi sdraiai di fianco a lei.

La mattina dopo quando mi svegliai ero solo nel letto, trovai un biglietto sul comodino che diceva:

“Buongiorno dormiglione! Ti aspetto per la colazione!”

Mi sentivo strano, la discussione della sera prima era ancora vivida nella mia mente ma questo risveglio “normale” contrastava con quello che mi sarei aspettato. Dopo una rapida doccia scesi a fare colazione e lei, bellissima nel suo copricostume nero, mi sorrise gioiosa e fece come se nulla fosse. Restava qualcosa di non detto tra noi, ma mi lasciai trascinare dagli eventi e pian piano mi tornò il buon umore.

Le giornate successive trascorsero normalmente, vedemmo Giulia e Carlo un paio di pomeriggi ma facemmo più che altro i turisti, recuperando il feeling da coppietta. La penultima sera, però, tornando dal mio consueto jogging, trovai Giulia fuori dalla nostra camera, che mi aspettava.

– Marco, vorrei chiederti scusa, mi spiace che quel pomeriggio vi ha creato imbarazzo, noi siamo abituati a vivere così la nostra sessualità e ci spiace se quanto successo vi ha disturbati.

– Giulia, ti ringrazio della gentilezza, ma non siamo rimasti turbati da quanto successo, anzi, ci siamo divertiti molto, ma dovevamo passare un po’ di tempo noi due soli perché a Torino non ci capita spesso quanto vorremmo. Ecco perché in questi giorni siamo stati un po’ per i fatti nostri!

– Meno male, credevo vi avessimo offeso… allora se non siete arrabbiati con noi, stasera potremmo cenare insieme?

– Certo, Ale ne sarà felicissima!

– Ok, allora alle 20,00 davanti camera nostra?

– Ci saremo!

La cena fu squisita, a base di pesce, innaffiata da un ottimo vino bianco locale.
Terminammo con un bicchierino di rum e miele tipico del posto e decidemmo di fare due passi: le ragazze erano allegre e sensualissime, Giulia con un top nero che le lasciava completamente scoperta la schiena sopra degli short bianchi in jeans; Alessandra con una minigonna nera ed una canotta bianca aderente.
Entrambe non portavano il reggiseno e i loro capezzoli puntavano impertinenti la stoffa degli indumenti.
Chiacchieravano complici, mentre io e Carlo discutevamo di sport.
Verso la fine del lungomare decidemmo di continuare la passeggiata sulla spiaggia per permettere alle ragazze di togliersi le scarpe con i tacchi e camminare scalze, così ci avventurammo sulla sabbia tra ombrelloni chiusi e pile di sdraio, nella penombra delle luci sempre più rade. Mentre passeggiavamo, Alessandra si lamentò di dover urinare e accompagnata da Giulia si nascose dietro delle sdraio per liberarsi; al loro ritorno, mi porse platealmente il suo perizoma da mettere in tasca:

– Tieni amore, l’ho tolto per evitare che si riempisse di sabbia. Ma già che ci sono, ne faccio a meno, tanto fra un po’ saremo tutti a letto… – disse, ammiccante, rivolta a me e Carlo.

– Per fortuna io non ho di questi problemi – rincarò Giulia fissandomi negli occhi – l’intimo non lo indosso praticamente mai…

Capii che sarebbe successo qualcosa quella sera, infatti tornati nel residence Alessandra li invitò in camera nostra a bere il bicchiere della staffa.
Seduti sul divano, io e Carlo ci bevemmo in effetti un bicchiere, mentre le nostre donne improvvisavano un lento e sensuale strip accompagnato da strusciamenti e palpeggiamenti davvero erotici.
Quando Giulia, ormai nuda, leccando un capezzolo ad Alessandra le sfilò la gonna, fu come il semaforo verde alle gare di motoGP, io e Carlo scattammo quasi all’unisono verso di loro gettandoci nella mischia.
In un turbine di pelle, arti e mani che si incrociavano, iniziai a leccare il sesso di Alessandra mentre Giulia faceva un sontuoso pompino a Carlo, porgendo la sua figa già grondante umori alla bocca della mia donna che non si fece pregare ed iniziò a leccare le grandi labbra dell’amica lentamente e sensualmente.
Il livello di eccitazione crebbe a dismisura in tutti e in breve io e Carlo le stavamo sbattendo con foga, facendole gemere sempre più rumorosamente di piacere.

Al culmine dell’eccitazione, successe.

Giulia era messa a quattro zampe ed era appena stata percorsa da un intenso orgasmo, quando con un cenno d’intesa con Alessandra si staccò da Carlo lasciandogli il sesso libero; a quel punto, Alessandra si sfilò da sopra di me, si avvicinò a Carlo e si fece penetrare con un colpo secco. Stavo per dire qualcosa quando la bollente bocca di Giulia si impossessò del mio cazzo, facendomi perdere per un attimo la concentrazione su quello che stava succedendo. Pian piano la recuperai e focalizzai il fatto che Alessandra si stava facendo scopare davanti ai miei occhi da un altro uomo.

So che esistono uomini che si eccitano e vedere la propria donna sbattuta da altri, so anche che ci sono uomini che in una situazione del genere compiono una strage accecati dalla gelosia, ma nessuno dei due casi va bene per me. Io rimasi pietrificato, shoccato da quanto stava avvenendo, pian piano persi anche interesse per quanto la bocca di Giulia stava facendo (egregiamente, tra l’altro) al mio sesso, che perse rapidamente consistenza.

La donna che amavo e che credevo sarebbe stata la mia compagna di vita, stava godendo di un travolgente orgasmo, donatole dal cazzo di un altro uomo.

Venni riscosso dalla voce di Giulia che si lamentava del fatto che mi ero ammosciato e che il divertimento per lei era finito, decisi di intervenire ma proprio nel momento in cui Carlo con versi animaleschi piantava sempre più a fondo il suo sesso dentro Alessandra, scaricandole nell’utero tutto il suo caldo seme.

Con colpevole ritardo, lo ammetto, esplosi.

Urlai di tutto ad Alessandra, ci mancò poco che mettessi le mani addosso a Carlo che, tra il sorpreso e lo spaventato, raccolse moglie e indumenti e se ne andò di corsa. Insultai Alessandra dandole della troia, la odiai profondamente e mi resi conto che avrei potuto diventare violento anche con lei, per cui mi rivestii alla meglio e me ne andai dalla stanza.

Delle ore successive ho ricordi annebbiati, so di essere arrivato in un bar sulla spiaggia frequentato da turisti russi, ricordo che comprai una bottiglia di vodka per bere con un paio di loro che pur non capendomi mi trattavano come il migliore dei loro amici.

Mi risvegliai il giorno dopo, verso mezzogiorno, su una barella al pronto soccorso.

Avevo un fortissimo mal di testa e non riuscivo a muovermi. Puzzavo di alcool e di urina, lo sguardo era annebbiato e le idee confuse. Ero sperduto, confuso, non ricordavo nulla di quella notte. Cercai di parlare con qualcuno, ma non riuscii a farmi capire, avevo grosse difficoltà ad articolare i pensieri, figurarsi a parlare in una lingua straniera; cercai di alzarmi ma la testa mi girava troppo, stavo per mettermi ad implorare aiuto, quando vidi arrivare Alessandra. In un attimo, i ricordi della sera precedente mi tornarono in mente, ma sfuocati, ovattati, annebbiati dall’enorme sollievo di vederla. Sorrideva mentre correva verso la mia barella ed era bellissima.

Scoprii che ero arrivato al pronto soccorso insieme ai miei amici russi, ubriaco fradicio e con una brutta ferita alla testa; semplicemente, ero uscito per andare a pisciare ed ero caduto dalle scale fuori dal bar. Mi era anche andata bene, dissero i medici, perché al di là della ferita alla testa e di qualche livido non avevo alcun danno, nessun grave trauma cranico né deficit neurologici.

Fui dimesso in un paio d’ore e tornammo in albergo. Finalmente, avrei potuto affrontare Alessandra.


Capitolo 5. Il patto


Per diversi minuti regnò il silenzio.

Entrambi dovevamo riordinare le idee e le emozioni prima di iniziare una discussione che, lo sentivamo, avrebbe potuto mettere la parola fine alla nostra relazione.

– Marco, dobbiamo parlare. – esordì lei – vorrei se fosse possibile che tu mi ascoltassi senza interrompermi, così ti potrò spiegare cosa è successo e perché è successo. Sono sicura che, visto che mi ami, la nostra unione uscirà più forte di prima da tutta questa storia.

– Non ne sono così convinto. Ma va bene Ale, dimmi quello che mi devi dire. Non interromperò.

– Innanzi tutto vorrei che capissi una cosa: Carlo non è più bravo di te a letto, non ha il cazzo più grosso e fisicamente non mi piace più di te.
Non provo nessun sentimento per lui.
Mi sono concessa a lui, perché ne avevo voglia.
Vedi, sto scoprendo in me una natura porca, vogliosa, continuamente desiderosa di provare forti emozioni sessuali; non è una necessità fisica, ma psicologica, ho voglia di trasgredire e continuo a farlo, è più forte di me.
Vuoi degli esempi? Prima di partire, a cena dai tuoi, mentre eravamo a tavola, mi sono masturbata strusciandomi contro la gamba del tavolo.
Così, perché ne avevo voglia, era eccitante l’idea e l’ho fatto. È da un po’ che sento queste continue pulsioni e spesso le ho dovute soffocare per amore tuo o per senso morale.
Ma adesso basta.
Scoparmi Carlo davanti a te è stata un’esperienza forte, fortissima e a emozioni così non voglio rinunciare mai più.
Lo so che ti sto dicendo qualcosa di scioccante e che potrebbe distruggere il nostro amore, ma c’è un alternativa: puoi partecipare.
Se vorrai restare con me, ti amerò sempre, anche più di prima, e la nostra vita cambierà solo quando io avrò dei “pruriti” che vorrò togliermi; in quei momenti, ci organizzeremo in modo che tu possa partecipare attivamente e divertirti anche tu, ma mai, in nessun modo potrai dirmi di no.
Voglio seguire a tutti i costi la mia natura.

– E ti aspetti che io accetti serenamente la cosa? Sapere, anche vedere, la mia donna che si fa sbattere da altri dovrebbe andarmi bene?

– Basta combinare bene la cosa e anche tu avrai altre donne con cui andare… vedi, io ho questa necessità ma ti permetto di seguire le tue senza limiti, basta che facciamo le cose insieme!

– Ale, ma io non ho bisogno di andare con altre per seguire le mie necessità!! Certo, anche a me piace trasgredire, non lo nascondo, ma non mi interessa farlo con altre, voglio trasgredire con te!

– Che diavolo Marco, sei così dannatamente egoista! Ti costa così tanto fare qualcosa per rendermi felice?

– Per far sì che tu sia felice, dovrei essere infelice io?

– Non essere melodrammatico, ti propongo di scoparti altre donne con il mio consenso, non ti sto dicendo di spararti in un piede!

– A me sembra che tu sia impazzita, ma come ti vengono in mente certe cose? Sei fuori di testa!

– Sarò anche fuori di testa, ma so cosa voglio!!! E quello che voglio è seguire la mia natura, senza se e senza ma, e se non ti piace quello che voglio fare, beh, tra noi È FINITA!!!!!!

Era rossa in viso, le vene del collo gonfie, era veramente fuori di sé mentre mi sbraitava contro. Mi zittii, troppo sorpreso per replicare, stupito della convinzione con cui aveva espresso i suoi desideri e soprattutto dalla portata della sua ultima minaccia. Forse anche lei si rese conto di quello che aveva detto e silenziosamente si sdraiò sul letto piangendo piano.

Che dovevo fare? Da un lato avrei voluto mandarla a fare in culo, aveva rovinato tutto per del banale sesso, che andasse a farsi fottere da chi voleva, io mi sarei rifatto una vita. Dall’altro lato, però… non nascondo di essere stato, per un attimo, incredibilmente eccitato dal vederla posseduta da Carlo; e con Giulia mi sarei potuto divertire parecchio, era una bella ragazza e sembrava sapere decisamente il fatto suo a letto. Avrei potuto farlo senza rimorsi e sensi di colpa, anzi, tornando poi a casa con Alessandra felice ed appagata.

Cosa avreste fatto voi?

Io ci rimuginai su un bel po’. Poi, mi sdraiai vicino ad Alessandra abbracciandola da dietro. Lei stava ancora singhiozzando leggermente e quando l’abbracciai trattenne il fiato come in attesa del verdetto.

– Non mi piace l’idea di condividerti. Mi fa ingelosire che qualcun altro possa accarezzarti, toccarti, farti godere. Ma non ti voglio perdere. Ti propongo un patto: ci proviamo, ma io devo essere sempre presente, devo approvare sempre la coppia e devo poter fare sempre quello che mi sento. E se per caso non dovessi farcela, proverai tu a rinunciare a queste trasgressioni? Io sono pronto a sacrificare qualcosa, se anche tu sei disposta a farlo.

– Ok amore!!! Tutto quello che vuoi!! Faremo le cose insieme e le decideremo insieme e ti prometto che se vorrai smettere riconoscerò il tuo tentativo di venirmi incontro e smetteremo, promesso!! – mi disse baciandomi poi con entusiasmo da ragazzina.

Facemmo l’amore dolcemente, delicatamente, quasi con la paura di spezzare quel nuovo equilibrio che si stava formando.

Avevo ceduto, ma non l’avevo persa.

Rientrammo a casa e pian piano ci lasciammo alle spalle la nostra crisi. La routine quotidiana ci riassorbì interamente e non affrontammo più l’argomento per un mese e mezzo circa. Poi, una sera che eravamo al cinema, Alessandra mi stuzzicò durante la proiezione facendomi eccitare fino al limite per poi, complice la sala semi-deserta, prendermelo in bocca e farmi godere ingoiando tutto il mio piacere. Tornando a casa le chiesi cosa avesse scatenato quel raptus.

– C’era una coppia al cinema, sembravano innamorati, ma lui non smetteva di fissarmi, mi spogliava con gli occhi; ho immaginato di abbordarli e proseguire la serata a casa loro, così mi sono eccitata e ho deciso di fargli vedere qualcosa di più interessante del film!

– Povero, starà tornando a casa con gli ormoni a mille… speriamo che lei lo lasci sfogare!! – ridemmo insieme.

– Amore ho voglia di scatenarmi… perché non invitiamo Carlo e Giulia da noi per il weekend?

-Ok amore, quattro chiacchiere con loro le faccio volentieri!

Carlo e Giulia furono felicissimi dell’invito, non erano mai stati a Torino e ne avrebbero approfittato volentieri per fare del buon turismo… e non solo! In più, un’entusiastica mail che mi scrisse Giulia nella quale si definiva “già un lago al pensiero di riprendere il discorso interrotto tra noi” mi mise di ottima propensione per il weekend. Sistemammo la camera per gli ospiti e organizzammo un paio di uscite enogastronomiche nei dintorni, ma non pianificammo molto per il resto del tempo in modo da essere liberi di divertirci; il venerdì Alessandra passò la mattinata dall’estetista e a fare shopping, io dopo una veloce capatina in studio andai in palestra e poi incontro ai nostri ospiti.

-Ciao ragazzi e benvenuti a Torino!- li salutai.

Qualche veloce convenevole sul tempo, mentre dal binario li accompagnavo nell’atrio della stazione verso il bar per offrir loro un caffè ristoratore. Giulia colse l’occasione per andare ai servizi, io e Carlo per parlarci un attimo in territorio neutro:

– Marco, grazie mille dell’invito! La vostra compagnia ci è piaciuta tantissimo e speravo sinceramente di rivedervi. Vorrei solo capire le vostre intenzioni, per non ricadere negli equivoci dell’ultima volta e perdere la vostra amicizia. Vedi, io e Giulia siamo scambisti da diversi anni e quella sera, quando ho visto che Alessandra mi si concedeva, ho pensato che per voi fosse lo stesso… ma credo di essermi sbagliato!

– Già Carlo, in effetti non avevamo mai fatto nulla del genere, ne avevamo parlato durante la vacanza dopo quel pomeriggio in spiaggia, ma non avevamo preso una decisione, per quello rimasi assolutamente sorpreso e scioccato e reagii in quel modo.
Ora ne abbiamo parlato, abbiamo messo alcune regole e deciso di provare questa esperienza, per cui stai tranquillo, non vi caccerò di casa!

– Lieto di sentirlo! Vedrai, sarà un weekend indimenticabile per tutti e quattro!

Partimmo alla volta di casa mia, con un’eccitazione crescente, corroborata dal ricordo di quanto dettomi da Giulia a Lanzarote riguardo alla sua abitudine di non portare mai l’intimo.

Arrivammo a casa e, se ci fosse ancora stato qualche dubbio su cosa sarebbe successo quel weekend, l’abbigliamento scelto da Alessandra per accogliere gli ospiti li fugò tutti; era in sala, seduta sul nostro divano in pelle bianca. Bellissimi sandali dorati tacco 15 fasciavano i suoi piedi nudi. Risalendo con lo sguardo sulle gambe accavallate, si incontrava una tuta in microrete con effetto trasparente che ricopriva totalmente il suo splendido corpo, lasciandolo non nascosto ma solamente velato. La totale assenza di intimo la rendeva una superba, erotica e conturbante visione.

Carlo è qui al mio fianco, ora. E se gli chiedessi cosa pensò quando vide Alessandra vestita così, beh direbbe: “Ho pensato che eri fottutamente fortunato ad avere una donna così sexy, ma io di più, perché me la sarei scopata col tuo permesso!”. Ora non la pensa più così, anzi potrei dire che senza di lui, non sarei riuscito a superare quello che mi è successo.

Ma andiamo per ordine, e torniamo a quel weekend…


Capitolo 6. Scambiandoci


Alessandra, vestita in quel modo, avrebbe resuscitato un morto.

I capelli biondi erano raccolti in un’elegantissima coda alta, i capezzoli rosa puntavano la tuta come a volerla strappare e il sesso completamente depilato si intravedeva già lucido di umori.

Io, Carlo e Giulia, riavutici dalla iniziale sorpresa, le saltammo letteralmente addosso. In breve le donne restarono nude tranne le scarpe e fu naturale, fin da subito, che Giulia si impossessasse del mio membro e che Carlo affondasse la lingua nel sesso della mia Alessandra. Presi come eravamo dalla eccitazione, nessuno durò molto. Giulia venne mentre la possedevo a pecorina, Alessandra a smorzacandela su Carlo. Noi uomini poi regalammo una maschera di caldo seme uno alla compagna dell’altro.

Dopo, fu come se ogni barriera tra noi fosse crollata. Non c’erano imbarazzi né gelosie, nessuno perse tempo a rivestirsi, solo una calda doccia ci rese presentabili gli uni agli altri, pronti per i prossimi round. Dopo il pranzo veloce, ci rivestimmo per fare una passeggiata in centro, nella quale spesso ci stuzzicavamo a vicenda con battute e doppi sensi neanche molto velati, mentre Carlo, bravo fotografo, immortalava Torino in cento fotografie; pian piano, le due ragazze iniziarono a fargli da modelle, con pose sempre più ammiccanti e velate di saffico erotismo, finché non iniziarono a farsi fotografare alzandosi la gonna o aprendo le scollature e mostrando all’obbiettivo l’ormai familiare assenza di intimo. Io e Carlo non reggemmo molto a questa provocazione e le riportammo di corsa a casa per dedicarci totalmente a loro.

Fu una serata incredibile.

Successe e provammo di tutto, il sesso anale, orale, le ragazze si regalarono uno splendido 69 lesbo che eccitò tutti oltre misura, ma credo che la doppia penetrazione su Alessandra mentre Giulia penetrava con due dita il culo di Carlo sia l’immagine migliore per riassumere un pomeriggio in cui sborrai quattro volte, tutte in un orifizio diverso.

Poi, dopo circa quattro ore dal nostro rientro, esausti, sudati e indolenziti da tanta ginnastica ci trascinammo fino alla vasca idromassaggio che abbiamo sul balcone per riposare le stanche membra.

– Cazzo ragazzi, m’avete distrutta!!- commentò languida Alessandra.

– Ne chiedevi sempre di più… ti abbiamo accontentata!!- rise Carlo.

– Però la prossima volta voglio stare io al centro dell’attenzione. Non vale, lei l’avete riempita e io venivo trascurata! – si lamentò con finto broncio Giulia – meno male che stiamo qua ancora domani… dovrete farvi perdonare!

Ridemmo tutti e quattro, lasciandoci poi rilassare dalle carezze dell’acqua calda. Mi assopii anche per una mezz’oretta, tant’è che quando mi risvegliai ero solo nella vasca. Uscii silenziosamente e rabbrividii per la carezza dell’aria fresca sul mio corpo nudo e bagnato, raccolsi un asciugamano e rientrai cercando i tre compagni di avventura. Sentii delle voci provenire dal bagno e mi ci diressi, sentendo la voce ovattata di Giulia che diceva:

– Me ne hai fatta bere troppa, sto scoppiando!

– Dai tesoro è solo acqua… e poi è quello l’obbiettivo, no?

– Ale muoviti che non resisto più!

Scostai la porta del bagno e spiai la scena. Alessandra era distesa nella vasca a gambe aperte e si stava lentamente accarezzando il sesso, leggermente rossa in viso per l’eccitazione. Giulia era in piedi, nella vasca, con le gambe a cavalcioni di Alessandra leggermente piegate. Proprio nel momento in cui stavo per chiedere cosa stava succedendo, ad un “via!” di Carlo, Giulia si rilassò visibilmente e lasciò andare un potente getto d’urina trasparente che colpì in pieno viso Alessandra. Guardai meravigliato la scena della mia donna che si masturbava mentre Giulia le pisciava addosso.

Incredulo e un po’ stranito dalla scena, me ne tornai silenziosamente nella vasca idromassaggio ripensando agli eventi della giornata; era stato tutto molto intenso e soddisfacente, non potevo negarlo, ma questa improvvisa impennata di trasgressione un po’ mi spaventava, ebbi la sensazione che fosse fuori dal mio controllo, prova ne era che nell’ultimo gioco non fossi stato minimamente coinvolto.

Mi chiesi se Alessandra avrebbe condiviso con me l’esperienza; sentendola tornare, feci finta di dormire ancora per vedere cosa sarebbe successo. Invece di Alessandra, però, a riscuotermi fu Giulia. Mi svegliò con un bacio giocoso sul collo, bacio che pian piano divenne sempre più sensuale, finché le nostre labbra non si incontrarono mangiandosi fameliche. Appena ci staccammo, salì in piedi sul bordo della vasca accovacciandosi sui talloni e mi porse il suo sesso da leccare; sapendo cosa era appena successo, ero restio ad accontentarla, ma la voce perentoria, fredda, quasi cattiva di Alessandra mi sorprese:

– Leccagliela. Mi ha appena regalato un orgasmo pazzesco pisciandomi addosso, il minimo che tu possa fare è pulirgliela per bene. Avanti, muoviti!

Obbedii controvoglia. Ammetto che la situazione mi avrebbe potuto eccitare, ma il dover obbedire ad un ordine mi tolse ogni entusiasmo. Per fortuna Giulia era abbastanza eccitata da quanto fatto nel mio bagno quindi in pochi minuti venne sulle mie labbra ansimando rumorosamente. Appena Giulia scese dalla mia faccia, Alessandra dichiarò che era ora di pensare alla cena e rientrò, accompagnata dall’amica; Carlo rimase fuori porgendomi l’asciugamano mentre uscivo dalla vasca e con un cenno mi chiese se era tutto a posto; feci cenno di sì e rientrai con lui.

Il resto del weekend, come potrete immaginare, proseguì con un equilibrato mix di allegro turismo e sesso scatenato. Pian piano le fatiche si fecero sentire, quindi il ritmo diminuì ma non la qualità né la focosità degli amplessi. Quando i nostri ospiti se ne andarono, ci promettemmo di vederci al più presto, magari da loro a Mantova.

Nei mesi successivi, non successe granché. Carlo e Giulia erano impegnati con dei lavori in casa e non li vedemmo quasi mai, ogni tanto Alessandra sosteneva di voler trasgredire ma dopo un paio di giorni il suo entusiasmo calava, bocciava tutte le coppie che trovavamo disponibili su siti specializzati adducendo scuse e sabotando ogni minima possibilità di incontro. Pian piano non ne parlammo più.

La vigilia di Natale di quell’anno, in un ristorante della collina, di fianco ad un gigantesco albero addobbato, le chiesi in ginocchio di diventare mia moglie. Fu un momento incredibilmente romantico, ci baciammo teneramente e fui l’uomo più felice della terra.

Iniziammo i preparativi per il matrimonio che si sarebbe svolto a giugno, eravamo elettrizzati ed entusiasti, non c’erano tempo né energie per altre distrazioni. Giulia sarebbe stata testimone di Alessandra per cui li rivedemmo spesso ma senza possibilità di divertirci.

Il giorno del matrimonio, Alessandra era radiosa. Lo splendido vestito di alta moda era perfetto su di lei, le calzava meravigliosamente esaltandone il fisico snello e le curve sinuose; per il ricevimento, poi, uno stratagemma sartoriale permetteva di rimuovere la parte che copriva le spalle, lasciandola con una sensualissima scollatura posteriore che arrivava a lambirle i glutei. Era una dea, era la mia dea ed io ero follemente innamorato.

Ero.


Capitolo 7. Marito e moglie


La prima notte di nozze, in barba alle convenzioni, crollammo a letto ancora mezzi vestiti, troppo stanchi e ubriachi per fare qualsiasi cosa.

Lasciare il carrello degli amari in mano agli amici storici si era infatti dimostrata una mossa non troppo strategica; al dodicesimo brindisi smettemmo di tenere il conto.

La mattina dopo ci svegliammo di buon’ora, elettrizzati e smaniosi di raccontarci le impressioni della giornata precedente e felici come solo dei neo-sposi sanno essere. Avendo dormito nella struttura che ci aveva ospitato per il ricevimento, potemmo goderci la colazione in camera mangiando e chiacchierando a più non posso, raccontandoci dettagli del matrimonio o del rinfresco sfuggiti gli uni agli altri; pian piano, chiacchierando, iniziai a massaggiare le gambe nude di Alessandra stesa languidamente sul letto.

– Giulia durante il ricevimento ha fatto un pompino a Carlo nel bagno vicino al guardaroba!

– Hai capito… beh sono contento che abbiano trovato come divertirsi! – risposi distrattamente.

– Quando è uscita dal bagno Giulia mi ha chiamato in disparte e mi ha baciato… aveva ancora il suo sapore in bocca… – il piede di mia moglie si era mosso e sfiorava il mio sesso ancora rilassato.

– Che monelle… e se qualcuno vi avesse viste?

– Un cameriere ci ha viste infatti… ci ha fissate per un po’ ma poi è tornato al lavoro. Poi però ho visto che tutte le volte che rientrava in sala a servire, arrivava al posto di Giulia e appoggiava il pacco su di lei, come se fosse casuale, ma io ho notato che lo faceva sempre…

– E allora? – il suo piede scorreva delicatamente sul mio sesso che pian piano stava prendendo sempre più consistenza.

– E allora quando poi è passato a servire me, l’ho fissato negli occhi a lungo. Credo abbia capito..

– Cioè dovrebbe aver capito il tuo rimprovero dallo sguardo?

– Ma quale rimprovero? Ha capito che doveva strusciarlo anche su di me… e così ha fatto! Che gran matterello aveva! Mezzo eccitato… si sentiva benissimo!

– Ti sei fatta strusciare il cazzo da un cameriere il giorno delle nostre nozze?!??!!? – mi stavo alterando.

– Ma dai tesoro non ti arrabbiare, lo sai che sono monella…

– Comincio a pensare che sei un po’ zoccola, altroché monella!! – il suo piede non aveva smesso di muoversi sul mio cazzo, ormai durissimo.

– Beh la cosa non sembra dispiacerti, da quanto ti è diventato duro.

– È colpa del tuo piede, non del fatto che mia moglie faceva la troia tre ore dopo avermi sposato!!

– Uh dai, non essere noioso, non gli ho mica fatto un pompino… anche se, avessi potuto… ah ah…

Mentre rideva della sua battuta, le fui addosso.

Lei era sdraiata supina che rideva e sulle prime non capì le mie intenzioni.

La feci girare a pancia sotto, allargai un po’ le sue gambe mentre lei abbozzava un commento languido sulla mia reazione, poi la penetrai con un colpo solo.

Ma ero troppo incazzato per essere dolce e fare il bravo maritino, per cui non fu la sua figa già umida che penetrai. La sodomizzai a secco, senza grossi preliminari e senza darle la possibilità di prepararsi o reagire.

Alessandra urlò.

Non che il suo culo fosse vergine, anzi, io non ero stato il primo e spesso praticavamo il sesso anale, ma sempre con calma e con unguenti.

Quella volta, preso dalla voglia di punirla, fui invece brutale.

All’inizio era difficile muoversi dentro di lei che era contratta dal dolore e dalla sorpresa, anche io sentivo un po’ di bruciore, ma i lamenti di dolore che sentivo provenire da Alessandra mi spronavano a continuare.

– Quindi fai la puttana il giorno del nostro matrimonio? E allora io ti tratto da puttana! – ansimai fottendola con sempre maggior foga.

Pian piano, i lamenti di Alessandra si trasformarono in gemiti di piacere, mentre riavutasi dalla sorpresa aveva iniziato a massaggiarsi il clitoride godendo del trattamento. Andammo avanti per diverso tempo, lei ormai eccitata dalla situazione iniziò ad incitarmi:

– Dai amore… così… dammelo tutto… spaccami, sfondami… sono la tua puttana, aprimi il culo!

Io obbedivo.

– Dai Marco scopami… sono stata una zoccola, me lo merito… senti come mi sbatti… più forte dai, ho anche pensato di portarlo in bagno e fargli un pompino al cameriere…

– Che troia! Ma ti spacco per bene così impari!!

– Sì sono una troia… gli avrei succhiato l’uccello… fino a bere tutta la sua sborra…

Venne dicendo queste parole, le diceva per farsi sbattere ancora più forte e godere di più; io, concentrato solo sul desiderio di punirla, spingevo più forte e sempre più a fondo, finché urlando non le feci un rabbioso clistere di sperma.

Mi abbandonai su di lei ansimante, stravolto dalle sensazioni e dalla fisicità dell’amplesso, uscii dal suo ano arrossato e dolorante accompagnato da un abbondante rivolo di sperma. Alessandra non si mosse per un po’ mentre io esausto mi ero lasciato cadere di schiena sul letto, osservando il soffitto.

– Santo cielo come mi hai scopata… che orgasmo pazzesco!

– Spero di non averti fatto male…

– Scherzi? Mi ha fatto impazzire… per un po’ ora è meglio evitare il sesso anale, ma ne è valsa la pena! Sei stato una furia, come mai?

– Sinceramente volevo solo punirti per quello che mi stavi confessando. E più parlavi e più insistevo… quando poi mi sono accorto che stavi godendo, beh mi sono arrabbiato ancora di più!

– Ma caro, non devi essere geloso… sei mio marito e amo solo te! Però sei sicuro che non fossi eccitato da quello che ti raccontavo? Oltre che irruento ti ho sentito così grosso e duro come poche altre volte.

– Ma no che dici, sarà stata la mancanza di lubrificante, fidati!

– Sarà… ma secondo me un po’ ti ho anche eccitato.

Riflettei su quanto Alessandra mi stava dicendo, ma non me ne convincevo. È vero, avevo già visto Alessandra a letto con Carlo, ma quella situazione era eccitante perché nel mentre io mi davo da fare con Giulia; oppure no? Stavo diventando uno di quegli uomini che si eccitano a pensare la moglie con altri? Un cuckold? No, impossibile. Se mi ero eccitato è perché lei aveva saputo provocarmi.

Dimenticammo presto l’episodio, presi come eravamo dai preparativi per il viaggio di nozze.

Una settimana dopo, infatti, decollammo da Roma alla volta del Sudafrica. Fu un viaggio lungo ed estenuante, ma la prospettiva di due settimane di safari e una di relax sulle spiagge del Madagascar ci fece affrontare le fatiche con grande entusiasmo.

A differenza di quanto molti di voi stanno immaginando, durante il viaggio nessun omone di colore con il pene grosso come un braccio ci fece vivere mirabolanti avventure.
Fu invece una simpaticissima guida afrikaner di nome Anne a farlo.
Anne era una delle più belle donne che avessi mai visto, con corti capelli biondissimi tendenti al bianco, occhi color smeraldo e pelle abbronzata dalla vita all’aperto ed efelidi sul viso che le regalavano un’aria sbarazzina in qualunque momento.
Era alta non più di 1.60, con gambe scolpite dalle lunghe camminate, una terza di seno bella piena e un culo talmente sodo che avrebbe potuto rompere delle noci.

Ci venne a prendere all’albergo in cui avevamo trascorso un paio di notti a Città del Capo, avrebbe fatto il resto del viaggio fino al parco Kruger con noi. Fummo subito attratti irresistibilmente da lei, era splendida, parlava correntemente cinque lingue ed era dotata di una brillantissima intelligenza. Durante il viaggio ci spiegò cosa avremmo visto, a quali escursioni avremmo preso parte e dove avremmo dormito; vidi chiaramente che Alessandra era estasiata da Anne e che pendeva totalmente dalle sue labbra. Si prospettava un viaggio decisamente interessante.

Il parco Kruger è una delle più affascinanti aree protette dell’intero pianeta.
Alloggiavamo in un lodge all’interno del parco arredato in stile africano nel quale si respirava una festosa atmosfera di cameratismo tra i gruppi che affrontavano l’Africa selvaggia.
In realtà, essendo escursioni progettate nella massima sicurezza, di selvaggio c’era ben poco, ma per noi “cittadini” era tutto molto avventuroso.
La bellissima Anne ci sistemò nella nostra suite nuziale, ci fece compagnia durante la prima cena e il giorno dopo fu al nostro fianco nella prima escursione.
Ormai avevamo familiarizzato con lei per cui il rapporto era rilassato ed amichevole, lei era estremamente professionale quando era necessario esserlo, ma con noi due si scioglieva in una piacevolissima confidenza.
Fu quindi naturale, per noi, invitarla a cenare in nostra compagnia per quella sera.
Alessandra scelse un abito bianco semplice ma molto elegante che faceva risaltare la lieve colorazione che l’inflessibile sole africano le aveva già regalato; quando arrivammo nel salone del ristorante, non furono pochi gli uomini che si girarono a guardarla.
Anne, per contro, aveva addosso una canottiera sportiva, shorts in cotone kaki e infradito semplici.
Arrossì lievemente scusandosi per l’abbigliamento, noi la tranquillizzammo dicendo che forse noi eravamo un po’ troppo in tiro visto l’ambiente che ci ospitava e lei si rilassò visibilmente.
Peccato, perché con quel lieve rossore era veramente irresistibile.
La cena volò via veloce e allegra, chiacchierammo tra noi come se ci conoscessimo da sempre e quasi non ci accorgemmo che eravamo gli ultimi rimasti al tavolo; decidemmo di proseguire la serata nel teatro della struttura, dove bevemmo al bar e danzammo in compagnia di alcuni indigeni che dopo averci mostrato alcuni passi delle danze tribali ci sfidarono a ripeterli e a ballare per loro.
Il tempo di permettere ad Alessandra di sfilarsi le scarpe con il tacco e fummo in pista, cercando di imitare i passi imparati ballando su una musica trascinante con un ritmo sempre più veloce, tra le risate divertite dei locali che ci osservavano e ci incoraggiavano.

Dopo un’ora circa di balli sfrenati, sudati e sfiancati dal gran ridere ci allontanammo dal bar in cerca di refrigerio.
Le ragazze camminavano a braccetto parlando fitto, io le seguivo ad un paio di passi di distanza reggendo le scarpe di mia moglie e godendomi lo spettacolo dei loro fondoschiena.

Rientrammo nella suite per il bicchiere della staffa, io portai sul balcone qualcosa da bere mentre le ragazze si fiondarono in bagno a liberarsi la vescica per le troppe risate.
La serata era splendida, si intravedeva una miriade di stelle e la temperatura era mite e gradevole; il silenzio era rotto solo da qualche voce nei camminamenti del resort e dal frusciare del vento.
Una risata proveniente dall’interno della stanza mi richiamò alla realtà. Mi avvicinai silenziosamente alla portafinestra sbirciandovi all’interno, già pregustandomi ciò che avrei visto: Alessandra era in ginocchio sul letto, nuda, e stava leccando appassionatamente un capezzolo di Anne, che sdraiata e con addosso ancora gli shorts sospirava di eccitazione a occhi chiusi.
Mi accomodai sulla poltrona, godendomi lo spettacolo di mia moglie che, lasciati i seni della nostra guida, era tornata a baciarle le labbra mentre lentamente le slacciava gli shorts, glieli sfilava, rivelando un perizoma blu che ben presto finì a tener compagnia agli altri vestiti sul pavimento.
Ora le due ragazze erano completamente nude ed esposte ai miei occhi.
La pelle di Anne era candida dove normalmente era coperta dai vestiti di lavoro, ma la vita all’aria aperta aveva colorito il resto del corpo donandole un’abbronzatura buffa a vedersi, ma estremamente sensuale nel contrasto.
Il monte di venere privo di peluria, rendeva ancora più conturbante la visione.
Dopo aver assaporato a lungo ogni centimetro di pelle l’una dell’altra, Anne salì sopra ad Alessandra bloccandole le mani sopra la testa, iniziando a leccarle il collo, per scendere sui seni e lentamente verso il sesso di mia moglie.

Erano uno spettacolo da mozzare il fiato. Seduto sulla poltrona mi gustai quel sensualissimo amplesso saffico, ammirando mia moglie far sparire tre dita nel sesso di Anne che venne quasi singhiozzando, per poi restituire il favore ad Alessandra che spruzzò il suo piacere con un flacone di shampoo nella vagina e due dita di Anne nel culo.

Io venni per ultimo, masturbandomi furiosamente e spruzzando il mio seme sulle due ragazze che ancora si baciavano.


Capitolo 8. Predatori e prede


Nei giorni successivi Anne si intrattenne spesso con noi, ma non sforò l’ambito professionale se non per qualche veloce bacio ad Alessandra e qualche strusciamento con me.

Oltre a lei infatti era giunto a farci da guida anche il suo responsabile, per cui non potemmo agire liberamente.

Furono comunque giornate indimenticabili a contatto con la natura più selvaggia, tra l’indolenza delle popolazioni indigene che ci osservavano da lontano sfilare nei nostri fuoristrada.

Una sera, mentre eravamo nella sala comune a rinfrescarci e raccontare le meraviglie viste in giornata, fummo avvicinati dal vice-direttore della struttura che ci propose di passare le ultime due notti di permanenza in quello che definì come la “tenda per la caccia”, cioè una specie di tenda dalle mille comodità sistemata in un’area più isolata della riserva, dove avremmo potuto dormire nel silenzio della notte africana vivendo la vera atmosfera dei cacciatori di leoni. Affascinati dall’idea, cogliemmo al balzo l’occasione e fermammo la camera; Anne, che aveva seguito la scena, fu pronta ad offrirsi di farci da guida privata, aggregandosi a noi.

Partimmo la mattina dopo per raggiungere la “tenda della caccia” che non albeggiava ancora. Il freddo era pungente e ci costrinse ad indossare gli indumenti pesanti, ma l’eccitazione era tanta e non ci accorgemmo quasi di battere i denti. Dopo due ore di pista accidentata e parecchie ammaccature contro le portiere di metallo, raggiungemmo una splendida radura in cima ad una collinetta dalla quale si poteva ammirare un panorama a 360 gradi sulla natura circostante. La “tenda della caccia” si rivelò essere una specie di palafitta in legno in mezzo alla radura, composta da un’enorme camera matrimoniale con annesso bagno, una camera più piccola e una terrazza su cui prendere il sole.

Fummo ragguagliati in breve dal capo spedizione, un sudafricano di chiare origini zulu con voce profonda e musicale:

– Questa è la vostra tenda. Durante la giornata avrete libertà di movimenti con il fuoristrada, noi vi seguiremo sempre ma a distanza per essere pronti ad intervenire in caso di necessità. Di notte, invece, non potrete muovervi da qui. I miei uomini saranno alloggiati in tenda qui al piano terreno, non vi accorgerete neanche che ci sono, ma è meglio che siano presenti.

– C’è qualche pericolo di cui non siamo al corrente? – chiese Alessandra un po’ allarmata.

– No, signora, ma in questo territorio isolato spesso cacciano dei bracconieri e non vorremmo che vi scambiassero per qualche rara specie. In più, di notte i grandi predatori della zona escono a cacciare, e non distinguono sempre tra una bella signora come lei e una preda. Incidenti qui non ne sono mai avvenuti, appunto perché li preveniamo – concluse.

Decidemmo quindi di dedicarci ad una intensa giornata di esplorazione, seguendo piste meno frequentate dai turisti e percependo maggiore autenticità in quello che osservavamo. Il fatto che ci seguisse una scorta di guardie forestali con tanto di pistola alla cintura e AK-47 nel vano del fuoristrada, non faceva altro che aggiungere adrenalina alla nostra avventura.

Mentre il sole pian piano iniziava a calare ad occidente, tornammo alla tenda, sudati e impolverati ma euforici per quella giornata memorabile. Saliti al piano di sopra, trovammo già la tavola imbandita con una cena a base di formaggi, carne fredda, focacce e frutta. Salutammo gli uomini che ci avrebbero fatto da guardie per la notte, chiudemmo la spessa porta di legno di accesso e ci isolammo dal mondo esterno. Io e Anne ci dirigemmo al tavolo, spilluzzicando qualche boccone di formaggio lei e riempiendo i boccali di birra fresca io; Alessandra, invece, si diresse in bagno, aprì l’acqua della doccia e si spogliò interamente senza pudori ma con studiata malizia:

– Ragazzi, dovete farvi la doccia, non pensate solo al cibo… dai… chi mi raggiunge? Al primo farò un regalo speciale!! – ammiccò entrando nel box doccia.

Per una volta, fui io il primo ad arrivare (Anne litigò con i lacci dello scarpone, per fortuna) e così abbracciai Alessandra sotto l’acqua già calda e le chiesi bisbigliando quale sarebbe stato il mio premio.

– Voltati, mi rispose.

Mi voltai e vidi Anne, nuda e bellissima che si dirigeva verso di noi.

– Questa volta potrai giocare anche tu con lei..è questo il tuo premio!

Accogliemmo la bellissima sudafricana nella doccia, iniziando a baciarla io sul collo, Alessandra invece si impossessò delle sue labbra. Pian piano iniziammo ad insaponarci maliziosamente a vicenda, concentrandoci sempre più spesso sulle zone più sensibili dei nostri corpi eccitati finché la lussuria ruppe gli argini e ci costrinse ad uscire dal bagno per buttarci sul letto. Le mani di Alessandra mi accarezzarono a lungo il petto, la sua bocca esplorava famelica la mia mentre quella di Anne iniziò un lento ed appassionato pompino che mi mandò in estasi; quando poi mia moglie decise di sedersi a cavalcioni della mia faccia per farsi leccare il sesso ormai fradicio, Anne si impalò sul mio cazzo con un gemito di lussuria, iniziando un avanti e indietro sul mio bacino e stampando la bocca su quella di Alessandra. Venimmo quasi tutti e tre nello stesso momento.

Soddisfatti i nostri istinti più primordiali, ci riposammo per mezz’oretta e poi assaltammo il tavolo della cena; l’escursione della giornata e la ginnastica appena fatta ci avevano messo una gran fame e una gran sete. Facemmo abbondante onore a tutto quel ben di Dio, ridendo dei racconti buffi dei turisti clienti di Anne e delle ridicole avventure che le capitava spesso di vedere. Andammo avanti per almeno tre ore, prima di ritornare nel letto e sfogare nuovamente tutto il nostro desiderio.

La mattina dopo, di buon’ora, la sveglia suonò.

Aprire gli occhi e vedere nel proprio letto due bellissime donne nude, è motivo di grandissimo vanto per ogni uomo. E io non sono da meno. Erano uno spettacolo sensuale e dolcissimo allo stesso tempo, le avrei ammirate per ore, godendomene ogni sfumatura da ogni possibile angolazione, ma il mondo reale chiamava e dovevamo rispondere.

Quel giorno visitammo un villaggio di pastori nomadi e diverse aree popolate da fauna spettacolare, scattando centinaia di foto e ammirando tutto ciò che incontravamo.

Tornammo che iniziava ad ombreggiare, già pregustando un’altra serata (l’ultima purtroppo) di fuoco.

Appena posate le borse e rinfrescatici con dell’acqua, fummo però chiamati dalla voce profonda del capo spedizione che ci chiese di scendere tutti e tre di sotto perché ci doveva parlare urgentemente. Scendemmo e lo trovammo ad aspettarci in compagnia di due guardie ed un uomo bianco con il ventre prominente ed una camicia bianca sudata. Alla vista di quel uomo, Anne iniziò a singhiozzare.

– Che cosa succede? Cosa c’è di così importante da disturbarci? – chiesi seccato.

– Siamo dispiaciuti del disturbo che vi stiamo arrecando – disse lo sconosciuto – ci metteremo il meno possibile in modo che lei e la sua bella moglie possiate tornare alla vostra luna di miele. Sono il direttore dell’agenzia Travel adventures e mi chiamo Haans. Mi è stato riferito dalle nostre guardie che la notte scorsa la nostra dipendente Anne, qui presente, ha tenuto un comportamento poco professionale e sono qui per scusarmi con voi e punire lei.

– Non sappiamo di cosa stia parlando, ieri Anne è rimasta in nostra compagnia e si è comportata in maniera squisita con entrambi, non possiamo assolutamente lamentarci del suo comportamento – rispose Alessandra, in tono di sufficienza.

– Cara signora, non metto in dubbio che si sia comportata in maniera squisita, con entrambi oltretutto. – disse Haans con un sorriso lascivo, seguito da quelli dei tre africani che ascoltavano la conversazione.

– Il suo tono è allusivo e totalmente fuori luogo! Chieda immediatamente scusa a mia moglie e ad Anne e ci lasci tornare alla nostra serata, e non farò rimostranze con nessuno per quanto successo. – scattai io dando man forte alla mia dolce metà.

– Non credo di potervi accontentare, purtroppo. – rispose il capo spedizione, con un sorriso che non prometteva nulla di buono.

Non so quanti appassionati di armi ci siano tra di voi. Beh per chi non lo fosse, il fucile d’assalto AK-47 più comunemente conosciuto come Kalashnikov ha un peso a vuoto di circa 4,3 kg, il che ne fa un’arma molto leggera e maneggevole. Vi posso garantire, però, che se vi colpiscono col suo calcio alla base del cranio vi fa vedere le stelle per il dolore e, la maggior parte delle volte, vi mette fuori combattimento. L’ho scoperto in quel momento. Non so se fosse una cosa organizzata o se gli eventi, semplicemente, precipitarono, ma la terza guardia che era alle mie spalle e mi colpì, non l’avevo proprio vista.

Quando riaprii gli occhi, la prima sensazione fu il forte mal di testa, seguito dalla nausea e dalla sensazione di essere spinto aritmicamente da qualcuno alle mie spalle. La lucidità e la consapevolezza di quanto stava avvenendo arrivò un nanosecondo prima del dolore; ero legato ad un basso tavolino da campeggio, a pancia in giù e una delle guardie me lo stava mettendo con forza nel culo. Urlai, urlai come non avevo mai fatto in vita mia, per la rabbia ed il dolore, il ribrezzo e la paura. Il mio violentatore si accorse che ero rinvenuto e rise di gusto, rallentando appena appena il ritmo per poi riprendere le sue spinte atroci con maggior vigore. Con gli occhi offuscati dalle lacrime, osservai la scena intorno a me. Anne era nuda, legata ad una sedia di legno, con le gambe oscenamente spalancate e il direttore dell’agenzia di escursioni che la montava con passione; anche Anne piangeva e ad occhi chiusi sopportava il supplizio. Mi voltai per cercare Alessandra e rimasi di sasso.

Lei non era legata.

Lei non era costretta.

Lei non veniva violentata.

Impalata sul gigantesco cazzo del capo spedizione, urlava di piacere mentre spompinava una guardia con passione e voluttà. L’ultima guardia rimasta, si stava menando lentamente l’arnese, avvicinandosi da tergo a mia moglie che rallentò il ritmo della cavalcata, fino a fermarsi; a quel punto, l’uomo si inginocchiò e lentamente la inculò. Vedere la mia meravigliosa mogliettina usata come la peggiore delle svuotacazzi fu terribile. Ma devastante fu sentirla urlare che “era bellissimo” e che stava godendo come mai aveva fatto in vita sua, incitandoli a farla sentire una vera troia e fotterla come si deve.

Non vi racconterò i dettagli del resto della notte. Fu terribile. Ognuno di loro sborrò in ognuno di noi. La sensazione del primo uomo che mi inondava il retto di sperma, credo accompagnerà i miei incubi per tutta la vita.

Non denunciammo l’accaduto perché la vergogna era troppa e temevamo per le terribili ripercussioni che avrebbe potuto avere la nostra denuncia sulla vita di Anne.

Quando Alessandra piangendo mi disse che era stato terribile, non la smentii e non la accusai di nulla. Troppa la vergogna per quel che mi era successo. Troppa la vergogna per confessarle che mentre degli uomini mi inculavano e guardavo lei venire scopata come la peggiore delle troie, ero venuto per tre volte.


Capitolo 9. Se vuoi sei il benvenuto


Nulla fu più come prima.

Anche se cercavamo di non parlarne e di non darlo a vedere, l’esperienza ci aveva profondamente segnato. Partimmo per la settimana in Madagascar con uno spirito molto differente da quello che mi sarei immaginato, cercando comunque di recuperare una parvenza di normalità, di voltare pagina.

Le giornate in spiaggia si trascinarono indolenti, con Alessandra spesso assente assorta in chissà quali pensieri; di per contro, mille preoccupazioni occupavano la mia mente come il pensiero di Anne e delle possibili ripercussioni fisiche e mentali che poteva averle causato quell’esperienza, la paura che potesse ricapitare, la vergogna per non essere stato abbastanza uomo da difenderci, anche se ammettevo che contro tre uomini armati avrei potuto fare poche cose. Ma la preoccupazione maggiore era per il comportamento che Alessandra aveva tenuto quella notte.

Non ero così ipocrita da incolparla per il piacere che evidentemente aveva provato, io per primo ero ancora scioccato e spaventato dai tre possenti orgasmi avuti mentre venivo stuprato, e so che scossa dalla paura le sensazioni che aveva provato erano state decuplicate trasfigurandola completamente; questo probabilmente spiegava il suo piacere e il fatto che li incitasse.

No, il mio pensiero era rivolto ad un solo particolare di quella notte.

Alessandra era l’unica a non essere stata legata ed immobilizzata.

Perché? Non rappresentava una minaccia per quei bruti, ma neanche io e Anne lo eravamo. Che fosse per poterla violentare con maggiore comodità? Può darsi, ma a quel punto non avrebbero legato Anne in quel modo.

No, c’era qualcosa che mi sfuggiva. Qualcosa che era successa mentre ero svenuto, un anello mancante nella catena di eventi di quella notte.

Avevo paura a chiedere ad Alessandra, riaprire la ferita così presto avrebbe potuto essere devastante per entrambi e l’ultima cosa che volevo era incrinare quel sottile equilibrio che era venuto a crearsi, proprio ora che il cambiamento di aria e il posto incantevole stavano pian piano facendo sembrare l’accaduto sempre meno reale. Negli ultimi tre giorni tornarono le risate e una parvenza di spensieratezza.

Al rientro in Italia, attesi da parenti e amici, all’apparenza tutto era nella norma, eravamo una felice coppia di sposini appena tornati da una fiabesca luna di miele, abbronzati ed innamorati.

Ma la realtà era diversa. Dalla notte dell’aggressione non avevamo più fatto l’amore e i miei velati approcci erano stati tutti rispediti al mittente con mal di testa o stanchezza; sapevo che in realtà questa astinenza era dovuta allo shock e mi ripromettevo di provare a parlarne con Alessandra, magari portandola un weekend alle terme per affrontare il discorso con calma e senza traumatizzare nessuno; purtroppo però i ritmi frenetici di entrambi non ci permisero di farlo, così la nostra astinenza si prolungò per più di tre mesi, tra malumori miei e seccate risposte di diniego da parte sua.

Poi, un mercoledì, mi telefonò il nostro amico e compagno di giochi Carlo:

– Carlo, carissimo, come stai?

– Alla grande, sposino! Tu tutto bene?

– Ma quale sposino, dai! Ormai siamo già quasi da rottamare!! Ah ah!!

– Ma senti, com’è che siete a Mantova e non ci avete detto niente? A saperlo si organizzava una mangiata assieme! Giulia non ve lo perdonerà mai!

– Carlo, ma che dici? Io sono a Torino in ufficio, mica a Mantova…

– Ops, scusa, non sapevo Alessandra avesse clienti anche qui in città, si vede che non me l’ha detto quando ci siamo visti.

– Carlo, scusa, ma non capisco cosa stai dicendo, Alessandra non ha clienti lì a Mantova.

– Cazzo… Marco, scusami tu, non so come dirtelo… ma Alessandra è qui a Mantova, l’ho appena vista entrare in un hotel, ne sono sicuro!

Mi si gelò il sangue nelle vene. La mia Alessandra, che dieci minuti prima avevo sentito per telefono e che mi aveva salutato di fretta con la scusa che la stessero chiamando in sala riunioni nel suo studio, in realtà era a Mantova.

Dovetti sedermi e per un paio di minuti non mi resi conto di nulla di quello che mi succedeva intorno. Mi riscosse il telefono dell’ufficio a cui risposi meccanicamente.

– Marco stai bene?!? Mi hai fatto preoccupare, che è successo? Non mi rispondevi più stavo per chiamare un’ambulanza!! – mi disse la voce concitata di Carlo da dentro al telefono.

Pian piano, ricominciai a ragionare. Chiesi a Carlo di piantonare l’hotel dove era entrata mia moglie e di farmi sapere quando sarebbe uscita, di seguirla non visto e di vedere che avrebbe fatto. Le quattro ore successive volarono via in un battibaleno, io seduto alla scrivania del mio ufficio come un vegetale non mi mossi né feci alcunché, attesi e basta. Poi il trillo del telefonino e sentii Carlo bisbigliarmi:

– Alessandra è uscita dall’hotel in compagnia di un uomo che non ho mai visto circa dieci minuti fa. Ora sono in un ristorante del centro e li hanno raggiunti due ragazzi di colore che chissà dove hanno pescato, da come sono vestiti mi sa che scaricano la verdura ai mercati generali. Stanno ordinando e io non so più come nascondermi, quindi sono costretto ad allontanarmi. Mentre Alessandra era in bagno a lavarsi le mani mi sono avvicinato all’uomo e gli ho fatto una foto, così vedi se lo conosci. Ora mi allontano, ti mando la foto e più tardi ti chiamo.

Ero distrutto. Mia moglie passava quattro ore in un hotel di un’altra città, in compagnia di un uomo e mentendomi su dove si trovasse in realtà. Fare due più due non era mai stato così semplice. Ero cornuto. Attesi con ansia la foto che Carlo aveva scattato per poter dare un volto al mio odio e quando arrivòm, nell’immediato non lo riconobbi. Senza i vestiti più larghi del dovuto, ripulito e ben pettinato, con un sobrio ma elegante vestito grigio, sembrava una persona rispettabile e anche un bel ragazzo; difficile quindi riconoscere in lui il guardone che ci aveva osservato scopare su quella panchina ormai una vita fa.

Non sapevo che fare. L’istinto mi diceva di prendere il primo treno per Mantova e lì compiere una mezza strage; per fortuna quella tentazione durò pochissimo. Uscii dall’ufficio in cerca di aria e di idee, parlai con Carlo che mi ragguagliò sul fatto che Alessandra in compagnia dei suoi amici era rientrata in hotel e che lui abbandonava il pedinamento per impegni di lavoro, informandomi anche che se avessi voluto avrei potuto trovare un rifugio sicuro a casa loro e suggerendomi che forse sarebbe stato opportuno contattare discretamente un divorzista. Lo ringraziai infinitamente e tornai mestamente in ufficio. Due ore dopo, arrivò un messaggio da Alessandra:

– Amore sono stanchissima, mi schiavizzano qui!

Le risposi:

– Non ne dubito. Ma spero che comunque ti sia piaciuta Mantova.

Spensi il cellulare e mi buttai sulla poltrona girevole piangendo affranto.

Mi risvegliai attorno alle 20 ancora sulla poltrona nel mio ufficio. Mai come in quell’occasione ringraziai di lavorare da solo. Avevo recuperato un po’ di lucidità e mi resi conto che avrei dovuto affrontare Alessandra; speravo non avrebbe negato l’evidenza e che mi avrebbe dato delle spiegazioni, ero consapevole che il mio matrimonio era sull’orlo del baratro ma dentro di me l’idea di lasciare Alessandra per sempre era comunque straziante. Nel tragitto verso casa pensai a come avrei affrontato l’argomento, mi preparai il discorso un centinaio di volte per essere sicuro di non tralasciare nulla di quello che volevo dire, ma quando arrivai di fronte alla porta il cervello era vuoto, ogni idea era come volatilizzata. Entrai, guardingo, in casa mia. Chiusa la porta, sentii la voce di Alessandra arrivare dalla camera da letto, il tono leggermente imperativo che non lasciava trasparire nessuna emozione.

– Marco vieni qui. Dobbiamo parlare.

Obbedii, e lentamente mi diressi verso la camera da letto.

Alessandra era in piedi vicino al letto, il piede destro appoggiato sul letto. Aveva i capelli legati in una coda alta e indossava un corpetto di pelle che le valorizzava il seno e arrivava a coprirle a malapena l’ombelico; lunghi stivali anch’essi di pelle nera con un tacco vertiginoso le arrivavano a metà coscia. Non indossava altro. La sua pelle chiara risaltava nel contrasto con gli indumenti neri e il suo sesso glabro e morbido era eroticamente esposto dalla posizione che teneva; nella mano destra, un frustino completava il suo look. Ebbi una potente e istantanea erezione, era l’immagine più erotica e lussuriosa che avessi mai visto e i miei pensieri per un paio di minuti sparirono completamente. La osservai incantato, ogni singolo centimetro di quello splendido corpo, per qualche momento, poi di nuovo quel tono freddo e imperativo:

– Siediti, se vuoi una spiegazione.

Stregato, ancora una volta obbedii.

– Spogliati nudo.

Deglutii e obbedii.

La sua espressione era dura, ferma, solo un lampo di quella che sembrò soddisfazione le attraversò lo sguardo quando vide il mio cazzo durissimo, al massimo dell’erezione.

– Sdraiati.

Obbedii ancora.

Iniziò ad accarezzarmi con il frustino nel più assoluto silenzio, scorrendo lentamente su tutto il mio corpo, facendomi uno stuzzicante solletico; accarezzò con esso anche il mio sesso, che ebbe un tremito ed iniziò a secernere liquido prespermatico; ero eccitato come poche volte nella mia vita.

Lei salì in piedi sul letto, all’altezza del mio pube:

– Quindi sai che oggi sono stata a Mantova.

– Sì, lo so.

Lei si piegò sulle ginocchia, la sua figa che sfiorava il mio cazzo.

– Beh allora sai anche che oggi ti ho tradito – disse, e contemporaneamente si impalò in un solo colpo sul mio sesso, infilandoselo fino alla radice. Il contrasto tra le sue parole e il caldo del suo sesso attorno al mio fu semplicemente devastante, il mio cazzo si indurì ancora di più cercando l’orgasmo, ma la mia mente in subbuglio non lo permetteva.

– Vedi, il guardone di quella sera sulla panchina, in realtà è un mio amico di infanzia, si chiama Joan. Joan ha il cazzo più grande che io abbia mai visto e da quando abbiamo quattordici anni scopiamo ogni volta che possiamo. Anche dopo che ti ho conosciuto e mi sono innamorata di te, abbiamo continuato perché stare lontana da lui mi è impossibile. Quella sera ha voluto assistere ad un nostro amplesso per divertimento e abbiamo organizzato quello spettacolino. – Mentre parlava, piccoli movimenti del suo bacino mi mantenevano costante l’erezione senza però stimolarmi troppo. – Ho cercato di smettere di vederlo, dopo che io e te ci siamo messi assieme, sostituendo le emozioni che lui mi dava con quelle che vivevo quando facevamo gli scambi di coppia con Carlo e Giulia; ma inevitabilmente tornavo da lui e inevitabilmente godevo con lui come non riuscivo a fare in altri modi.

Io ero inebetito da quanto sentivano le mie orecchie e il mio cazzo. Il contrasto mi mandava letteralmente nel pallone e pendevo dalle sue labbra.

– Quando in Sudafrica ci hanno assalito, io non ho opposto resistenza.
Volevano legarmi, ma quando ho visto le dimensioni degli arnesi di quelle guardie, il fatto che non mi sfogassi con Joan da due settimane mi ha fatto letteralmente buttare su di loro eccitatissima, implorandoli di fottermi.
Non ne sono molto fiera, ma ho goduto moltissimo, quasi come con Joan.
A quel punto ho voluto provare ad essere posseduta da tanti uomini come è successo in Sudafrica, solo che uno di loro doveva essere Joan.
È stato incredibile, amore.
Mi hanno letteralmente sfondata.
Ho urlato così tanto che ho mal di gola al momento… orgasmi continui e lunghissimi e loro che non smettevano mai di pompare! Incredibile, davvero, non pensavo si potesse provare così tanto piacere! – mentre parlava aveva aumentato il ritmo dei movimenti; il crescendo di verità dolorose che mi stava propinando, andava di pari passo con il climax di piacere che arrivava dal mio sesso.

-Marco, io ti amo da morire – continuò – ma non posso più tornare alla normalità dopo aver provato un piacere simile. Ne ho bisogno. Sarai sempre mio marito, la nostra vita non cambierà, ma d’ora in avanti ogni tanto io dovrò rivivere quelle emozioni. Sarai al mio fianco in quei momenti? – il movimento del suo bacino ora era frenetico e il mio sesso pronto ad esplodere – Sarebbe un sogno averti lì con me, perché no anche partecipe… ma sappi che comunque io mi organizzerò e parteciperò a queste sessioni di sesso selvaggio, che tu venga con me oppure no. Verrai a fare il bravo cornuto e guardare tua moglie scopata da quattro uomini come la peggiore delle cagne?

Non ce la feci più. Le mie resistenze cedettero di schianto e artigliando il suo culo con le mani tanto forte da lasciarle i segni, venni urlando scaricando una quantità infinita di sborra.

Mi abbandonai distrutto sul letto. Lei lasciò che pian piano il mio sesso si ammosciasse e poi si sfilò da me.

– So che hai goduto come non mai, mio piccolo cornuto. Se vuoi riprovare queste emozioni, io fra dieci giorni ho appuntamento con Joan e gli altri per farmi scopare come si deve. Se vuoi venire, sei il benvenuto. Se no fai come ti pare.

E così, miei cari amici, arriviamo al presente. Sono passati dieci giorni da quando Alessandra mi ha confessato di essere incontrollabilmente affamata di sesso e io ho pian piano superato il trauma. Aveva ragione a dire che non avevo mai goduto così, prima, e capisco che le sensazioni che prova ad essere riempita da quei cazzi giganteschi contemporaneamente in ogni orifizio, beh io non potrò mai dargliele. Negargliele sarebbe un gesto incredibilmente egoista da parte mia. Alla fine è solo sesso, lei ama solo me e io devo essere felice di questo.

Quello che mi ha fatto non merita punizioni o vendette, per cui eccomi qui ad osservarla per farla completamente felice.

Oppure no?

Capitolo 10. Ne vale la pena

C’è poco da dire, è assolutamente fantastica.

Mi scopro ad ammirarne ancora la figura slanciata, il fisico tonico e sodo, i seni piccoli ma succulenti che rimbalzano per ognuna delle spinte degli stalloni che la stanno sfondando. L’espressione del viso, poi… estatica, trasmette puro piacere, la razionalità obnubilata dalle endorfine dell’orgasmo montante. Con le labbra sottili disegna un cerchio perfetto, emettendo un lunghissimo ululato di godimento mentre dalla sua figa oscenamente spalancata uno schizzo di liquido inonda i due instancabili ragazzi. Rallentano tutti un attimo il ritmo per farle riprendere fiato, è lei la regina della giornata, sono tutti qui per lei, per farla godere, soddisfarla, è stato studiato perché ne avesse a sufficienza per il suo smisurato appetito.

Omar si china su di lei per dirle qualcosa nell’orecchio, lei ride languida e seducente:

– È merito vostro… – li guarda negli occhi, uno ad uno, con aria sbarazzina di sfida – vediamo se riuscite a farmi spruzzare di novo!!

Ricominciano a scoparsi mia moglie mentre lei inizia a gemere oscenità, rapita di nuovo dal piacere.

Mi alzo dalla poltrona in cui ero sprofondato, stufo di assistere a quello spettacolo. Carlo al mio fianco fa altrettanto, raccogliamo i cappotti e ci dirigiamo verso la porta. Nessuno di quelli impegnati nell’atto sessuale si accorge di noi che, silenziosamente, chiudiamo la porta alle nostre spalle e ce ne andiamo.

E come avrebbero potuto accorgersene? Io non ero nella stanza con loro. Osservavo la scena da un portatile collegato alle telecamere nascoste che ho installato ieri sera con Carlo; il filmato è live in streaming su alcuni importanti siti di settore e soprattutto viene registrato, compresso ed inviato a tutti i contatti mail della mia depravata moglie, a tutti i suoi clienti, ai parenti e agli amici. In questi ultimi dieci giorni ho venduto la mia attività, il brevetto del mio programma, ho provveduto a svuotare il mio conto personale e a dare disdetta dell’affitto dell’appartamento che in questo preciso istante una ditta di traslochi sta svuotando su mio ordine. Alla fine della giornata, la mia futura ex moglie non avrà un posto dove andare a vivere, avrà la reputazione rovinata e amici e famiglia le volteranno le spalle.

Io invece fra dodici ore atterrerò in Belize dove, con l’imponente gruzzolo racimolato dalla vendita della mia attività, ho acquistato una sontuosa villa in cui andrò a vivere con i miei fidati amici Giulia e Carlo e con la mia nuova socia in affari nonché focosa amante, Anne.

Qualcuno penserà che sono stato crudele; “io fra dieci giorni ho appuntamento con Joan e gli altri per farmi scopare come si deve. Se vuoi venire, sei il benvenuto. Se no fai come ti pare” mi ha detto mia moglie, spezzando definitivamente quello che era stato un meraviglioso amore.

Beh, ho fatto come mi pare.

Ah, un’ultima cosa; se per caso siete fra i contatti di Alessandra godetevi il video. Ne vale la pena.

– FINE –

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