Castalia: Giorgia

di Carol89

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Castalia è una saga in costruzione. È ambientata in un mondo immaginario, simile per certi aspetti al nostro medioevo, in particolare per quel che riguarda le tecnologie disponibili. Altri aspetti che caratterizzano questo mondo sono la presenza di qualche elemento fantasy; la crudezza e violenza propria di un mondo turbolento, in guerra; il ruolo chiave svolto nella società dalle donne, in particolare se guerriere.
Questo racconto in più capitoli introduce il personaggio di Giorgia, ed altri personaggi complementari.

Questo contenuto è riservato a un pubblico adulto. Proseguendo nella lettura dichiari di avere almeno 18 anni.

[Photo credit immagine di copertina]

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***

Erano le quattro di mattina quando Giorgia si alzò. La casa era ancora addormentata. Come al solito, lei era la prima a svegliarsi.

Uscì da sotto il peso delle coperte, posando i piccoli piedi nudi sul nodoso legno del pavimento. All’altro capo della stanza, Michael, suo fratello più piccolo, dormiva profondamente su un fianco, respirando forte.

Giorgia scivolò fuori dal letto, si alzò e uscì dalla stanza senza far rumore. Era ancora buio pesto, ma non vi badò: conosceva quella casa a memoria, in ogni dettaglio, e poteva muoversi senza problemi al buio. Sfilò accanto alla camera di sua madre, anche lei ancora addormentata. Insieme a lei nel letto, lo sapeva, c’era l’altra sorella piccola, Edith.

Giorgia scese le scale, che scricchiolarono appena sotto il suo peso non grande, e calò al piano terra. Girò e si infilò nella stanza da bagno, dove si sciacquò il volto con acqua fresca, per svegliarsi del tutto. Poi si asciugò e procedette in cucina.

La cucina era la stanza principale della casa, fungeva anche da sala da pranzo, stanza comune e di accoglienza degli ospiti. Giorgia prese qualcosa da mangiare dalla dispensa, poi si concesse il lusso di bere un quarto di coppa di latte. Mentre faceva colazione stette in piedi davanti alla piccola finestra che dava sul fronte della casa, e dalla quale si intravedevano i campi. Osservò silenziosa il grigio chiarore dell’aurora che cominciava a diffondersi, rendendo mano a mano più definito il contorno delle cose.

Quando uscì, comunque, era ancora buio, non si poteva dire diversamente. Giorgia aveva indossato dei morbidi calzoni di lino, una maglia di lino beige a maniche lunghe e una giubba di pelle, e si recò nella stalla. Il suo primo compito era quello di svegliare il vecchio bue, strigliarlo rapidamente e prepararlo per la giornata, dandogli il tempo per riattivarsi. Subito dopo uscì, prese due ceste di vimini piuttosto usurate e si diresse all’orto, poco lontano da casa.

Il primo chiarore che aveva visto nascere poco prima era sufficiente a permetterle di orientarsi tra le file di piantine, e cogliere il maggior numero di frutti disponibili, scegliendo con cura quelli adatti. In circa mezz’ora di lavoro riempì le due ceste di ortaggi. Dopo passò nel pollaio, e raccolse una buona messe di uova, e per finire tornò alla stalla, dove il suo compito fu quello di risvegliare la capretta e darle da mangiare, tenendola occupata mentre lei, seduta su uno sgabellino in legno, la mungeva.

Mentre tirava le gommose mammelle della capretta, e il latte cadeva a fiotti nel piccolo catino di legno, Giorgia si trovò per l’ennesima volta a pensare all’ironia di quella situazione: proprio lei, giovane e in età fertile quanto la capretta, si occupava di raccogliere il latte dal seno di quell’animaletto – quasi che fosse una sua compagna e coetanea. Avrebbe potuto essere il contrario, pensò con un sorriso: poteva essere la capretta a occuparsi di lei. Il latte che aveva bevuto quella mattina, in effetti, l’aveva prodotto lei stessa – anche se per ora la sua produzione lasciava molto a desiderare: si limitava a una coppa o poco più ogni due giorni, e nemmeno troppo costante. Chissà se avrebbe mai potuto essere più utile ai bisogni della propria famiglia.

Quando ebbe raccolto anche il latte e lo ebbe travasato in un otre di cuoio, la giovane contadina fu pronta per mettersi in viaggio. Attaccò il piccolo carretto al vecchio bue, vi caricò tutte le mercanzie (compresa della frutta secca e del vestiario prodotto ai ferri da sua madre, e altri oggetti ancora) e attraversò il paese ormai prossimo ad essere rischiarato dall’alba, imboccando la strada sterrata che si dirigeva a sud, verso la cittadina di Glasbury. Sua destinazione: il mercato del mattino.

I primi chilometri di strada li percorse in perfetta solitudine. Non un’anima viva si muoveva per i campi deserti o sulla carrabile: era ancora troppo presto, e quelle terre non erano densamente popolate.

Al secondo bivio, dove la strada si univa ad un’altra strada sterrata, vide la prima figura umana: con un mulo da soma, la precedeva di alcune centinaia di metri. Non la poteva riconoscere, a quella distanza, ma sapeva che anche lei si dirigeva senz’altro al mercato.

Era ormai prossima alle mura di Glasbury quando incrociò altre persone dirette come lei al mercato. Una di queste, anche lei con un carretto ma trainato da un asino, si fermò e l’attese. Si salutarono, e riprese a marciare accanto a lei.

Era Chloe, una ragazza di circa la sua stessa età, proveniente da un villaggio più a ovest. Giorgia la conosceva perché spesso avevano avuto il banco una accanto all’altra, al mercato. Chloe era alta circa come Giorgia, ma era bionda, mentre Giorgia aveva capelli corvini e leggermente mossi. Era molto longilinea, perfino più di Giorgia, e di carnagione assai più chiara. Aveva profondi occhi castano chiari. Quella mattina indossava una felpa di cotone blu e degli shorts cortissimi, di un giallo opaco, che lasciavano scoperte le lunghe gambe sottili: apparivano più lunghe proprio perché molto snelle.

Le due ragazze chiacchierarono, Chloe ogni tanto sbadigliava, e dopo alcuni minuti giunsero insieme alla porta principale della cittadina fortificata. Due guardie in armatura stavano ai lati dell’ampia porta aperta, sorvegliando chi entrava e chi usciva. Di tanto in tanto, apparentemente a caso, fermavano un carro o un viandante per perquisirlo.

Di certo avevano già visto sia Giorgia che Chloe, perché due volte a settimana venivano a fare mercato. Questa volta comunque le fermarono e le fecero accostare a margine strada. Una delle due guardie si occupò di loro, mentre l’altra rimaneva a sorvegliare il traffico.

– Che cosa trasportate, bambine?

– Ortaggi, uova, formaggio… roba per il mercato – rispose Chloe.

– Mmm, sembra roba buona. Ma voi non siete troppo piccole per fare mercato?

– Io ho diciotto anni – ribatté Chloe, con una punta di orgoglio. – È già da un anno che vengo.

– Brava, brava… si vede, hai proprio le gambe da camminatrice – la schernì l’uomo. Chloe non capì che cosa intendesse dire, ma già il soldato rivolgeva la sua attenzione a Giorgia:

– Tu invece? Non sei vestita da camminatrice come la tua amica.

– Sono qui solo per il mercato – rispose pazientemente Giorgia.

– Ho capito, ho capito. Non volete ancora vendere la vostra mercanzia più preziosa, eh? Almeno la tua amica la mette in mostra…

Il soldato rise da solo. Giorgia non rispose, si limitò a guardare la strada e rimanere in attesa.

Per un po’ l’uomo frugò nei loro carri, ispezionando le merci. Presto però la smise, e fece un cenno al proprio collega.

– Beh ragazze, oggi vi tocca una piccola ispezione. Seguiteci, portate i carri qua dietro.

Indicò loro di dirigersi lontano dalla strada, dietro al muro che nascondeva alla vista le garitte e le stalle delle guardie. L’altro soldato era già dietro di loro, in attesa, così Giorgia e Chloe non ebbero altra scelta se non quella di guidare i propri carri dietro il muro.

Quando si fermarono, erano isolate dalla strada, pur non essendone molto distanti.

Le due guardie si avvicinarono a Chloe e prima che una delle due ragazze potesse pensare a come reagire, uno l’afferrò per le spalle, e l’altro le sciolse la cintura dei calzoncini. In un attimo, glieli calò a due mani, fino alle caviglie.

Chloe sussultò e si lasciò sfuggire un gridolino. Le lunghe, giovani gambe nude, lisce e sottili, erano accompagnate dalla vista del suo bacino, coperto solamente da sottili slip chiari. Giorgia, che era dietro di lei, poté vedere le gambe snelle confluire nel sederino sodo e sollevato della giovane ragazza, coperto soltanto  in parte dal leggero tessuto triangolare degli slip.

Il soldato che si era chinato a calarle gli shorts sorrise, e risalì lentamente facendo scorrere le mani sulle gambe liscissime e abbronzate della giovane bionda.

– Aah.. ahah! Ma che bella merce che abbiamo qui!…

Entrambi i soldati sogghignavano, mentre Chloe tentò, invano, di divincolarsi.

– Lasciateci andare – sbottò Giorgia, perentoria. – Vi denunceremo!

– E per che cosa? – le chiese con aria stupita il soldato, portando intanto una mano sull’inguine di Chloe, a contatto con le mutandine. – Non stiamo mica facendo niente. Verifichiamo solo che non abbiate merce di contrabbando…

L’uomo stuzzicò la vagina di Chloe attraverso il tessuto, e la ragazzina sussultò, cercando di piegarsi e di allontanare il bacino. L’altro soldato, che la tratteneva, rincarò la dose da dietro, abbassandole gli slip sotto il sedere e denudando così le natiche sode e sferiche, il piccolo e giovane sedere liscissimo. Glielo palpò apertamente, con una mano.

Mentre esploravano in quel modo l’intimità della ragazzina, senza neanche alzare gli occhi il primo soldato si rivolse a Giorgia:

– E tu? Chissà cosa nascondi tu, sotto tutti quei vestiti… Hai voglia di condividerlo con noi?

Giorgia non rispose, tetra in volto. Chloe aveva le lacrime agli occhi, e continuava a divincolarsi vanamente, subendo l’esplorazione di quelle mani bramose. Le mutandine le erano ormai state calate a metà coscia, e scivolarono da sole fino ai piedi. Giorgia osservò i piccoli, lunghi muscoletti delle gambe dell’amica contrarsi a turno, mentre lei si muoveva sotto le mani di quei bruti.

– Allora, non avete nient’altro da offrirci? Sicure che non volete venderci qualche servizietto? Vi pagheremmo bene…

– Lasciateci andare – rispose Giorgia, senza esitazioni.

Il soldato provò ancora ad insistere, ma infine, vedendo che non c’era verso di ottenere altro, mollò la presa. Lasciarono andare Chloe, e si risistemarono le giubbe, tornando ad infilarsi anche i guanti che avevano tolto poco prima.

– E va bene, mocciose, tanto qui sono più ossa che carne. Avanti, riportate i vostri carri in strada e circolate, qui non potete stare.

Così detto, i due si voltarono e se ne andarono, tornando al proprio posto di guardia, senza più interesse verso le due giovinette.

Giorgia osservò Chloe che si chinava e raccoglieva i propri indumenti, rialzandoli lungo le gambe. Le vide brevemente il boschetto di peluria castano chiara, depilato ai bordi, che adornava il suo pube; poi sparì anche quello sotto gli slip e i calzoncini.

Quando si fu rivestita, la biondina guardò la compagna come aspettando indicazioni.

– Almeno si sono fermati – la rincuorò Giorgia, – poteva andare peggio. Mi dispiace…

Chloe scrollò le spalle, ma non disse nulla perché le sarebbe scappato da piangere.

– Dai, torniamo alla strada.

Guidarono i carri di nuovo sulla strada principale, e di nuovo si avvicinarono alla porta, questa volta varcandola senza che le guardie nemmeno le guardassero.

Mentre passavano per le strade della cittadina dirette alla piazza principale, Giorgia tornò su quanto era accaduto:

– Come stai? – chiese a Chloe.

– Bene. – Il volto della ragazza era in netto contrasto con la sua affermazione.

– Ti era già capitato?

– No.

– A me è capitato qualcosa di simile. Forse esagero, ma da quel giorno cerco di vestirmi come ora… per non provocarli.

La ragazza la guardò, cercando di capire cosa intendesse.

– Dici perché ho i pantaloni corti?

Giorgia scrollò le spalle.

– Non è detto che basti, anzi. Però magari aiuta. Per… attirare meno l’attenzione.

– Tu non li metti mai, quindi?

– Sì, a volte sì, a casa… ma non per venire al mercato. Capisci?

Chloe annuì.

– Tu hai delle belle gambe – aggiunse Giorgia.

La ragazzina bionda sorrise: – Grazie.

“Anche un bel sedere”, pensò, ma non lo disse. E ripensò anche per un attimo, fugacemente, all’inguine di Chloe, che aveva visto nudo, adornato soltanto dalla peluria chiara e folta. Era stata una scena strana. Era contenta di aver scelto di vestire sempre a quel modo.

Giunte nella piazza del mercato trovarono rapidamente due buoni posti, a qualche distanza l’uno dall’altro, e ognuna di loro si mise al lavoro. Giorgia trasformò il proprio carretto in un banco, vi stese sopra una tovaglia, legò il bue dietro dandogli del fieno da mangiare e dispose la merce che aveva, cercando di valorizzarla al meglio.

Era ormai sorto il sole, e i primi avventori cominciavano a popolare il mercato. I banchi si susseguivano in molte lunghe file ordinate, presentando ogni genere di mercanzia. Alcuni mercanti iniziarono a far risuonare i propri richiami: urla, canti, elogi dei propri prodotti.

Giorgia rimase dietro al proprio banco, senza sbraitare, limitandosi a sorridere a chi si avvicinava e proporre gentilmente ciò che aveva. Era una ragazza giovane e aveva un volto molto carino, e questo contribuiva a farle instaurare facilmente un buon rapporto con la gente.

Alcuni clienti erano quasi degli abitudinari, che tornavano da lei con una certa regolarità. Non aveva prodotti particolari, ma li selezionava sempre in modo che fossero di buona qualità, li presentava con cura, offriva un buon prezzo e trattava con molta gentilezza il cliente, e questo le garantiva di riuscire a vendere sempre quasi tutto.

Il banco di Giorgia era quasi alla fine di una fila, e si trovava così molto vicino ai ricchi palazzi che circondavano la piazza. Vicino a lei c’era un’elegante taverna, che aveva dei tavoli anche fuori, sotto il porticato. A metà mattinata, in mezzo alla folla del mercato si fece largo un carro trainato da un elegante cavallo bianco. Il carro era ricco, adornato con discrezione ma con evidente opulenza, chiuso da tende di seta che ne impedivano la vista all’interno. Fermò non distante dal suo banco, e Giorgia poté osservare la scena di una ragazzina che scendeva e si fermava a parlare con qualcuno rimasto dentro.

La ragazzina poteva avere la sua età. Era più bassa di lei. Magra, indossava calzoncini corti bianchi e una canotta color carta da zucchero. Aveva i capelli castani, raccolti in una coda, e portava una borsetta di pelle per i manici.

Giorgia le osservò le gambe nude, non lunghe ma snelle, e le spalle dritte. Era una ragazza ricca, probabilmente di una famiglia nobile. La giovane paesana si chiese come ci si sentisse a girare per la città su un carro del genere, e poi a discenderne. La ragazza sembrava del tutto disinteressata a ciò che la circondava, alla gente, al mercato, come se vivesse su un altro piano di realtà.

Quando ebbe finito di parlare – Giorgia immaginò con la propria madre, o ancella – lasciò il carro, che riprese a muoversi, e si diresse a passi rapidi verso la vicina taverna. Giorgia poté così osservarla di fronte, e notò l’ampio scollo della canottiera, che scopriva il petto magro e la parte superiore dei seni, che apparivano floridi e gonfi: probabilmente, notò, sollevati da un reggiseno opportunamente modellato, perché la ragazzina non sembrava particolarmente formosa.

In breve, la nobile raggiunse l’ingresso della taverna e sparì all’interno. Giorgia immaginò che dentro l’aspettassero delle amiche, per chiacchierare e passare del tempo insieme, senza nulla di particolare da fare. Di certo quella ragazza non aveva bisogno di alzarsi prima dell’alba e andare a fare mercato. E di certo non rischiava che dei soldati le mettessero gli occhi e poi le mani addosso, soltanto perché portava indumenti succinti.

O forse sì. Forse, in effetti, il fatto di far parte della nobiltà, la esponeva ancor di più. Se Giorgia aveva capito un minimo gli uomini, di una cosa era certa: quanto più il loro oggetto del desiderio appariva irraggiungibile, tanto più aumentava in loro il desiderio. Questo, unitamente alle fattezze di una bella ragazza, che poi erano sempre l’aspetto più importante.

Bene, non erano problemi suoi. “Meglio che mi concentro a vendere”, pensò, “così posso tornare prima a casa e dare una mano”. Questo era quello che contava per lei, ora: fare il suo dovere, aiutare la sua famiglia. Aiutare sua mamma, in particolare, vedova troppo presto, con lei e i suoi fratelli ancora da crescere.

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