Dal finestrino di un treno

[Photo credit]

by Carol89

Il paesaggio correva veloce, dal finestrino del treno. Il cielo incupiva, benché non fosse tardi: l’estate finita, il buio che scendeva presto.

La luce accesa nelle case, le finestre illuminate. Squarci di vita, che si potevano sbirciare, passando veloci.

Questo contenuto è riservato a un pubblico adulto. Proseguendo nella lettura dichiari di avere almeno 18 anni.

Un paradosso: quanto più la casa è distante, tanto più lentamente passa: tanto meglio si può indagare il piccolo ambiente lì racchiuso, incorniciato dalla finestra.

Televisori accesi, con la loro luce azzurrognola. Cucine illuminate di giallo. Famiglie a tavola. Uomini che rientravano dal lavoro, depositando le chiavi all’ingresso. Piccoli litigi. Bagni con i vetri appannati, od offuscati, per proteggere almeno quella privacy. Corpi nudi sotto la doccia. Piacere serale dei sensi. Camere da letto.

E poi, fra tanto paesaggio tutto diverso e tutto uguale, lo sguardo si sofferma su una finestra. La sorpresa di riconoscere, in pochi istanti, ciò che stavo vedendo. Frazioni di secondo per rendermene conto, poi pochi secondi per osservare; e ancora pochi secondi per riguardare l’immagine impressa nel mio sguardo, prima che svanisse. Dopo, minuti, ore, giorni, per guardare il ricordo che lento sbiadisce.

Su quel letto c’era una ragazza. Era giovane, troppo per essere la più matura in casa: dunque era una figlia.

Era nuda. Era di spalle, inginocchiata: ginocchia larghe premute sul materasso, petto rivolto verso il muro, in cima al letto. La schiena, il sedere, le coscie: rivolti a me, alla stanza, alla finestra, esposti.

Insieme a lei, nella stanza, c’era un uomo. Troppo anziano per essere il suo ragazzo. Troppo, per abitare ancora con i genitori. Una sola alternativa ragionevole, dunque: il padre.

Era lì, con lei. Lui vestito, lei nuda. Completamente, nuda. Lui in piedi, lei in ginocchio. Lui rivolto verso lei, lei che gli porgeva le terga. Solo il capo era girato, di lato: lo guardava, dietro a sé. Dietro la massa di capelli biondo scuri, mossi, folti, lunghi sulle scapole magre.

Lei, era abbronzata. L’estate, fino a poco prima.

Lui, si avvicinava. Non poteva non vederla: la guardava. Non poteva dirle nulla: non avrebbe avuto senso.

Lei si offriva.

Lui l’avrebbe toccata.

E intanto il treno passò, portandosi via me.

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