Evoluzione di un’amicizia

by nashua

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Ormai erano passati un po’ di anni da quando ci eravamo
conosciuti, diventati colleghi così per caso, eravamo gli unici della stessa
età e non ci volle molto perché si creassero le basi di un amicizia.

Era la routine, finire il lavoro e andare a bere qualcosa
insieme, uscire in discoteca, rilassarci raccontandoci storie come due zitelle
sul divano di casa sua.

Francesca sicuramente ragazza di impatto, estroversa, quasi
pazza ma intimamente sensibile e dolce.

Un fisico definito dalla palestra lasciava che si
delineassero due gambe tornite e un sedere ben tondo, risalendo  non poteva non notarsi il suo seno
abbondante.

Là dove non era arrivata madre natura, il chirurgo aveva
messo mano facendo un lavoro da lode.

Sempre fissata che l’alcol e i piaceri della vita fossero la
causa della tanto odiata pancetta, come detto poco fa, era sempre in moto.

Un anno e mezzo di affiatamento crescente, un’amicizia
sincera e profonda furono però interrotti da un mio spostamento sul lavoro.

Quando raccontai la cosa a Francesca e quando in un certo
senso dovetti dirle addio i suoi occhi si fecero lucidi ed io fui felice di
vedere come anche lei si fosse affezionata a me.

Il nuovo posto di lavoro ci allontanò solo il tempo
necessario ad arrivare al riposo settimanale, non c’era settimana che non ci si
vedesse per un pranzo, una cena o una bevuta serale.

Mi accorgevo di tenere alla sua amicizia come non mai, era
davvero molto importante.

Lei si confidava con me e io con lei, come due fratelli di
sangue diverso. Mi raccontava i suoi problemi e le sue insicurezze e spesso ero
anche io a chiedere consigli.

Non ricordo quando fu esattamente ma mi ricordo che arrivò
il giorno per me di confidarle il cento per cento, c’è sempre una parte di se
stessi che si tiene nascosta per paura della reazione della società, ma con lei
era diverso, potevo sentirmi tranquillo di dire tutto e così feci.

Le raccontai della mia sessualità incerta, del desiderio di
provare nuove esperienze, della continua ricerca del nuovo come se inspiegabilmente
e in un certo senso tristemente ciò che avevo non mi bastasse mai.

Le dissi della mia bisessualità o per lo meno supposta tale
e del mio piacere nell’essere la “donna” in questo tipo di rapporti.

Le raccontai dei numerosi gadget erotici acquistati nel
tempo e della mia passione per le penetrazioni che riguardavano il lato B.

Non potevo andare contro la mia natura, essere stimolato li,
o stimolarmi da solo, mi procurava un piacere davvero intenso che mi faceva
raggiungere orgasmi notevolmente più intensi.

Da lì a poco un altro pensiero si fece avanti nella mia
testa, da che avevo sempre pensato che la mia dotazione fosse ben più che
sufficiente, iniziò a insinuarsi l’idea che forse madre natura non aveva fatto
poi granché e il poter essere niente più che uno qualunque un po’ mi lasciava
dispiaciuto.

Non è facile da spiegare ma allo stesso tempo questo si
legava con il mio piacere nell’essere la parte dominata nel rapporto omo.

Sapere che un altro uomo, molto più prestante, potesse farmi
suo, mettendo in seconda luce il mio pene che tanto in quel frangente era
inutile, non mi spiegavo come ma mi eccitava.

Iniziò con Francesca una sorta di gioco, volevo avere un
giudizio oggettivo, volevo che qualcuno oltre alla mia ragazza probabilmente
troppo di parte esprimesse un giudizio sulla mia intimità.

Non si fece problemi affinché le mostrassi le mie foto più
intime, ma forse anche lei per non deludermi espresse un giudizio più che
positivo, o forse perché in fondo davvero era così, boh.

Mi piaceva parlare di sesso con lei, quasi la stressavo a
riguardo ne ero sicuro, ma poter trovare in lei un mondo in cui evadere, essere
me stesso, raccontare tutto di me, egoisticamente mi faceva stare bene, mi
piaceva e mi piace tutt’ora.

Anche lei non mancò di esprimere i suoi gusti e le sue
preferenze in tema di sesso.

Mi incuriosì la sua confessione del piacere di sentirsi
dominata, costretta dal proprio amante.

Affrontavo sempre tutto in maniera analitica, non c’era mai
viscida eccitazione, verso di lei era impossibile.

Il nostro rapporto era così di amicizia e confidenziale che
non era proprio nelle mie corde immaginarmi in un rapporto con lei.

Al massimo le avrei potuto mostrare come fa ad entrare il
mio fallo più grande dentro di me… eheh, ma niente di più.

Tornando a prima, ero incuriosito dal fatto che se nel mondo
esterno lei era una forte che non si lasciava mettere i piedi in testa da
nessuno, nell’intimitò a dire suo preferiva essere guidata, trasportata e
dominata, visto che mi confessò che anche il suo di culetto non era più vergine
da un po’ e che anche lei come me provava ben piacere nel farsi sodomizzare,
nel sentire qualcuno che varca la propria intimità più profonda o forse
semplicemente nel piacere di donare tutto se stesso a un’altra persona.

Risi tra me e me le volte che mi immaginai la scena di
Francesca che durante un normale amplesso con il suo ragazzo del momento si
sfila il pene da davanti e dopo una veloce lubrificazione se lo punta dietro,
cercando uno sguardo del proprio uomo per dargli il via a procedere, a
profanarla.

Il tempo passava e l’amicizia, se pur a distanza, continuava
e non si placava.

Tutte le volte che per caso mi trovavo solo a Milano erano
un’occasione per vedersi.

Un giorno però mi lasciò di sasso quando mi confessò che non
si sentiva a suo agio totalmente con il suo corpo.

Rimasi sorpreso perché mai e poi mai potevo immaginare che
una ragazza come lei avesse delle insicurezze fisiche.

Mi spiegò quanto fosse per lei una chimera l’orgasmo, quanti
pochi fossero quelli che realmente avesse provato nella sua vita.

Mi dispiaceva per tutto ciò, penso che l’orgasmo in sè sia
qualcosa di fantastico, che permette di estraniarsi dal proprio corpo per
raggiungere un’altra realtà. Che ci si arrivi da soli o in compagnia è un
momento di rilassamento di cui tutti dovrebbero poter godere.

Si iniziò a fare largo in me il desiderio di capire, di
aiutarla.

Nel sesso per me la cosa principale era sempre stata far
arrivare al piacere la mia donna e poi lasciarmi andare al mio, mai il
contrario.

C’erano state ragazza che godevano con uno schiocco di dita
e altre con le quali bisognava farsi guidare in una lenta ed estenuante
stimolazione, ma riuscire poi in ogni caso a portarla al piacere, a vedere la
schiena inarcarsi, il respiro farsi più profondo e il battito accelerato,
ripagava di tutti gli “sforzi” e per me era un orgasmo per la mente.

Da qui l’idea di voler fare qualcosa per lei, aiutarla nella
ricerca del piacere, toglierle quel blocco che non le permetteva di lasciarsi
andare al cento per cento.

L’occasione si presentò dopo circa un mese.

Mi trovai a Milano per un paio di giorni di ferie e la prima
cosa che feci fu scrivere a Francesca chiedendole le sue disponibilità, per
organizzarci e passare un po’ di tempo insieme.

Per pranzo non poteva, era impegnata con il suo lavoro extra
in un’azienda di banchettistica, mi confermò però che la sera avrebbe cenato e
bevuto molto volentieri insieme.

Mi presentai da lei per le 7.30 di sera, era tanto tempo che
non entravo in quella casa, mi mancava salire la rampa di casa sua e attendere
che venisse ad aprirmi, sentirla rimproverarmi ogni volta di togliere le scarpe
per non sporcare il pavimento e poi vederla saltarmi addosso in uno dei suoi
abbracci espansivi.

Era già vestita per fortuna, stava finendo di truccarsi e
mettersi le scarpe, mi disse come sempre di fare come se fossi a casa mia e
così mi versai un bicchier d’acqua e andai a salutare le tartarughe che
dall’ultima volta erano quasi raddoppiate in grandezza.

Usciti di dirigemmo verso il ristorante che aveva prenotato
per la serata, un posticino carino, rinomato per il pesce.

Le chiacchiere procedevano a non finire e di pari passo le
bottiglie di vino che concluso il dolce erano arrivate ad essere 3.

Brilli ci alzammo e pagammo il conto.

Il ristorante non era troppo distante da casa sua e così, anche
per smaltire un po’ l’alcol, a braccetto ci dirigemmo verso casa.

Venne normale quando aprì casa entrare insieme a lei e lo
stesso fu per lei.

Ci togliemmo le scarpe e ci buttammo sul divano accendendo la
TV.

Continuammo a chiacchierare e come spesso accadeva con fare
da amico le massaggiai un po’ i piedi.

Si lamentava spesso che i tacchi le causavano un po’ di
dolori e mi piaceva cercare di rilassarla.

Fu mia l’iniziativa di chiederle se le andava un massaggio
un po’ più completo.

Mi piaceva prendermi cura di lei e lei non ebbe niente da obiettare.

Ci spostammo in camera sua, io l’attesi mentre lei si era
andata a mettere più comoda e tornò con il suo solito pigiamone antisesso
tipico da giornate invernali da passare a casa.

Si stese pancia in giù e con il mio aiuto si sfilò il sopra.

Un reggiseno bianco con qualche dettaglio in pizzo si mise
in mostra ai miei occhi, ma non particolarmente curante della cosa la feci
tornare in posizione sdraiata sulla pancia.

La crema abbondante sulle mie mani mi permetteva di muovermi
agilmente toccando tutti i punti della sua schiena, dal bacino alle spalle.

Era divertente sentire i suoi mugolii quando premevo di più
in qualche punto.

Fu lei che a un certo punto tirò le mani indietro
slacciandosi il gancetto del reggiseno, probabilmente stufa dei miei saltelli
nei movimenti lungo la schiena per evitarlo e non sporcarlo.

Il massaggio poté così continuare in maniera ancora più
fluida per me.

Premevo lungo la spina dorsale e poi mi dedicavo alle
spalle, un lento e lungo massaggio con l’unico scopo di portarla a un
rilassamento totale, le volevo bene da morire e mi piaceva vederla rilassata
per merito mio.

Quando capì le mie intenzioni di spostarmi a massaggiare le
gambe alzò un po’ il bacino in modo tale che le potessi sfilare il sotto del
pigiama.

Rimase inevitabilmente in intimo, ma non me ne curai troppo
perchè ero più concentrato sul massaggio che altro.

Dalle cosce fino alle punte dei piedi, mi muovevo lungo
tutta la lunghezza delle gambe facendo maggior pressione nelle zone che sentivo
più tese.

Era il suo momento, il suo massaggio e se oltre a
quellopotevo farla rilassare in altro modo non ci sarebbe stato alcun male,
pensai tra me e me.

Il massaggio proseguì con lenti passaggi nell’interno coscia
e la sorpresa fu sentire come vicino alle sue intimità si sentiva una zona di
maggior calore, come se da lì venisse emanato

In maniera maggiore dal suo corpo.

Che si stesse scaldando? Che le mie mani vicino al suo
fulcro del piacere avessero smosso qualche cosa in lei?

Ricordai i discorsi fatti, la chimera dell’orgasmo, la
difficoltà incontrata spesso nel raggiungimento del piacere.

Sentii un brivido lungo la schiena, ma non volevo
approfittare della situazione, non volevo che il mio piacere o la mi voglia di
provarlo offuscassero il vero obbiettivo.

Come mi ero già detto la protagonista era lei e da lì
iniziava il mio impegno aggiuntivo di portarla al piacere, di lasciare che
questo momento rimanesse a lungo nella sua memoria.

Mi affiancai al suo viso e le sussurrai all’orecchio,
chiedendo se stesse andando tutto bene.

Prima un mugolio poi le sue labbra si mossero e mi confermò
il rilassamento provocato dai miei movimenti.

“Posso osare di più? Vorrei concentrarmi su ogni parte
del tuo corpo, vorrei lasciare questa serata fissa nei tuoi ricordi. Non fare
niente, lascia fare solo a me”.

Non so se capì esattamente le mie
intenzioni o meno, ma mi rispose che era tutto molto rilassante e se volevo
spingermi un po’ oltre non c’era problema.

Ritornai a massaggiare il suo corpo e giunto alla base della
schiena afferrai i lembi del suo intimo per sfilarlo.

Agevolò l’azione alzando un po’ il bacino.

La sua pelle anche li sotto era sempre di una colorazione
olivastra, le sue origini mediterranee le avevano regalato un carnagione scura,
era una di quelle ragazze che anche d’inverno restavano abbronzate se così si
può dire.

Ora correvo con le mani lungo tutto il corpo, dalla spalle
alle gambe e lasciavo che lunghi e profondi movimenti si concentrassero sui
suoi glutei.

Erano sodi e tondi e lasciavano intravedere la sua intimità
quando le gambe rimanevano leggermente divaricate.

Si teneva curata, era ben depilata e la forma delle sue
labbra ben definita.

Non eccessivamente esposte le sue piccole labbra, a vederla
cosi appriva ben chiusa.

Un piccolo spazio di pelle e poi risalendo il suo buchetto.

Piccolo e stretto, quasi raggrinzito.

Ebbi un involontario mezzo sorriso quando mi passò per la
testa tutte quelle volte che qualche grosso membro aveva varcato anche quella
soglia.

Non aveva mai fatto fatica ad ammettere che anche quello
fosse un punto molto erogeno per lei e la sensazione di sentirsi penetrare lì,
sentirsi il piccolo ano aperto e penetrato a fondo, l’aveva spesso portata a
orgasmi profondi.

Mi spostai in modo tale da stare in ginocchio, rivolto verso
le sue gambe, sul suo lato sinistro, così che la mia mano destra potesse muoversi
liberamente con facilità.

Scorrevo lungo le sue gambe e con il lato della mano mi
insinuavo nella sua intimità premendo leggermente attraverso lo spacco del suo
culo.

Scendendo potevo premere sul suo buchetto quando arrivavo a
passarci la nocca del mignolo, risalendo invece potevo sfiorare e premere con
la punta delle dita sulla sua figa.

Era piacevole per lei, lo capivo da come assecondava i miei
movimenti, e sicuramente questo non faceva altro che caricare la sua
eccitazione e il suo piacere.

Il passo successivo fù soffermarsi maggiormente sulla sua
intimità, ora che era evidente la direzione del massaggio, mi dedicai di più al
piacere tra le sue gambe.

Con la mano destra continuai il massaggio sulla sua schiena
e collo, con la sinistra mi avvicinai invece alla sua figa.

Lasciai che indice e medio roteassero un po’ intorno alla
sua apertura e poi piano piano le feci entrare in lei.

Era calda e già abbastanza umida, tenni il palmo verso il
basso e iniziai un movimento avanti e indietro premendo nella zona bassa, là
dove si trova il punto G.

[CONTINUA]

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