Insane Asylum /6

di Aedon69

CAPITOLO 6 – SEGRETI E DELITTI

Questo contenuto è riservato a un pubblico adulto. Proseguendo nella lettura dichiari di avere almeno 18 anni.

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***

***

UFFICIO DELLA BADESSA – ORE 17.30

Il dottore venne congedato, l’arrivo dell’uomo dalla santa sede richiedeva una riunione ristretta tra lui la badessa e l’abate.

Suor Brigida si sedette alla sua scrivania, nella foga della discussione avvenuta qualche minuto prima con padre Ignacio una ciocca di capelli biondi le era fuoriuscita dal velo.

Il nuovo arrivato, Astor, si sedette nella poltroncina antistante la scrivania, padre Ignacio sprofondo in quella più capiente.

“Dunque…” iniziò Suor Brigida “… ora che siamo soli possiamo iniziare, lei sa del sigillo?”

“Si, ho letto il dossier del Cardinale Mazzi…” Rispose l’uomo dagli occhi scuri, “… ma non c’è molto. Sappiamo solo che è molto antico e che il monastero fu costruito a custodia del sigillo. Il resto della documentazione parla più che altro di leggende e dicerie popolari, cose già note riconducibili ad altre leggende inerenti demoni e possessioni, nulla di concreto.”

“Il sigillo si è incrinato…” Rispose Suor Brigida, “il monaco che ha scoperto la crepa è scomparso, l’ho fatta chiamare per avere una rassicurazione sulla stabilità della pietra e sulle procedure da adottare in caso di un suo cedimento, la biblioteca del monastero, le suore, i monaci sono a sua completa disposizione.”

“Di cosa si occupa precisamente lei signor…” Chiese padre Ignacio con un tono di voce leggermente infastidito.

“Astor, mi chiamo Astor Almond. Diciamo che faccio parte di una sezione del Vaticano che si occupa di quei fenomeni che non hanno una spiegazione… razionale. Il sigillo di Monte Crucio fa parte della nostra sfera di competenza anche se né io né tantomeno il cardinale ne conosciamo il motivo. Il responsabile dei documenti riguardanti il monastero è scomparso misteriosamente portando con sé tutte le informazioni. Ecco perché il cardinale, avuta la notizia da Suor Brigida, ha avuto premura di inviarmi in loco.”

“Mhh, quindi potrebbe anche non essere niente, sa, l’idea di avere qualcuno di estraneo che va in giro a curiosare mi infastidisce alquanto…” Puntualizzò padre Ignacio.

“Se la infastidisce… evidentemente ha qualcosa da nascondere…” Rispose con una calma serafica Astor.

“Si sbrighi… faccia il suo lavoro e se ne vada…” Concluse l’abate irritato, “… al contrario di suor Brigida io non pendo dalle labbra del cardinale.”

L’abate si alzò dalla poltrona di pelle scura, salutò l’uomo dai capelli lunghi e si rivolse a Suor Brigida: “il mio monaco, padre Luca, è rinchiuso nella cella di costrizione e ne uscirà tra una settimana, a quando la punizione per la sua novizia?”

“Stanotte, le farò sapere l’ora più tardi, grazie della sua premura.” Rispose suor Brigida increspando le labbra in un sorriso.

Una volta che l’abate fu uscito suor Brigida rimase sola con l’uomo della santa sede. Non riusciva a guardare a lungo i suoi occhi scuri, la sua voce, il suo accento dell’est le suonavano familiari, l’uomo la rendeva nervosa e non riusciva a spiegarne il motivo.

“Bene…” Disse Almond, “… se mi indica dove posso sistemarmi andrei a riposare, conto di iniziare le mie ricerche domani mattina.”

“Può prendere una stanza nell’ostello, appena fuori il chiostro centrale, sulla destra, troverà una sorella alla reception che le assegnerà una stanza.”

“Grazie, la terrò informata.”

Almond uscì dalla stanza, suor Brigida lo seguì con lo sguardo dalla finestra che dava sul chiostro centrale. Gli occhi dell’uomo la turbavano, la memoria cercò di ripescare il ricordo di qualcosa che era stato rimosso qualcosa che aveva influenzato per sempre la vita di Brigida Albini.

***

SICILIA – ERICE – 1981

Brigida era una ragazza molto bella, bionda con capelli lunghi ed occhi verdi. Suo padre era un siciliano di vecchio stampo, un uomo autoritario e di poche parole, sua madre era di Monaco ed aveva conosciuto il padre di Brigida durante una vacanza estiva.

L’adolescenza di Brigida fu segnata dalla severità del padre, non le era permesso frequentare i suoi coetanei, tantomeno quelli di sesso opposto, crebbe reclusa in casa, sempre controllata dal padre e mai difesa dalla madre. Al compimento del diciottesimo anno di età suo padre la promise in sposa ad Alfonso Viganò, il vecchio notaio del paese che aveva da tempo messo gli occhi sulla ragazza.

Il matrimonio fu celebrato nel paese in presenza di pochi conoscenti ed amici, i due neosposi partirono immediatamente alla volta di Roma, dove il notaio aveva comprato una grande casa con annesso il suo studio, con l’intenzione di esercitare la sua professione nella capitale.

Ben presto Brigida scoprì la vera indole del marito, erano nel nuovo appartamento romano, la prima notte di nozze. Dopo che lei si fu spogliata, il notaio chiamò ad alta voce il suo autista che irruppe nella stanza da letto. Prima che Brigida potesse realizzare cosa stava succedendo l’uomo alto e muscoloso la buttò sul letto facendola girare. Il notaio sedeva comodo su una sedia accanto al letto, l’autista tirò fuori il suo membro mentre si sputava sulla mano per lubrificare la ragazza vistosamente spaventata.

L’uomo le entrò con violenza dentro, tenendola per i fianchi, tirandole i capelli biondi fino a farla strillare, il cazzo usciva dalla sua fessura sporco del suo primo sangue, il notaio incitava il suo autista a possederla più brutalmente. Le mani dell’uomo si strinsero intorno alla gola della ragazza, ormai stremata dai colpi di bacino che le squassavano il ventre. L’anziano marito si era spostato sul letto, proprio di fronte il volto sofferente della giovane, si toccava il cazzo floscio e raggrinzito, la forzò a prenderglielo in bocca. Brigida fu scossa da un conato di vomito mentre la sua bocca veniva invasa da quell’uccello disgustoso.

La fecero girare, l’autista le afferrò le caviglie allargandole le gambe mentre la penetrava, iniziò a scoparla con foga, il notaio riuscì ad avere un erezione, Brigida sentì il suo cazzo indurirsi tra le labbra, era la prima volta per lei, completamente all’oscuro di tutto, teneva la bocca aperta mentre il marito le infilava il cazzo in gola spingendo fino a farla soffocare.

I due uomini al culmine del godimento avvicinarono i loro membri al volto della ragazza, le schizzarono in bocca, attenti a riempirla completamente del loro liquido vischioso ed acre, la costrinsero ad ingoiare tutto schiaffeggiandola ed insultandola pesantemente.

Passarono i mesi, le sevizie continuarono puntualmente, suo marito iniziò a giocare a carte, usciva tutte le notti per rincasare sempre più tardi, ogni notte perdeva sempre più danaro, ogni volta che perdeva sfogava sulla giovane moglie le frustrazioni. A volte Brigida veniva legata al letto, prona, il notaio le scudisciava le natiche con un frustino di cuoio mentre il suo assistente le infilava il cazzo in bocca, altre volte veniva sodomizzata con l’ausilio di un gigantesco fallo di legno levigato.

Brigida sopportava in silenzio, attenta a non irritare l’anziano, la sua educazione le aveva insegnato che non le conveniva ribellarsi.

A causa delle continue perdite di gioco il notaio cadde preda di usurai e malviventi, i soldi ormai erano finiti e l’uomo iniziò a cedere sua moglie per placare le continue richieste di denaro da parte degli strozzini. Brigida venne posseduta da molti uomini, a volte anche più di dieci in una sola serata, venne introdotta all’uso di cocaina e pillole. Col passare degli anni le continue angherie iniziarono a provocarle piacere, la droga ed i continui abusi sessuali la fecero cadere in un percorso di depravazione che la irretì irrimediabilmente.

Durante uno dei festini in cui era stata catapultata conobbe l’uomo misterioso che le cambiò la vita.

Era in una villa fuori Roma, il festino era stato organizzato da un uomo che apparteneva alle alte sfere del clero, droga ed alcool erano abbondanti. Mentre veniva posseduta a turno dagli astanti si accorse di un uomo che sedeva su una sedia nell’angolo della stanza. Il suo volto era nascosto da un cappello a larghe tese. Brigida poteva sentire su di lei lo sguardo dell’uomo. Lo vide alzarsi e dirigersi verso di lei, le porse la mano, gli uomini che la stavano scopando si ritrassero timorosi mentre l’uomo la portava via dalla stanza.

Senza dire una parola la portò in un locale enorme, al centro c’era un letto a baldacchino ed una vasca di ghisa piena di acqua calda fumante e profumata, la invitò ad entrare nella vasca, Brigida si rilassò immediatamente, l’uomo non parlava ma non le staccava gli occhi di dosso. Dopo il bagno la fece asciugare, le porse un abito elegante che la ragazza indossò.

Sempre senza parlare la condusse attraverso il dedalo di corridoi della villa fino ad arrivare in una studio enorme, alla scrivania c’era un uomo vestito di porpora, indossava una papalina che incorniciava un viso intelligente e furbo.

L’uomo si presentò come il cardinale Claudio Mazzi, consigliere personale del papa e responsabile di una sezione segreta dell’intelligence del Vaticano. L’uomo misterioso che l’aveva condotta nello studio si congedò baciando galantemente la mano a Brigida e mentre stava uscendo le sussurrò all’orecchio con un accento straniero: “Meriti molto più, questa è la tua occasione, sfruttala al meglio e non farti troppe domande…”

Il cardinale le parlò a lungo, le disse che era stata sotto osservazione da molto tempo, le propose di prendere i voti, sarebbe stata istruita da persone fidate che le avrebbero insegnato la gestione di una realtà complessa come quella di una struttura monasteriale, le chiese un assoluta fedeltà nei suoi confronti e le promise che il suo passato sarebbe stato cancellato.

Poco prima di entrare in convento come novizia le arrivò una foto chiusa in una busta anonima. Nella foto suo marito, il notaio, pendeva da una trave dell’appartamento romano con una corda al collo, dietro la foto c’era scritto con un pennarello: ”Sei libera ora.”

***

UFFICIO DELLA BADESSA – ORE 18.00

Brigida si risvegliò dal turbinio di ricordi che l’avevano assalita, si sedette alla scrivania, si sentiva nervosa ed emozionata, aveva bisogno di sfogarsi, di abbandonare l’apparente serenità e di liberare la sua parte più nascosta. Chiamò la suora che era di sevizio al dormitorio: ”Pronto, sono la Badessa, comunichi a Suor Giulia di presentarsi presso il mio ufficio alle 22.30, grazie.”

Chiamò Padre Ignacio e disse: “Stasera, alle 22.30.”

Si alzò dalla sedia e si ritirò nelle sue stanze, l’aspettava una lunga notte.

***

MONASTERO DI MONTECRUCIO 18.30

Astor Almond si dirigeva a passi lenti verso l’ostello, giunto a metà strada deviò verso l’ingresso della chiesa, entrando avvertì un odore acre, nauseabondo, appena accennato. Era come se quell’odore avesse permeato l’ambiente severo e silenzioso.

Si diresse verso il sigillo, vi notò la figura scura inginocchiata dinanzi, era una suora, piccolina, muoveva le labbra in una sorta di preghiera impercettibile, non si accorse dell’arrivo dell’uomo.

“Ehmm….” Tossicchiò Astor per distogliere la donna dalle sue preghiere.

La suora girò il volto verso di lui, l’uomo notò il baluginio rossastro che per un attimo le illuminò gli occhi scuri.

“…Mi scusi sorella, non la volevo distrarre… Ero rapito dalla bellezza della raffigurazione…”.

“Lei è?” rispose la suora guardinga incrociando le braccia all’altezza del petto.

“Mi permetta di presentarmi….”, rispose l’uomo, “… mi chiamo Astor Almond e sono stato invitato qui nel monastero per una studio relativo alle sacre esequie racchiuse nelle chiese delle strutture monasteriali”.

La suora soppesò le parole dell’uomo con diffidenza.

“Mi chiamo Suor Kim… faccia pure… Avevo finito comunque”.

“Grazie… mi scusi la domanda…. È solita inginocchiarsi di fronte il reliquiario per le preghiere?”

“Si….”, rispose stizzita la suora, “Tutti i giorni al calar della luce, quando nella chiesa non ci sono….. scocciatori”.

La donna si diresse verso l’uscita della chiesa senza degnare Astor di un saluto.

L’uomo si chinò sul sigillo, l’odore in quel punto era più forte. Osservò gli occhi vuoti e scuri della bestia che vi era raffigurata, le fauci del leone erano spalancate, sembrava ruggisse furioso.

Sotto le sue zampe giaceva il serpente, la lingua sibilante e biforcuta sembrava viva, le fessure degli occhi guardavano minacciosi la bestia che lo sovrastava, la sua coda era attorcigliata intorno alla zampa che lo stava schiacciando. Un particolare della coda fece avvicinare Astor alla lastra. Dei simboli sconosciuti, appena visibili, erano scolpiti nella parte finale, aprì la sacca di pelle al suo fianco e prese una macchinetta digitale, scattò due foto ravvicinate dei simboli.

Almond si tolse la giacca, diede una rapida occhiata in giro sincerandosi che non vi fosse nessuno. La mano toccò la pietra fredda, scorse il rilievo del serpente percorrendone con le dita il bordo levigato.

All’improvviso iniziò a sentire un gran freddo, si propagava nelle sue carni a partire dalla mano con cui stava toccando la figura. Le immagini scorsero veloci nella sua testa… il fuoco, c’era del fuoco. Nel fuoco una figura nera, nascosta, lo guardava malevolmente.

Si riprese per un attimo, la mano sembrava non potesse scollarsi dal contatto con il rilievo. Arrivarono altre immagini, il freddo era diventato insopportabile, le ginocchia cedettero facendolo cadere con il volto a pochi centimetri dal sigillo. Nella visione c’era un villaggio rurale, basse case con i tetti in legno, dagli abiti delle persone si poteva intuire che il periodo storico doveva essere intorno al 1300 – 1400.

Tra le strade del villaggio la visione si soffermò su una figura femminile, poi lo sfondo cambiò, era nella deserto, la terra era rossa, all’orizzonte un vulcano attivo riversava il suo liquido incandescente attraverso la sua bocca famelica e roboante. Una lingua sconosciuta intonava una canzone cantilenante, una figura esile coperta di stracci si chinava ad adorare l’eruzione distruttiva del vulcano. Poi la figura si voltò di scatto, solo un’ombra, solo uno sguardo maligno, poi il buio.

Astor Almond si svegliò pochi minuti dopo, il suo corpo ancora scosso dai brividi di freddo, la fronte imperlata di sudore. Tremava.

Si mise a sedere, cercò di scaldarsi le mani strofinandole tra di loro, sospirò, si fece il segno della croce e, quando fu sicuro che le sue gambe avrebbero retto, si alzò. Si diresse verso l’uscita, barcollando lievemente, quando fu sulla porta si girò verso il crocefisso che sovrastava l’altare e disse: “credo di aver bisogno di un aiuto questa volta!”.

***

SOTTERRANEI DEL MONASTERO – 22.30

Padre Ignacio bussò alla pesante porta di legno della sala punizioni. La stanza era situata nel complesso labirinto di corridoi bui e tetri sottostanti il pozzo, situato al centro del chiostro.

La badessa aprì la porta, non portava l’abito, indossava una vestaglia scura e lunga legata alla vita. L’abate entrò nella stanza, al centro della sala c’era suor Luigia, legata in ginocchio ad una gogna di legno a cui erano intrappolati i polsi e la testa. La suora era completamente nuda, un bavaglio di cuoio con al centro una palla forata le impediva di urlare ma non di respirare.

Gli occhi terrorizzati della donna si posarono sull’abate.

“Vedo che è già pronta…. “ esclamò con soddisfazione l’uomo.

“Un infuso di mandragora al posto del tè ed il gioco è fatto…” disse soddisfatta suor Brigida, “… la nostra peccatrice è caduta come un sasso… portarla qui non è stato difficile vista la sua esilità”.

“Veniamo a noi… “ disse l’uomo aprendo la valigetta di pelle che aveva portato con se.

L’abate sistemò un piattino di argento sul tavolo antistante la gogna, vi versò la polverina bianca contenuta in una bustina, iniziò a preparare strisce di cocaina per lui e la badessa.

“Prego sorella…”, disse porgendo a suor Brigida una cannula argentata mentre lui iniziava a spogliarsi.

Suor Luigia iniziò a mugolare cercando di chiamare aiuto, impedita dal bavaglio che le teneva spalancata la bocca e le impediva di articolare le mandibole.

Padre Ignacio era completamente nudo, si chinò sul piattino ed inalò anche lui la polvere bianca, ne versò altra e la portò alle narici della donna legata. La costrinse ad inspirare. Suor Luigia tossì così forte da temere di soffocare mentre sentiva il suo naso perdere di sensibilità.

Padre Ignacio le strusciava la cappella sulle guance rigate dalle lacrime.

“La nostra peccatrice piange, poteva pensarci prima di accoppiarsi come una cagna con Padre Luca, non è vero Badessa?”

Suor Brigida era persa nei suoi pensieri, la droga iniziava a fare effetto, i pochi freni inibitori cadevano col passare dei minuti. Si spogliò, il suo corpo era ancora bello e tonico. Ammirava estasiata il cazzo duro dell’abate che strusciava oscenamente il viso della suora impaurita, la fica le si bagnò dall’eccitazione.

“Certo Padre Ignacio, questa puttanella deve imparare per bene cosa significa commettere atti impuri nel nostro monastero, deve toccare il fondo per redimere la sua anima da puttana in calore”.

Suor Luigia era confusa, le fu fatta inalare altra droga, il cazzo dell’uomo le veniva sbattuto forte sulle guance, sulla bocca. Piangeva silenziosamente.

Suor Brigida afferrò un frustino posto sul tavolo, si mise dietro la donna legata, scudisciò il culo della donna che emise un urlo di dolore.

“Ti piace puttana? Eppure ti piaceva farti prendere da dietro da Padre Luca…” le sussurrava all’orecchio l’abate mentre slacciava il bavaglio alla donna.

Suor Luigia, libera di respirare, ansimò affannosamente riempiendo d’aria i suoi polmoni. Un’altra scudisciata la colpì facendola sussultare ed urlare.

“Basta vi prego, non lo farò più, perdono… perdono…” singhiozzò.

“Non implorare cagna, la tua bocca sta per essere riempita di nuovo, allargala e fai silenzio se vuoi che la tua punizione finisca presto… “.

Padre Ignacio porse la cappella umida alle labbra della suora legata. Suor Luigia le strinse, l’uomo la schiaffeggiò violentemente.

“Non ti azzardare, apri quella tua bocca da troia e non ti azzardare a rifiutare…”.

Suor Luigia, ormai vinta, aprì la bocca, il cazzo nodoso dell’abate le scivolò umido sulla lingua, lo inghiottì. Padre Ignacio spinse forte il suo membro nella gola della donna tenendole la testa con le mani.

Suor Brigida prese una pompetta nera che terminava con una cannula fina, la riempì con un liquido chiaro prelevato da un ampolla presa dalla dell’abate. Infilò la cannula nel culo della suora legata. Spinse forte la pompetta riempendo l’intestino della donna.

“Tribulus Terrestris….” Disse la badessa rivolta alla suora, “… l’erba della lussuria, veniva usata nei tempi antichi per aumentare l’eccitazione e la fertilità della donna…”

Suor Luigia mugolava mentre il palo di carne dell’abate la scopava selvaggiamente in bocca.

Brigida riempì nuovamente il clistere.

“Vedi grandissima troia, una piccola dose aiuta la fertilità, la dose che ti sto somministrando io accenderà nel tuo ventre un fuoco inestinguibile, sarai tu a pregarci di spegnerlo….”.

Suor Brigida e l’abate si allontanarono dalla suora. Lei rimase legata ed ansimante, con la bocca finalmente libera respirava a pieni polmoni. Dal suo culo colava il liquido iniettatole poco prima, il suo orifizio si allargava umido ad espellere la sostanza vischiosa.

Suor Brigida tirò una altra striscia di coca, si inginocchiò di fronte l’abate, prese il suo cazzo in bocca, umettandolo con la lingua, l’uomo guardava estasiato la suora legata, iniziava a contorcersi inarcando la schiena, la sostanza iniziava ad avere il suo effetto sulla suora peccatrice.

L’uomo slegò la suora e la prese per mano, la portò verso il tavolo, le fece piegare fino a toccare con il viso il legno levigato, le allargò le natiche.

Suor Brigida riempì nuovamente la pompetta, si mise chinata di fronte l’orifizio umido di suor Luigia, leccò i suoi umori saggiando con le dita l’elasticità invitante del suo culo, infilò la cannula e spinse a riempire l’intestino della peccatrice. Suor Luigia ora gemeva, le labbra della fica colarono sulle sue cosce, ansimava.

“Trattieni mia piccola pecorella smarrita…” le consigliò la Badessa.

Suor Luigia sentiva il suo ventre pieno e caldo. Padre Ignacio le si avvicinò da dietro, poggiò la cappella turgida all’imboccatura del suo piccolo buchino, spinse.

Suor Luigia gridò. La badessa le teneva le natiche aperte mentre l’abate inculava la donna, Il liquido nel suo intestino iniziò a fuoriuscire caldo sulle cosce. Il cazzo dell’uomo veniva inghiottito dal culo ormai ben lubrificato della suora. La badessa raccoglieva con la lingua le gocce di lussuria che colavano durante l’amplesso.

Suor Luigia godeva, la badessa iniziò ad inserire le sue dita nel culo ormai slabbrato dal cazzo dell’abate. L’uomo teneva i fianchi della Suora, afferrò il frustino ed iniziò a scudisciarla mentre il suo culo veniva oscenamente slargato.

“Ahhhhhh, oh mio Dio, ancora…. Frustatemi, scopatemi….. siiiiii…. “ gemeva la suora in preda alla droga ed al godimento che il trattamento le stava procurando”

“….sfondatemi il culo, sono una lurida peccatrice” incitava.

Suor Brigida prelevò dalla borsa dell’abate uno strapon, lo indossò, il fallo artificiale era di color nero, la sua superficie era ricoperta di piccole protuberanze sferiche.

L’abate si sfilò dal culo aperto della Suora, le avvicinò il cazzo umido di umori alla bocca. Suor Luigia lo ingoiò avida, leccava gemendo i suoi stessi succhi. La badessa iniziò ad infilare il fallo di gomma nella fica della suora.

L’orgasmo sopraggiunse inaspettato, la donna urlò mentre l’abate le schizzava in gola getti di sborra calda e densa. Suor Brigida aveva sfilato lo slip con il fallo finto ed ora si stava masturbando in ginocchio di fronte alla vista della fica colante di Suor Luigia leccando i suoi umori bollenti.

***

CHIESA DI MONTECRUCIO – MEZZANOTTE

Il sigillo brillava di una luce intensa nel buio della chiesa. La bruma verdastra iniziò a fuoriuscire dai bordi della lastra. Suor Kim era in ginocchio di fronte al sigillo.

“Si mio signore…” disse.

“… sarà fatto”.

***

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