L’articolo /3

di Altramira

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Parte terza – Il controllo

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La mattina seguente Federica ricevette una telefonata in redazione. Le veniva chiesto se accettava i termini della contessa. Lei aveva avuto tempo di pensarci per tutta la notte e le prime ore della mattina. Non sapeva assolutamente a che cosa sarebbe andata incontro, accettando quelle condizioni. Aveva dormito poco, girandosi e rigirandosi nel letto, provando ad immaginare che cosa avrebbe voluto dire accettare le condizioni della contessa. Aveva bevuto una quantità d’acqua spropositata quella notte, alzandosi dal letto ripetutamente, camminando avanti e indietro per la casa, vagando senza una meta predefinita nelle stanze, per poi sdraiarsi nuovamente, spegnere la luce e riaccenderla poco dopo per riprendere il suo pellegrinaggio notturno. Si era sentita agitata, nervosa, incapace di prendere una decisione su quella che avrebbe potuto essere la sua occasione. Sì, ma a quale prezzo? La contessa era stata più che chiara e la fama e i pettegolezzi che precedevano e seguivano il suo nome la dicevano lunga su che cosa le sarebbe stato chiesto, anzi ordinato, come la contessa aveva specificato.

Alla fine però, aveva preso una decisione: lo avrebbe fatto. Si giustificò con se stessa dicendosi che la sua innata curiosità la stava tentando dal momento della proposta, che lei era una persona particolare, una giornalista. La contessa si sarebbe limitata, lei avrebbe potuto scrivere qualsiasi cosa, senza pensarci due volte. Quell’articolo le avrebbe poi aperto la strada per una carriera splendente. Ambizione, alla fine decretò, lo stava facendo per ambizione. Accettò le proprie motivazioni e la proposta della contessa e le venne detto che quello stesso pomeriggio, alle quindici e quindici precise, avrebbe dovuto farsi trovare a casa. Un corriere privato sarebbe passato a consegnare un pacco voluminoso, contenente alcune cose e le istruzioni che da quel momento avrebbe dovuto seguire alla lettera. Questa novità del pacco mise in subbuglio Federica. Che cosa le mandava la contessa? Era curiosa e al tempo stesso temeva di aver compiuto il più grande errore della propria vita. Non ne fece parola con Porzia, semplicemente si limitò a dirle che la cosa stava procedendo per il meglio, quando la direttrice le chiese qualcosa in merito.

Il corriere fu puntualissimo, consegnò il pacco e andò via. Era una grossa scatola di cartone. Federica la aprì e subito trovò un foglio di istruzioni che diceva di mettersi in camera per estrarre il contenuto e di farlo in modo ordinato, una cosa per volta. Così fece, pensando che importanza poteva avere il fatto che lei lo facesse in camera, in cucina o in qualsiasi altra stanza della casa. Nella scatola, sotto l’imballaggio di polistirolo, trovò un computer portatile e vari accessori elettronici per computer, che nemmeno lei sapeva a cosa potessero servire. Lateralmente, in un imballaggio a parte trovò dodici telecamere di piccole dimensioni, con i loro supporti di fissaggio e un biglietto con sopra un numero di telefono e una scritta a penna “chiamare immediatamente per l’installazione”. Federica cominciava a essere più che curiosa. Che cosa aveva in mente la contessa? Compose il numero e una donna rispose dall’altra parte del cavo telefonico.

-Chiamo per un’installazione- disse, seguendo le istruzioni -sono Federica e ho ricevuto il suo numero dalla contessa.

Aggiunse poi il proprio indirizzo. La voce dall’altra parte annunciò che in mezz’ora sarebbe stata da lei per l’installazione e che nel frattempo non avrebbe dovuto levare altro dal pacco. La ragazza che arrivò per l’installazione era carina, non la degnò quasi di uno sguardo, in compenso le diceva che cosa fare e che attrezzi passarle, come se la giornalista fosse il suo garzone. Finita l’installazione se ne andò, senza dimenticarsi di darle una busta chiusa contenente altre istruzioni. Il foglio era compilato a penna in un corsivo molto particolare, ma leggibile.

 “Da questo momento, Federica, sarai osservata ventiquattr’ore su ventiquattro. Non c’è angolo della tua casa che io non possa vedere, tramite le dodici telecamere che sono state installate e collegate al computer che ti ho mandato e che non dovrai mai spegnere. Ora spogliati completamente e piega i vestiti, mettili sul pavimento e lasciali lì. Da questo momento, ogni volta che entrerai in casa tua, la prima cosa che farai non appena chiusa la porta, sarà spogliarti completamente. Non ti è permesso indossare nessun tipo di indumento o gioiello in casa, nemmeno scarpe, sandali o ciabatte. Farai questo ogni volta che entrerai in casa a meno che tu non riceva da me, o da chi per me, istruzioni diverse. Dopo esserti spogliata cerca nella scatola: vedrai che ci sono dei tubi di crema depilatoria, che userai su tutto il tuo corpo, collo, viso e intimo esclusi. Per i peli pubici userai un rasoio particolare (nella scatola) e ti raderai i peli secondo il disegno che troverai in fondo a questo foglio. I peli che rimangono devono essere lunghi al massimo un millimetro. Ora da brava, esegui i miei ordini. Contessa Rita Malzani di Roccanera

P.S.: come tu sai puoi decidere di non fare nulla di ciò che ti chiedo, ma in tal caso in nostri rapporti finiranno esattamente nel momento in cui tu prenderai tale decisione. In caso contrario non potrai mai più tirarti indietro fino a che non sarai pronta per l’intervista.”

Federica rimase stupita. La contessa veramente le stava chiedendo, anzi, ordinando di fare tutto questo. Aveva fatto mettere telecamere in tutta la casa per tenerla sotto controllo. Avrebbe voluto mandare tutto al diavolo, ma per prima cosa la curiosità di ciò che sarebbe accaduto in seguito la attanagliava, e la brama di carriera, sì, quella era la prima motivazione. Voleva scoprire come la contessa catturasse le sue vittime. In secondo luogo aveva accettato e la contessa se la sarebbe presa molto a male se lei avesse rinunciato dopo la parola data e la contessa era una donna di potere, non gliel’avrebbe perdonato. Si spogliò, piegò i suoi indumenti e li mise sul pavimento. Prese la crema depilatoria e la spalmò su tutto il corpo, evitando le parti che non doveva toccare. Poi trovò il rasoio. Era un rasoio elettrico con testine intercambiabili. Una di queste era provvista di lamette e evidentemente non si collegava al motorino. Capì che le sarebbe servita per depilare completamente alcune parti del suo pube. Cominciò ad accorciare i peli folti che aveva tra le gambe, poi si mise davanti il disegno che aveva tracciato la contessa. Era una Y con le braccia superiori ad arco e quello inferiore che avrebbe dovuto arrivare dritto sul sesso, come ad indicarlo. L’operazione non fu facile e Federica dovette dedicarle molto tempo. Ma dove si stava cacciando? In che guaio s’era messa? Fece sparire queste considerazioni dalla sua mente e si sentì per la prima volta eccitata al pensiero di seguire delle istruzioni precise e dal fatto che chi le aveva date stava controllando di persona come le stava eseguendo.

Finì l’opera d’arte e si guardò in uno specchio. Si sentiva a disagio, così andò in bagno per sciacquare via la crema depilatoria dal resto del corpo e rendersi liscia. Passando accanto alla scatola vide un foglio rosso che spuntava e che fino ad ora non aveva notato. Lo prese e lesse. Erano altre istruzioni: doveva prendere il flacone di olio per il corpo dalla scatola e ungersi completamente, collo compreso, viso escluso. Proseguì per il bagno dopo aver trovato la confezione d’olio. Non appena finì squillò il telefono. Una voce femminile le disse di vestirsi e andare a un indirizzo. Era un negozio di abbigliamento. Lì avrebbe trovato le istruzioni.

Il negozio era in pieno centro. Un bellissimo e elegante negozio di abbigliamento del centro città. Federica entrò. Gli abiti erano divisi con precisione nei reparti. C’era il reparto giacche e cappotti, il reparto magliette, il reparto pantaloni e così via. Un bancone delimitava l’area cassa. Tra i reparti stavano girando, indaffarate a mettere a posto, alcune ragazze. Alla cassa c’era una biondina magra e slavata con i capelli a caschetto, gli occhi stretti e una maglietta rosa a maniche lunghe con sopra la scritta “I love Pink” in nero. Federica si avvicinò. Si stava vergognando perché sapeva benissimo che una volta presentatasi, immediatamente la ragazza avrebbe saputo perché lei era lì.

-Buongiorno.

Disse quasi titubante la giornalista.

-Buongiorno, come posso esserle utile? Rispose la commessa, sfoggiando un sorriso.

-Sono Federica. Rispose la giornalista abbassando lo sguardo sul bancone.

-Allora sei tu che potresti servire me. Vero?

Il calore salì dal collo e avvampò in un diffuso rossore sul volto.

-Sì, sono io che potrei servire lei. Rispose senza alzare gli occhi.

-Vedo che la Contessa ti ha istruita molto bene. Seguimi, guardando i tacchi delle mie scarpe.

Federica non rispose. Si limitò ad aspettare che la ragazza uscisse da dietro il bancone e guardando solo i tacchi delle sue bellissime scarpe, la seguì. Percorse un paio di reparti e si trovò in uno stanzino non troppo piccolo. Là ad attenderle vi erano altre tre commesse, tutte comodamente sedute su altrettante sedie. Federica notò che le sedie erano quattro e immaginò che essendo in totale cinque persone, quella a dover rimanere in piedi dovesse per forza di cose essere lei. Infatti la ragazza della cassa si sedette, dopo aver socchiuso solamente la porta.

-Bene.

Disse una di loro che già si trovava lì.

-Ora spogliati completamente.

Federica si guardò attorno. Il suo sguardo si soffermò sula porta socchiusa per un po’ di tempo.

-Ti vergogni?

Disse ancora la commessa della cassa. Dicendo così si alzò e spalancò la porta.

-Ora mettiti in mezzo a noi e spogliati. Niente storie.

Federica capi che più remore avesse avuto, maggiore sarebbe stata l’esposizione al suo denudamento, per cui decise di spogliarsi subito. Il vestito che aveva indossato scivolò a terra. Stessa sorte ebbero il reggiseno e le mutandine che portava sotto.

-Via anche le scarpe- Rimarcò una delle ragazze.

Ora era nuda. I piedi poggiavano sul pavimento freddo. Le ragazze cominciarono a guardarla, osservarla. Si alzavano a turno per guardare più da vicino.

-Apri le braccia in fuori e gira su te stessa. Tre volte a destra e tre a sinistra.

La giornalista eseguì quegli ordini che le parevano insulsi. Che cosa voleva farle provare la contessa?

-Bene ora indosserai solo quel cappotto- disse la cassiera, indicando un indumento appeso a un appendiabiti.

-E quelle scarpe- Indicò un’altra ragazza.

-Nel cappotto troverai un biglietto con delle istruzioni. Sbrigati e vattene presto.

Le ragazze si alzarono e tornarono al loro lavoro. Il cappotto nero era lungo fino alle caviglie, ma era molto scollato e possedeva sui lati e nella parte posteriore dei profondi spacchi che arrivavano fino in vita. Quando Federica indossò le scarpe rimase di stucco. Erano semplicemente perfette per il suo piede. La pianta interna della scarpa era modellata sulla sua pianta del piede, come se le avessero preso l’impronta. Il tacco era di una quindicina di centimetri e sottilissimo, il che obbligava il suo piede ad un angolo verticale che non era abituata a sostenere. Una volta indossati i nuovi indumenti, raccolse i suoi e si avviò all’uscita.

-Federica.- La cassiera la chiamò, prima che varcasse la soglia del negozio.

-Sì?

-Nessuno ti ha detto di portarti via i vestiti.- Parlò a voce alta la ragazza. -Questi sono nostri ormai.

Federica, sempre più inebetita dal susseguirsi di eventi cui era sottoposta, lasciò i vestiti sul bancone e se ne andò.

***

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