Le coinquiline /8
di Letstry
8. Continuiamo?
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Anna era seduta al suo solito posto, quarta fila dalla lavagna, sedia vicino al corridoio centrale. Il professore di matematica stava scrivendo alla lavagna la correzione a una delle cinque versioni del compitino. “Le altre sono molto simili, non c’è bisogno di vederle tutte” aveva detto. Lei prendeva nota di ogni cosa anche se i passaggi fatti alla lavagna cancellando pezzi delle formule già scritte o, peggio, sostituendo numeri e lettere con il cancellino non le permettevano di stare perfettamente al passo.
Stava giusto maledicendo mentalmente il professore per aver fatto uno scherzetto simile quando un suono acuto proveniente dalla sua borsa indicò l’arrivo di un messaggio al cellulare. “Diavolo!” imprecò a bassa voce, arrossendo sotto lo sguardo beffardo dei suoi vicini di posto voltatisi in perfetta sincronia a vedere chi fosse il colpevole di simile disturbo. Di solito lo metteva silenzioso, ma evidentemente doveva essersene scordata. Per fortuna era nella borsetta, fosse stato sul tavolo avrebbe fatto un fracasso sufficiente a far sì che il professore interrompesse la lezione per deliziarli con una delle sue solite battutine. Idiote ovviamente.
Allungò la mano per prendere il telefono e mosse un dito sullo schermo: “Ciao, mi ha dato il tuo numero la Vale. Sei a casa tra mezz’oretta? Se ti va, continuiamo”. Non conosceva il numero, quindi pensò che qualcuno avesse sbagliato. Poi continuiamo a fare cosa, pensò, chissà cosa intendeva il mittente. Non ci badò più per qualche istante, poi l’illuminazione. Vale doveva essere Valeria! Quindi lo scrivente non si era sbagliato. Riprese il telefono, tolse la suoneria e iniziò a comporre: “Vale, a chi hai dato il mio… “. Nello stesso istante arrivò un secondo messaggio. Per fortuna lo aprì prima di inviare il proprio: "Ah che scemo sono paolo” scriveva l’interlocutore ormai non più anonimo senza traccia di punteggiatura, forse preso dalla fretta di chiarire.
Ad Anna il cuore cominciò a battere a mille, fu pervasa dall’agitazione, non riusciva più a togliere gli occhi dallo schermo. Sono Paolo. Aveva letto la frase almeno dieci volte, non era possibile. Non rispose subito. Poi con le dita tremolanti compose: “Mezz’ora no. Quaranta minuti”. Era una previsione fin troppo ottimistica dato che aveva ancora venticinque minuti di lezione. Sempre che il professore li lasciasse in tempo. Arrivò la risposta da Paolo, un’animazione con due faccine gialle che ci davano dentro alla pecorina. Sorrise. Aveva del coraggio il ragazzo!
Non riuscì più a calmarsi per il resto della lezione, avrebbe chiesto gli appunti a qualcuno. Le continuavano a passare in mente immagini del cazzo lungo e dritto di Paolo, le sensazioni che aveva provato pulendoglielo con la lingua dopo la sega, Valeria presa sul tavolo da Federico, come si erano guardati tutti e quattro dopo essersi sistemati in fretta e furia per evitare che Lucia li scoprisse al rientro. Era agitatissima e molto eccitata, un misto di sensazioni che aveva provato poche volte. Si stava bagnando e, quando provò a sistemarsi meglio sulla sedia, capì di dover fare attenzione: un movimento azzardato delle gambe e si sarebbe portata all’orgasmo senza fare nulla. Ormai si conosceva abbastanza per sapere che sarebbe successo. Continuava a guardare l’orologio, possibile che il tempo scorresse così piano il lunedì mattina! Faceva già il conto: cinque minuti per uscire e aprire la bici, altri dieci di strada e sarebbe stata a casa, appena in tempo. Almeno avesse detto un’ora avrebbe fatto con più calma, e mancavano ancora quindici minuti di lezione.
Il professore era arrivato all’ultimo esercizio, il limite di una serie. Anna riusciva a seguire appena i passaggi, confusa dai suoi pensieri. Quando finalmente la lezione finì, lei scattò in piedi, la borsa pronta da tempo, si fiondò fuori dall’aula, saltò sulla bici e partì a velocità folle. Non vedeva l’ora di essere a casa e di scopare, finalmente. A quella velocità non aveva mai preso il pavé, la bici tremava parecchio e non era il lamento sempre più insistente del parafango a sconvolgerla, quanto il formicolio sempre più invadente che il contatto con la sella le provocava. Inforcare via Dante, asfaltata, fu un sollievo: che figura ci avrebbe fatto a cadere dalla bici per un orgasmo. Sorrise al pensiero.
Posò la bici in giardino, al diavolo il lucchetto, salì le scale correndo. Varcò la soglia di casa a otto minuti esatti dalla partenza, un record. Ma a che prezzo. Si guardò allo specchio in ingresso: ansimante, paonazza in viso e con i capelli lucidi di sudore. Tutto sommato presentabile, però.
La casa come previsto era vuota, il lunedì sia Valeria che Lucia avevano lezione fino alle quattro. Posò le chiavi sulla mensola in corridoio e si stava cambiando le scarpe quando suonarono alla porta. Agitata corse con una scarpa e una ciabatta al citofono e senza nemmeno domandare chi fosse fece aprire il cancello esterno e si affacciò alla porta, lo sguardo ansioso rivolto alla rampa di scale.
Paolo arrivò finalmente facendo i gradini a due a due. Si sorrisero, improvvisamente intimiditi dal rivedersi per la seconda volta in quel contesto.
-Ciao!- salutò Anna.
-Eilà!- rispose lui -credevo non mi avresti badato, o meglio, credevo che mi avresti mandato a quel paese-, rise Paolo.
-Mmm, dici? Imparerai che non amo le cose lasciate in sospeso-, continuò allungando una mano sul pacco del ragazzo, tanto per rompere l’imbarazzo, e spingendo la porta con l’altra.
-Ma hai corso?- osservò Paolo squadrando Anna -Sei tutta sudata… ehi! Che fai?- chiese spostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
-Niente!- rispose calcando un po’ di più la mano e sentendo che qualcosa si stava svegliando -Sì, ho corso un pochino, avevo fretta, tu no?- si informò curiosa.
-Un pochino- disse prendendola in giro -è una settimana che ti immagino… –
-Sì, mi immagini, si dice così adesso… mica servono le mani per immaginami-. Paolo non raccolse la provocazione.
-Senti qua in che condizioni sei, se avessi saputo di fare questo effetto alle ragazze… – notò lui infilando una mano dentro gli slip di Anna.
-Mica sei tu! È tutta colpa della bicicletta- rispose lei mentre gli infilava la lingua in bocca.
-Della bicicletta?- chiese sorpreso rispondendo al bacio.
-Sì, prima ho preso il pavé a tutta velocità! Sai, le vibrazioni… sono quasi venuta… aaah… mica vorrai iniziare qui?-
-È libera la camera? Dai, andiamo di là.-
-Sì, oggi Valeria e Lucia sono via fino alle quattro.-
Senza riuscire a staccarsi si avviarono verso la camera.
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