Le due rose nere /5

di Matt

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Parte 5

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Quel pomeriggio aveva già regalato molte sorprese. Ma altro doveva ancora accadere. Non avrei mai pensato di correre nudo e con quella eccitazione per il corridoio. Quel corridoio. Lungo le pareti i ritratti dei parenti e le foto del padrone di casa con la famiglia in vacanza all’estero. Quelle foto che molte volte avevo osservato passando di là la mattina presto e la sera tardi, camminando con riverenza e rispetto, quasi soggezione. Ma ora no: ora correvo preso dalla foga, incurante di tutto. L’eccitazione mi faceva spostare i tappeti e girare i mobili, sbattere sulle pareti e smuovere i quadri. Loro due erano un puntino lontano, correvano anch’esse ancora nude lungo il corridoio, e girandosi verso di me emettevano striduli gridolini. Entrarono in una stanza e sbatterono la porta.

Arrivai qualche secondo dopo anch’io. Ero sudato ed agitato, accecato dalla voglia, quasi in preda ad un raptus di follia. Di fronte a quella porta iniziai a scalciare e a sbattere i pugni. Poi mi calmai e mi quietai. Stetti un istante a riflettere e guardarmi intorno, e riacquistai quel tanto di lucidità che bastò per accorgermi che dietro di me, due porte più in là, c’era la mia camera. Un’illuminazione: mi trovavo proprio fuori dalla camera di Francesca. L’agitazione di prima non mi fece notare che in realtà la porta non era chiusa a chiave; abbassai la maniglia e l’aprii. Entrai.

Non so bene quanto tempo era passato da quando ero entrato in casa per rinfrescarmi, ma di certo era pomeriggio inoltrato, il Sole doveva ancora tramontare e c’era ancora molta luce fuori. Nonostante ciò, appena aprii la porta venni avvolto dalla penombra: là dentro il buio prevaleva su tutto. La camera era molto grande e la prima cosa che colpiva era la tapparella quasi del tutto abbassata. Filtrava solo quel po’ di luce sufficiente a distinguere gli oggetti. Era la prima volta che mi capitava di entrarvi, e fui colto anche da una certa curiosità; mi guardavo intorno, e ovunque vedevo foto strane e poster di gruppi musicali e personaggi famosi.

Loro erano lì, distese nude sul letto a due piazze, sguardo disinibito e gambe aperte. Francesca mi guardava e provocava passandosi un dito sulla lingua per poi toccarsi il giovane frutto fra le gambe. Senza pensare mi avvicinai al letto e in un attimo le fui sopra. La presi sui fianchi e iniziai a baciarle il collo, poi il seno e la pancia. Lei mi fermò un secondo indicando il cassetto del comodino lì a fianco. Io lo aprii: dentro vi era una scatola di preservativi; dopo averla aperta presi una bustina e la aprii con un morso. Lei me lo tolse di mano, mi spostò e me lo infilò con una sicurezza e una capacità disarmanti. Ma me ne curai poco. Mi alzai dal letto e da in piedi la stesi. Le aprii le gambe e la penetrai con violenza. Presi a spingere con forza solo per sentire le sue urla farsi ogni istante più forti. Sapevo di farle male, ma era in realtà il dolore ad eccitarla di più.

Greta non stette senza far nulla, ma solleticava Francesca sulla pancia e sul collo, e le massaggiava ora il seno, ora i fianchi; ora la baciava. Io, senza smettere di spingere, salii nuovamente sul letto e mi stesi sopra di lei. I cigolii delle molle accompagnavano ogni spinta. Ogni tanto mi fermavo e mi toglievo per leccarle la piccole labbra, salvo poi riprendere per possederla in tutte le posizioni. Adorava starmi sopra e saltare su di me, ma si eccitò ancor di più quando la feci inginocchiare e la penetrai stando anch’io sopra il letto dietro di lei, afferrandole il seno e i fianchi mentre lei allargava le gambe e muoveva il bacino verso il basso per sentire il membro rigido dentro del tutto. Greta le stava davanti e le leccava il collo. Dai suoi sospiri capivo quanto la eccitasse stare in mezzo a noi due. Era tutta bagnata ed alternava lamenti di piacere a grida quando entravo con più forza. La stesi un’ultima volta e con le ultime spinte la feci bagnare ancora. Lasciai che anche il mio corpo liberasse l’ultimo piacere e mi stesi in mezzo a loro due a pancia in su. Le strinsi a me e stemmo per un po’ in silenzio.

Si era fatto veramente tardi e mi alzai. Mi avvicinai alla porta, mi girai un’ultima volta verso di loro e le guardai soddisfatto. Andai a darmi una pulita in bagno e mi rivestii. Scesi giù per continuare il mio lavoro nonostante la stanchezza. Passò qualche minuto e vidi Greta andare verso il cancello, si girò verso di me e mi lanciò un’ultima occhiata maliziosa, facendomi l’occhiolino. Francesca stette sulla porta di casa a guardarla, la salutò con la mano e rientrò.

Quella sera presi una bella lavata di capo dai padroni per non aver finito il mio lavoro in tempo. Da quel giorno mi impegnai sempre con diligenza e rispetto delle mie mansioni.

D’altronde… Adesso Francesca allieta le mie sere venendo a trovarmi in camera, premiando le mie dure giornate di fatica…

Anche se, sono solo l’aiuto giardiniere io.

[FINE]

***

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