Le mie vacanze in montagna /3

di Carol89

Alla macchina ci cambiammo scarpe e calze, tornando in comode scarpe da ginnastica, e poi montammo a bordo (Federica davanti con papà, io dietro) e riprendemmo la strada per casa. Rientrammo a casa che era ancora tardo pomeriggio: il bello di abitare vicino alle montagne.
Papà voleva raggiungere la mamma, quindi si diede una rinfrescata, si cambiò e ripartì subito in bicicletta. Io e Federica invece non avevamo fretta. Senza mamma e papà la casa era mezza vuota, ed era il caso di approfittarne: avendo un bagno unico, essere solo in due anziché quattro era già una pacchia. Chiesi a mia sorella se volesse farsi prima lei la doccia, ma mi disse che potevo iniziare io, e così ne approfittai.

Mi chiusi in bagno (non a chiave, quello non lo facevamo mai) e mi spogliai, e mi buttai sotto la doccia. Lavare via il sudore e rinfrescarsi è forse la parte più bella della giornata, dopo che si è camminato e faticato sotto il sole e nella polvere.
Finita la doccia uscii e mi avvolsi il mio telo spugna personale, grande e azzurro, attorno alla vita, come una gonna. Non mi ero portato vestiti di ricambio, tanto potevo usare la camera mentre Federica usava il bagno. Quindi uscii così com’ero e me ne tornai in camera.
Qui trovai mia sorella, che intanto si era messa comoda. Col fatto che a casa, in città, avevamo naturalmente camere separate, era da un anno che non ero più abituato alla convivenza con lei, cioè dall’estate precedente. E intanto eravamo cresciuti entrambi di un anno. Così, rimasi sorpreso, entrando in camera e trovandola semisdraiata sul suo letto, intenta a leggere una rivista: si era tolta i calzoncini corti, probabilmente per non sporcare le coperte, e anche le calze, così indossava soltanto la canottierina di prima e degli slip bianchi, che avevano dei piccoli disegnini colorati. Le sue gambe erano quindi interamente nude, una distesa sopra le coperte, l’altre leggermente piegata, con il ginocchio sollevato.
Lei non mi guardò nemmeno quando entrai, così io potei lanciarle una lunga occhiata, di sottecchi, osservando quelle gambe che tanto avevo sbirciato durante la camminata, ora completamente scoperte e visibili ai miei occhi. Erano lunghe e snelle, affusolate, e la pelle era liscia ed ambrata, il colore che assumeva la pelle di mia sorella appena prendeva un minimo di sole. Erano proprio una bella visione, e mi resi conto che attraevano i miei sguardi e i miei pensieri, più di quanto fosse mai successo in passato.
In realtà i miei pensieri ne furono attratti anche troppo, in particolare quando lei, chiestomi se il bagno era libero e ricevuta risposta positiva, si alzò e si girò di spalle, chinandosi per dare una rapida sistemata alle coperte su cui era stesa: a quel punto mi trovai di fronte, oltre alle sue lunghe gambe nude, il suo sedere coperto soltanto dai piccoli slip bianchi, semplici semplici. Gli slip coprivano candidamente le sue chiappe, quasi del tutto, ma ne rivelavano anche perfettamente la forma, sferica e sodissima. Mi trovai a fissarle il culo a labbra socchiuse, come un ebete, e fui costretto a girarmi rapidamente verso il suo letto appena lei si raddrizzò, perché anche qualcos’altro si stava raddrizzando sotto il mio asciugamano, e si sarebbe presto fatto notare.
Dovetti quindi fare attenzione a stare girato di spalle rispetto a lei, e chinarmi a prendere i vestiti mentre mi passava davanti, così da nascondere quell’erezione che mi era proprio sfuggita al controllo, e che lei avrebbe sicuramente notato mentre passava vicina al mio letto e poi spariva diretta in bagno.
Appena Federica fu in bagno e sentii l’acqua scorrere nella doccia tirai un lungo sospiro di sollievo. Cavoli, ci era mancato poco! Che figura che avrei fatto…
Mi stesi sul mio letto e cercai di ridare ordine ai miei pensieri. Che cavolo mi era preso? Ok, non era certo la prima volta che sbirciavo mia sorella, ma in passato mi era capitato solo di sbirciarle le tette, o magari di buttare un occhio in bagno o in camera mentre si spogliava, per vederle la cosina. Curiosità legittime, che credo qualunque maschio avrebbe avuto avendo per casa una sorella più grande. Però quel giorno era scattato qualcosa di diverso: ormai era da mezza giornata che ero andato in fissa con le gambe di mia sorella, e con il suo culo. E questo già era strano, perché di solito non mi succedeva neanche con le gambe di altre ragazze, in più mi stava succedendo proprio con mia sorella! Che storia era? Come dovevo comportarmi?
La questione era seria, per almeno due ragioni: intanto, eravamo appena all’inizio delle vacanze, e avremmo dovuto convivere a stretto contatto (nella stessa camera da letto) per parecchie settimane. E poi quelle strane idee non sembravano soltanto idee o curiosità momentanee… a riprova di questo, dato che ero solo, sciolsi l’asciugamano e lo aprii davanti, scoprendomi il bacino e le gambe. Mi guardai l’inguine: il mio pisello si sollevava sopra le palle, ancora mezzo eretto, sensibile nell’aria fresca della stanza. Avevo appena avuto un’erezione, nessun dubbio a riguardo. La cappella era ancora mezza scoperta.
Guardarmelo scoperto e sentirlo così sensibile mi fece venire una gran voglia di toccarmelo, e senza pensarci allungai la mano e me lo presi. Lo sbucciai, scoprendo del tutto la cappella, che già si stava rigonfiando, e iniziai a sfregarmelo lentamente, tirando indietro la pelle e poi lasciandola scorrere in avanti, piano. Mi masturbavo con calma, sovrappensiero. Chiaramente mi tornò in mente l’immagine delle gambe di mia sorella: le sue cosce, i suoi piccoli polpacci… le sue chiappe sode… In un attimo avevo di nuovo il cazzo in piena erezione, durissimo, stretto nella mia mano. Iniziai a sfregarlo più velocemente, perché era difficile trattenersi… chiusi gli occhi, vidi mentalmente le gambe nude di mia sorella… mi sfregavo il cazzo ormai velocemente e a fondo, contrassi i muscoli dell’addome, piegai un po’ le gambe… iniziai ad ansimare…
Ci vollero pochi secondi. Sentii il piacere che mi saliva dal profondo, sentii i muscoli contrarsi, e d’un tratto arrivò al limite: il cazzo sussultò e iniziò ad eiaculare con forza, spruzzando sperma in aria, come una fontana. Uno, due, tre schizzoni lunghi, potenti, che ricaddero in giro, un po’ su di me un po’ sull’asciugamano aperto. E poi ancora, andai avanti a massaggiarlo più lentamente mentre altro sperma usciva più lentamente, come lava da un vulcano.
Rilassai i muscoli e mi abbandonai sul letto, una mano sul pisello, a tenermelo caldo. Ripresi fiato. Una sega così coinvolgente su mia sorella non me l’ero mai fatta… e nemmeno così improvvisa, senza preparazione. Praticamente aveva deciso tutto il mio pisello, non la mia testa.
Fra l’altro ero a rischio… di solito non mi facevo mai seghe così all’aperto, a rischio di essere sgamato. Ero con la porta aperta, con mia sorella nel bagno di fianco… ok che sentivo ancora correre l’acqua della doccia, ma se fosse uscita in fretta per qualunque ragione mi avrebbe beccato in pieno. E anche se fosse rientrato in casa qualcuno prima del previsto, non sarebbe stato bello.
Nonostante questo, rimasi steso nudo, con il pene che mi si rimpiccioliva piano piano nel palmo della mano. Era stato un godimento troppo bello e mi sentivo spossato e appagato. In più ero pensieroso.
Per fortuna ero comunque vigile, così sentii subito quando Federica chiuse la doccia. Prontamente ripresi i lembi dell’asciugamano e lo richiusi, rimettendolo in posizione attorno alla vita come una gonna. Non dovetti nemmeno spostarmi. Ero ancora disteso sul letto, pronto a farmi ancora due bei respiri per poi alzarmi e rimettermi in sesto.
Di solito mia sorella ci mette parecchio a uscire dal bagno, lo so per esperienza. Ha da curarsi i capelli lunghi e chissà quali altre cose, come tutte le ragazze. Per cui fui colto in contropiede dal fatto che, un attimo dopo aver chiuso la doccia, sentii la porta del bagno aprirsi e mia sorella sbucò immediatamente in camera. Quasi sussultai sul letto, vedendomela lì. Più che altro perché non mi ero per nulla preparato: ok mi ero ricoperto con l’asciugamano, ma non avevo fatto un bel controllo che tutto fosse in ordine…
Lei era come me, quindi apparentemente non c’era nulla di strano. Così come io, dopo la doccia, ero subito venuto in camera vestito solo con l’asciugamano, lei si era avvolta un asciugamano uguale, ma bianco, attorno al petto, come un vestitino, che le arrivava a metà coscia. Aveva i capelli ancora bagnati, che scendevano lunghi dietro le spalle, e con un pettine dai denti larghi se li stava lentamente pettinando.
Camminò attorno al mio letto e intanto mi lanciò un’occhiata.
– Sei ancora lì? – mi chiese, sorpresa.
– Eh?… Ah… sì… – balbettai, colto in totale contropiede. – Mi sono messo a sonnecchiare…
Lei raggiunse il suo letto, dove si sedette, girata verso di me. Sorrise ironica:
– Cos’è, la prima passeggiata e sei già a pezzi?
– Ma no… poi aspettavo che liberavi tu il bagno…
Lanciai un’occhiata a lei, che sedeva con le ginocchia unite, composta. Era come se fosse in minigonna, per giunta sapevo che, essendo appena uscita dalla doccia, probabilmente non indossava niente di niente sotto… e io ero di nuovo lì a pensarci, che cavolo! Ma anche lei, da quando se ne girava in asciugamano per casa? Poi dovetti riformulare: lei era in asciugamano, ok, ma nella sua camera. Probabile che lo facesse sempre, pure a casa, solo che io ero nella mia e nemmeno lo sapevo.
Intanto però quella situazione, e i pensieri che tornavano ad assaltarmi, rischiavano di farmi risvegliare le parti basse… prontamente lanciai un’occhiata in basso, all’asciugamano, e mi accertai che ancora non ci fosse nessun bozzo rivelatore.
Quello che notai, in compenso, fu pure peggio: sulla pancia avevo una gran pozza di liquido semitrasparente (o biancastro, a seconda dei punti di vista) che mi appiccicava i peli. Cazzo! Poco prima mi ero sborrato addosso, e me n’ero dimenticato alla grande!
Scattai a sedere, incurvando le spalle in avanti. Federica mi guardò, un po’ sorpresa.
– Il bagno… ehm… cioè, posso andarci io?
Lei scrollò le spalle. – Ok, ma dopo devo asciugarmi i capelli.
– Sì sì… faccio in fretta.
Mi alzai, dandole le spalle, e sgusciai fuori dalla camera, infilandomi in bagno. Mi chiusi la porta alle spalle e tirai un sospiro di sollievo. Sperabilmente lei non si era accorta di nulla…
Prontamente mi tolsi l’asciugamano, che già all’interno era pieno di chiazze di sperma, e lo usai per pulirmi per bene la pancia, facendo sparire i resti appiccicaticci della mia sega di poco prima. Il passo successivo sarebbe stato quello di ripulire l’asciugamano, ma un problema alla volta.
Stavo iniziando a pensare al passo successivo, quando improvvisamente sentii bussare alla porta, alle mie spalle.
– Chicco…
Parentesi: solo in famiglia mi chiamavano ancora Chicco, diminutivo che usavano i miei quando ero piccolissimo, e che non c’entra un cavolo con Marco. Avevo chiesto di smetterla tipo cento volte, ma niente da fare.
– Eh? – chiesi.
– Entro che prendo l’asciugacapelli, così mi asciugo subito in camera. Se no prendo freddo.
– Aspetta! – la bloccai.
Accidenti. Ero nudo come un verme, in mezzo alla stanza, con in mano l’asciugamano ormai inservibile, anzi da nascondere, perché tutto evidentemente macchiato. Per giunta, quando poco prima ero fuggito in bagno, non avevo pensato che mi stavo mettendo in un vicolo cieco: qui non avevo vestiti né niente, era tutto in camera. Che cavolo potevo fare a quel punto?
– Dai… – incalzava Federica da dietro la porta.
Aprii la lavatrice e intanto buttai l’asciugamano nel cestello, almeno era fuori vista. E poi…
– Eh… entra – le dissi, per niente entusiasta.
La porta si aprì e mia sorella si affacciò, e (sorpresa!) non era più vestita con l’asciugamano. Si era messa slip e reggiseno, entrambi bianchi. E indossava solo quelli.
Il reggiseno era dello stesso tipo di quello che indossava in montagna (“forse li indossa sempre di quel tipo?” mi chiesi). Gli slip erano dei semplici slip bianchi, anche questi con piccoli decori colorati, rosa mi sembrò.
Al vederla così, trasalii. Non me l’aspettavo. Il suo corpo alto e slanciato, magro, in perfetta forma, era praticamente in bikini, con l’aggravante che si trattava non di un costume, ma di biancheria intima. Lei però dovette rimanere sorpresa uguale, se non di più: io ero in piedi in mezzo al bagno, girato verso di lei, completamente nudo. Semplicemente, mi tenevo le mani sul pacco, a nascondere con cura tutto l’inguine.
Federica mi diede uno sguardo a tutto il corpo, poi mi guardò in faccia e sorrise, con aria ironica:
– Beh? – mi chiese soltanto.
– Eh, non ho qui i vestiti! Devo… li ho in camera!
Lei mi guardò di nuovo, con aria critica. Mi sentivo nudo, sotto il suo sguardo, anche se in realtà mi stavo almeno coprendo le parti intime.
– Se me lo dicevi te li portavo io – mi rimproverò.
– Eh ma…
– Vabbè dai devo prendere l’asciugacapelli. Almeno girati! – mi disse.
Io, che mi sentivo in colpa (anche se tecnicamente era lei che era venuta in bagno mentre c’ero io…), scattai prontamente e mi voltai di spalle. La situazione non migliorava granché, anzi: in questo modo le mostravo anche il sedere, e dietro non mi stavo coprendo, quindi ero proprio completamente nudo. Ma me ne resi conto solo dopo aver obbedito.
– Ma l’asciugamano, scusa, dove ce l’hai?
Sentivo il suo sguardo sul mio sedere. Dalla voce, capii che era ancora ferma sulla soglia: mi stava fissando e non si era ancora mossa.
– Eh… – cercai di pensare velocemente, ma alla fine dissi semplicemente la verità: – l’ho già messo in lavatrice.
– Ah. – Fece una pausa. Stava pensando a qualcosa. – Beh allora aspetta che facciamo un bucato unico.
Sentii i suoi passi che si allontanavano. Allora tornai a girarmi, anche perché non mi andava di continuare a stare lì, con il sedere all’aria… Che diavolo stava facendo adesso?
I passi dei suoi piedi nudi, leggeri, si avvicinarono di nuovo, e lei spuntò nuovamente. Aveva in mano il suo asciugamano. Entrò in bagno, decisa, e venne verso di me, verso la lavatrice. Io feci un passo indietro, per farle spazio, e lei si chinò proprio di fronte a me, davanti alle mie mani (e al mio pacco), e infilò l’asciugamano nel cestello della lavatrice.
Poi si raddrizzò, a un passo da me.
– Girati – mi disse, di nuovo.
– P… perché scusa? Non… – provai a ribellarmi.
– Dai, girati! Devo mettere da lavare anche il reggi, ce l’avevo su oggi.
Deglutii a fatica. Mi girai di spalle. Dietro di me, sentii il fruscìo del tessuto sulla pelle: lei si stava sfilando il reggiseno elasticizzato dalla testa.
Fra le mie mani qualcosa si stava gonfiando molto rapidamente.
Cercai di interpretare i rumori che sentivo. Si era chinata, aveva messo anche il reggiseno dentro alla lavatrice…
– I tuoi vestiti di oggi? – mi chiese, con atteggiamento operativo.
– Sono di là…
– Quelli sulla sedia?
– Sì…
Senza dire altro, uscì. Sentii i passi dei suoi piedi nudi allontanarsi di nuovo.
Di nuovo, mi girai. Mi sentivo un cretino a stare lì girato di schiena, nudo. Solo che intanto avevo le mani sempre più piene, ben larghe per riuscire a coprire tutto con cura. E non avevo la più pallida idea di cos’altro sarebbe successo.
Mia sorella ritornò. Aveva i miei vestiti in mano, li teneva in un’unica massa confusa. Era ancora soltanto in slip, e usava l’altro braccio, il destro, per coprirsi perfettamente il seno. Lo teneva di traverso sul petto.
La mia erezione ebbe un’accelerata. Esplose letteralmente.
Lei, senza tanto badarmi, venne dritta alla lavatrice, di fronte a me. Si chinò e infilò dentro i miei vestiti.
– Prendo anche i miei – disse raddrizzandosi nuovamente, e uscendo di nuovo dal bagno – …così la facciamo andare prima che tornino mamma e papà – aggiunse come spiegazione.
Mentre usciva, guardai la sua schiena nuda, magra ed aggraziata, dritta. Guardai il culetto sodo coperto solo dagli slip. Quando sparì oltre la porta, avevo già il pene in completa erezione.
Tolsi le mani e me lo guardai, disperato. Avevo pochi secondi prima che lei tornasse di nuovo. Come cavolo potevo fare a nasconderlo, a questo punto?? Provai a tirarlo verso l’alto, ma avrei dovuto tenere una mano praticamente sulla pancia. Si sarebbe capito cosa coprivo. Allora lo spinsi verso il basso, forzatamente. Misi di nuovo due mani una sopra l’altra per coprirlo e tenerlo giù.
Intanto sentii i suoi passi leggeri, per l’ennesima volta. Tornò.
Come priva, si copriva il petto (le tette) con un braccio, e nell’altra mano teneva i propri vestiti. Venne verso di me, e questa volta feci due passi indietro, cercando di allontanarmi per quanto possibile. Ero ormai contro il water, più in là non potevo andare.
Lei si accovacciò a terra davanti alla lavatrice e infilò gli ultimi capi.
– Puoi anche darmi una mano, invece di stare lì fermo, eh – mi sgridò intanto.
– Eh, cosa devo fare? Hai già portato tutto tu…
– Prepara il detersivo, l’ammorbidente…
Lei stava richiudendo il portello, poi passò a girare la manopola per programmare il lavaggio. Io feci un grosso sospiro mentale, e tornai ad avvicinarmi. La affiancai (lei intanto si era rialzata in piedi). Per aiutarla mi serviva almeno una mano, non c’era scampo. Tenni la destra al suo posto, e allungai la sinistra a prendere il detersivo, che era su una mensola appena sopra la lavatrice.
Appoggiai il flacone sulla lavatrice e riuscii a svitare il tappo con una mano sola. Lei intanto aveva finito e aprì il cassetto della macchina dove si doveva versare il detersivo liquido. Appoggiai il tappo, che fungeva da misurino, sul piano accanto al flacone, poi presi il flacone e lo alzai, pronto a versare nel tappo stesso.
– Quanto ne devo mettere? – le chiesi.
– Attento, così si rovescia – mi rispose secca.
– Eh, tienilo fermo tu!
Lei allungò una mano e tenne il tappo mentre io versavo. Intanto avevo una sola mano a coprirmi, e semplicemente non bastava: la tenevo sul pene, eretto e super duro, forzandolo verso il basso, ma le palle di fatto non le stavo più coprendo. Da di fianco, dove si trovava mia sorella rispetto a me, si potevano vedere benissimo, se uno guardava.
Riempii questo benedetto misurino e lei lo versò nella macchina, poi rimise il tappo al flacone. E rimase ferma, in attesa.
Io la guardai, con aria interrogativa.
– L’ammorbidente – mi disse, con tono paziente.
– Ah, scusa…
Anche l’ammorbidente era sulla mensola, ma un po’ più indietro. Dovetti allungarmi in punta di piedi per prenderlo, e intanto mi sembrava di sentire lo sguardo di mia sorella sulla pelle nuda, come un fuoco ardente che mi bruciava. Riuscii a prenderlo e appoggiai anche quello sulla lavatrice, se non ché, quando provai a svitare il tappo con una mano, non ci fu verso. Era troppo stretto.
– Aspetta, tienilo fermo tu… – le chiesi aiuto.
Lei afferrò la bottiglia con la mano sinistra e io provai a girare il tappo più forte, ma lei se la lasciò scappare di mano.
– È troppo duro – disse, – fai con due mani senti!
Eravamo uno di fianco all’altra, praticamente addossati alla lavatrice. La macchina stessa era una sorta di riparo… e poi eravamo fratelli, e quindi che problema c’era? Questo voleva farmi capire. Non voleva perdere altro tempo.
Non ero esattamente della stessa opinione, ma obbedii. Alzai anche l’altra mano e presi flacone e tappo con due mani, potendo così fare forza.
Intanto, giù in basso, sentii distintamente il pene che mi si appoggiava con il dorso contro la lavatrice. Sentii la plastica dura sulla cappella scoperta.
A quel punto ero eccitato e confuso. Ero completamente nudo, accanto a mia sorella mezza nuda, che si copriva le tette con un braccio. Avevo una gran voglia di fare qualcosa di più, anche se non sapevo nemmeno io bene cosa.
Aprii quel benedetto tappo e, a quel punto, lo tenni in una mano mentre con l’altra versavo il liquido del flacone. Entrambe le mani mi tremavano un po’, e credo che si vedesse bene.
Lei guardò con attenzione e mi guidò:
– Fai fino alla tacchetta… così, basta.
Poi fece un passo indietro, riaprendo il cassettino che prima aveva chiuso, dove doveva essere versato l’ammorbidente. Lasciava a me il compito.
Io mi girai leggermente verso il cassetto, e quindi verso di lei, e con cura versai anche l’ammorbidente. Giù in basso, avevo qualcosa di tutt’altro che morbido che scivolò contro la plastica e, essendomi io girato, si liberò del tutto, proiettandosi rigido in avanti. Il mio cazzo eretto.
Federica lo vide. Non poteva non vederlo. Non disse nulla, non fece nulla, ma dovette vederlo, mentre io versavo quel cavolo di ammorbidente. Poi io rimisi il tappo al suo posto e a quel punto, senza più coprirmi nulla, perché ero ormai troppo eccitato e non ragionavo più, mi girai di nuovo verso la macchina e mi alzai in punta di piedi, per rimettere il flacone al suo posto.
Sentii le palle sfregare contro il bordo della lavatrice, il cazzo eretto era sospeso sopra di essa, sopra il piano. Contrassi il mio culo nudo, mentre ero in punta di piedi, poi tornai a distenderlo quando tornai giù. Il pene si sollevò, appoggiandosi e premendo contro il bordo della macchina che avevo di fronte.
– Bom, falla partire – mi disse Federica, sempre lì al mio fianco.
Guardava in basso, ai comandi della macchina, e quindi al mio pene nudo, che stava eretto e durissimo proprio davanti ad essi. Io feci un passettino indietro, per liberarli, e allungai la mano verso un bottone arancione. Era a tipo cinque centimetri dalla punta rossa e gonfia del mio cazzo.
– Questo?… – chiesi, con voce rotta.
– Sì, schiaccialo – disse lei, apparentemente calmissima. Io avevo il cazzo nudo e in tiro davanti ai suoi occhi, e lei era calma. A me girava la testa e avevo le guance che mi bruciavano, e lei mi rispondeva con voce calma.
Premetti il bottone (al secondo tentativo), e la macchina fece un rumore meccanico e partì. Io ero fermo con le braccia lungo i fianchi, e il pene sollevato in aria. Un bel pene, lungo, di un certo spessore, dritto come un fuso: non me ne vergognavo, anzi. Certo però che in quel caso…
– Sì, magari copriti, se non ti vesti! – mi disse a quel punto lei, secca.
– Eh… – bofonchiai per tutta risposta. Mi portai una mano sull’asta e l’afferrai, coprendone la punta e parte del fusto. Non tutto. E le palle, gonfie, erano scoperte pure quelle.
– Vabbè – disse lei, passando oltre. E intanto alzò lo sguardo verso la mia faccia, e si raddrizzò. E soprattutto, abbassò il braccio destro, quello che prima copriva il seno, e lo lasciò pendere lungo il fianco. L’altra mano se la mise su un fianco. – Cosa fai, ti serve il bagno o posso asciugarmi i capelli qui?
Rimase così, in attesa della mia risposta. Io lanciai una rapidissima occhiata in basso, vidi un attimo le sue tette nude: piene, cazzo, belle gonfiette! Piccole, ok, ma più grandi di quello che pensavo, o almeno mi parvero… Lei mi guardava in faccia, e anch’io la guardai in faccia, per forza.
– B-boh… – dissi, deglutii, poi mi impegnai in una frase compiuta: – …anch’io devo asciugarmi!
– Vuoi asciugarti prima tu? – mi chiese, con tono volutamente paziente, e sempre restando dritta con le tette nude, ma sempre fissandomi.
– Sì… – risposi, d’istinto. – Tu ci metti mezz’ora – provai poi a giustificare.
– Dai, allora fai in fretta – acconsentì.
Si girò di fianco, appoggiandosi col sedere contro la lavatrice, e incrociò le braccia sul petto. Si era messa in attesa.
Di fronte alla lavatrice c’era lo specchio, e il lavandino. L’asciugacapelli era là, nel mobiletto sotto al lavandino, e la presa di corrente era accanto allo specchio. Quindi mi girai a mia volta, dandole le spalle, e offrendole nuovamente la vista del mio posteriore nudo. Mi chinai a terra e recuperai l’apparecchio dal mobiletto. Poi tornai a raddrizzarmi.
Davanti al lavandino, con l’asciugacapelli in mano, lanciai un’occhiata nello specchio. Federica era proprio dietro di me, sulla destra. La vedevo riflessa. Era appoggiata alla lavatrice col culo, aveva la testa inclinata di lato e guardava verso la porta, con aria di attesa.
Cercai la presa elettrica e collegai la spina. Guardai me stesso riflesso nello specchio. Il lavandino arrivava fino all’altezza del pube: nascondeva il pene, perché ce lo premevo contro e stava piegato in basso, ma si vedeva la sua attaccatura, e il groviglio di peli ispidi che lo circondavano come una criniera. E poi il mio torso nudo, da lì in su.
Accesi l’asciugacapelli e iniziai ad asciugarmi. Guardai di nuovo mia sorella, riflessa: guardava sempre di lato, allora abbassai lo sguardo sul suo petto. In realtà, tecnicamente, le sue braccia non erano incrociate sul petto: erano appena sotto. Infatti sopra le braccia spuntavano le tette, schiacciate, in parte coperte, ma in parte no. Soprattutto, vidi spuntare entrambi i capezzoli. Erano rosa chiaro, circolari: uno era coperto per tre quarti, l’altro era praticamente tutto scoperto.
Lei girò la testa verso di me, allora io distolsi immediatamente lo sguardo. Mi concentrai sui capelli, ad asciugarli. Lanciai ancora un’occhiata in basso: il mio pelo pubico e l’attaccatura del pene erano ben riflessi nello specchio. In più, lei poteva guardarmi liberamente il culo. Se mai gliene importava qualcosa.
– Fatto? – chiese lei d’un tratto. Mi ero asciugato per meno di un minuto.
– Quasi… – esitai.
– Senti asciugameli tu, allora! Se aspetto ancora prendo freddo. Poi ti lascio finire con calma e finisco io bene dopo, ma almeno il grosso, sono fradici!
Aveva di nuovo preso in mano lei la situazione. Si alzò dalla lavatrice, sciolse le braccia e si portò platealmente entrambe le mani a coprirsi le tette. Una mano aperta su ciascuna mammella. Avanzò e mi affiancò davanti al lavandino, e chinò il capo leggermente in avanti, come fosse dal parrucchiere.
Io non sapevo che dire, in realtà non mi aveva chiesto nulla. Semplicemente, dovevo obbedire.
Puntai l’aria calda sulla sua testa. La feci scorrere sui capelli. Dovetti spostarmi leggermente indietro, e lei avanzò chinandosi appena verso il lavandino, e io indietreggiai ancora. Muovevo l’asciugacapelli puntandolo su tutta la lunghezza dei capelli. E intanto persi progressivamente la protezione che mi dava il lavandino stesso.
Adesso avevo di nuovo il cazzo scoperto. Ed era di nuovo in tiro, estremamente in tiro. In tirissimo. Ancora di più perché lei aveva la testa chinata leggermente proprio davanti a me, e quindi sapevo perfettamente cosa si trovava davanti agli occhi. Il mio cazzo super in tiro.
Mamma mia. Ero con un’erezione potentissima, a un passo dalla sborrata, esattamente sotto gli occhi di mia sorella. Non solo mi stava vedendo il cazzo, ma me lo stava vedendo in tiro come non mai. Con la cappella scopertissima, gonfia come un fungo, rossa come un pomodoro. E lei, lo sapevo, in quella posizione ce l’aveva proprio di fronte agli occhi.
E infatti me ne diede conferma.
– Non puoi coprirti?… – disse, piano, senza muoversi, per non interrompere il mio lavoro di asciugatura. Ma il suo tono era di rimprovero. E riusciva a dare a me la colpa di tutto.
– Eh… aspetta… – presi tempo, continuando a soffiarle aria calda sui capelli bagnati. Non sapevo veramente che fare.
– Usa una mano sola, no? – aggiunse lei, paziente.
Cazzo. Avevo una mano libera. Non stavo asciugando i miei, di capelli, quindi la sinistra non la stavo più usando. Non me ne ero nemmeno reso conto, ero completamente in trance.
Quindi aveva ragione lei. Era colpa mia. Avrei potuto coprirmi ed fare ciò che mi aveva chiesto, e invece non mi ero coperto, e lei aveva davanti agli occhi…
Lei, del resto, si copriva con cura le tette, con entrambe le mani.
Ora però avevo un altro problema. Avevo il cazzo così in tiro e così sensibile, che toccarlo era pericoloso. Non so se mi capite.
Allungai la mano sinistra, continuando a reggere l’asciugacapelli con la destra. Davanti ai suoi occhi, la avvicinai al mio pene nudo, ed esitai. Avevo paura a toccare la cappella. Allora decisi di afferrarlo, e strinsi la mano attorno all’asta, il più vicino possibile alla punta ma senza toccare quest’ultima. Strinsi le dita piano, molto delicatamente.
Dio, quella sensazione bastò a farmi girare la testa. Gli occhi di Federica, il suo sguardo sul mio cazzo, sulla mia cappellona gonfia e nuda, potevo sentirli… Era lì, mi guardava.
Non resistetti oltre. Sentii che stava arrivando, che stavo venendo. Non feci altro che assecondare: strinsi le dita della mano sulla mia asta, e la tirai leggermente indietro. Tirai indietro la pelle, sbucciandolo ulteriormente. Così facendo sentii tirare anche la cappella, e fu un’esplosione di sensazioni mostruose, potentissime.
Eruttai un getto di sperma.
E poi subito un altro.
Mi piegai leggermente in avanti, scosso da quell’eiaculazione potente, fatta sotto gli occhi di mia sorella. Mi sfregai il cazzo un’unica volta, e sborrai di nuovo, schizzando sul lavandino. I primi due schizzi, vidi con la coda dell’occhio, avevano raggiunto lo specchio.
Ovviamente non le stavo più puntando l’aria calda sui capelli. Lei si raddrizzò immediatamente. Aveva guardato tutto, lo sapevo perfettamente: aveva visto il mio cazzo tendersi ed eiaculare, tutte e tre le volte. E me lo guardava ancora adesso, mentre gli davo delle altre sfregate, con un riflesso della mano che non potevo controllare, e mentre eruttava altro sperma più lentamente, facendolo colare a terra. Io avevo la faccia rossissima.
– Dai, finisco dopo, io – disse lei velocemente. Anche lei questa volta aveva un leggero tremito nella voce, o almeno mi parve di sentirlo. Ma si era già girata. Partì verso la porta. Senza girarsi, disse ancora: – finisci tu, dopo io finisco di asciugarmi.
Così detto, senza voltarsi, uscì dal bagno e si chiuse la porta alle spalle.

Mi ritrovai da solo, a pensare un’unica cosa, in quel momento di confusione ed eccitazione gonfiata: era riuscita a farmi venire senza nemmeno farmi vedere davvero bene le tette. Non le avevo visto nemmeno bene le tette.

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