Le mie vacanze in montagna /6

di Carol89

Fui anche troppo bravo, perché uscii dagli spogliatoi per primo. Mi fermai lì ad aspettare, dando un’occhiata alla grande sala della piscina, semivuota e rimbombante.
Ero girato proprio verso gli spogliatoi quando mia mamma uscì da quello femminile. La vidi e trasalii.

Prima di tutto, mi ero aspettato di vederla con un costume intero. Uno di quelli casti, sportivi. Invece indossava un normale bikini, e anche piuttosto ridotto. Sì, parecchio ridotto, o almeno tale mi sembrava.
E poi era parecchio che non vedevo mia mamma in costume da bagno. Almeno dall’estate prima, pensai. Ma no, che cavolo: l’estate prima non eravamo andati al mare, e in piscina con lei non ci andavo mai. Quindi erano almeno due anni, dall’estate prima-prima.
Porca miseria. Credo che la fissai con la bocca un po’ aperta, tipo babbeo, per almeno qualche secondo. Per fortuna lei inizialmente era distratta perché si stava legando al polso il bracciale con le chiavi dell’armadietto. Quando tornò a guardarmi, chiusi la mascella, sperando di essere ancora in tempo perché non notasse il mio sbigottimento.
Mia mamma era sempre stata alta e magra, questo l’avevo detto. Ma adesso aveva un fisico pazzesco. Magra e slanciata, con la vita stretta, le spalle larghe e dritte, e soprattutto, su tutto il corpo, muscoli tonici e sodi, asciutti, perfino piuttosto definiti. Feci scorrere gli occhi sulle sue lunghe gambe: tornite, forti, da vera sportiva. E poi l’addome, piatto e con il segno ben visibile degli addominali, centrali e laterali, o come cavolo si chiamavano. E le braccia, le spalle… non dico che fosse una muscolatura da uomo, era assolutamente femminile, ma da vera sportiva, allenata e forte. E dalle proporzioni fantastiche.
La cosa più ordinaria era il petto: le coppe triangolari del reggiseno, piccole, erano più che sufficienti a coprire il seno, che era evidentemente piuttosto piccolo. Più piccolo anche di quello di mia sorella, tanto per fare un paragone in famiglia. Però notai subito come anche quello fosse sodo, e il bikini fosse sollevato e ben teso, nel suo piccolo.
Deglutii a fatica mentre lei, assolutamente rilassata, mi si fermava davanti e mi sorrideva.
– Allora, pronto? Facciamo almeno un po’ di vasche insieme?
Deglutii di nuovo, per ritrovare la voce.
– Non… ehm, non so se riesco a… starti dietro. Cioè io… tu sei più allenata.
– Daaai, non fare il pigrone. Vieni!
Si girò e mi precedette verso le docce. Tanto per non farmi mancare niente: i miei occhi, come magnetizzati, si indirizzarono immediatamente sul suo posteriore, un culo sodissimo, muscolare, alto e sferico, coperto giusto a metà dagli slip del costume. E poi sulla schiena, praticamente nuda (il costume aveva giusto due laccetti, a metà schiena e dietro al collo), dritta e larga, forte. E poi ancora, non potei evitarlo, squadrai le lunghe gambe, che avanzavano superandosi flessuosamente: se due giorni prima mi ero fissato a lungo sui polpacci snelli e tonici di mia sorella, ora ero completamente perso a fissare le gambe forti ma sottili, lunghe e tornite, dai lunghi fasci muscolari ben segnati, di mia mamma.
Insomma: Porca. Miseria. Questa era la sintesi nella mia testa.
La seguii, come un automa, e feci la doccia rapidamente accanto a lei, per poi dirigermi con lei verso la piscina, e averla così da sbirciare con il corpo, oltre che mezzo nudo, pure tutto imperlato di goccioline d’acqua. Raggiungemmo l’inizio della vasca e lei si sedette a terra, sul bordino, con le gambe in acqua. La imitai, sedendomi accanto a lei, come un cagnolino fedele. La mia mente annebbiata, in quel momento, non era molto più sveglia di quella di un cane.
– Una cosa che proprio non riesco a sopportare – mi confidò, – è l’acqua fredda. All’inizio è sempre dura. È una mia debolezza.
La guardai (lo facevo ad ogni occasione possibile) e vidi che la pelle del suo braccio, accanto a me, aveva reagito al freddo.
– Infatti hai la pelle d’oca… – commentai.
Lei seguì il mio sguardo e si osservò il braccio. Poi però mi indicò anche la propria pancia, e io seguii il suo dito e gliela guardai.
– Sì, dappertutto, guarda…
Si guardò le cosce, lunghe e lisce. Aveva un po’ di pelle d’oca anche lì. I miei occhi però corsero anche agli slip del costume, sottile triangolino stretto fra le cosce forti, che celava pochi centimetri di pelle particolarmente intima, l’unica non esposta. Il pensiero fu automatico: mi chiesi se avesse la pelle d’oca anche lì.
– A te non viene? – mi chiese, e intanto scrutò il mio corpo.
Lì mi resi conto di essere anch’io mezzo nudo. In effetti, a mia volta, indossavo soltanto un costume da piscina, quindi degli slip neri con una riga blu. Praticamente ero in mutande, e lei mi stava guardando. Subito mi guardai il pacco: mica che ci fosse qualcosa che fuoriusciva! Per fortuna no, non ero a quel punto, ma percepii un certo irrigidimento e allungamento, e mi chiesi se la sagoma (che io riuscivo a scorgere) fosse identificabile anche da altri… da mia mamma, in particolare.
Insomma mi scrutò il corpo seminudo, e non c’era traccia di pelle d’oca. Probabilmente perché le mie reazioni in quel momento erano ben altre.
– No, tu niente – commentò lei. Poi però alzò una mano e allungò un dito, puntandolo verso di me, fino a toccarmi di punta un capezzolo. – Qui però si vede che hai freddo – disse, con un leggero sorriso.
Era vero, avevo i capezzoli induriti. Probabilmente non era solo il freddo, non so. Fatto sta che erano pure sensibili, e il dito di mia mamma che me ne toccava uno non contribuì certo a rilassarmi. Anzi.
Sentii il mio biscione allungarsi contro la coscia, e allargare il costume. Cazzo.
– Ma no… – dissi, con l’unico intento di cercare maldestramente di fermare quella discussione. Invece ottenni l’opposto.
– Sì, guarda come li hai piccolini! – insistette lei, e di nuovo allungò il dito e mi toccò il capezzolo di prima, una, due volte. Per prendermi in giro, lo stuzzicò con la punta del dito.
Io a quel punto sussultai.
– Ah! – dissi, ed era una via di mezzo tra un sospiro e un gemito. Tirai indietro le spalle, per allontanare il capezzolo dal suo dito. – Dai!…
– Eh! Come siamo sensibili… – fece lei, allargando le braccia. – Dai, entriamo in acqua. Rimanere a metà è peggio.
“A chi lo dici”, pensai… Lei si infilò nell’acqua freddina, e io la imitai: un po’ di freddo era proprio quello che mi serviva!
In uno zot lei era pronta a nuotare. Si sistemò gli occhialini che aveva appesi attorno al collo – li notai solo in quel momento… -, fece due saltelli, mi disse di seguirla e partì. E io mi misi in coda.
Non sono un gran nuotatore, ma davanti a me avevo un motoscafo. Provai per una vasca e mezza a starle dietro, ma ero ridicolo e, a quel punto, pure al limite dell’annegamento. Davanti a me battevano i suoi piedi, sempre più lontani. Feci un’altra vasca e mezza molto più lentamente, con i miei ritmi; poi, per evitare la figura di merda definitiva di essere doppiato, mi fermai e mi appoggiai a bordo vasca.
La guardai passare una, due, tre volte, imbambolato. Le sue braccia forti, le spalle larghe… il culo sodo che affiorava mentre le sue gambe potenti sferzavano l’acqua. Vedevo veramente mia madre sotto occhi diversi: bella e potente, come non mi ero mai reso conto che fosse.
Ad un certo punto, arrivata di fronte a me, si fermò. Mi guardò da dietro gli occhialini, con un po’ di fiatone.
– Beh? Hai già finito così?
– Sono stanco… poi ho la colazione tutta qui… – mi indicai lo stomaco.
– Ma quante vasche hai fatto, cinque?
– Sì – mentii.
– Mah… – guardò la vasca, poi di nuovo me. – So io cosa ci vuole per te. Facciamo così: faccio ancora dieci vasche, così almeno mi sono mossa, e poi andiamo in un posto più adatto a te.
Senza aspettare una mia risposta, si stese in acqua e riprese a vogare. Io rimasi fermo.
Mentre la guardavo finire le sue vasche, forte ed atletica, mi venne un’idea strana. Immaginai di sfidare mia mamma a braccio di ferro. Visualizzai mentalmente il suo braccio forte, il bicipite d’acciaio, più grosso e più forte del mio, che mi piegava e mi umiliava: lei che sorrideva soddisfatta prendendomi in giro, e io vinto, sottomesso dalla sua forza.
Mentre pensavo queste strane cose, mi resi conto che, nonostante l’acqua fredda, mi era venuta un’erezione.

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