Seaside: Giulia

Questa è la parte 1 di 3 della serie Seaside

di Carol89

Questo racconto è riservato a un pubblico adulto. Proseguendo nella lettura dichiari di avere almeno 18 anni.


Capitolo 1 – In Famiglia

[Giulia, ventunenne magra e sexy, è in vacanza con la famiglia della sua amica Roberta, a bordo della loro barca. Il suo atteggiamento provocante causa un crescendo erotico che passerà dall’esibizionismo al sesso esplicito, includendo situazioni incestuose.]

Quell’estate Roberta era in vacanza con i suoi genitori, al mare. Avevano un motoscafo: bianco e nero, in plastica, moderno, probabilmente brutto secondo diversi canoni estetici, ma senz’altro in linea con le mode degli ultimi anni.

Il padre di Roberta, Paolo A., era un imprenditore figlio di imprenditori, che proseguiva le fortune di famiglia con le proprie aziende. Questa attività gli consentiva una buona ricchezza, e di essere proprietario di una barca di oltre 40 piedi.

La moglie di Paolo, Angelina A., era originaria del napoletano – a differenza del marito, bresciano. La strana accoppiata si poteva spiegare con il fatto che Angelina era emigrata al nord piuttosto giovane, e che era sempre stata una bella donna, di origini poi aristocratiche, per quel che potevano valere nel mondo moderno.

Roberta era nata e cresciuta sempre al nord, anche se qualche contatto con i parenti meridionali veniva ancora mantenuto, e lei stessa era stata alcune volte in visita in Campania.

La ragazza amava trascorrere le settimane estive a bordo dello yacht di famiglia, con i genitori, dei quali non disdegnava la compagnia, e con i vari ospiti che in genere si susseguivano. La barca, molto ampia e comoda, aveva tre cabine indipendenti, ciascuna con il proprio bagno, e poteva dunque ospitare comodamente fino a sei persone.

Anche quell’estate, come già era capitato in passato, avevano ospite a bordo un’amica di Roberta, Giulia.
Giulia aveva 21 anni, all’incirca la stessa età di Roberta, e come lei frequentava l’università, dove si erano conosciute e avevano fatto amicizia. Giulia era un tipo particolare: all’apparenza estroversa, non aveva difficoltà a relazionarsi con tutti; grazie a questa sua propensione lavorava anche come PR per un paio di locali milanesi. Non era una ragazza bellissima, era molto magra e aveva un viso dai tratti un po’ troppo netti per una bellezza classica, ma aveva splendidi occhi azzurri, bei capelli neri, e un modo di fare misterioso, che faceva in genere molta presa sui ragazzi.

Nel complesso, comunque, Roberta era senz’altro più carina: di poco più alta, altrettanto magra, ma con curve più accentuate e meglio distribuite e con un viso simpatico e carino, dai tratti meridionali, i capelli castani scuri e gli occhi profondi.

Quell’estate erano sulla barca da solo un paio di giorni. Giulia aveva viaggiato insieme alla famiglia, ospite trattata con gentilezza e discrezione, e a bordo condivideva la cabina con Roberta. Ci sarebbe stata, sì, una terza cabina libera, ma veniva solitamente usata come ripostiglio di bordo per le valige e ogni altra attrezzatura per la vacanza (ombrelloni, sdraio…), così le due ragazze aveva deciso di dividersi il lettone della seconda cabina, fatto che non creava loro apparentemente nessun problema. Erano amiche da tempo, erano sufficientemente intime, ed erano entrambe ragazze.
La madre di Roberta, Angelina, era piuttosto in carne. Un po’ sovrappeso. Lo pensò Giulia, quel pomeriggio, osservandola mentre si sistemava a prua sul prendisole, in costume da bagno scuro. Da giovane, meditò, doveva essere stata una bella donna, alta e formosa. Forse non magra come Roberta, ma del resto ogni tempo aveva i suoi canoni di bellezza, e alla sua epoca la magrezza non era certo considerata un pregio come oggi. Le forme della donna erano visibili anche oggi: il seno era prosperoso, nel costume. Ma non più sodo come un tempo.

Giulia si trovava nella veranda di poppa, uno dei luoghi più utilizzati del bel motoscafo: lì finora avevano fatto colazione, pranzato e si erano fermati la sera, sui divanetti attorno al tavolo, a giocare a carte, fumare e chiacchierare.

Anche Giulia era in costume, un due pezzi blu scuro piuttosto carino, adatto ad essere indossato in barca durante il giorno. Paolo A. era a poppa, a pochi metri da lei, e stava sistemando qualcosa della barca, Giulia non sapeva cosa. Aveva sempre parecchio da fare. Stare dietro alla barca era il suo hobby. In quel momento indossava dei calzoncini di costume rossi, lunghi al ginocchio, ovviamente firmati, ed era a torso nudo. Era già abbastanza abbronzato. Anche lui era leggermente sovrappeso, ma non di molto: aveva soltanto una discreta pancetta. Probabilmente da giovane era stato un tipo sportivo. Ora aveva i capelli grigi, che teneva corti.

Roberta riemerse da sottocoperta. Come suo solito, indossava il reggipetto del costume, in questo caso un bikini marrone con coppe classiche, e degli shorts, in questo caso rossi. Non era solita stare semplicemente in costume, quando era in barca. Giulia se ne era accorta, ma aveva deciso di mantenere le proprie abitudini e stare quasi sempre in bikini, anche perché aveva notato che sia Angelina che Paolo passavano la giornata in costume senza problemi, e si presentavano spesso così anche a tavola.
– Eccomi! – disse Roberta allegramente. – Andiamo in spiaggia allora?
– Yes. Nella borsa c’è già tutto?
Verificarono di avere da leggere, e recuperarono borsa e ombrellone. Poi si spostarono a poppa, dove c’era la passerella e dove trafficava il padre di Roberta.
Roberta passò per prima, salutandolo.
– Ciao papà, noi andiamo in spiaggia!
– Va bene, ciao tesoro.
Giulia si fermò un momento sulla passerella.
– Cosa sta aggiustando?
Paolo alzò lo sguardo. Giulia, in piedi un po’ più in alto di lui, era in bikini, con la sacca dell’ombrellone in spalla. Era magra, abbronzata, le gambe sottili, non lunghissime, lisce, il ventre piatto. Il costume era piccolo, sia nel taglio, che proprio nelle dimensioni delle coppe. Lo guardava da dietro i grandi occhiali da sole scuri, squadrati come andava di moda.
L’uomo le sorrise.
– Sto pulendo le guarnizioni del circuito dell’acqua dolce. Quella che ci serve per lavarci e cucinare.
– Ah, allora è importante – commentò Giulia, con tono affascinato. Paolo non capì fino a che punto scherzava – non lo capiva quasi mai.
– Beh… tutto è importante in barca. Tutto serve a tenerci a galla! – scherzò.
Giulia si limitò a sorridere, e proseguì, raggiungendo Roberta.
Le due ragazze tornarono dalla spiaggia verso le sei di sera. C’erano diverse spiagge attorno al porto e potevano essere raggiunte a piedi in pochi minuti di cammino.

Roberta e Giulia condividevano, oltre alla camera, uno dei due bagni di bordo. Quella sera fu Roberta la prima a farsi la doccia. Giulia sedette in veranda, su un divanetto, con le gambe raccolte, ad aspettare. Indossava ancora gli occhiali da sole, e ogni tanto trafficava con il cellulare.
Angelina e Paolo le avevano salutate al loro rientro. Angelina era ancora a prua, a prendere l’ultimo sole, e fumava una sigaretta. Paolo indossava una polo: probabilmente era stato in paese a comprare qualcosa per la barca.
Quando Giulia sedette, l’uomo era a prua con la moglie. Pochi minuti dopo tornò indietro ed apparve in veranda.
Mani sui fianchi, sorrise a Giulia e guardò il porto. Diverse barche stavano rientrando.
– Allora, era bello in spiaggia?
– Sì – sorrise Giulia. – Non c’è tanta gente.
– No… il grosso arriverà settimana prossima. Adesso è ancora presto.
Giulia scriveva al cellulare, e l’uomo le diede un’occhiata discreta. Il reggiseno del costume era carino, giovane e al tempo stesso elegante. E le coppe piuttosto piccole. Una seconda scarsa, giudicò Paolo. Le osservò il decoltée magro, intravide la forma delle clavicole. Vide il leggero rigonfiamento morbido sul petto, che spariva nelle coppe del reggiseno, e notò una vena, appena percepibile in trasparenza, vagamente verdognola, che scendeva dal petto lungo l’attaccatura del seno destro. Anch’essa spariva dietro al costume.
Giulia posò infine il cellulare e si alzò in piedi, stirandosi e sbadigliando. Si accostò a Paolo, anche lei mani sui fianchi.
– Ma… l’acqua funziona, vero? – chiese, sorridendo.
– Certo!
– Sì… non è che finisce a metà doccia…
– No, no, stai tranquilla – rise Paolo. – Ho solo pulito le guarnizioni.
Roberta nel frattempo aveva finito. Si affacciò per dire a Giulia che la doccia era libera e poi si infilò nella loro stanza.
– Allora mi fido… – scherzò la ragazza, muovendosi verso l’interno.
– Certo, certo – la rassicurò Paolo. Poi, colto da un’idea, le chiese: – Roberta ti ha fatto vedere come svuotare la sentina?
– Non mi ha fatto vedere niente – ribatté Giulia.
– Ah… beh aspetta, ora ti mostro. Altrimenti c’è il rischio che si allaghi tutto, se la fate una dopo l’altra.
Entrarono entrambi, prima Giulia poi Paolo, e si diressero al bagno. Giulia aprì la porta. Dentro tutto era bagnato per la doccia appena fatta da Roberta, e il costume da bagno della ragazza era nel lavandino.
– Guarda… entra pure – le disse Paolo.
Giulia entrò, e restò in piedi nel bagnetto, grande all’incirca come due cabine da doccia normali. Paolo rimase sulla porta, accanto a lei, e si sporse per indicarle un pulsante nero sotto il lavello.
– Tenendo premuto questo, fai funzionare la pompa di sentina, che svuota tutta l’acqua che si accumula lavandosi. Bisognerebbe farlo dopo ogni doccia.
– Ah. Va bene. Altrimenti… affondiamo?
– No – rise Paolo, – ci vuole un po’ prima che affondiamo. Ma è per non fare accumulare acqua a bordo.
Giulia si piegò in avanti col busto, mantenendo le gambe dritte, per guardare più da vicino il pulsante.
– Ma quindi l’acqua di ieri… non l’abbiamo ancora svuotata?
A Paolo scivolò un momento lo sguardo sulla schiena e poi sui glutei della ragazza, piccoli, magri e sodi, coperti solo in parte dal costumino sgambato.
– Sì, l’ho svuotata io ieri sera.
– Ah… ecco che cos’era quel rumore… che ho chiesto a Roberta se stavamo affondando…
Di nuovo Paolo rise.
– Stai pure tranquilla, non affonderemo, è impossibile.
– Mh. Mi fido…
Giulia era di nuovo dritta, girata ora verso di lui. Paolo notò che aveva una mano appoggiata al lavandino, mentre con l’altra si sfiorava il ventre piatto e dritto.
– Sì, tranquilla. Garantito – annuì l’uomo con un sorriso.
Per un istante restarono in silenzio, immobili. Giulia aveva uno sguardo diretto, con quegli occhi chiari e luminosi, e Paolo, come spesso capitava, dopo poco scostava lo sguardo. Questa volta gli cadde di nuovo sulla sottile vena che le si vedeva in trasparenza sul petto, a destra. Poi, più in basso, sulla mano di lei, che era scivolata sul basso ventre, ed il cui pollice toccava il bordino elastico degli slip.
Percependo che la situazione stava diventando vagamente imbarazzante, Paolo sorrise ancora e si mosse.
– Bene – disse, – se hai bisogno chiama. O chiama Roberta – aggiunse subito, correggendosi.
– Ok – disse Giulia, con un sorriso, e lo guardò allontanarsi.
Prima di fare la doccia Giulia andò in camera, dove Roberta si stava cambiando. Paolo, che si era fermato in veranda, senza nulla in particolare da fare, la sentì poi tornare verso il bagno, e gettò un occhio all’interno vedendola passare: di spalle, aveva le braccia conserte dalle quali pendeva un asciugamano. Indossava ancora gli slip del costume, ma non più il reggiseno: la lunga schiena era nuda, magra, ossuta, dritta, delicata.

Quella sera cenarono in paese. Dopo cena, in veranda, bevendo del liquore e giocando a carte, i genitori proposero di prendere il largo di lì a due giorni e di usare il giorno seguente per prepararsi e fare cambusa. Giulia e Roberta accettarono contente. Giulia e Angelina erano le uniche due che quella sera fumarono.
La mattina seguente Angelina e le due ragazze si recarono in paese a fare spesa. Pranzarono tutti quanti a bordo, e subito dopo pranzo Paolo andò in paese da solo, per prendere alcuni attrezzi che gli mancavano.
Faceva caldo, e il porto era tranquillo. Angelina si era stesa a prua. Dopo una mezz’ora, tornò verso poppa per parlare alle ragazze, che non sentiva da un po’ di tempo.
– Ragazze – chiamò piano, dalla veranda. – Roberta…
– Sì – risposero entrambe, in coro. Poi Roberta aggiunse: – siamo in camera, mamma.
Angelina entrò e scese i pochi gradini che portavano sottocoperta, quindi svoltò a sinistra. La porta della loro camera era aperta, Roberta e Giulia erano stese sul letto a riposare. Angelina si fermò sulla soglia e le due ragazze girarono la testa all’indietro e le sorrisero.
Roberta era stesa a sinistra. In bikini, aveva in mano un giornale di gossip. Giulia, alla sua destra, aveva una Settimana Enigmistica e una biro. Giulia aveva il bikini del giorno prima, ma soltanto gli slip: era senza reggiseno.
Sul momento, Angelina rimase un po’ sorpresa. Poi subito pensò che a bordo c’erano solo loro, tutte donne. Inoltre era lei che si era infilata in camera da loro. Sapeva che le ragazze erano amiche intime.
In ogni caso non poté trattenersi dall’osservare brevemente il petto di Giulia: il piccolo seno, di forma appuntita, piramidale, sodo ma appena accennato, era appena più chiaro del resto del busto magro, ed era sormontato da piccoli capezzoli scuri, circolari.
– State riposando? – chiese la donna dopo un attimo, un po’ ingenuamente, con un sorriso.
– Sì – confermò Roberta.
– Cioè, io sto facendo un cruciverba difficilissimo… – scherzò Giulia.
– Fa caldo – aggiunse Roberta.
– Sì, oggi non c’è aria…  Volevo chiedervi se volevate un caffè – propose la madre.
Le ragazze rifiutarono, ma Roberta chiese invece da bere. Angelina andò allora, con disponibilità materna, a riempire loro due bicchieri di succo fresco.
Tornò in camera e questa volta entrò. Si sporse su di loro e depositò un bicchiere in mano a ciascuna. Le sembrò un po’ strano porgerlo a Giulia, che teneva le mani proprio sopra il piccolo, giovane seno nudo. Ma subito Angelina si diede mentalmente della vecchia ammuffita. Per tanti anni lei stessa aveva fatto regolarmente topless in spiaggia. E aveva un seno ben più… importante di quello di Giulia.
– Stavo pensando di andare ancora in paese per il pesce… così non devo tornare stasera – disse, mentre le ragazze, sollevatesi a sedere, bevevano.
– Andiamo anche noi? – chiese Roberta a Giulia.
– Ho caldo – rispose secca Giulia.
– Dai io vado… tu aspetti qui?
– Ok.
Decisero le ragazze, Angelina non seppe cosa aggiungere. Poco dopo, Roberta e sua madre scesero sul pontile e si incamminarono verso il paese.
Rimasta sola a bordo, Giulia si alzò. Così com’era, in slip e a seno nudo, camminò nella dinette e si affacciò a guardare la veranda.
Si girò, e camminò ancora nella dinette deserta. Alzò le braccia in aria, stirandosi, e mormorò:
– Aaah… finalmente. Tutta mia… – Si fermò, sorrise: – La mia barca – aggiunse, per scherzare.
Tornò in camera a prendere la settimana enigmistica, e con essa si stese su un divano in dinette. Vestita dei soli slip. Da sola.

Alcuni minuti più tardi, Giulia era ancora sola quando sentì parlare e un rumore di motore in avvicinamento. Si alzò, incuriosita, e guardò fuori da un finestrino: vide un altro grosso motoscafo in avvicinamento, intento ad infilare la poppa proprio nel posto adiacente al loro.
Come sapeva, perché lo aveva visto fare dai genitori di Roberta, chi era a bordo doveva occuparsi della salute della propria barca in circostanze simili. Giulia uscì allora in veranda, per cominciare, ad osservare.
Sulla banchina non c’era nessuno. Era presto perché una barca rientrasse in porto, e a quell’ora non c’erano assistenti. L’altra barca era già a pochissimi metri da loro, e un paio di persone a bordo si stavano dando da fare con cime e mezzi marinai. Vedendo l’ampia poppa puntare dritta verso la loro fiancata, Giulia scattò sul passavanti di sinistra e si sporse ad afferrare il pulpito poppiero del nuovo motoscafo, per accompagnarne l’ingresso.
Un uomo, a bordo, le fece un cenno e un sorriso, e disse “grazie”. Lei rispose salutando. Intanto contrasse nuovamente i muscoli del corpo magro e seminudo, per spingere il motoscafo in modo che non sbattesse.
A prua della barca c’era una donna, seduta sui prendisole, che non partecipava alla manovra. Giulia ebbe l’impressione che la stesse fissando. Sorrise e la salutò, ma quella non rispose.
A poppa, i due uomini di bordo stavano ora scendendo a terra con le cime d’ormeggio. La loro barca era salva. Giulia si raddrizzò e rimase a guardare, mani sui fianchi, senza più nascondere, ormai, il petto nudo.
In quel mentre sentì dei passi sul pontile. Si girò, e vide Paolo, che tornava con un sacchetto di plastica in mano.
L’uomo osservò i nuovi arrivati, giudicò che fossero ormai in grado di finire la manovra senza aiuto e, dopo aver sostato un momento sul molo, salì a bordo. Aveva naturalmente già visto Giulia da lontano, e non poteva non essersi accorto del fatto che indossava soltanto gli slip del costume.
Giulia si voltò e scese in veranda, andandogli incontro. Mantenne una mano su un fianco, mentre l’altra se l’appese ad una spalla, coprendosi così parzialmente, con vago pudore, almeno un seno. Fissò in ogni caso Paolo con sguardo diretto e con un sorriso che mostrava sicurezza.
– E’ comparso all’improvviso. Ero in camera a dormire, sono uscita di corsa. Ci stavano per sbattere addosso.
Parlò piano, e anche Paolo le rispose a voce bassa, guardando il motoscafo appena ormeggiato.
– E’ sempre così… poi quando torni trovi le sorprese… strisciate sullo scafo, o peggio.
– Quella a prua se ne stava seduta… io ero appesa a spingere che per poco mi travolgeva, e lei stava lì seduta tranquilla, a guardare.
– Tsk! Tipico… la dama di bordo…
Giulia si voltò, e tornò sul passavanti, dando le spalle a Paolo. L’uomo si rese conto in quel momento, osservandola da dietro, che le stava vedendo il corpo interamente nudo, eccezion fatta per i sottili slip. Per il resto, la stava guardando nuda.
– Non so se questi cosi sono a posto… i parafianchi…
– Parabordi – la corresse l’uomo, raggiungendola.
– Eh… parabordi.
– Sì, vanno bene… così vanno bene.
Erano uno accanto all’altra, in piedi. Appena si raddrizzarono, il proprietario della nuova barca venne di fronte a loro.
– Buongiorno! – disse l’uomo, un toscano un po’ sovrappeso.
Paolo e Giulia salutarono entrambi.
– Sono a posto i parabordo? – chiese quello.
– Sì, siamo protetti – lo rassicurò Paolo.
– Bene. – Poi, rivolgendosi direttamente a Giulia, l’uomo disse: – Grazie per l’aiuto all’ingresso. Ti abbiamo fatto faticare un po’…
– Eh, insomma… E’ che non sono tanto forte, io spingevo, spingevo…
Mentre parlava, entrambi gli uomini la guardavano, sorridendo.
– Eh lo so, sono pesanti queste barche – ammise l’uomo. – Voi siete in transito o la tenete qui?
– No, la teniamo qui – rispose Paolo.
– Eh, sembra un bel posto. Vi trovate bene? – chiese ancora, questa volta rivolgendosi a Giulia.
La ragazza sorrise e rispose come se fosse lei la proprietaria della barca.
– Sì… c’è anche il paese a dieci minuti a piedi, con negozi di tutti i tipi… e poi ci sono varie spiagge sempre che si raggiungono a piedi…
L’uomo ascoltò con interesse la descrizione, infine, prima di congedarsi, porse la mano e si presentò. Sia Paolo che Giulia la strinsero, presentandosi a loro volta soltanto per nome.
Paolo si scostò, e fece cenno a Giulia di passare, sfiorandole una spalla nuda. La ragazza scese in veranda, seguita dall’uomo.
Giulia si girò di nuovo a fronteggiarlo, sistemandosi con le mani gli slip sul sedere.
– Angelina e Roberta sono andate a prendere il pesce in paese…
– Sì, le ho incrociate… Io sono tornato per sistemare gli attrezzi…
– Li ha trovati?
– Sì… sì.
– Voi volete venire in spiaggia, oggi?
– Non lo so… non so Angela cosa voglia fare…
– Noi penso che andremo.
– Certo…
Giulia esitò ancora qualche istante, guardandosi intorno, mani sui fianchi. Paolo, per l’ennesima volta in quei minuti, lanciò qualche occhiata al suo busto nudo, al petto magro, al seno: nudo, piccolo, piramidale, sodo, liscio, leggermente chiaro, sormontato da piccoli capezzoli violacei e rotondi, carnosi come bottoni.
– Stavi dormendo? – ruppe il silenzio l’uomo, con una domanda che sperava suonasse innocua.
– Sì… ero in cuccetta… poi ho sentito il rumore, le voci di loro che parlavano… ho visto da dentro che ci venivano addosso, allora sono corsa fuori subito.
– Hai fatto bene… mi spiace per il disturbo…
– Eh vabbè. Per salvare la barca… – sorrise, fissando Paolo negli occhi e inducendolo a sorridere a sua volta. – Va beh io vado a cambiarmi – aggiunse infine Giulia.
– Certo, va bene…
La ragazza rientrò sottocoperta.
Paolo, rimasto solo, si dedicò ad estrarre i nuovi attrezzi. E a confrontare mentalmente la visione di Giulia nuda con quella che si era immaginato.

Salparono la mattina seguente, come da programma. Il mare era abbastanza calmo, il sole splendeva, e navigare con il vento in faccia era bellissimo. Il motoscafo sportivo, forse un po’ limitato nella vita di porto, in quelle condizioni diventava una barca perfetta.
Si fermarono per pranzo in una rada, la prima che trovarono, scegliendo semplicemente in base alla fame montante. Ancorarono rapidamente, non lontano da riva, e mangiarono in pozzetto senza troppe formalità.
Dopo pranzo, prima di ripartire, decisero di riposare un po’. Si divisero per età: mentre i due coniugi A. si stesero a prua, sul prendisole, le due ragazze preferirono il prendisole di poppa, un po’ più riparato dal vento che intanto era leggermente aumentato.
Entrambe le ragazze, nel silenzio e nella pace pomeridiani, si stesero prone a prendere il sole e dormire. Entrambe si slacciarono il reggiseno del costume, per abbronzarsi meglio la schiena e il collo. Giulia lo tolse del tutto, mentre Roberta lo tenne sotto il corpo.
Passarono una ventina di minuti, forse, poi Giulia alzò improvvisamente la testa, come risvegliandosi, e annunciò sottovoce:
– Devo pisciare.
Roberta rise. Giulia tastò intorno a sè con la mano per qualche secondo, assonnata.
– Dove cavolo è il mio costume… va beh dammi il tuo.
La mora ospite prese il costume di Roberta per un laccetto; l’amica provò a protestare, ma l’altra, testarda come al solito, l’ebbe vinta rapidamente. Le sfilò il bikini marrone da sotto, si alzò a sedere e lo indossò, quindi si alzò del tutto e sparì sottocoperta.
Passarono forse due minuti, poi il padre di Roberta chiamò la figlia da prua.
– Cosa c’è!?… – gridò la ragazza di rimando, alzandosi sui gomiti.
– Roby, hai voglia di fare il caffé per favore?
La ragazza sbuffò, colta alla sprovvista. Mormorò qualcosa, poi rispose di sì ad alta voce, mentre si alzava a sedere, coprendosi con un braccio il petto nudo. Si guardò intorno, alla ricerca del costume di Giulia, ma non ne vide traccia.
– Checcavolo… Giulia!
Si alzò e, sempre tenendosi almeno un braccio sul petto, entrò a sua volta in cabina.
– Giulia! – chiamò ancora, mentre si dirigeva alla cucina.
– Che c’è!? Sono in bagno.
– Lo so, mi serve il mio costume!
Intanto preparò la caffettiera, con il seno nudo, indossando soltanto gli slip di costume marroni.
Mise la caffettiera sul fuoco, poi andò davanti alla porta del bagno.
– Dai Giulia, mi serve il costume, devo portare il caffé ai miei!
– Eh dammi il mio!
– Ma non ce l’ho, non l’ho trovato!
– Eh guarda, dev’essere lì sul prendisole… se no io come faccio, anch’io sono senza!
Roberta sbuffò, tornò verso poppa ma desistette dal tornare a cercare, dato che il caffé era già quasi pronto. Attese pochi minuti che la moka soffiasse, quindi lo versò in due ampie tazze a prova di ribaltamento, che mise su un vassoietto. Prese il vassoio con una mano e si coprì il seno con l’altro braccio, dirigendosi a prua.
– Ecco – disse la ragazza avvicinandosi ai genitori con il vassoio in mano. Si accovacciò, posandolo con circospezione.
– Tesoro, ma cosa fai senza costume? – chiese la madre, alzandosi faticosamente a sedere.
– Eh Giulia me l’ha preso, per andare in bagno, perché non troviamo più il suo… ora lo metto.
Il padre non fece commenti, la madre rimase zitta un attimo, prendendo il caffé. Poi, senza alzare gli occhi, commentò:
– Non girare senza costume in barca, lo sai che non mi piace.
– Ma no mamma, lo stavo solo cercando! – rispose la ragazza, esasperata. – Poi tanto non siamo mica in porto…
– Non importa, è questione di abitudine.
Tornando sottocoperta, con il vassoio vuoto e sempre un braccio di traverso sul petto, Roberta si trovò faccia a faccia con Giulia, che usciva in quel momento dal bagno. L’amica non si stava coprendo, era semplicemente in slip, con i piccoli e puntuti seni nudi che oscillavano leggermente sul petto.
– Dai ridammi il costume! Mi sono anche beccata la sgridata…
Giulia teneva il bikini marrone di Roberta in mano, svogliatamente, e lasciò che la ragazza lo riprendesse.
– Perché? – chiese con apparente indifferenza, ma in realtà attenta.
– Eh perché giravo senza.
– Tua mamma?
– Sì.
Roberta si reinfilò il costume, lì davanti a lei, coprendosi i seni ben più floridi e gonfi. Giulia si mise mani sui fianchi, come per presentare il problema.
– E io, adesso? – sorrise.
– Eh non lo so dove l’hai messo!…
– Vammelo a cercare, io non posso così!
– Ora vado.
Roberta lasciò il vassoio, poi uscì di nuovo a poppa, sul prendisole, a cercare il reggiseno di Giulia. Rientrò due minuti dopo.
– Boh, fuori non c’è…
Giulia era rimasta in attesa, mani sui fianchi. Non disse nulla, la guardò soltanto.
– Hai guardato in mezzo tra i cuscini? – chiese dopo qualche attimo.
Roberta sospirò.
– Riguardo… – disse stancamente, e tornò verso l’uscita.
Un secondo dopo però tornò a sporgersi indietro:
– Guarda che sta venendo mio papà… – avvertì.
– Sì, va bene, ma trovalo!
Roberta andò, e Giulia si apprestò ad attendere.
Quando Paolo entrò in dinette, diretto alla cucina, Giulia era in piedi accanto allo stipite del bagno. Era girata di spalle, rivolta verso il bagno, appoggiata allo stipite. Sentendo i passi di Paolo, girò il capo a guardarlo con gli intensi occhi azzurri.
– Ciao – disse l’uomo, che portava le tazzine in cucina.
– Ciao.
Il capitano della barca passò oltre, dietro la schiena (nuda) di Giulia, e si fermò al lavello. Giulia si girò verso di lui, e si appoggiò di petto allo stipite. Paolo si dedicava alle tazzine, allora fu Giulia a parlare:
– Il mio costume è sparito.
Paolo alzò gli occhi, e guardò la ragazza: metà del suo corpo era nascosto dalla paratia. L’altra metà era visibile, e vestito solo degli slip blu. Il braccio destro era basso, la mano afferrata allo stipite all’altezza del ventre. Il seno destro, nudo, era scoperto e visibile. Piccolo, puntuto, chiaro, con il capezzolo scuro e piccolo.
– Sparito? – chiese, sorpreso.
Giulia sorrise, soddisfatta della sorpresa ottenuta con le sue parole.
– Sì. Non si trova più. Roberta lo sta cercando.
– Ma è caduto in mare? – chiese Paolo sciacquando le tazzine.
– Eh non credo. L’avrei visto.
– Vuoi che provo a cercarlo da qualche parte?
– No è inutile… posso chiederti un favore?
– Certo…
– Me ne prendi un altro in camera? Perché Angelina si arrabbia se vado in giro così…
– Ah sì… certo… – Paolo si mosse verso la cabina di poppa. – Dove te lo prendo?…
– Sopra l’armadio, a sinistra. Subito sopra nel portaoggetti. Ce n’è uno bianco e rosso…
– Ok.
L’uomo andò a poppa. Tornò indietro pochi secondi dopo. Aveva in mano un bikini bianco a pois rossi, slip e reggiseno.
Lo porse a Giulia, che lasciò la paratia e gli si parò di fronte, senza più coprirsi i seni nudi.
– Oh grazie… – sorrise.
– E’ questo?…
– Sì perfetto.
– Ho preso tutto…
– Eh sì, se no sta male metà e metà – sorrise Giulia, e Paolo non capì se era uno scherzo o no, ma per precauzione sorrise.
Giulia intanto si girò, considerando evidentemente finito lo scambio. Era dentro il bagno, anche se la porta era aperta, ma tanto bastava a farle considerare legittimo il fatto di appoggiare il nuovo costume di fronte a sé e senza esitazione chinarsi, appoggiata al lavello, calandosi gli slip e sfilandoli poi dai piedi.
Paolo vide la schiena nuda e magra flettersi, e vide emergere il sedere, già abbastanza nudo fin da prima, ma ora completamente scoperto, magro e sodo, piccolo.
Giulia si raddrizzò, e lui la vide interamente nuda, da dietro. Rimase a fissarla, sorpreso e quasi inebetito. Magra, slanciata, abbronzata. Magra. L’opposto di sua moglie.
Intanto, nel giro forse di due o tre secondi, Giulia tornò a chinarsi, questa volta per infilarsi gli slip del nuovo costume. Sollevò un piede e poi l’altro, mentre l’uomo le guardava le gambe sottili e nervose, e poi fece scivolare in su gli slip, con due mani, mentre lo sguardo dell’uomo si soffermava sul culo nudo, che poi venne ricoperto dal tessuto leggero e striminzito. Buona parte dei glutei rimasero scoperti, abbronzati e lisci, sotto gli occhi rapiti dell’uomo.
Con il reggipetto in mano Giulia si voltò, ruotando su sé stessa, e si bloccò a fissare Paolo. Sul volto le si disegnò un sorriso sorpreso, negli occhi un punto di domanda, poiché trovava l’uomo ancora lì e mostrava di aspettarsi diversamente.
Paolo aprì bocca, ma non seppe cosa dire. Giulia non insistette oltre nel far notare la situazione, e si portò piuttosto il costume in posizione sul petto, coprendosi il seno e poi infilando le spalline.
Si girò di nuovo di spalle dicendo: – Me lo allacci?…
– Sì…
Giulia attese, mentre l’uomo allungava le mani sulla sua schiena magra e liscia. Lui prese i cordini e li unì, delicatamente, facendo un nodo con due belle galle. Si rese conto, mentre lo faceva, che gli era già capitato di immaginare l’operazione opposta: slacciarglielo.

Fino a circa metà pomeriggio rimasero in quella piccola rada a oziare. Le ragazze erano in pozzetto, intente a leggere riviste, quando Paolo arrivò dal passavanti laterale e si fermò davanti a loro.
– Ragazze, cosa volete fare questa sera? Possiamo stare qui la notte, oppure possiamo muoverci e raggiungere un porticciolo.
– Non possiamo fare entrambe? – chiese subito Giulia. Sembrava una battuta, ma Paolo si rese conto che poteva anche essere una domanda sensata.
– Beh potremmo dormire qui questa notte e dormire nel porto domani…
– Bello – sorrise Giulia.
Paolo chiese se anche a Roberta il programma andava bene, e la ragazzina non ebbe niente da obiettare.
– Dai, allora facciamo così. Allora potete continuare a stare qui tranquille… Più tardi se volete potete anche fare un bagno…
– Sì, io lo farei un bagno – intervenne Roberta. – Giuly tu lo fai?
– Mmm… – a Giulia l’idea sembrava annoiare. – Poi mi bagno il costume…
– Eh beh te lo cambi! Dai, pigra…
– Va bene, va bene…

Presero il necessario, si trasferirono sull’ampia plancia di poppa, dove Paolo aveva prontamente abbassato la scaletta in posizione, e da qui si immersero in acqua. Nuotarono e giocarono per parecchi minuti. Angelina le aveva raggiunte, restando però a bordo, e scattò loro alcune foto. Porse loro anche gli asciugamani quando uscirono dall’acqua.
Giulia si avvolse l’asciugamano attorno al corpo, sotto le braccia, come un lungo vestito, e da sotto si sfilò il reggiseno del costume. Lo strizzò e lo stese. Poco dopo fece lo stesso con gli slip, mentre Roberta la imitò solo per quel che riguardava il reggiseno.
– Vado sotto a cambiarmi – disse Roberta dopo qualche minuto che erano uscite. Giulia subito le chiese di portarle anche il proprio costume asciutto, spiegandole quale prendere.
La mora ospite rimase in pozzetto, dove sedette su un divanetto raccogliendo le gambe. Giochicchiò col cellulare e parlò un po’ con Angelina. Paolo faceva avanti e indietro, sistemando qualcosa.
Quando Roberta tornò indossava un reggipetto di costume bianco e dei calzoncini corti rossi. Porse a Giulia il suo costume e sedette con loro. Giulia ringraziò, e prontamente si infilò gli slip sotto l’asciugamano. Poi, in un momento in cui Paolo era appena passato ed era entrato sottocoperta, si sciolse l’asciugamano e si mise il reggiseno, in pochi secondi.
Era un bikini blu, slip sgambati e sottili di un blu uniforme, reggiseno a fascia a righe orizzontali bianche e blu, unite da un finto nodo davanti allo sterno. Era molto carino e giovane, e risaltava il suo fisico magro e sottile, sodo e tonico. “Giovane”, pensò semplicemente Angelina, provando per l’ennesima volta una punta d’invidia.
Quando Giulia si era messa il costume, lei le aveva rapidamente osservato il seno, piccolo ma così sodo e giovane. La stupiva notare quanto fosse sollevato e compatto, quanto la pelle di Giulia fosse elastica e liscia. Davvero era stata così anche lei?
Più tardi quella sera, dopo che ebbero cenato in pozzetto, Angelina era a prua con Paolo, al chiaro della luna, e gli confidò quei pensieri.
– …Quando guardo Giulia, in costume – gli disse, – rimango impressionata… ha un corpo così asciutto, la pelle così giovane… ma anch’io ero così, tesoro? Tu mi ricordi ancora?
– Certo che ti ricordo – le sorrise il marito, – e tu sei splendida anche adesso.
Paolo sapeva essere galante. Le sue gentilezze, per quanto prevedibili, non suonavano mai finte.
– Sì, ma di una bellezza diversa – replicò la donna guardando il mare nero. – Non avrò mai più un fisico giovane come il suo.
– Ti riferisci a Giulia? – chiese Paolo dopo un attimo.
– Sì.
Angelina continuava a guardare lontano, l’orizzonte.
– Beh lei… ha un terzo dei tuoi anni… è normale che abbia anche un fisico… diverso.
– A te lei piace – chiese Angelina. Guardava sempre l’orizzonte, e Paolo non fu certo se si trattava di una domanda o di un’affermazione.
– A me? – chiese.
– Sì.
– Cosa vuol dire se mi piace?
– Fisicamente, ti piace?
La donna sembrava chiederlo quasi con indifferenza. Non lo incalzò, attese semplicemente che lui rispondesse alla domanda.
– Ma… è un’amica di Roberta…
– Non ti ho chiesto se la scoperesti – replicò Angelina, questa volta girandosi a guardarlo con aria di rimprovero. – Ti ho chiesto – ribadì – se ti piace fisicamente una ragazza così giovane.
– Beh… è un po’… magra, per i miei gusti.
– Lo so. Ha il seno piccolo, e quasi non ha culo. A te è sempre piaciuto afferrarmi il culo – disse la donna con un sorriso complice.
Paolo sorrise a sua volta, ma dentro di sé si era immaginato la scena… aveva immaginato di tenere Giulia su di sé, afferrandola per i glutei. L’idea lo aveva eccitato più del previsto.
Angelina allungò una mano in mezzo alle sue gambe, sopra ai calzoncini, e gli tastò il membro, trovandolo indurito.
– Mmm… – sorrise – ti ho fatto pensare al mio culo?
– Il tuo culo è sempre nei miei pensieri – le sussurrò lui ad un orecchio.
– Questa notte mi dai il tuo prode cavaliere? – chiese lei.
– Molto volentieri…

Lo fecero. Quando era ormai quasi mezzanotte, e si erano da più di mezz’ora ritirati tutti nelle proprie camere, Paolo e Angelina, che si erano già spogliati per la notte, si scambiarono uno sguardo d’intesa e iniziarono ad accarezzarsi e baciarsi. Angelina si stese sul letto di prua supina, in sottovesta bianca molto trasparente. Se la sollevò, e sotto non indossava altro, e attese che Paolo si stendesse sopra di lei, a torso nudo, i calzoni del pigiama calati sulle cosce. Il suo membro duro si fece rapidamente largo fra l’umido delle grandi labbra di lei, ed iniziò a penetrarla. Angelina gemette debolmente, mentre il fruscìo dei vestiti e delle lenzuola e qualche cigolìo accompagnavano il loro ritmico amplesso. Non era eccezionalmente passionale, ma era comunque molto piacevole.
Proprio in quel mentre sentirono rumori nel bagno attiguo alla loro cabina. Angelina fermò Paolo con una mano. Rimasero immobili.
Era stato il rumore della porta che si chiudeva, seguito da altri rumori provenienti da dentro il bagno. L’ultimo fu inequivocabile: il discreto sibilo dell’urina nella tazza.
– Ma nel nostro bagno? – chiese Angelina.
– Sarà Roberta… – ipotizzò l’uomo.
Angelina lo spinse a indietreggiare e sfilarsi, quindi si alzò a sedere.
– Roberta? – chiamò dopo un attimo.
Da dentro il bagno, dopo qualche secondo, rispose una voce attutita: – Sono Giulia.
Nessuno dei due coniugi disse nulla, per la sorpresa. Fu la stessa Giulia, qualche secondo dopo, a rompere nuovamente il silenzio.
– Il nostro bagno non funziona. Roberta mi ha detto di venire in questo, perché ha detto che forse l’altro è chiuso. Cioè i tubi… non so.
I due coniugi si guardarono.
– Ah… ha… ha ragione – rispose infine Paolo. – L’altro bagno ha gli scarichi chiusi. Ma come mai il vostro non funziona?
Giulia tirò l’acqua del water, e loro la sentirono scorrere.
– Non lo so – rispose la ragazza. – Non si accende la luce.
– Ah… strano…
La porta del bagno si riaprì, e la voce di Giulia li raggiunse ora dal corridoio antistante la camera, meno attutita di prima.
– Scusate – disse, – non volevo disturbarvi.
Angelina, che prima si era chiesta se la ragazza avesse sentito qualcosa, ora ne ebbe la drastica conferma.
– Ma figurati – rispose prontamente Paolo, – hai fatto bene. Aspetta che vengo a controllare la luce…
Così dicendo si alzò dal materasso, risollevò i calzoni del pigiama e se li riportò in vita, coprendo il membro ancora oblungo e leggermente umido. Anche Angelina si ricompose, per quando potesse fare con indosso quella sottoveste.
Paolo andò alla porta, si voltò e sorrise ad Angelina. – Torno subito – le sussurrò. La donna annuì.
Aprì la porta e uscì nel corridoio, richiudendosela subito alle spalle. Giulia era là in piedi, in cima al corridoietto. In bikini.
– Sei ancora in costume? – le chiese Paolo, perché fu la prima cosa che notò.
– Me lo sono messa per venire in bagno – rispose lei enigmatica.
– Dò… un’occhiata alla luce in bagno…
Giulia si voltò e gli fece strada.
– Oppure potresti aprire l’altro bagno, così uso quello – gli propose intanto lei.
– Sì, anche…
L’uomo si soffermò un attimo al quadro elettrico, solo per constatare che gli interruttori erano sul verde.
– Dovrebbe accendersi… sarà bruciata la lampadina allora.
– Apriamo l’altro?
Giulia attendeva vicino a lui, a braccia conserte. Non era particolarmente sorridente, notò l’uomo.
– Sì – concordò, – poi domani la controllo.
Giulia si diresse per prima verso l’altro bagno, e l’uomo la seguì. Lo sguardo gli cadde un paio di volte sul suo sederino sodo, coperto solo dagli slip striminziti. In mutande, rifletté, sarebbe stata più coperta.
Giunsero al bagno, vicino alla cabina non utilizzata e quindi lontano da entrambe le altre. Giulia stette in piedi accanto alla porta, mentre Paolo si chinò a terra per raggiungere i rubinetti.
– Usi i calzoni del pigiama lunghi? – osservò la ragazzina.
Paolo si sorprese a riflettere sulla propria mise. In effetti, in condizioni normali, non si sarebbe mai presentato così di fronte a lei.
– Sì – confermò lavorando – io uso sempre i calzoni lunghi… mi dà fastidio dormire con quelli corti.
– Non hai caldo?
– No, in genere no…
– Ma sotto hai le mutande? – chiese la ragazza.
Paolo si fermò un attimo. Finì di aprire i rubinetti, poi richiuse l’antina e la guardò brevemente.
– …E’ importante? – chiese, in imbarazzo.
– No, ero curiosa – sorrise per la prima volta Giulia, con la sua solita, spiazzante ironia. – A me anche quelle danno fastidio – ammise poi la ragazza scrollando le spalle.
Paolo si rialzò, e si pulì le mani con uno straccio.
– Quindi dormi senza? – chiese, sorridendo a sua volta. Nella poca luce forse non si notava, ma era arrossito.
– Sì, io dormo nuda – spiegò Giulia con tono quasi annoiato. – I vestiti mi danno fastidio, a letto.
– Capisco… – Paolo si sentì in dovere di interrompere quel dialogo, prima che sfuggisse al suo controllo. Forse gli era già sfuggito. – Bene, qui adesso funziona… Se ti serve ancora puoi venire qui.
– Grazie.
Giulia gli sfilò accanto ed entrò nel bagno. Sempre a braccia conserte, si fermò a guardare l’uomo.
– …lo usi subito? – chiese lui, sorpreso.
La ragazzina annuì.
– Ma…
– Noi donne abbiamo sempre bisogno del bagno – disse la ragazza, sorridendo alle proprie parole. Ancora una volta Paolo non capì quanto scherzava e quanto era seria.
– Ok, allora… – fece per congedarsi, ma Giulia lo interruppe ancora una volta rapidamente:
– Io però te l’ho detto.
– …Che cosa?
– Come dormo.
La ragazza lo fissava con un sorriso enigmatico. Paolo tacque alcuni secondi.
– Tu non me lo dici? – lo incalzò lei.
– …Di solito non le metto – cedette infine l’uomo, con un sorriso.
– Mh. Immaginavo.
Per qualche istante si fissarono negli occhi, e quelli di Giulia brillavano e sorridevano, e Paolo vi si perse. Poi lei accostò la porticina e lo ringraziò di nuovo, augurandogli buonanotte. Lui mormorò qualcosa in risposta, e si trovò davanti alla porta del bagno chiusa.
Lentamente, si girò e si allontanò. Gli passarono mille possibilità d’azione per la testa. Ne scelse una.
Tornò di fronte alla porta e bussò piano.
– Giulia…
Sentì del movimento, poi la porta si aprì. Non del tutto, solo quel tanto che bastava ad inquadrare lei, in piedi oltre la soglia. Si era tolta il reggiseno, indossava soltanto gli slip.
Paolo guardò brevemente i piccoli seni nudi. Angelina aveva ragione, aveva il seno piccolo, ma la pelle estremamente giovane e distesa, elastica.
– Se ti servono degli asciugamani… cioè li avrai nell’altro bagno… sono nel mobiletto, sotto il lavello… prendili pure.
Giulia attese in silenzio mentre lui spiegava. Aveva quel vago sorriso disegnato sulle labbra sottili ma carnose.
– Anche per il bidè? – gli chiese.
– Sì… dovrebbero esserci tutti.
– Ok.
Giulia guardò il mobiletto, poi tornò a guardare lui:
– Mi aspetti che finisco? Ho quasi finito.
– …Va bene…
Lei richiuse la porta, e lui si chiese perché mai dovesse aspettarla. Eppure attese.
Non ci volle molto. Pochi secondi dopo la ragazzina riaprì la porta, e spense quasi subito la luce. Pochi attimi che bastarono a lui per notare che era senza più gli slip, teneva il costume in mano ed era interamente nuda.
– Accompagnami alla cabina, che è buio.
Lei gli prese un braccio e lo invitò a guidarla. Lui la precedette, facendole strada nella semioscurità della barca. Le lanciò alcune occhiate, e intravide qualcosa del suo corpo nudo, sottile e liscio.
Quando si fermarono erano davanti alla porta della camera delle ragazze, che era chiusa. Giulia gli sorrise:
– Grazie.
Si teneva una mano, quella con in mano il costume, proprio davanti all’inguine. L’altro braccio era disteso lungo il fianco, e per il resto era nuda.
– Di niente – sorrise lui. Le guardò ancora fugacemente il seno nudo.
– Allora buonanotte.
– Buonanotte…
Giulia si voltò, e questa volta lui poté vederle il sedere interamente nudo, con il segno più chiaro del costume, le natiche sode e muscolose, lisce. Era un sedere piccolo, ma di forma bellissima.
Lo guardò finché lei, senza più voltarsi, richiuse la porta alle proprie spalle.

Giulia raggiunse la cuccetta e si infilò sotto il lenzuolo alla destra di Roberta.
– Tutto bene? – le chiese lei con voce assonnata. – Sei stata via un’ora…
– Mi ha accompagnata tuo papà.
– Ah.. ok…
Poco dopo Roberta dormiva di nuovo.

Paolo entrò nella cabina armatoriale, ancora illuminata, e si richiuse la porta alle spalle. Angelina si era infilata per metà sotto il lenzuolo, dal proprio lato, e lo attendeva.
– Ci hai messo una vita – gli disse subito, mentre lui saliva sul letto accanto a lei.
– La luce non andava… non so perché… le ho aperto l’altro bagno.
La donna annuì, guardandolo. Mentre lui si stendeva al suo fianco, allungò una mano sul suo pacco. Trovò il pene allungato e glielo strinse leggermente.
– Sei ancora rigido – osservò.
Paolo sorrise. Era anche un po’ rosso in volto.
– Non mi sono dimenticato di quello che stavamo facendo…
– No, certo – disse la donna. Dopo un attimo chiese: – Giulia era in pigiama?
– N… no, perchè?
La donna si sorprese.
– Come no? E com’era vestita?
– Era ancora in costume… – L’uomo sorrise: – ha detto che non usa il pigiama… fa troppo caldo.
– Dormono nude? – chiese Angelina.
– O forse in costume… non so…
La donna parve riflettere su quell’informazione.
– Vuoi che riprendiamo… – azzardò lui dopo qualche secondo.
– No – lo interruppe subito lei. – Ora sono stanca.
Paolo annuì. Dopo poco Angelina scivolò sotto il lenzuolo, sistemandosi distesa nel letto.
– Magari esco a fumarmi una sigaretta… – disse lui, e suonò come una richiesta.
– Va bene – accordò la moglie. – Scusa, ma sono veramente stanca.
– Lo so. – L’uomo si sporse, le sorrise e le diede un bacio in fronte, delicatamente. Poi si alzò e uscì, mentre lei spegneva la luce.

Paolo ripercorse il corridoio di poco prima, salì le scale, attraversò la dinette e uscì in pozzetto. Si fermò a osservare la serata silenziosa illuminata dalla luna. Le sue sigarette erano accanto all’ingresso: le prese, e se ne accese una. Fumò rivolto verso il mare, di spalle alla dinette.
Quando Giulia gli parlò era appena dietro di lui, e lui non si sorprese.
– Non hai sonno? – gli chiese. Un attimo dopo si fermava accanto a lui, le braccia conserte.
Paolo la guardò brevemente. Aveva di nuovo indosso il bikini.
– Sigaretta serale…
– Buona idea – annuì Giulia.
– Vuoi? – lui le porse il pacchetto.
– Dividiamo – disse lei, alzando la mano verso la sigaretta già accesa. Lui gliela passò e lei fece due tiri, poi gliela restituì.
– Che silenzio – commentò la ragazza. – E che bel fresco.
Paolo annuì. Un attimo dopo, Giulia si slacciò facilmente il reggiseno, e lo posò su un divanetto davanti a loro. Gli chiese di nuovo la sigaretta e fumò a braccia conserte.
– Si sta benissimo.
– Già – concordò Paolo. – Ti dà fastidio anche il costume, alla sera? – osò poi chiederle, con una vena di ironia.
– Tutto. Sto bene senza niente.
– Fai pure – la invitò l’uomo, con un accenno di ironica cavalleria.
Giulia gli restituì la sigaretta, poi si prese gli slip e li calò, sfilandoli dai piedi. Li lasciò sopra al reggiseno.
Paolo guardò l’orizzonte, e la sagoma di Giulia accanto a lui, sempre presente a margine del suo campo visivo.
– Non volevo rovinarvi la serata – disse Giulia dopo un po’.
Paolo sorrise sorpreso.
– Ma… senti proprio tutto?…
– Non è che sento. Mi accorgo – sorrise Giulia.
– Ok… Non importa comunque…
– Insomma.
Paolo la guardò, lei aveva quell’enigmatico sorriso sulle labbra. Guardò di nuovo il mare.
– E’ normale quando si sta insieme da tanti anni – disse infine, con tono un po’ troppo da maestro.
– Grazie papà per la spiegazione… – lo prese in giro subito Giulia. Paolo rise.
– …scusa.
– Io sono giovane. Non posso capire.
– No?…
– No. Io quando ho voglia, scopo.
– Ah… capisco… – l’uomo sorrise, assecondando il gioco. Ma Giulia cambiò registro.
Avanzò di due passi, si girò e sedette sul divanetto di fronte. Era voltata verso di lui, adesso, e poteva vederla nuda. Completamente, nuda.
Giulia allargò le braccia, stendendole sullo schienale. Poi allargò anche la gamba destra, la sollevò, piegò il ginocchio e appoggiò il piede sul cuscino. In questo modo spalancò di fatto le cosce.
Rimase a guardarlo. Paolo diede ancora un tiro alla sigaretta, stupendosi del proprio sangue freddo, poi la spense nel posacenere che aveva con sé. Appoggiò tutto il pacchetto sul divano a sinistra, quindi si chinò e si sedette accanto a Giulia, accanto al suo ginocchio sollevato. L’uomo si chinò in avanti, abbassò il viso fra le cosce della ragazza e le baciò il sesso esposto, inziando subito a leccarlo.
Giulia piegò il capo indietro, socchiuse le labbra, chiuse gli occhi, e ricevette quel meraviglioso servizio. Per diversi minuti l’uomo andò avanti a leccarle la passera, poi si interruppe, salì con la testa e si soffermò a leccarle e prenderle fra le labbra i capezzoli e i seni. A Giulia piacque anche quello, e lo dimostrò muovendosi sotto di lui e sospirando piano.
Di nuovo Paolo si interruppe, e questa volta guardò verso la dinette. Tutto era in silenzio, e fermo e buio, ma lui era in apprensione.
– Chiudi la porta scorrevole – gli sussurrò lei, con senso pratico tutto femminile. Paolo seguì il suo consiglio e andò a chiudere in silenzio.
Tornò da lei, di fronte a lei, e prima che si sedesse lei si raddrizzò, lo prese per il bordo dei calzoni del pigiama, glieli allargò e li calò. Li lasciò scivolare a terra, scoprendogli pacco e gambe. Il pene che dondolò davanti al viso della ragazza, sovrastando i testicoli grossi e villosi, era irrigidito e lungo, sensibilmente piegato all’insù, con la cappella tozza già parzialmente scoperta.
Giulia glielo prese in mano e lo sbucciò delicatamente, ripetendo il gesto tre o quattro volte. Intanto guardava alternativamente lui, rosso in volto e con la bocca socchiusa, e il pene di fronte al proprio viso.
Quando fu certa che il cazzo fosse ben rigido, lo prese per i fianchi e lo invitò a scendere su di lei. Aveva voglia di prenderlo in figa, e glielo mostrò chiaramente, spalancando le ginocchia e trascinandolo a sé.
Paolo fu dentro di lei in un attimo. Lei era bagnata fradicia. L’uomo non trattenne dei singulti, dei brevi mugolii soffocati. Anche Giulia gemette, pianissimo, più piano che poteva. Il membro durissimo si fece largo in lei e si mise prontamente a pompare.
Paolo non ricordava la sensazione di una figa così stretta. Sentiva il cazzo completamente avvolto, gli sembrava di sentire ogni millimetro di parete del suo utero. Si sentì i lombi bollenti, le palle che si contraevano.
Anche Giulia godette di quel cazzo enorme, chiedendosi se era più grosso di quelli dei ragazzi, giovani, con cui era stata. A vederlo non le era parso, ma adesso che lo sentiva dentro si sentiva invadere. Forse era il peso di quel corpo, da uomo maturo, che contribuiva a quell’impressione. Si prese da sola i capezzoli fra le dita, se li torse e gemette piano.
Dopo poche pompate, Paolo, paonazzo e sbuffando, la fissò in volto. Senza riuscire a fermarsi, cercò però di parlarle:
– Hai… prendi… prendi la… pillola?… o altro?…
Giulia lo guardò, chiuse gli occhi godendo di piacere, lo guardò di nuovo. Non gli rispose subito.
– Sì – disse infine – prendo la pillola… Vai…
L’uomo riprese a pompare più forte, aumentò il ritmo. Lei si torse di nuovo i capezzoli. Bastarono pochi altri secondi, e lo sentì irrigidirsi e sbuffare. Il cazzo le sussultò nella figa, e sentì il primo getto di liquido caldo, subito seguito da altri due e poi da altri ancora.
Anche lei venne. Quando gemette, trattenendosi, le uscì quasi un miagolio. Si contrasse su sé stessa, premendo la testa contro il collo di lui, e sussultò insieme a lui, ricevendo lo sperma e godendo a sua volta.
Quando finirono, lui si lasciò andare sopra di lei, corpo nudo contro corpo nudo, e lei ne sentì tutto il peso.
Sentì i peli ruvidi sul petto dell’uomo appoggiati contro la propria pelle, sui propri seni.

Paolo si rialzò circa un minuto dopo. Giulia cominciava a temere che si stesse addormentando. L’uomo era invece ben sveglio.
Si sfilò con cautela da lei, e il suo membro nudo, semirigido, apparve coperto di sperma e umori. Un filo di sperma li unì finché lui non si fu messo in ginocchio. Lei richiuse le cosce e lo guardò da sopra i seni nudi, stesa di fronte a lui.
L’uomo fece un paio di respiri profondi, badando a che non fossero rumorosi.
– E’ meglio che… – iniziò a dire, cercando le parole. Giulia annuì.
– Vai – gli sussurrò. – Io rientro dopo.
Paolo annuì, riflettendo su quella strategia. Sì, aveva ragione, pensò.
La guardò ancora una volta. Allungò una mano e gliela mise su una coscia nuda, liscia, magra. La accarezzò un po’ goffamente.
– Vai – gli disse ancora lei.
– Sì.
L’uomo si alzò e recuperò i calzoni del pigiama da terra. Se li mise, coprendosi il pene umido e ancora un po’ allungato. A quel punto esitò di nuovo, guardandola. Accennò a chinarsi, forse per baciarla.
– Vai – lo interruppe lei, facendo contemporaneamente un cenno con il capo.
Paolo annuì e le augurò la buonanotte, in un sussurro. Quindi si girò e rientrò in barca.
Mentre attraversava la dinette, pensò che non l’aveva nemmeno baciata. Si rese conto che ne avrebbe avuto voglia, ma non osò fermarsi.
Poco dopo era interamente concentrato a rientrare in camera e poi nel letto, facendo il massimo silenzio, come se nulla fosse.


Capitolo 2 – Non solo Paolo

[Fra Giulia e Paolo il limite è stato superato, ma Giulia sembra non accontentarsi di giocare soltanto con lui…]

La mattina seguente Paolo si alzò presto. Era sveglio già da qualche ora. Andò in bagno, si lavò e uscì in pozzetto mentre Angelina ancora dormiva. Si era messo dei calzoni corti rossi e una maglietta bianca.
Apparecchiò la colazione per tutti, poi sedette a bere il caffé e leggere distrattamente una rivista.
Angelina fu la prima a raggiungerlo, già in costume da bagno, con un pareho attorno ai fianchi. Paolo la salutò e baciò, e lanciò un’occhiata ai seni grossi e cadenti sorretti dal reggiseno del costume marrone.
Subito dopo venne Roberta. Sua figlia indossava una lunga maglietta bianca, che faceva quasi da abito, e sotto aveva il costume. Anche lei lo salutò, allegramente, ma senza baciarlo. Sedette a mangiare.
Paolo pensava solo a Giulia. Era terrorizzato all’idea di rivederla. Ma al tempo stesso anelava a quel momento.
Che cosa avrebbe voluto fare? Essere da solo. Loro due soli. Sarebbe sceso sottocoperta, l’avrebbe raggiunta nella cuccetta e l’avrebbe chiavata. Di nuovo. L’avrebbe baciata, sulla bocca, sul ventre, sui seni… l’avrebbe baciata tutta.
Continuava a tornargli in mente ciò che era stato la sera prima, ma più ancora ciò che non era accaduto: si rese conto che non le aveva toccato, anzi nemmeno visto il sedere. Che non le aveva preso i seni in mano. Che non le aveva stretto le braccia, baciato le spalle, succhiato la lingua. Sembrava che non le avesse fatto niente, eppure l’aveva penetrata. L’aveva penetrata ed era venuto subito, in pochi secondi. Come un ragazzino. Quando ci pensava, si vergognava come un ladro. Lei lo avrebbe deriso?
Questi pensieri continuavano a rivoltarsi nella sua testa, si alternavano, sparivano e si ripresentavano. E con essi si ripresentavano, ritmicamente, la paura e la voglia di vederla. Quel supplizio, che era iniziato già a letto la mattina presto, durò a lungo, perché Giulia fu di gran lunga l’ultima a salire in coperta.
Avevano tutti già finito di fare colazione, e stavano chiacchierando, leggendo e programmando la giornata, quando la loro ospite fece finalmente la propria comparsa. Giulia aveva l’aria assonnata, i capelli ancora un po’ arruffati. Però sorrideva, ironizzando sulla propria condizione.
Si era già messa in bikini, e non indossava altro. Gli slip, valutò Paolo, erano quelli blu della sera prima. Il reggiseno era invece diverso, più tradizionale, due fazzoletti triangolari dello stesso blu, legati dietro al collo e dietro alla schiena.
Lui le lanciò diverse occhiate. Le guardò la pancia, il ventre piatto e magro ed elastico. Le guardò le gambe sottili, le guardò il sedere. Tutto quello che poteva, discretamente, guardare. Non c’era altri che lei a bordo, in quel momento.
Giulia salutò tutti, genericamente. Non sembrava comportarsi diversamente dal solito. Quando per la prima volta si rivolse a lui direttamente lo fece con naturalezza, con quel po’ di rispettoso distacco che aveva sempre mantenuto, mitigato dalla sua solita, indecifrabile ironia. Come se niente fosse.

Programmarono la giornata. In quella rada, per quanto bella, erano già stati a lungo. Decisero di comune accordo di spostarsi, di navigare un po’, magari cercare un’altra rada. Quella sera, come da programma, sarebbero entrati in porto.
Subito dopo colazione si misero in attività. Roberta sparecchiò, Angelina andò ad incremarsi e prepararsi, Paolo salì sul flyer e si dedicò alle manovre. Giulia, in realtà, era indietro di un turno: era ancora seduta a tavola e finì la colazione con tutta calma, mentre Roberta sparecchiava attorno a lei. Viste dall’esterno sarebbero sembrate la padrona della barca e un’inserviente.
Le due ragazze scambiarono qualche battuta. Giulia, quando fu soddisfatta, contribuì portando lei stessa la propria tazzina del caffé fino al lavello.
Poi uscì, notò che Paolo aveva già recuperato l’ancora grazie al verricello elettrico e stava dirigendo la prua verso il largo. Lei si aggrappò ai tientibene e salì la ripida ma confortevole scaletta che portava al flyer.
Paolo era in piedi ai comandi. Giulia gli giunse accanto, a un paio di passi di distanza, e guardò la prua come faceva lui.
– Salpati? – chiese dopo un attimo.
– Sì – rispose semplicemente l’uomo.
– Adesso si corre?
– Non subito… prima dobbiamo prendere il largo.
Giulia si portò le mani dietro la schiena e in un attimo sciolse e si tolse il reggiseno del costume. Poi si portò le mani dietro la testa, alzando i gomiti in aria, distendendo il petto e i piccoli, puntuti seni nudi al sole.
Paolo la guardò. Dapprima non disse niente. Era combattuto, avrebbe voluto dirle di ricoprirsi, che non era il caso. “Ma perché?”, si chiese poi.
– Le altre… sono…
– Roberta sta giù a leggere. Angelina non lo so, credo a prua.
Giulia abbassò le braccia, appoggiò le mani sul cruscotto, all’altezza dei fianchi. Rimase a guardare la prua.
Paolo tenne il timone con una mano e allungò la sinistra ad afferrarle un seno. Prese il piccolo, delicato seno destro nel proprio palmo. Lo tastò delicatamente, sentendolo serico e morbido.
– Ma… Paolo… – fece Giulia, sottovoce, con aria ironicamente scandalizzata. Le sue labbra e i suoi occhi sorridevano soddisfatti.
– Ieri non te le avevo neanche toccate… – disse lui, passando a palparle l’altro seno. Anche lui parlava sottovoce.
Giulia sollevò di nuovo le braccia, piegandole dietro alla testa. Spinse avanti il seno e si fece palpare ripetutamente entrambe le tette. Non smise di sorridere.
Quando sentì di aver recuperato su quel fronte, Paolo proseguì subito oltre. Abbassò la mano e le cercò la figa, insinuandosi sotto gli slip del costume. Giulia si piegò e rise piano.
– Ma!…
– Dai… fatti toccare… – L’uomo aveva mollato i freni, non si tratteneva. Stentava lui stesso a riconoscersi, né gli importava provarci. – Ti ho pensato tutta la notte… Sei stupenda…
Giulia non disse nulla, sorrise e basta. Si calò gli slip ancheggiando leggermente, li fermò all’inizio delle cosce, quanto bastava per scoprirsi l’inguine. Tornò ad appoggiarsi al cruscotto, con una gamba leggermente piegata, consentendo all’armatore di esplorarle con le dita l’intimità.
Lui la trovò umida.
– Papaaà!… – li interruppe un richiamo, dal basso. Era Roberta dal pozzetto.
– Cosa c’è – rispose ad alta voce l’uomo, ritirando subito la mano.
– La mamma, ti chiama.
– Cosa vuole – gridò lui. Aveva di nuovo entrambe le mani sul timone, era rigido.
– Aspetta…
Sentirono Roberta che parlava ad alta voce dentro la dinette. Giulia riprese gli slip e li risollevò, rimettendoli quasi al loro posto. In realtà li lasciò più bassi, soprattutto dietro: se davanti coprivano tutto a sufficienza, dietro un terzo dei glutei, in alto, rimanevano scoperti.
Tornò ad appoggiarsi al cruscotto, mani e anche, sinuosa.
Entrambi sentirono Roberta che saliva la scala, in ciabattine, portando la risposta. La ragazza li raggiunse sul flyer, sbucando alle loro spalle. Se fu sorpresa non poterono dirlo, perché entrambi le davano le spalle. Giulia, seminuda.
– Dice se vai subito veloce, o se prima può fare un bucato.
Paolo si voltò brevemente. – Va bene, va bene. Non abbiamo fretta.
– Ok – alzò la voce: – Mammaa! Puoi farlo!
– Ma dovete proprio urlare così? – chiese il padre, innervosito.
Giulia intanto si voltò, con un leggero sorriso in volto. Si appoggiò al cruscotto col sedere, rivolta verso Roby.
– Io preferivo se correvamo – le disse. – Ero venuta qui su apposta.
Roberta non diede segno di sorprendersi per le nudità dell’amica.
– No io no – replicò, – se fa troppo vento non prendo il sole.
– Frignona – la punzecchiò Giulia scoprendo i denti in un sorriso.
– Strega – ribatté lei, e le fece una smorfia. – Vieni sul prendisole?
– Sì – accettò subito la ragazza. Mentre Roberta imboccava di nuovo le scale, Giulia diede una rapida occhiata, sorridente, a Paolo. I loro occhi si incrociarono per qualche istante.
Senza dire altro, la giovane ospite scese le scale dietro all’amica.

A metà mattina raggiunsero una caletta riparata, con una bellissima spiaggia bianca. C’erano pochissime altre barche, benché il luogo fosse magnifico e la giornata perfetta.
Paolo manovrò e diede fondo all’ancora, poi, per il resto della mattina, rimasero a bordo. Le ragazze leggevano e prendevano il sole a poppa – Giulia per quasi tutto il tempo in topless – Angelina si era stesa a prua. Paolo stette per un po’ con lei, poi fece qualche lavoro alla barca.
Pranzarono presto, con un pranzo leggero e fresco preparato dalla matrona di bordo. Mangiarono in pozzetto, al tavolo, all’ombra del bimini. Erano tutti più o meno in costume, compresa Giulia, che per venire a tavola si era naturalmente rimessa il reggipetto.
Dopo pranzo, dopo caffé e pennichella, le ragazze si presentarono da Paolo chiedendo e proponendogli uno sbarco in spiaggia con il tender. Lui si disse disponibile ad accompagnarle, mentre Angelina declinò l’invito.
Il capitano mise in acqua il tender, un gommoncino bianco custodito dentro la poppa della barca. Quest’ultima si apriva idraulicamente e consentiva un agevole varo.
Il tender era dotato di un piccolo fuoribordo elettrico, silenzioso ed efficace. Sedettero tutti e tre sui bordi gommosi della barca, Paolo a poppa con la manetta del motore in mano, le due ragazze verso prua, su lati opposti. Ci vollero due minuti per raggiungere la riva. La spiaggia si rivelò splendida come sembrava vista dal largo.
C’era pochissima gente anche a riva, nel punto in cui sbarcarono erano distanti varie decine di metri dalle persone più vicine. Le ragazze scesero quando l’acqua arrivava loro poco sotto la cintola. Paolo si occupò di issare il gommone sulla spiaggia per un paio di metri, così da proteggerlo dalle onde.
Avevano portato l’attrezzatura minima necessaria per la spiaggia. Piantarono un piccolo ombrellone, stesero i teli spugna e vi si distesero sopra.
Paolo si mise all’ombra, proprio sotto l’ombrellone. Di fronte a sé aveva il mare turchese e la loro barca. Roberta si mise alla sua sinistra, con la testa all’ombra ma il resto del corpo al sole. Era in bikini, un bikini azzurro scuro.
Giulia scelse invece di stendersi alla destra dell’uomo, anche lei sul proprio telo spugna, in pieno sole. Paolo si trovò così in mezzo a due giovani ragazze in bikini. Rifletté un attimo sulla situazione e gli venne da sorridere. Ma per poco: subito tornò a pensare all’oggetto che gli riempiva i pensieri in quelle ore: Giulia. Il suo corpo. Tutti e due.
Non passò molto tempo prima che Giulia si togliesse nuovamente il bikini. Era stesa a pancia in su, e se lo tolse con il preciso intento di lasciare i seni nudi al sole. E naturalmente alla vista di Paolo, che li osservava il più possibile, al margine del proprio campo visivo.
L’ombra si spostava abbastanza rapidamente, e presto Roberta fu in ombra fino a metà del busto. Era troppo, così decise di spostare la propria salvietta e stendersi alla destra di Giulia, in pieno sole anche lei.
Il sole cominciava anche a lambire Paolo, ma lui non pensò nemmeno di spostarsi da quella posizione favorevole. Adesso Roberta era lontana da lui, e poteva permettersi di lanciare occhiate al corpo di Giulia tenendo contemporaneamente sott’occhio la figlia.
Giulia se ne accorse, e ci giocò. A un tratto si portò una mano sul seno sinistro, tolse dell’invisibile sabbia, poi prese a giochicchiare con le dita sul capezzolo. Se lo titillò e pizzicò lentamente. Paolo osservò tutto.
Poco dopo la stessa mano scivolò sul basso ventre, le dita si insinuarono di fianco agli slip, sollevandone il bordo laterale, e scoprirono in parte la vulva carnosa, inzigando anche quella.
Paolo osservata in silenzio tutti quei movimenti, disteso e appoggiato sui gomiti. Faticava a contenere la propria erezione.
D’un tratto Giulia si alzò a sedere. Recuperò il reggipetto del costume e se lo allacciò sul seno.
– Ho voglia di andare a esplorare un po’ tra le dune. Chi è che viene?
– Ma dove? – chiese Roberta.
– Qui, dietro la spiaggia. Non vedi che sono tutte dune?
La spiaggia era in effetti delimitata verso l’entroterra da una serie di basse dune sabbiose, punteggiate da vegetazione cespugliosa e secca.
– No grazie – rispose la ragazza, – fa troppo caldo. Piuttosto un bagno.
– Dopo il bagno. Prima un po’ di esplorazione. Paolo? – chiese, mentre già si stava alzando in piedi.
La mora ragazzina rimase in piedi in bikini, mani sui fianchi, a guardare Paolo aspettando la sua risposta. L’uomo esitò un attimo, chiedendosi se non sarebbe stato troppo esplicito.
– Ma… sì… magari… due passi ho voglia di farli…
– Dai, andiamo – gli fece cenno la ragazza – poi facciamo il bagno.
Roberta non parve far caso al fatto che suo padre si alzava e seguiva l’amica verso le dune sabbiose. Continuò a prendere il sole, stesa a occhi chiusi, rilassata.
Giulia condusse la marcia, camminando svelta sulla sabbia calda. Paolo la seguiva a un paio di metri. Quando raggiunsero la cima della prima duna, però, la distanza si accorciò.
Giulia si fermò a scrutare l’orizzonte. Paolo la affiancò, ma subito le appoggiò la mano su un braccio, indicandole di proseguire.
– Vieni, scendiamo qui… – mormorò.
– Si vede bene la barca, da qui – osservò Giulia, senza muoversi.
– Vieni, da più avanti non si vede…
La ragazza si lasciò convincere, seguì l’uomo che la guidò oltre l’avvallamento e oltre la duna successiva. Qui girò dietro ad un grande cespuglio verde scuro, coriaceo. Giulia lo seguì, lui si fermò, si voltò verso di lei e si protese per cercare di baciarla.
La ragazza evitò il bacio, girandosi di spalle. Paolo non desistette e le baciò con trasporto il collo, la spalla. Alzò le mani a cercarle e palparle il seno, da dietro, sotto il costume. Dopo un attimo le abbassò anche il costume, trovando il seno nudo.
L’uomo era rapito dai sensi, aveva il fiato già corto. Giulia sorrideva leggermente, lasciandolo fare. Fu lei stessa ad assecondarlo quando cercò di calarle gli slip: se li abbassò oltre le ginocchia, sfilò un piede e si chinò in avanti, divaricando le gambe lunghe e sottili – o non lunghissime, ma sottili e quindi slanciate. Porse il sedere a Paolo, spinse indietro il bacino, e lui ci mise un attimo ad abbassarsi il costume ed estrarre il pene già rigidissimo.
Glielo ficcò dentro da dietro, in figa.
Giulia sentì quella verga dura farsi largo improvvisamente in lei e godette. Fece dei gemiti, e si aggrappò con le mani agli arbusti che li nascondevano.
– Se arriva Roberta ci vedrà – mormorò, fra i gemiti, per mettere in allarme il suo stallone.
– No… no… perché deve arrivare?… non preoccuparti…
L’uomo ansimava, aggrappato con le mani ai suoi fianchi stretti ma morbidi, con gli addominali contratti mentre pompava il pene dentro di lei.
– E se passa qualcuno?… – incalzò la ragazza.
– No… non… chissenefrega… non mi importa…
La pompava con durezza, e Giulia sentiva tutto, e godeva di ogni centimetro di cazzo. Le sue piccole tette sbattevano, nude, perchè il reggipetto ancora allacciato era abbassato sullo stomaco.
– Papaà!… – venne all’improvviso il richiamo. Proverbiale.
Paolo si bloccò.
– E’ Roberta – commentò Giulia, come a dimostrare quanto aveva predetto.
– E’ ancora lontana – ragionò a voce alta Paolo.
L’uomo si sfilò prontamente da dentro a Giulia. Recuperò il costume e si dovette impegnare, con due mani, per ricoprirsi il pene rigidissimo, cercando di celare l’erezione.
Giulia intanto si era raddrizzata con tutta calma. Il cespuglio era più alto di lei. Restò in piedi a guardare Paolo, con una mano su un fianco, in attesa.
– Rivestiti – le disse l’uomo, ora preoccupato, vedendola ferma.
– Pa-aà! – risuonò ancora il richiamo di Roberta, ora più vicino.
L’uomo fece rapidamente il giro del cespuglio ed emerse a destra. Fece qualche passo prima di voltarsi e vedere Roberta, che li aveva ormai quasi raggiunti.
– Roby… eccoti. Sentivo che… ma…
– Ciao. Ha chiamato la mamma.
– Ah, sì… cosa dice?
– Dice se torniamo a bordo a prendere la merenda, che ce l’ha preparata. Ma ha detto subito perché se no si riscalda.
– Ah… certo… ho capito…
– Giulia dov’è?
– Non lo so, era qui in giro…
Giulia non si fece attendere. Spuntò da dietro il cespuglio, fermandosi però dove le fronde le arrivavano allo stomaco. Si era rimessa a posto il reggipetto.
– Ciao – disse a Roberta, sorridendo languidamente.
L’amica la guardò un po’ sorpresa. Alla fine sorrise a sua volta.
– Vieni a fare merenda?
– Prima facciamo un gioco?
– Che gioco? – chiese Roberta.
– “Giù le mutande” – disse Giulia, come se fosse ovvio.
– Cioè? – chiese Roberta già ridendo.
Giulia scattò in avanti. Paolo vide con sollievo che si era rimessa anche gli slip.
La ragazza mora corse verso Roberta, che tentò di proteggersi con un gridolino, girandosi. L’amica le afferrò gli slip azzurri e li abbassò con uno strattone, allontanandosi subito dopo.
Roberta era riuscita a trattenerli almeno in parte, afferrandoseli subito con una mano. Se li risollevò prontamente, e spese qualche secondo a rimetterseli a posto. Poi partì al contrattacco.
Si mise ad inseguire Giulia, che la schivò senza troppo impegno, cosicché dopo poco l’amica la raggiunse e le calò in un solo colpo gli slip fino quasi alle ginocchia. Giulia rise e si fermò, non potendo più correre.
Paolo, che era rimasto fermo dov’era, vide la giovane mora da tergo, ferma con il sedere nudo. Sua figlia invece rideva, allontanandosi con piccoli passi di corsa.
Giulia si risollevò con calma gli slip, poi fece una smorfia all’amica:
– Non me li hai ancora tolti – la provocò. Quindi scattò a correre, ma mentre all’inizio sembrava puntare su Roberta, cambiò obiettivo in corsa e si diresse verso Paolo.
L’uomo capì soltanto all’ultimo di essere stato coinvolto nel gioco. Prima che riuscisse a muoversi, Giulia gli si chinò alle spalle, gli prese i calzoncini del costume a due mani e con un movimento deciso glieli abbassò, del tutto. Fino alle ginocchia.
Il pacco dell’uomo emerse nudo, così il suo sedere bianchiccio, così il suo pene rigido. Non era forse in piena erezione, ma era comunque ancora eretto: lungo, orizzontale, chiaramente piegato all’insù.
Il pene oscillò in aria, nudo. Giulia attese un attimo, e appena l’uomo fece per chinarsi, gli abbassò ancora il costume, bloccandogli le gambe, e gli spinse il sedere con una spallata, facendolo cadere in avanti.
Paolo cadde semidisteso sulla sabbia.
Roberta, a pochi passi di distanza, aveva assistito stupita a tutta la scena. Non poté non ridere, sorpresa da quella situazione così inattesa.
– Papà!… – gli disse, con tono di scherzoso rimprovero per la sua goffaggine.
Paolo si voltò su un fianco. Guardò Roberta e rise, disorientato. Tentò di riprendersi i calzoncini, ma Giulia, che era rimasta a vigilare, si chinò e li raggiunse prima di lui, sfilandoglieli del tutto dai piedi.
La mora li lanciò a Roberta.
– Dai… – disse Paolo ridendo un po’ forzatamente, imbarazzato, e allungando una mano, – ridatemeli…
– Passa Roby! – chiamò Giulia correndo, e l’amica stette al gioco, lanciandoglieli. Paolo si alzò in ginocchio, coprendosi in qualche modo con una mano le pudenda. Allungò la mano libera tentando in qualche modo di bloccare Giulia, che gli corse accanto ma che subito rilanciò i calzoncini a Roberta.
– Roby… – le disse lui, con tono compassionevole.
– Devi prenderli!… – disse la figlia, sibillina.
Paolo si rialzò in piedi, sempre tenendosi una mano sull’inguine. Teneva il pene sollevato, coprendolo con mano e braccio. Era meglio di niente.
Appena Roberta vide che era in piedi rilanciò il pacco a Giulia. La mora, sorridente, si fermò. Si girò di spalle, sempre tenendo d’occhio Paolo, e lì davanti a loro si levò gli slip del costume. Per qualche istante le videro il bel sedere nudo, magro e liscio. Poi la ragazzina si mise il costume di Paolo.
– Adesso sono miei – disse tornando a girarsi, mani sui fianchi, sorridendo soddisfatta.
Roberta rise, sempre più sorpresa.
Paolo decise improvvisamente di reagire. Scattò in avanti verso Giulia. Per farlo mosse entrambe le braccia, e Roberta notò, per la prima volta davvero chiaramente, il pene lungo e nudo che ballonzolava, eretto, davanti all’inguine.
La mora provò a scappare, ma fu troppo lenta: in pochi passi l’uomo la raggiunse, l’afferrò per i fianchi e caddero sulla sabbia, lei davanti e lui aggrappato dietro.
– Aaah no! Roby!! – chiamò Giulia.
La ragazza avanzò, ma non sapeva come intervenire. Giulia provò a divincolarsi, ma Paolo le prese con decisione il costume e, uno strattone alla volta, glielo abbassò.
Giulia a quel punto cercò di scivolare via. Così facendo scivolò fuori dal costume, che Paolo tratteneva. Roberta la vide sgusciare fuori nuda, il sedere in aria, e subito voltarsi supina, scalciando con le gambe per liberarsi, la fichetta al vento.
Quando si fu liberata, ed entrambi furono quindi nudi – eccetto per il reggipetto di Giulia – la mora tornò all’attacco, rivoltandosi e afferrando il costume che Paolo stringeva. Si misero a contenderselo.
– Roby!! – chiamò ancora Giulia, ma Roberta, pur avvicinandosi ancora, non sapeva decidersi ad intervenire. La scena era divertente ma disorientante.
Giulia puntò le gambe, tentò di tirare, Paolo trattenne il costume con la forza delle braccia più muscolose. Nella lotta, l’uomo si era voltato supino, e ora Roberta poteva vedere molto chiaramente, in mezzo alle sue cosce, i coglioni nudi e il pene nudo che si ergeva, rigido, svettando. Il pene oscillava vistosamente nei movimenti convulsi di quella lotta.
Giulia tenne il costume con una sola mano, e posò l’altra sul petto dell’uomo, proprio sopra il capezzolo. Puntellandosi, sollevò una gamba e spinse il ginocchio di traverso sul suo bacino: con la gamba gli piegò e gli schiacciò di lato il pene rigido.
Questa mossa, Roberta non capì quanto volontaria, fece allentare la presa a Paolo, e Giulia riuscì a strappargli il costume dalle mani. Lo sollevò in aria e chiamò in causa l’amica:
– Roo! Prendilo!!
Roberta scattò allora in avanti, seguendo le istruzioni. Prese il costume dalla mano protesa di Giulia, e si allontanò di un paio di passi.
– No! – si lamentò Paolo. L’uomo afferrò Giulia per le spalle e la ribaltò indietro, stendendola a terra supina. Nel farlo ruotò insieme a lei, finendo praticamente disteso sopra di lei. I loro corpi nudi erano a contatto.
Paolo si sollevò sulle braccia. Alzò il capo a guardare Roberta e il proprio costume. La figlia non incrociò il suo sguardo, perché i suoi occhi si erano soffermati sul pene sempre eretto del padre, premuto contro il corpo nudo di Giulia.
Giulia tentò di divincolarsi, ma era fermata dal peso del corpo nudo di Paolo.
– Roby, ridammelo – comandò il padre assumendo un tono ragionevole.
– No Roby! – intervenne subito Giulia.
Una mano della ragazza mora si abbassò a cercare fra i loro corpi schiacciati, fra le gambe dell’uomo. Trovò e gli afferrò il pene nudo.
Paolo piegò le braccia, tornando a premere il corpo contro quello della ragazzina, e in questo modo nascondendo meglio ciò che stava accadendo. Giulia gli aveva impugnato il pene, e aveva iniziato a sbucciarlo ripetutamente.
Paolo piegò una gamba, mosse il bacino. Tentò di sottrarsi a quella stimolazione, ma era in un vicolo cieco: se si spostava, Roberta avrebbe visto. Se restava dov’era, doveva subire quella masturbazione.
– Pa’… – disse Roby, che non stava più sorridendo, ma sembrava piuttosto confusa. Paolo si rese conto che non poteva rimanere in quella situazione.
L’uomo ruotò su un fianco, allontanando il corpo da quello di Giulia. Per un attimo Giulia rimase con il suo pene in mano, alla luce del sole, ma lo lasciò prontamente. Paolo ruotò sulla schiena, quindi si alzò velocemente in piedi.
Era completamente nudo quando tornò a girarsi verso Roberta, e questa volta non fece sforzi inutili per coprirsi. Il suo pene era visibilmente eretto, sollevato come se fosse stato sorretto da fili invisibili, piegato all’insù come una banana. Sotto di esso dondolavano languidamente le sacche dei testicoli, coperte da una peluria non fitta ma sostanziosa.
Paolo mosse due passi verso la figlia, e tese una mano, senza dire niente. Giulia si era alzata a sedere.
Roberta stava per dargli il costume, alzò la mano per porgerglielo.
– No! – intervenne Giulia seccamente. La sua voce aveva il tono del comando. Roberta si bloccò.
Anche Paolo si voltò, guardando Giulia, sorpreso.
La ragazza mora si mosse, si alzò sulle ginocchia e camminò su di esse, goffamente, avvicinandosi a Paolo. Si fermò di fronte a lui, appoggiando il sedere nudo sui talloni. Sporse avanti le spalle, alzò una mano a prendergli delicatamente il corpo del pene, sporse il volto e se lo prese in bocca.
Di fronte a una Roberta stupita, e mentre Paolo era a sua volta a bocca aperta, Giulia iniziò a fargli un profondo bocchino. La ragazzina prese il pene in bocca a fondo, e lo succhiò intensamente. Dopo sole tre o quattro succhiate, Paolo era piegato in avanti e iniziava a gemere e ansimare. Prese la testa di Giulia con una mano, infilandole le dita fra i capelli corvini, delicatamente, soltanto per accompagnare quel gesto. Assecondò il movimento della testa di Giulia mentre lei gli succhiava lentamente il membro rigidissimo, succhiandolo fino in cima e poi riprendendolo in bocca fino quasi alla base.
Giulia aveva gli occhi chiusi, i tratti del volto distesi. Sembrava rilassata e impegnata. Roberta non smise di fissarla, a bocca aperta, senza credere ai propri occhi. Dopo un poco vide la ragazza lasciare dalla propria bocca il pene di suo padre, ormai lucido di saliva (un filo di saliva congiungeva le labbra della sua amica al pene di suo padre) e poi abbassare il capo, piegarlo e mettersi a succhiare la base del pene e i testicoli. Con la mano sinistra gli afferrò con cura il pene e si mise a masturbarglielo lentamente.
Roberta si fermò a fissare il glande fradicio e rosso e gonfio di suo padre, che si scopriva e si ricopriva, si scopriva e si ricopriva sotto i suoi occhi.
Paolo si era appoggiato con le mani in cima alle cosce, il busto piegato in avanti, e ansimava e mugolava di piacere. Era paonazzo, e non sembrava in grado di trattenersi: era quasi in trance. A un tratto l’uomo si raddrizzò, e girò il capo fino a incrociare lo sguardo di Roberta. Padre e figlia si fissarono per alcuni secondi, lui sconvolto, lei basita. Giulia aveva accelerato il ritmo della masturbazione, portò una mano a palpargli le palle e tornò a prendere in bocca il pene, senza smettere di frizionarlo sempre più rapidamente con la mano. Paolo mugolò, un lungo mugolìo ininterrotto, tremando a scatti con tutto il corpo. Roberta guardò alternativamente Giulia, impegnata a succhiare, e il volto di suo padre, sconvolto dal piacere, finché il ritmo divenne frenetico e il padre, con un lungo lamento, tremò e venne.
Giulia rimase appesa al pene con fermezza, tenendoselo in bocca. Strizzò gli occhi mentre fiotti di sperma, intuì Roberta, le esplodevano in bocca e in gola. Il padre sussultò diverse volte, violentemente, a denti stretti, mentre l’orgasmo si svolgeva e si esauriva lentamente. Giulia bevve tutto, sotto gli occhi di Roberta.
Quando ebbe finito, la ragazzina mora si sfilò il pene di bocca, succhiandolo fino alla fine per ripulirlo. Lo tenne ancora stretto con la mano, alzò lo sguardo a guardare il volto sconvolto dell’uomo, e infine lo lasciò.
Roberta osservò il pene arrossato e che andava gonfiandosi. Lo vide ciondolare sopra ai testicoli, attrezzo ormai inutile, svuotato.
Paolo ansimava. Fece un passo rigido all’indietro, sembrava quasi sul punto di cadere. Allungò una mano e attese: Roberta gli porse lentamente il costume e lui lo riprese.
Si voltò e le ragazze gli osservarono il culo nudo e pallido, mentre si allontanava camminando rigido verso il cespuglio più vicino.
Giulia, rimasta in ginocchio nella sabbia, si passò il dorso della mano sulle labbra, ripulendosele. Poi alzò il volto e guardò Roberta. Le due ragazze si fissarono, occhi negli occhi, per alcuni lunghi secondi.
– …Che cosa hai fatto? – chiese alla fine Roberta. Non c’era rabbia nella sua voce, ma solo stupore.
– Quello che voleva – rispose Giulia, scrollando le spalle. – Ti dà fastidio?
– I… io…
Giulia si rialzò in piedi appoggiandosi ad un ginocchio.
– Ti sei offesa? – C’era una vaga nota ironica nel suo tono. Quasi di presa in giro.
– N-no…
– Tieni – le disse, e così dicendo la prese per le braccia, si sporse verso di lei e la baciò sulle labbra.
Giulia infilò la propria lingua nella bocca semiaperta di Roberta, e la limonò, trasferendo così parte dello sperma che ancora aveva nella bocca dell’amica.
Roberta rispose inizialmente al bacio, quasi d’istinto, o semplicemente lasciò che l’amica usasse la sua bocca, e le toccò la lingua con la lingua. Appena si rese conto della sostanza che aveva in bocca si ritrasse di scatto.
– No… – disse, ma la voce era impastata perché la sua bocca era già in parte occupata dallo sperma.
Giulia rimase a guardarla con un sorriso che poteva essere di scherno o di complicità. Roberta chiuse la bocca e la riaprì, mosse la lingua, sentì quel liquido denso e acido in bocca.
– Mandalo giù – le suggerì l’amica.
Roberta esitò un attimo, poi deglutì. Una volta non bastò, e dovette deglutire di nuovo.
Giulia si sporse e la baciò brevemente sulle labbra. – Brava – le disse.
Poi si voltò e andò a recuperare i propri slip per rivestirsi.


Capitolo 3 – i confini superati

[Giulia, Paolo, Roberta: i confini vengono superati…]

Quel pomeriggio si attardarono nella rada più del previsto e alla fine decisero di fermarsi anche per la notte. il tempo era bello, la gente poca, avevano i serbatoi e il frigo pieni: nulla li limitava.
Roberta era diventata più silenziosa. Quello era stato il cambiamento piu significativo. Angelina non aveva ancora detto nulla in proposito, ma presto se ne sarebbe accorta. Paolo era preoccupato soprattutto da quello, che la cosa potesse sfuggirgli di mano. Per ora la riteneva ancora confinata, anche se certo, non era stato lui a scegliere di mettere in atto quello spettacolo… Avrebbe dovuto provare vergogna, se ne rendeva conto. Eppure, ogni volta che ci ripensava, ripensava soprattutto a Giulia, in ginocchio. Alla sua bocca stretta attorno al proprio cazzo durissimo. Al modo in cui aveva inghiottito e bevuto tutto il suo sperma.
L’occasione si ripresentò dopo cena, tardi, sul modello della sera precedente. Angelina già a letto, le ragazze, ufficialmente, anche. Paolo diede la buonanotte alla grassa moglie e le comunicò che usciva a fumare. lei bofonchiò qualcosa a proposito della salute, ma sembrava interessata solo a dormire.
In pozzetto non c’era nessuno. Paolo esitò un po’ lì, finché un rumore debole, ai suoi piedi, lo fece voltare: il reggiseno di un costume blu era appena caduto per terra. Sollevò lo sguardo verso il flyer e vide Giulia affacciata, che lo fissava.
Paolo salì, e la trovò già stesa sul prendisole, appoggiata ai gomiti. che prendeva la luce lunare.
Indossava solo gli slip del costume. Non furono un problema, quando lui la fece girare e glieli abbassò, prendendola da dietro. Le fu subito dentro. Era durissimo e lei era pronta come sempre.
Per alcuni minuti la montò come una pecora. lei incassò, soffocando ansiti di piacere.
A un tratto, la giovane puledrina si era allungata a prendere qualcosa, e si sfilò da lui. L’uomo rimase con il cazzo dondolante, estremamente rigido, quasi ridicolo. Umido. Lei si girò e gli presentò ciò che aveva in mano, con un sorriso silenzioso: erano due mollette, che si era evidentemente preparata in precedenza.
L’uomo le prese e ci pensò un attimo. Ovviamente aveva due possibilità, e stava a lui scegliere. Rifletté anche un istante sulla preparazione, e perversione, di quella giovane ragazza. Fino a che punto arrivava?
Prese la decisione. Si sporse avanti e pinzò una molletta su ciascun capezzolo carnoso di Giulia. Lei accettò di buon grado, senza commenti, facendo una smorfia di soddisfazione ad ogni pinzata e mordendosi le labbra.
Poco dopo riprese a chiavarsela, questa volta tenendosela in braccio. Lei, leggera, si lasciava usare come una bambola, e intanto si portava sistematicamente una mano al seno, a piegare e toccare delicatamente le mollette, torcendosi i capezzolini. Pur nell’oblio dei sensi, Paolo si rese conto che era un gesto volontario, anche se non ne capiva fino in fondo il perché.
Lo scoprì poco dopo. Giulia fremette più del solito, e subito con una mano si tolse una molletta dal seno.
– Guarda… – gli mormorò. Era la prima parola che diceva.
Paolo guardò, e vide un rivolo di latte sgorgare dal capezzolo tormentato di Giulia. Non gli era mai capitato, e la guardò sorpreso.
– Sono fertile – disse lei, continuando a muoversi. – Mi hai messa in calore…
Paolo sentì un calore animale salirgli dai lombi, un’eccitazione animalesca. Riprese a chiavarla. Giulia volle girarsi, riceverlo di nuovo da dietro, a pecorina, questa volta con le cosce larghe e le gambe semidistese. Lui la reggeva per la pancia e la pompava, potente, ritmico, come una macchina. Lei si teneva su un braccio mentre con l’altra mano si palpava i seni, piccoli ma gonfi e turgidi: lasciò cadere anche l’altra molletta, e Paolo vide il latte che continuava a sgorgare, da entrambi i capezzoli. Col procedere della penetrazione, piccoli fiotti schizzarono dalle mammelline, accompagnati dai gemiti di Giulia: la ragazza era in estasi e voleva che Paolo vedesse il latte che riusciva a spruzzare, perché si teneva i seni e si contorceva per mostrargli il capezzolo quando il latte schizzava.
L’eccitazione di Paolo era oltre ogni limite. Si rendeva conto che probabilmente stava lamentandosi troppo forte, ma non aveva modo di trattenersi.
Venne una prima volta, ma l’inerzia di desiderio era troppo forte. Proseguì, e poco più tardi venne una seconda volta.
Questa volta si esaurì, si svuotò, riversando ogni residua goccia del proprio seme dentro a quel corpo magro e fremente, che si contorceva e contraeva raggiungendo l’orgasmo insieme a lui.

Quando Paolo scese in pozzetto, si trovò davanti Roberta. Sua figlia era in pigiama. Lui si era rivestito, era in calzoncini corti e a torso nudo. Credeva di essere presentabile, ma nonostante questo si immobilizzò, colto alla sprovvista.
– Giulia è di sopra? – Fu lei a rompere il silenzio. Non sembrava serena, ma nemmeno alterata. Era stranamente apatica.
– C… credo di sì – rispose, stupidamente, lui.
La ragazza lo aggirò, dirigendosi alla scaletta. Lui, spaventato, la seguì.
Quando l’uomo emerse di sopra, si fermò un passo dietro alla figlia, entrambi immobili a fissare quella scena. Giulia era riversa sul prendisole, supina, le braccia larghe e le gambe piegate. Li guardava con un sorriso malizioso. Era nuda, interamente: i resti del suo costume erano sparsi attorno, gli slip ancora impigliati a una caviglia. E soprattutto, ciò che balzava più agli occhi, il suo petto era completamente sporco di latte, che le arrivava anche sulle spalle e sul ventre, e si concentrava soprattutto sulle mammelle nude.
Roberta la fissò a lungo in silenzio. Paolo non poteva vedere la sua faccia stupita, ma lesse lo stupore nella sua voce dopo alcuni secondi.
– È… cos’è?… – chiese la ragazza, senza capire.
Giulia si passò un dito sul petto, nel liquido biancastro.
– Il mio latte – disse sorridendo soddisfatta, quasi orgogliosa. – Tuo padre me l’ha fatto schizzare fuori tutto.
A Paolo girò la testa. Sua figlia si voltò verso di lui, e gli tremarono le gambe.
La domanda che gli fece a quel punto era quella che una figlia poteva fare al proprio papà.
– …Anche a me può succedere? – gli chiese.
Per un istante l’uomo annaspò a bocca aperta. Poi deglutì.
– Se… se ti ecciti molto… moltissimo – spiegò infine.
Roberta guardò ancora Giulia, languida, poi di nuovo lui.
– Non mi è mai successo – rifletté.
Paolo scese istintivamente con lo sguardo sul seno della figlia. Vide che era chiaramente senza reggiseno sotto la canottierina del pigiama. Prima non se n’era accorto.
– Te lo posso… fare io… se vuoi.
Non seppe mai come gli erano uscite quelle parole.
Roberta lo fissò per alcuni istanti in completo silenzio. La sua espressione s’irrigidì. Alla fine sbottò.
Con entrambe le mani si prese le spalline della canotta, e le calò con violenza. Si era denudata improvvisamente entrambi i seni, lì, di fronte a lui.
Paolo li guardò e pensò che erano belli, grandi, pieni, giovani e floridi. Più belli di quelli di Giulia, anche se forse, nonostante tutto, meno sexy.
– Sì, succhiami le tette! – gli urlò la figlia, ad alta voce, rabbiosamente. – Ti piacerebbe, eh!?
Lui si rese conto che piangeva, e che era sconvolta, di rabbia e di chissà che altro. Non seppe cosa dirle. Rimase immobile, mentre sua figlia gli girava intorno, imboccava la scaletta e se ne andava, sparendo sottocoperta.
Non la lasciò andare. L’uomo si riscosse dopo un attimo, si voltò e la inseguì. Fù rapidissimo e riuscì a fermarla in pozzetto, prima che rientrasse.
L’abbracciò da tergo, cingendole la vita con un braccio. Roberta piangeva e tentò di divincolarsi, ma lui la trattenne. La ragazza si fermò allora appoggiandosi al parapetto, singhiozzando, e si aggrappò al braccio del padre.
– Robi… piccola… – mormorò lui, accarezzandole la testa, cercando di calmarla.
Lei continuò a piangere, più piano, e rimase aggrappata al suo braccio forte. Aveva la canottiera ancora abbassata, quindi era a torso nudo: l’uomo sentiva il contatto della sua pelle liscia.
Roberta piegò il capo di lato, e appoggiò la guancia contro la spalla di lui. Docilmente. Paolo allora la cinse anche con l’altro braccio, stringendola a sé, il proprio petto nudo contro la schiena liscia e magra della ragazza.
Dopo un attimo portò una mano ad accarezzarle dolcemente il collo, e il petto.
Dopo un altro attimo, la mano scese sui seni nudi.
L’uomo iniziò a palparglieli. Apertamente, sempre più desideroso. Li scoprì, li esplorò, ne conobbe a fondo forma e consistenza. Erano pieni e sodi, gonfi, giovani. Tutt’altra cosa rispetto a quelli di Giulia: questi gli riempivano la mano, e sembravano disegnati nel marmo.
Sentì i capezzoli, e li saggiò con le dita, stuzzicandoli. Li sentì rigidi, ruvidi, e percepì i tremiti nel corpo della figlia ogni volta che li toccava.
Il busto di Roberta era più lungo di quello di Giulia. La vita era sottile, il ventre liscio e muscoloso. Paolo lo accarezzò, lo esplorò con le mani, dolcemente, languidamente. Si chiese dove si era formata tutti quei muscoli piccoli ma sodi.
 Roberta non diceva nulla. Rimaneva con la guancia appoggiata a lui. Di tanto in tanto tirava su col naso, ma non piangeva più. Si lasciava toccare.
Dopo che l’ebbe toccata a lungo, la ragazzina gli chiese:
– Vuoi scopare anche me?
Più che un’offerta sembrava una domanda, una richiesta d’informazioni.
Paolo ci pensò su per un po’.
– Tu vuoi? – le chiese infine.
Roberta rispose quasi subito.
– Sì.
Le calò i calzoncini con semplicità, e subito dopo gli slip. Non li guardò quasi, anche se una parte di lui notò e registrò che erano belli, di pizzo. Quando ebbe il suo sedere nudo davanti, lo osservò a lungo, mentre la faceva piegare sul parapetto. Vide emergere la vagina, la vulva carnosa e rosea.
L’uomo si estrasse il pene, e lo puntò contro la vulva della figlia. La trovò umida e morbida e vi penetrò facilmente.
Mentre la pompava tornò a chinarsi su di lei e ad aggrapparsi ai seni gonfi e turgidi, che lo eccitavano particolarmente.
La sentì mugolare e uggiolare, mentre il ritmo si faceva più veloce e le pompate più forti. La sentì irrigidirsi sotto i colpi della verga del papà, e la sentì godere. Seguendo l’intuizione, le afferrò i capelli corvini e li tirò leggermente, tenendoli tesi, tenendole la testa sollevata indietro, contribuendo al suo piacere. La stava cavalcando secondo i migliori dettami.
Solo che era sua figlia.
Godette profondamente, quando venne. Anche lei raggiunse l’orgasmo, stimolata probabilmente dal gonfiore del suo cazzo e dai suoi sussulti. Non riversò in lei molto sperma, gliene era rimasto poco, ma fu sufficiente perché la ragazzina sentisse il seme caldo di suo padre invaderle il ventre.
A Paolo rimase impresso il modo in cui la figlia uggiolava quando raggiunse l’orgasmo. Gli sembravano i versi di un cagnolino.
Dopo l’orgasmo, l’ennesimo per lui, Paolo si appoggiò a un divanetto. Non aveva neanche la forza di rivestirsi, non subito.
Roberta, di fronte a lui, rotolò appoggiata al parapetto, girandosi di fronte e accovacciandosi a terra. Si guardò il seno nudo, e poi guardò il padre, che lo osservò a sua volta: due brevi, ma distinti, rivoli di latte erano colati da ciascun capezzolo.
– Mi è uscito il latte… – commentò lei, sorpresa.
Il padre annuì.
– Non mi era mai…
Lasciò la frase a metà, visibilmente stupita. Lui la guardò.
– L’hai già fatto… molte volte?
– Solo con due ragazzi – rispose lei, dopo averci pensato un momento.
Il padre annuì.
– Ti è piaciuto? – chiese poi, riferendosi chiaramente a quanto avevano appena fatto.
– Sì – mormorò lei.
Fu la prima a rialzarsi e rivestirsi, lentamente. Prima di andarsene esitò un attimo, cercando le parole.
– Buonanotte – disse infine, semplicemente.
– Buonanotte.
Lo lasciò in pozzetto, nudo, che ancora si riprendeva.
Un attimo dopo dalle scale scese Giulia. Lo raggiunse e si fermò un momento lì accanto. Si era rimessa gli slip, ma era ancora con i piccoli seni nudi.
– Bello spettacolino – commentò, sorridendo come solo lei sapeva fare.
Lui non disse niente.
– Peccato che non resisti di più. Ho ancora voglia. – Fece una pausa, poi: – Andrò a farmi tua figlia.
Lui la seguì con lo sguardo mentre spariva dentro la cabina. L’uomo chinò il capo. Rimase a lungo fermo lì, raccogliendo le forze necessarie ad alzarsi, rivestirsi, tornare nella propria cabina.

Non ci volle molto a Giulia per riuscire a coinvolgere Roberta. La trovò in cuccetta, le si stese accanto, le si strinse addosso e iniziò a toccarla. In breve, stavano limonando. In breve, erano nude e si toccavano le vagine.
Fu un amplesso lungo, delicato e ricco di sensazioni.


Capitolo 4 – Andrea

[Incontriamo un nuovo personaggio, Andrea. Proprio quando lui incontra Giulia. E Roberta…]

Il giorno seguente decisero infine di abbandonare la rada e dirigersi in porto. La decisione fu presa sostanzialmente da Angelina, la cui scelta venne silenziosamente e automaticamente ratificata dal marito. A convincere Angelina fu la conferma, ricevuta al cellulare, del fatto che sua madre e suo nipote Andrea erano giunti in vacanza in un paese vicino. L’occasione era giusta per incontrarli e non poteva essere perduta.
Salparono in tarda mattinata e procedettero pigramente, senza far correre il motoscafo. Non avevano fretta: si erano dati appuntamento con la nonna nel tardo pomeriggio e il posto in porto era già stato prenotato con una telefonata.
Pranzarono con dei panini e della frutta, informalmente, continuando la navigazione. A metà pomeriggio entrarono finalmente in porto, un po’ stanchi dalle ore di mare – liscio – e di sole.
Il porto era un marina privato ricavato tra i moli storici del paese, e aveva un suo fascino elegante. Barche ben più grandi della loro occupavano i posti più centrali, mentre il loro ormeggio era in una zona comunque dignitosa, direttamente sul pontile in pietra, a un paio di centinaia di metri dal centro del paese.
Della manovra di ormeggio si occupò principalmente Paolo, scambiando indicazioni con gli ormeggiatori, che li accompagnarono e aiutarono con un gommone. Il proprietario della barca, dall’alto del flyer, timonò e gestì i motori facendo ruotare e indietreggiare opportunamente la barca.
Angelina fece la sua parte, come era sua abitudine. In bikini marrone, un costume che rivelava tutto il suo essere sovrappeso e le grandi forme materne, con dei vistosi guanti in pelle gialla, stazionò all’angolo sinistro della poppa, con mezzo marinaio e cima d’ormeggio pronta al lancio.
Lo stesso fece Giulia, che si presentò come la sua alter ego. All’angolo opposto della poppa ma nella medesima posizione. Anche lei indossava un bikini, un bikini blu, con reggiseno senza spalline e a righe orizzontali blu e bianche. Molto più piccolo di quello della donna, perché molta meno era la carne da coprire: Giulia era abbronzata e magra, delicata al confronto di quella matrona. Anche lei indossava i guanti gialli destinati alle manovre, ma non aveva mezzo marinaio. Teneva le mani sui fianchi e osservava, pronta a intervenire con la cima d’ormeggio.
Al momento opportuno lanciò la cima all’ormeggiatore. Lo stesso fece poco dopo Angelina. Pur stando negli angoli opposti, avevano agito spontaneamente in modo coordinato e costruttivo e la manovra era riuscita bene. Paolo ripensò non poco a quella manovra.

La madre di Angelina, nonna di Roberta e suocera di Paolo, li raggiunse a bordo verso le quattro e mezza, accompagnata dal nipote Andrea. La nonna aveva oltre settant’anni, ma era un personaggio attivo e dal carattere deciso. Era abituata a comandare e mandare avanti una casa.
Quando salì a bordo salutò cordialmente, ma senza effusioni eccessive, la figlia e la nipote. Prima di salutare Paolo con i canonici baci sulle guance si fece presentare Giulia, perché il genero era ancora alle prese con l’ormeggio. Giulia era invece lì in pozzetto e l’anziana signora, il cui nome era Adele, rivolse l’attenzione su di lei.
– E questa signorina – disse, – ci presentate? – La nonna si fece avanti senza attendere risposte, porse la mano e si presentò. – Sono Adele, la nonna di Roberta. Tu sei una sua amica, immagino?
– Sì, mi chiamo Giulia – rispose lei, ricambiando la stretta di mano. La mano della donna, magra e dalla pelle da anziana, era però ferma, decisa nella stretta.
Quella donna suscitò simpatia in Giulia, e anche la ragazza sembrava essere piaciuta ad Adele.
Insieme a lei era salito a bordo Andrea, che Giulia salutò subito dopo, presentandosi anche a lui con una stretta di mano. Andrea era ancora un ragazzo, figlio della sorella di Angelina. Alto e magro, era timido ma socievole.
Giulia gli strinse la mano fissandolo contemporaneamente negli occhi con i propri occhi blu, sorridenti e volpini. Andrea le sorrise, ma quello sguardo lo colpì come una martellata.
Roberta lo aveva salutato allegramente, abbracciandolo affettuosamente, da cugina. Angelina gli aveva dato un bacio in fronte, informandosi su come andava la scuola.
Pochi minuti dopo, quando anche Paolo aveva raggiunto il gruppetto, Adele e Angelina si accomodarono in pozzetto per parlare con calma e bere qualcosa. Giulia colse l’occasione per proporre a Roberta:
– Noi andiamo a prua che prendiamo un po’ di sole?
Roberta annuì.
– Vieni con noi Andre? – aggiunse Giulia, coinvolgendo di punto in bianco il cugino di Roberta.
– Ok – fece lui con un’alzata di spalle.

Andarono a prua, sui prendisole. Le ragazze erano già in costume. Andrea indossava un’ampia t-shirt bianca, con il logo di una squadra di basket, e dei calzoncini costume azzurri con un disegno floreale bianco.
Si stesero tutti e tre sul prendisole, le due ragazze ai lati, lui al centro.
– Beh togliti la maglietta Andre, se no che sole prendi? – gli disse subito Giulia.
– Eh, sì sì – concordò lui un po’ impacciato. L’avrebbe comunque tolta, in realtà, ma lo fece subito.
Si stesero tutti e tre supini.
– È tanto che siete qui in vacanza? – proseguì il dialogo la mora.
– No, sono arrivato tre giorni fa con i miei… adesso loro sono rimasti su dove abbiamo la casa, e io sono venuto qui con la nonna qualche giorno.
– Ah ok. Gita con la nonna – scherzò Giulia.
– Sì – ridacchiò il ragazzino.
– La nonna ha un bel caratterino, ma è bello stare con lei – si intromise Roberta. Andrea si disse d’accordo.
Roberta e Giulia parlarono d’altro per qualche minuto. Poi Giulia tornò a interpellare direttamente il nuovo arrivato.
– Ma tu giochi a basket, Andre? – Lo chiamava familiarmente con un diminutivo inventato da lei stessa.
– Sì, un po’… cioè con gli amici, non in una squadra vera però.
– Ah ok… infatti sei alto. Poi si vede, hai i muscoli grossi per la tua età.
Andrea incassò, preso in contropiede.
– Eh… insomma – abbozzò.
In effetti, pur essendo alto e molto magro, il ragazzo aveva le spalle piuttosto larghe, e i muscoli del torace e delle braccia un po’ definiti. In particolare si distinguevano un accenno di bicipiti e di pettorali, e degli addominali un po’ segnati, pur sulla vita stretta. Erano le tipiche sproporzioni di un adolescente in piena crescita che fa dello sport. Giulia le trovava molto attraenti.
La ragazza ruotò su un fianco, girandosi così verso di lui. Piegò un braccio a reggersi la testa, l’altra mano l’appoggiò sul materassino proprio davanti al proprio petto. In quella nuova posizione incrociò lo sguardo di Andrea, che era ancora supino. Gli sorrise, con occhi che brillavano, e poi gli squadrò lentamente ed esplicitamente il torso nudo.
Roberta, stesa dall’altro lato, non vedeva, anche se sentiva.
– Non sei tanto abbronzato però. Sei ancora un po’ bianchino da città.
– Eh sì… – Andrea deglutì. – Sono qui al mare da poco…
– Sì però poi se usi questi costumi giganti non ti abbronzi più.
Giulia si riferiva ai calzoncini di Andrea, ampi e lunghi, che gli arrivavano fino alle ginocchia.
– Eh, vabbè…
– Scusa – incalzò lei – ti pare che noi usiamo dei costumi così? Non ci abbronzeremmo mai.
Mentre parlava Giulia scivolò in sù di qualche centimetro sul materassino, muovendo appena le anche. Una mossa discreta, che Andrea non poteva notare.
– Eh beh… no – ridacchiò Andrea.
– Guarda che differenza il tuo costume e il mio – lo invitò infine la ragazza.
Giulia rimase immobile, fissandolo in volto con il suo sorriso astuto, appena accennato. Andrea, impacciato, seguì automaticamente la sua indicazione, abbassando brevemente lo sguardo sul costume di Giulia.
Gli slip blu del suo costume, già piccoli, erano bassi. Si erano abbassati su entrambi i fianchi, in particolare su quello che appoggiava sul materassino. I fianchi della ragazza, affusolati e tondeggianti, magri e lisci, erano ben in evidenza: la loro nudità era interrotta soltanto dal discreto elastico degli slip.
Ma il fatto che gli slip fossero così abbassati apriva altre, nuove prospettive. Il bordo dell’indumento era sceso, ben più in basso che sul basso ventre. Si vedeva l’ultima parte degli addominali, laddove si restringevano, scendendo in mezzo alle cosce e confluendo nel pube.
Andrea, dalla posizione in cui era, vedeva molto. Vedeva il bordo degli slip leggermente sollevato sulla pelle, tenuto sospeso dalle cosce. Lo vedeva già basso, basso sul pube. Non seppe nemmeno riconoscere esattamente ciò che stava vedendo. Era bassissimo ventre o era… o era già il pube di Giulia?
Ciò che lo stupì, e lo bloccò per alcuni secondi – molto più del previsto – a fissare in basso, era quella pelle liscia, gradualmente più chiara verso il basso. La totale assenza di peli. Nell’ingenuità della sua giovane inesperienza si sarebbe aspettato di vedere dei peli, lì. Dei peli pubici. Come i suoi, del resto. Ma non c’erano. Eppure non c’erano dubbi, stava vedendo molto in basso… anche se non era certo che fosse già il pube. Dunque… la conclusione era una sola: Giulia era depilata.
Una volta giunto a quella certezza, non aveva però più riferimenti per capire cosa stava vedendo. Quanto in basso stava vedendo.
Ma di certo era qualcosa di anomalo, gli slip erano bassi, e lui stava vedendo molto.

Tutte queste riflessioni scaturirono in lui istintive e violente, e trattennero il suo sguardo in una direzione imbarazzante, inappropriata. Dopo diversi secondi riuscì infine a riprendersi e distogliere gli occhi da quella scena. Lo fece meccanicamente, in modo tutt’altro che naturale, alzando lo sguardo sul cielo, la testa dritta.
– Io mi abbronzo molto di più – concluse Giulia, apponendo un sigillo sul colpo appena messo a segno.
– Eh, sì – ridacchiò Andrea, incrociando rapidamente il suo sguardo ma subito distogliendo gli occhi nuovamente.
– Forse dovresti mettere anche tu uno dei nostri costumi – aggiunse la ragazza. – Così ti abbronzi bene.
– Eeh, vabbé… non credo che mi andrebbe bene – scherzò lui.
D’improvviso Giulia si rizzò, appoggiandosi sulle braccia distese raddrizzò il busto. In questo modo poté sporgere lo sguardo oltre il corpo di Andrea.
– Ròbe ma tu non dici niente??
– Che devo dire? – rispose Roberta, sorridendo.
Giulia intanto si assestò, scivolando ancora un po’ sul materassino con il fianco. Quest’ultimo movimento, a differenza del primo, non passò inosservato ad Andrea, la cui attenzione era inevitabilmente attratta, ormai, dal corpo di Giulia, e da una sua parte in particolare. Il ragazzo girò gli occhi e lanciò un’altra occhiata là in basso.
L’elastico degli slip, sul fianco che premeva contro il materassino, era scivolato ancora un po’ più giù. Gli slip si erano abbassati quindi un altro po’. Andrea vide, fra le cosce affiancate e al termine del ventre magro, raddrizzato, il basso ventre liscio e chiaro, ancora più scoperto di prima. La pelle liscia e priva di peli, più chiara, scivolava in basso, in mezzo alle cosce, profondamente, restringendosi a V. Appariva delicata e, nella parte più bassa, sembrava rigonfiarsi leggermente. Quando infine la pelle nuda terminava, al bordo degli slip, il rigonfiamento era ancora più netto, percepibile, e si iniziava a intravedere un leggero avvallamento centrale, un accenno di scissione.
Pur nella sua poca esperienza, Andrea si rese conto che era probabile che stesse vedendo, almeno in parte, il monticolo di Venere di Giulia.
Gli slip erano bassi e deformati, il tessuto molle, non in tensione come sarebbe stato se si fossero trovati al loro posto, nella posizione per cui erano progettati. Anche quello era un segno inequivocabile che non erano a posto, che erano pericolosamente più bassi di quanto avrebbero dovuto essere.
– Eh, non lo so – aveva risposto intanto Giulia, con aria finto-scocciata, – dì il tuo parere!
Roberta lanciò un’occhiata distratta ai calzoncini di Andrea.
– Secondo me è bello il costume che ha.
– Sì vabbè – fece Giulia, e ridiscese, tornando a stendersi sul materassino nella posizione di prima. Fissò Andrea negli occhi e commentò: – Non mi aiuta. È una battaglia persa.
Il ragazzino era scosso. Sorrise automaticamente alla battuta, confuso. Intuiva di dover stare al gioco, o comunque non sapeva come altro comportarsi, quindi seguiva la parte che gli era stata confezionata da Giulia stessa. I suoi pensieri però tornavano continuamente là, a quello che aveva visto. A quello che poteva vedere.
Di nuovo abbassò gli occhi, quasi fosse un movimento che non riusciva a controllare. Gli slip erano nella stessa posizione di un attimo prima. La stessa? Guardò solo per un istante, ma poi si interrogò sull’immagine mentale che ne trasse. Poco dopo lanciò un’altra occhiata – anche se già temeva di osare troppo – per chiarire ulteriormente i dettagli. Sì, era il monticolo di Venere quello che vedeva. Non poteva esserci dubbio. Era rialzato, leggermente prominente. E poi… possibile che ne vedesse anche la fine? Gli sembrava di distinguere una separazione, proprio al confine con gli slip… o era uno scherzo dell’immaginazione?
E comunque, possibile che fosse così liscio? Così liscia la pelle? Nemmeno un pelo… era depilata, depilata benissimo, con molta cura.
Ma soprattutto ciò che tormentava i pensieri di Andrea era la domanda: perché? Perché lo stava facendo? Se ne rendeva conto? Non le importava, non ci faceva caso? Lo faceva apposta? E perché? Era uno scherzo? O altro…?
– Poi, non voglio dire eh… – Giulia riprese a parlare, ed era ancora lo stesso argomento. – …ma se fai il bagno con quei calzoni, ti si inzuppano d’acqua. Vai a fondo.
– No vabbé… – fece spallucce lui.
Giulia mosse una gamba. Andrea aveva come dei radar posti ai margini del proprio campo visivo. Fissò lo sguardo sul suo volto, sui suoi occhi, ma la sua attenzione era tutta là, ai margini.
Giulia mosse la gamba che stava sopra. La piegò, spingendo avanti il ginocchio, e con la coscia si coprì il basso ventre. Il ginocchio si appoggiò al materassino. Sembrava un movimento fatto apposta per coprirsi. Coprirsi là.
Andrea guardò di nuovo il cielo. La sua mente era completamente piena e completamente vuota allo stesso tempo.
– Secondo me con un costume dei nostri nuoti meglio – sentenziò Giulia. Intanto si era portata una mano dietro al sedere, a sistemare qualcosa, forse per un prurito, forse per accarezzarsi. In realtà aveva preso gli slip per il fondo, sulle natiche, e li aveva tirati leggermente verso il basso.
Riportò la mano davanti a sé, nella posizione originaria. Andrea ruotò un’altra volta il capo verso di lei e incrociò il suo sguardo.
– …No? – gli chiese lei.
– Boh… forse – sorrise il ragazzino.
– L’unica è provare – sorrise Giulia.
Poi raddrizzò nuovamente la gamba. La riportò al suo posto, stendendola sopra l’altra, in tutta la sua lunghezza.
Era come un invito, molto esplicito. Andrea ci cascò, forse rendendosene conto almeno in parte. Ruotò gli occhi e guardò in basso.
Gli slip del costume adesso erano abbassati sul fianco superiore. L’elastico era perfino più basso sopra di quanto lo fosse sul fianco appoggiato al materassino. Il bordo degli slip, di conseguenza, era ancora più basso di prima. Molto più basso. Di almeno un paio di centimetri, forse di più.
Andrea vide il pube nudo di Giulia. Ne era certo, perché lì finiva tutto: vedeva chiaramente quello che ora poteva identificare come il monte di Venere. E vedeva dove terminava, in mezzo alle cosce. Le cosce erano vicine tra loro, ma non aderenti, almeno nella prima parte: si vedeva il vuoto in mezzo a loro, prima che iniziassero gli slip, e in quel vuoto si stagliava il monte di venere, glabro e chiaro, che terminava con un piccolo avvallamento proprio al centro, scindendosi in due parti. Lì, Andrea lo sapeva almeno vagamente, iniziava la vagina vera e propria. E tutto il pube di Giulia, nudo, era liscio e privo di peluria.
Il ragazzino non aveva mai visto ciò che stava intravedendo ora, se non in qualche rapida occasione in foto su Internet, insieme ad amici. Ma adesso era lì, era vero. Era una ragazza vera. E aveva la… cosa nuda. Almeno in parte, insomma.
– Vuoi provare?
Giulia lo stava ancora fissando in volto. Andrea se ne rese conto con sorpresa e rialzò gli occhi, incontrando i suoi. Oddio, aveva notato quindi che le stava guardando…?
– Non… lo so… – balbettò lui.
– No? Sei troppo affezionato al tuo costume?
Lo stava canzonando? Rideva di lui o con lui? Andrea non capiva… il sorriso di Giulia era enigmatico, e la situazione lo mandava in confusione totale.
– Ma dici che il mio ti entrerebbe?
La domanda lo paralizzò. Significava che doveva guardarlo? Come altro poteva valutare?
Andrea abbassò lo sguardo, questa volta esplicitamente. Non si soffermò a lungo, perché gli pareva comunque sconveniente… ma guardò, sapendo che lei sapeva e lo guardava.
All’inizio Giulia rimase ferma. Poi, quando lo sguardo di Andrea era chiaramente fisso là, piegò una gamba, sollevando la coscia. Questa volta la coscia non coprì: si sollevò meno, quando bastava in realtà ad allargare ulteriormente gli slip e offrire al ragazzo una prospettiva leggermente modificata del pube nudo.
Andrea fissava ancora. Giulia non aveva sperato che rimanesse in fissa così a lungo. Evidentemente l’effetto era magnetico, troppo forte, e lui non riusciva a distogliere gli occhi. Non diceva niente, e aveva le labbra chiuse.
La ragazza ne approfittò per un’ulteriore mossa. Raddrizzò la gamba, riportandola in pari con l’altra, esibendo nuovamente il pube con molta chiarezza. Quindi si portò una mano in basso, e cercò con le dita il bordo degli slip.
Naturalmente non lo trovò dove lo cercava. Allora chinò il capo e si guardò anche lei, fingendo sorpresa.
– Ops! – disse. Con le dita prese il bordino degli slip, praticamente sul fianco, e lo tirò in su, coprendosi un poco di più l’inguine. Non di molto, in realtà, perché il lato degli slip premuto tra il fianco e il materassino resisteva naturalmente nella propria posizione. Gli slip erano quindi adesso storti e sempre molto più abbassati del normale. Adesso si vedeva mezzo monticolo di Venere, mezzo inguine nudo.
Giulia alzò gli occhi su Andrea. Il ragazzo risollevò i suoi, incrociando lo sguardo di Giulia, e la trovò che sorrideva con un misto di imbarazzo e furba complicità.
– Forse a te non andrebbero – disse lei. Perché, si chiese lui?
Di nuovo il ragazzino abbassò lo sguardo e guardò là, cercando una spiegazione. Era lei a legittimarlo. Vide allora che la mano di Giulia, abbandonato il bordo degli slip, si infilava lungo il basso ventre, oltre il bordo degli slip. In parte dentro gli slip stessi. La mano coprì parzialmente l’inguine nudo, proprio sul monticolo.
– Boh… – commentò Andrea. Quello che emise fu un mormorio, anche se non lo aveva previsto.
– Sono troppo piccoli – spiegò allora Giulia. – Non hanno la forma adatta a un maschio.
Così dicendo, sotto lo sguardo fisso di Andrea, mosse la mano, gonfiando con il dorso gli slip. Nel farlo li allontanò dall’inguine, scoprendolo, in sostanza, del tutto. Nel gonfiare gli slip, per simularne il riempimento, li sollevò allontanandoli dal proprio inguine nudo, che rimase ancora più scoperto di prima.
– Dovrebbero essere così – commentò semplicemente.
– Sì vabbé… – commentò invece Andrea, con una smorfia che poteva essere un tentativo di sorriso. Giulia lo raccolse al volo, senza cambiare posizione.
– No? Troppo gonfio? – chiese, con un sorriso malandrino.
Lui le stava vedendo l’inguine nudo, e questo era ciò che la soddisfaceva.
– Eh… forse un po’ sì… – disse lui, senza distogliere gli occhi.
Giulia chiuse prontamente la mano a pugno, posandosela sul pube, e ne fece emergere soltanto il pollice. Il dito ritto sollevò il tessuto degli slip come fossero una tenda.
– Così? – chiese. Andrea rise alla battuta.
– Non lo so, dimmelo tu – incalzò infine lei. – Fammi vedere.
Così dicendo ritirò la mano dagli slip, che rimasero scostati con mezzo inguine nudo, e la posò sul materassino lì accanto.
– In che senso..? – chiese Andrea, guardandola disorientato.
– Fammi vedere come starebbero.
La ragazza allungò la mano e gli prese il polso, avvicinando la sua mano al proprio inguine. Lo fece con delicatezza ma con decisione. Lasciò la presa quando la mano era a pochi centimetri dall’inguine.
Andrea, prevedibilmente, tentennò.
– Boh… – mormorò ancora.
– Dai! Fammi vedere! – lo incitò lei.
Il ragazzo, dopo una pausa di riflessione, allungò la mano verso gli slip. Ne prese il bordo tra le dita, con estrema delicatezza, facendo attenzione a non sfiorare la pelle di Giulia. Li sollevò, tirando il bordo elastico, di un paio di centimetri. Lì si fermò, immobile, gli occhi fissi sulla scena di cui era diventato attore partecipante.
– Solo? – chiese semplicemente Giulia. Il ragazzino sorrise e tirò un po’ di più il costume elastico.
Giulia allora si mosse, fece scivolare in avanti entrambe le cosce, piegando le ginocchia, e ruotò leggermente avanti anche il bacino. Assecondando la trazione esercitata dalle dita di Andrea, gli slip elastici si mossero, scivolando lungo i fianchi della ragazza. Lei fece pressione con i piedi, sollevando leggermente il fianco che premeva contro il materassino e liberando così definitivamente il costume. Gli slip seguirono allora fedelmente le dita del ragazzino, scivolando oltre i fianchi della ragazza e lungo l’inizio delle sue cosce, abbassandosi. Di fatto, Andrea glieli stava sfilando.
Il ragazzo rimase immobile, come paralizzato da ciò che stava accadendo. Gli slip si erano arrestati all’inizio delle cosce di Giulia. La ragazza sollevò un altro po’ le ginocchia e rimise il bacino nella posizione di prima, spingendo indietro il sedere: gli slip scivolarono così di altri centimetri lungo le cosce nude e lisce. Alla fine giunsero quasi alle ginocchia. Glieli aveva tolti.
– Così tanto? – chiese Giulia. Sorrideva, e aveva parlato piano, con voce bassa.
– No… – mormorò Andrea, ritraendo a quel punto la mano, quasi spaventato da ciò che, si rese conto, sembrava aver fatto lui stesso.
Appena libera dalle dita del ragazzino, Giulia fece scivolare in basso le ginocchia, raddrizzando le gambe. Gli slip si spostarono insieme alle ginocchia, rivelando tutta la distanza percorsa: si allontanarono drasticamente dal ragazzo. Ed erano drammaticamente lontani ormai dall’inguine.
L’inguine di Giulia era nudo. Andrea lo vedeva in sostanza come prima, dalla posizione in cui era: il monticolo di Venere, liscio e chiaro, paffuto, e la coda di rondine con cui terminava. A differenza di prima vedeva adesso anche le cosce, interamente nude fino alle ginocchia.
Giulia cambiò posizione. Con un sospiro, come a dichiarare il gioco finito, ruotò supina, stesa sulla schiena e sul sedere. Le gambe nude si distesero in tutta la loro lunghezza, leggermente divaricate, anche se gli slip alle ginocchia non le permettevano di allargarle più di tanto.
Il suo pube glabro e nudo si ergeva al sole in mezzo alle cosce. Il monticolo di Venere era adesso ancora più evidente, con il suo leggero ma indiscutibile rigonfiamento. Andrea non finiva di stupirsi di quanto apparisse liscio e delicato.
– Meglio se non te lo do, forse. Va a finire che me lo strappi.
– Scusa… – mormorò incoerentemente il ragazzino.
– Figurati.
Giulia si portò una mano all’inguine, lo coprì col palmo, stese le dita sulla vagina e ne divaricò le labbra. Andrea, dall’alto, poteva vedere solo parzialmente quei movimenti. Lei portò all’inguine anche l’altra mano, stese due dita, medio e anulare, e le infilò enfaticamente fra le labbra della vagina. Nel farlo non nascose, anzi forse accentuò, un breve tremito in tutto il corpo, e contrasse visibilmente gli addominali.
La ragazza ritrasse l’altra mano, quella che aveva aperto la strada, e rimase con due dita infilate in vagina, ferme o muovendole lentamente. L’altro braccio lo stese, come se stesse normalmente prendendo il sole.
Andrea non sapeva che dire, ma le lanciò altre occhiate. Non riusciva a smettere. Giulia, pur avendo il viso rivolto verso il cielo, se ne accorse e seguì i suoi movimenti e sguardi. Dopo un minuto estrasse le dita dalla propria intimità, allungò la mano verso Andrea e gli riprese un polso.
La ragazza portò il braccio un po’ rigido ma inerme di Andrea verso di se. Gli avvicinò la mano al proprio inguine. L’abbassò, e ve la posò sopra. Per la prima volta il palmo di Andrea prese contatto con la pelle liscia e tiepida dell’inguine nudo di Giulia.
Giulia coprì la sua mano con la propria, cercò le sue dita e le premette, indirizzandole, fra le proprie labbra vaginali. Fece sì che le due dita centrali del ragazzino si aprissero la strada fra le labbra umide e morbide, e penetrassero nella calda vagina. Quindi gli lasciò la mano e stese il braccio accanto a sé, come l’altro.
Andrea si trovò, immobile come pietra, ad avere un braccio disteso e la mano appoggiata sulla calda intimità esposta della ragazza, con due dita profondamente affondate fra le floride labbra della sua vagina. Non aveva mai nemmeno sfiorato una vagina femminile fino a quel momento. Non sapeva nemmeno bene come fosse fatta. E ora vi teneva due dita dentro, e la sentiva nella propria mano. E la vagina di una ragazza figa più grande di lui, per giunta.
L’erezione di Andrea era al massimo, ma per fortuna gli ampi calzoncini la mascheravano bene, e lui stesso era tanto disorientato da non accorgersene neppure. Tutta la sua mente era concentrata sulle sensazioni di quella mano e sui pensieri di cosa dovesse, potesse, non dovesse fare. Giulia era una sfinge, muta, gli occhi chiusi, immobile. Andrea per un po’ rimase fermo, poi azzardò: mosse leggermente le dita. La ragazza non sembrò avere reazioni. Dopo un po’ lui le mosse di nuovo, sentendo con i polpastrelli quella strana, morbida e umidissima cavità calda.
Giulia questa volta si mosse.
La mora fece un debole mugolìo, poi sollevò le ginocchia e contemporaneamente rimise una mano sopra quella di Andrea. Le cosce, sollevate, si strinsero sulla sua mano, e le dita di Giulia premettero quelle del ragazzo, invitandole a muoversi. Giulia mosse anche il bacino, premendo leggermente contro la mano del ragazzo, e iniziò a sospirare piano.
Andrea seguì le indicazioni silenziose, muovendo le dita un po’ a caso. Sentiva il corpo di Giulia rispondere, la vedeva eccitarsi e attivarsi al suo tocco. Ne era affascinato e sconvolto. Cosa le stava facendo? La stava…?
Giulia iniziò a mugolare. Adesso erano mugolii e gemiti emessi a labbra chiuse, ma forti, distinguibili. Anche i movimenti del bacino erano evidenti, e il rumore delle sue chiappe nude che si staccavano e si riappoggiavano sui materassini. Premeva con forza le dita di Andrea, che rispondeva scavandole la vagina. Ma nel ragazzo corse anche un brivido di paura, perché a quel punto ciò che accadeva non era decisamente più segreto.
Roberta, accanto a lui, si sollevò sulla mani e guardò dalla loro parte. Vide subito tutta la scena. Rimase immobile, non disse nulla. Andrea non ebbe il coraggio di guardarla, e comunque era troppo preso da ciò che stava accadendo a Giulia, quello che lui (lui!) le stava facendo.
Giulia aveva aperto la bocca e oltre ad ansimare vistosamente, adesso gemeva e si lamentava a intervalli regolari. La sua voce rotta e i suoi gemiti acuti erano terribilmente sexy. Avrebbero fatto girare la testa al ragazzino anche da soli. Ma erano accompagnati da quel corpo meraviglioso e seminudo che si muoveva flessuoso e inebriato, si contraeva sotto le sue mani. Da quella vagina fradicia e calda che si stringeva attorno alle sue dita, sfregandosi vogliosa.
Andrea ebbe una polluzione, per fortuna non vista e di cui nemmeno lui si accorse consciamente: la visse soltanto come un sussulto e una breve assenza di fiato, ma un attimo dopo il suo giovane amico era di nuovo pronto sull’attenti.
Giulia ruotava la testa da un lato e dall’altro, ed emise dei gemiti più forti, seguiti da un: – Mmmmm…. sìì!….

A quel punto Roberta intervenne.
– Giulia – disse, semplicemente, ad alta voce e con tono deciso.
Giulia si fermò subito. Sollevò leggermente il capo, guardò l’amica, poi guardò sé stessa e Andrea. Prese la mano del ragazzino per il polso e gli sfilò le dita dal proprio intimo.
– Andrea! – gli mormorò, con tono di rimprovero, allontanandogli gentilmente la mano. – Non giocare con la mia vagina – concluse, con un sorriso ambiguo.
Liberatasi della mano del ragazzino si alzò a sedere, raggiunse gli slip e li risollevò, sollevandosi sulle natiche per rimetterli al loro posto. Poi prese una bottiglietta d’acqua che aveva portato con sé.
Mentre svitava il tappo scrollò le spalle rivolta verso Roberta. – È giovane – le disse. – Si è eccitato e non si è trattenuto.
Poi bevve, richiuse la bottiglietta e si stese nuovamente al sole, con un sospiro soddisfatto.
Anche Roberta tornò a stendersi senza dire altro. Soltanto Andrea era rimasto rigido e teso, in mezzo a loro, con le braccia lungo i fianchi e un rigonfiamento ora evidente sui calzoni, circondato da una macchia di bagnato.

Rimasero al sole per un altro quarto d’ora abbondante. Andrea si calmò a poco a poco, regolarizzando il respiro, ma non si rilassò. Era teso e preoccupato per le conseguenze di ciò che aveva fatto, e al tempo stesso non riusciva a smettere di pensarci. E Roberta? si chiese. Cosa c’entrava? Perché è intervenuta? E che cosa ha pensato quando ha visto tutto questo? Anche lei…? No… questo era un pensiero assurdo!
Alla fine Giulia decise che aveva preso abbastanza sole. Si stirò, poi ruotò a pancia in sotto e si alzò a gattoni. Prima di alzarsi del tutto avvicinò la bocca all’orecchio di Andrea.
– Maialino… – gli sussurrò, – magari capiterà ancora.
Poi si alzò, troneggiando su di lui nel suo fisico magro, slanciato e seminudo. Raccolse le proprie cose.
– Vado a farmi una doccia. Roby la fai con me?
– No… – mugugnò Roberta. Andrea pensò a quella strana proposta. Era uno scherzo o cosa?
– Andrea no… – disse poi Giulia sorridendo, – altrimenti finisce che mi ritrovo incinta…
– Dai!… – la ammonì Roberta con una smorfia.
– Ok, ok… – Giulia all’improvviso si chinò in avanti e afferrò il costume di Andrea per i bordi – ma togliti almeno questi, che sei tutto macchiato!
Così dicendo tirò in giù il costume. Andrea era magro, e Giulia con la sua forza riuscì a sollevarlo leggermente e abbassargli d’un colpo i calzoncini, trascinandoli fin oltre le ginocchia. Poi si raddrizzò e, soddisfatta, si girò e andò via.
Il pene di Andrea si ergeva nudo, ritto e roseo in mezzo alle cosce pallide, sorgendo dal cespuglio di peli castani e ispidi del pube. La sua erezione non poteva essere nascosta, né lui ebbe la presenza di spirito di nasconderla: si guardò lui stesso, sbalordito, il membro rigido, scappellato, e la cappella rossa e umida che oscillava in aria, al sole.
Anche Roberta, stesa accanto a lui, glielo guardò. Era rimasta anche lei senza parole, di nuovo.
Andrea girò la testa a guardare sua cugina.
– S…scusa – mormorò.
Roberta incrociò brevemente il suo sguardo, poi tornò a guardargli il giovane pene. La cugina maggiore scrollò le spalle.
– Sei tutto bagnato – commentò, e allungò una mano. Con un dito raccolse una chiazza di sperma che gli era colata sui peli. Nel farlo gli sfiorò il fianco del pene.
– Scusa… – mormorò ancora lui.
Di nuovo Roberta scrollò le spalle. – Non devi scusarti. È stata lei. Ha fatto un po’… la stupida.
Roberta gli guardò ancora il pene, non molto grande. Come guidata da un’intuizione, d’un tratto allungò nuovamente la mano. Questa volta glielo prese delicatamente fra le dita. Tirò verso il basso la pelle e completò lo scappellamento.
Andrea inspirò, sorpreso e scosso. I muscoli gli si contrassero involontariamente, sull’addome e altrove, e un piccolo fiotto di sperma eruttò dalla cima del pene, facendoglielo contrarre tutto.
Lo sperma ricadde sulle dita di Roberta e fra i peli pubici già sporchi del ragazzo.
– Scusa! – disse subito lui, quasi senza voce.
Roberta aveva socchiuso le labbra, sorpresa. Ora gli sorrise. Incrociò il suo sguardo. Fissandolo negli occhi, la cugina frizionò ancora il pene, con un movimento lento ma continuo.
Il ragazzino ansimò, gemette e poi venne, questa volta ripetutamente e con forti spasmi muscolari. Roberta lo accompagnò durante tutto l’orgasmo, continuando a massaggiargli il pene, svuotandolo del poco sperma che ne usciva, finché non fu lui, ormai piegato su sé stesso, ad allontanare la mano della ragazza, sua cugina, dicendo:
– N… no… basta… mi… mi fa male!…
Roberta ritrasse la mano e rimase a osservare il cuginetto, ansimante e che si teneva il pene, contratto.
– Scusa – mormorò questa volta lei.
Lui non rispose, limitandosi a respirare forte. Guardava in basso. Era profondamente imbarazzato, non sapeva neanche lui bene perché.
Roberta attese solo qualche istante, poi si pulì sommariamente la mano sull’asciugamano, ruotò su sé stessa e si alzò. Raccolse le sue cose e si fermò a dare un’ultima occhiata al cuginetto.
– Vado in pozzetto. Ti aspettiamo di là… quando vuoi.
Così detto se ne andò e lo lasciò solo coi suoi demoni.



(THE END)

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About Carol89

Mi chiamo Carol. Mi piace questo nick perché suona come Carroll, quello di Alice. Non mi piace presentarmi Mi piace scrivere liberando la fantasia. Nei racconti mi piace la progressione, la cura dei particolari… e naturalmente, al momento opportuno, forte erotismo e sesso. Questo sito, Venere e il Sole, nasce da una mia fantasia. Se volete parlare di racconti, miei o vostri o di altri, il mio indirizzo è: carol1989@yandex.com. Se volete un racconto scritto su misura per voi, la realizzazione di una vostra fantasia… i miei servizi sono descritti qui.

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