Sarah
di Suve
– Marine Sarah O’Connor a rapporto signor tenente –
– Riposo marine –
Il tenente Deirdre O’Reilly del quarto reggimento marine, di stanza in una piccola cittadina irachena, alza gli occhi e prende il fascicolo che il soldato davanti al tavolino le porge.
Osserva con attenzione la figura in divisa da combattimento. Anche così infagottata, nessuno può dubitare che sia una donna. Dall’elmetto fanno capolino due riccioli rosso ramato, l’ovale del viso racchiude lineamenti delicati e due splendidi occhi verdi. L’espressione è seria, come deve essere quella di un soldato che si presenta al suo superiore. Poco dopo appare l’accenno di un sorriso mentre attende:
“Bella… credo che mi darà problemi con tutto il testosterone che circola nella compagnia”
Il pensiero si affaccia spontaneo nel tenente mentre legge le note personali della nuova recluta.
– Prima missione vedo. –
– Si Signora –
– E di origini irlandesi… –
– Mio nonno Signora. –
– Anche il mio… marine da tre generazioni leggo. –
– Si Signora, è tradizione di famiglia. –
Fa caldo sotto la tenda in cui sono, un caldo a cui il tenente non si è mai abituata e che sopporta con rassegnazione, diversamente dal soldato davanti a lei che pare fresca come una rosa nonostante il viaggio di due ore in elicottero.
– Bene, la assegno al terzo plotone, sergente Marciano. Si presenti a lui e benvenuta in Iraq marine –
– Grazie Signora, felice di essere qui –
“Felice… aspetta un paio di settimane e ne riparliamo”
Ancora un pensiero inespresso accompagna l’uscita di Sarah e già il tenente non bada più a lei.
Anche il sergente Marciano non le dedica più tempo del necessario, incaricando il caporal maggiore Rita Cooper di indicarle la tenda che dividerà con lei.
– Sistemati lì, c’era una marine che è rientrata per fine incarico. –
– Bene, mi dici come funziona qui? –
Brevemente, il caporale ragguaglia Sarah su orari, abitudini, uso mensa e docce.
– Sei nella mia squadra, che esperienza hai di combattimento? –
– Nessuna a parte l’addestramento, ma non ho paura. –
– Nessuno ce l’ha finché non sente le pallottole fischiargli vicino. Vedremo. Stanotte sei di pattuglia con me, vedi di non deludermi. –
– Non lo farò Signora. –
– Signora è per gli ufficiali, chiamami Rita. –
– Ok Rita, non ti deluderò. –
Nel pomeriggio Sarah viene presentata agli altri membri della squadra, sei uomini e due donne.
– Man mano conoscerai il resto del plotone, ma questi sono quelli assieme ai quali rischierai la pelle. Conta su di loro e non dimenticare mai che loro contano su di te. E adesso un’ora di combattimento a mani nude, vediamo cosa sai fare. –
Nell’ora seguente Sarah dimostra di essere più che addestrata, mettendo a tappeto i tre uomini con i quali si confronta. L’ultimo, il caporale Jack Bauer, si rialza applaudendola a scena aperta. Non c’è spazio per invidie od orgoglio, sono tutti contenti di vedere che la nuova camerata sa battersi.
– Brava, devi insegnarmi quell’ultima mossa. Dove hai imparato? –
– Ho fatto judo al college prima di arruolarmi. –
– Basta complimenti, ci sarà tempo i prossimi giorni. Andate a lavarvi e prepararvi, cena e poi briefing alle 21 prima di uscire. –
Rita rimprovera i “suoi” ragazzi sorridendo, anche lei è lieta di vedere che la nuova sa come fare, anche se aspetta il battesimo del fuoco prima di valutarla appieno. Sono sei mesi che condivide sudore, polvere e fatica con quelle persone, e finora sono riusciti sempre a cavarsela senza un graffio tutti quanti. E’ affezionata a loro, è la sua “famiglia” in iraq.
Quando gli humvee li lasciano all’inizio della zona da pattugliare, la squadra di Rita procede nella notte, aiutandosi con i visori notturni, verso poche case intorno ad un incrocio. Camminano in silenzio, attenti ad ogni rumore sospetto, guardandosi intorno. Solo Rita parla, a bassa voce, comunicando con l’operatore del drone che li appoggia dall’alto.
– Pare tutto sgombro ma… attenzione, all’infrarosso ci sono una ventina di soggetti diretti verso di voi da ovest. –
– In fretta, trinceratevi dietro le mura, arrivano da ovest –
Rita da gli ordini e si apposta a sua volta dietro un muretto, il fucile carico e pronto, guardando nella notte col binocolo ad intensificazione di luce
– Contatto visivo… confermo, 18 insorgenti armati di AK-47 e due, no tre lanciarazzi. Non paiono sospettare nulla. Pronti ragazzi, lancio un razzo illuminante, via i visori. –
Il bengala sale alto illuminando a giorno la zona ed il gruppo di persone che, sorprese, cominciano a correre verso le casupole. Qualcuno deve averli scorti perché apre il fuoco nella loro direzione. E’ facile per i marine rispondere e colpirne diversi prima che si possano gettare a terra o riparare sul terreno sconnesso.
– Risparmiate le munizioni. Drone… i soggetti sono ostili, ripeto, i soggetti sono ostili. Puoi intervenire? –
– Rita? Sono il tenente O’Reilly, tenete giù la testa, il drone lancerà un missile. Mantenete la posizione. –
L’aria calda della notte è squassata dallo spostamento d’aria dell’esplosione a meno di 100 metri dai marine. Il rumore fortissimo li assorda, le telecamere dei caschi riprendono il lampo immane dell’esplosione. Sarah tarda ad eseguire l’ordine e si ritrova a terra, al riparo del muretto, solo grazie a Jack che le è balzato addosso buttandola giù.
– Squadra… bersaglio colpito, cinque figure si stanno ritirando, gli altri paiono immobili. –
L’operatore del drone ragguaglia la squadra a terra.
– Rita? Stanno andando via, ma possono tornare con i rinforzi. Rimanete lì dove siete, domattina vi manderò due squadre di supporto e gli humvee a recuperarvi. O’Reilly chiudo. –
Sembra tutto tranquillo ma all’improvviso, dal buio, una pallottola sibila vicino a Sarah che si accuccia al riparo. Una raffica fa eco dal fucile di Jack Bauer uccidendo un uomo, ferito dallo scoppio del missile, che li ha presi di mira.
– Sarah? Tutto bene? –
– Sì, io… ATTENTO! –
Jack si volta e fa in tempo a vedere un’altra figura accasciarsi sotto il tiro preciso del fucile di Sarah. I due si guardano ringraziandosi silenziosamente. Una veloce ricognizione rivela che non vi sono più pericoli dai corpi disseminati sul terreno.
– Bene ragazzi, stanotte la passiamo qui. Turni di guardia di due ore a doppia coppia: Bauer e O’Connor lato ovest dietro quel muretto; Moon e Mallory lato sud, svegliatemi per il cambio. Gli altri cerchino di dormire dentro quella casa. –
Date le disposizioni, Rita si avvicina a Sarah.
– Come ti è sembrato il primo scontro a fuoco? Paura?. –
– Sì Signora… Rita, ma anche una sensazione strana: Non so se pentirmi di aver ucciso o essere felice che lui non abbia ucciso me. –
– Ci farai l’abitudine ma già hai capito: o noi o loro, non ci sono vie di mezzo. Se non uccidi muori, non c’è tempo per scrupoli. –
– Sì ma c’è altro. Non so se è per l’essere stata vicina alla morte ma… non mi sono mai sentita così viva –
– Anche a questo farai l’abitudine, è l’adrenalina che circola. Qui si vive alla giornata e si prende tutto quel che può darci perché… non hai la sicurezza di esserci domani. Adesso vai al tuo posto e svegliami tra due ore. E ricordati sempre che l’obbedienza deve essere immediata per il tuo bene. Quando urlo “a terra” mi aspetto che tu ti ci butti… ho visto te e Jack. –
– Ok capo. –
Nel buio, a due metri da Jack, alternandosi con lui nell’osservare col binocolo notturno il paesaggio circostante, attenti ad ogni eventuale movimento, Sarah ha modo di ripensare alle parole di Rita. Non tanto al rimprovero, sa di essere in torto e ha già deciso di fare meglio, ma alle altre. Nella sua vita non ha mai badato molto al domani, nella logica del “carpe diem”, ma mai aveva vissuto situazioni simili all’attuale in cui il “domani incerto” non è un eufemismo.
Con l’adrenalina che ancora le scorre nelle vene. rivive i momenti appena trascorsi, il breve conflitto a fuoco, ill sibilo delle pallottole che fischiavano vicine, il rombo dell’esplosione e l’aria rovente che l’ha investita.
La figura che crolla sotto i suoi colpi.
Ha l’impressione che la pelle le frizzi e prova una una voglia terribile di fare l’amore per rinnovare, nell’istinto riproduttivo, l’eterna lotta tra vita e morte.
I suoi movimenti si fanno più morbidi, più suadenti mentre si avvicina al commilitone intento a scrutare a distanza con il binocolo. E’ un bel maschio alfa Jack, e Sarah non ha un fidanzato a cui rendere conto (né si è mai fatta troppi problemi a prendere chi le piaceva).
Sentendosi toccare il braccio, Jack si gira verso Sarah, le vede un sorriso invitante sul volto.
– Jack, mi sento… strana. E’ normale? Ho tutto un formicolio addosso –
Jack ha più esperienza di lei nei combattimenti, conosce quella sensazione avendola provata più volte. Anche in quel momento sente un senso di calore all’inguine, la voglia di sfogare in un morbido corpo femminile l’ansia e la paura dell’orrore appena cessato.
Però sa anche che distrarsi mentre si è di guardia è il miglior metodo per tornare a casa in una cassa di alluminio.
A malincuore le impartisce una lezione di sopravvivenza:
-
Sarah… qui non ti puoi mai distrarre, specialmente adesso. –
Il calore che si sente dentro la fa essere esplicita:
– Non ci vede nessuno Jack, e io sto bollendo… –
– Non è questione di disciplina Sarah, è questione di sopravvivenza. Non rischi una punizione, rischi una pallottola o un coltello nella schiena. –
Messo da parte ogni indugio, Sarah gli si fa più vicina, a pochi centimetri, addossandosi al corpo di lui, la mano che scorre sul cavallo dei suoi pantaloni, dimentica di ogni cosa che la circonda.
– Mi sono svegliata prima del previsto, O’Connor vai a cercare di dormire, ti sostituisco io fino allo scadere delle due ore. –
Rita, avvicinatasi senza far rumore, fa sobbalzare i due e Sarah, con aria colpevole, si allontana verso la casa.
Jack e Rita restano a guardare all’esterno per qualche minuto in silenzio.
– Rita, Sarah non ha esperienza, non voleva veramente… –
– Sì che lo voleva Jack, lo so io e lo sai anche tu. Ci siamo passati tutti o quasi, e solo con l’esperienza imparerà che c’è tempo e luogo per ogni cosa quaggiù. Non ho nulla in contrario allo sfogo fisico delle emozioni ma non quando la vita tua e dei tuoi compagni dipende dalla tua concentrazione. –
Rita ci ripensa un istante e poi prosegue.
– Tu stavi facendo bene, e non credo che avresti ceduto. Però, se vuoi, raggiungerla adesso, io posso fare la guardia da sola per un po’. –
– No, come hai detto tu c’è un tempo per ogni cosa. –
Rita batte la mano sulla spalla dell’uomo. Non c’è più bisogno di parole tra di loro che ne hanno condivise tante, compreso lo “sfogo fisico delle emozioni” come chiamano quella sensazione primordiale dell’essere sopravvissuti che esalta la libido. Nulla di impegnativo, un consolarsi e confortarsi a vicenda tra due che si piacciono, ma solo quando la sicurezza di tutti è garantita.
-Sarah, ti devo parlare –
– Dimmi Rita –
Nella tenda che condividono, rientrate alla base dopo la notte in prima linea, le due donne si siedono sulle brande guardandosi negli occhi.
– Questa notte sei stata vicina a farti uccidere –
– No, che dici? Ho sentito le pallottole passarmi vicine ma non così vicine –
– Non quello, intendo tu e Jack –
Sarah abbassa lo sguardo, sa bene cosa intende Rita.
– Non fraintendermi, pulsioni del genere sono normali dopo che hai rischiato la pelle. Anche io e un po’ tutti le proviamo ogni volta, però è importante saperle dominare, sapere quando è il momento di lasciarsi andare. Tu hai il ragazzo? –
– No… ci siamo lasciati quando sono partita –
– Un impiccio di meno. Quel che voglio dirti è che qui è particolare, la morale assume un valore differente ma ci sono alcuni paletti imprescindibili. –
– Quali? –
– Primo: Mai distrarsi, per nessun motivo, quando sei in servizio. Da te dipende non solo la tua vita ma anche quella degli altri. Quindi se sei di guardia morditi la lingua, pensa alle rate della macchina, qualsiasi cosa meno che… mi hai capito. Secondo: quando non sei di servizio puoi sfogarti come meglio credi: ti puoi chiudere nel cesso e masturbarti, oppure prendere al volo qualche bel ragazzo e fartici un giro. Però c’è chi ha legami a casa e per evitare guai è meglio lasciarli stare. Terzo: non innamorarti: I sentimenti ti distraggono, non ti rendono serena, obiettiva. In altre parole fai quel che ti pare ma mai qualcosa che possa mettere a repentaglio i tuoi compagni o te stessa. Chiaro? –
– Sì Rita. Scusami, hai detto che anche tu… tu come fai? –
– Vuoi sapere come? Vieni con me e te lo mostro. –
Per la successiva ora le due donne sudano in palestra facendo esercizi e sollevando pesi sempre maggiori, fino a sentirsi esauste, fino a quando il loro desiderio si limita ad una doccia ed una branda per dormire.
La sera Sarah è di guardia al campo. Nelle due ore pensa ancora alla sera precedente, ai momenti in cui il tempo le è parso rallentato mentre premeva il grilletto e lo sconosciuto cadeva a terra. Camminando lungo il perimetro interno sente l’aria quasi fresca sul corpo accaldato. Si sente ancora eccitata, d’altronde è un mese che non fa sesso “Accidenti, non credo sia opportuno mettermi a fare pesi a quest’ora. Vuoi vedere che mi toccherà masturbarmi?” Pensa per un istante di andare a cercare Jack, o anche di circuire il marine sconosciuto che incrocia ad ogni giro. Solo le parole di Rita la fermano dall’attuare il proposito.
A notte fonda, quando viene rilevata, si dirige verso la sua tenda. Passando vicino al serbatoio d’acqua, alto sui sostegni d’acciaio, incontra Jack che è, anche lui, appena smontato da un altro servizio. Istintivamente rallentano entrambi. E’ dalla sera precedente che non si incontrano.
– Ciao, non ti ho ancora ringraziato per avermi salvato la pelle –
– Neanche io a te. Siamo pari. –
Sono fermi l’uno davanti all’altra. Esitante, Sarah chiede:
– Hai una ragazza? Qualcuno che ti aspetta? –
– No, io… –
Non ha tempo di finire la frase Jack, Sarah l’ha preso per mano e tirato verso l’angolo buio sotto il serbatoio, gli si avvinghia addosso schiacciando le labbra sulle sue, toccandolo all’inguine con energia. In fretta, si spogliano del giubbotto antiproiettile, della giacca mimetica. Non c’è tempo né voglia per preliminari o tenerezze, c’è un istinto primitivo da soddisfare per tutti e due. Jack fa voltare Sarah, la fa appoggiare al metallo tiepido del sostegno, le tira giù i calzoni e le mutandine, fa altrettanto con se stesso ed è dentro di lei. Con un solo colpo, provando un principio di fastidio entrambi per la non perfetta lubrificazione, lui la penetra fino a che inguine e natiche non si toccano. Resta fermo sentendo la calda morsa della figa di lei che lo stringe, i muscoli interni che si contraggono massaggiandolo. Esce e rientra, un gemito gli sfugge, un gemito che copre nascondendo la faccia sulla spalla di Sarah, riempiendole il collo di baci, sentendosi tirare la testa dalle mani di lei. E’ un coito frettoloso, volto al solo scopo di raggiungere in fretta l’orgasmo, l’appagamento, e dura poco per entrambi. In un ultimo barlume di lucidità Jack chiede a Sarah se può venirle dentro, non ha nemmeno pensato ad usare un profilattico.
– Sì, vienimi dentro… riempimi. –
La voce arrochita dall’eccitazione della ragazza lo spinge oltre il limite. Si morde le labbra per non urlare mentre le fiotta dentro di gusto il proprio seme riempiendole la vagina, avvertendo le dita di lei che gli sfiorano l’asta mentre carezzano il clitoride, e poi i suoi spasmi, la stretta calda dei suoi muscoli, il mugolio strozzato che annuncia il suo orgasmo.
Nascosta nell’ombra a Rita non è sfuggito nulla. Stava rientrando anche lei in tenda, passando dall’altra parte del serbatoio non vista. Da pochi metri assiste all’incontro bollente illanguidita, preda di una forte emozione che le fa chiedere al Cielo di essere a casa, vicino al marito. Inascoltata, aspetta che i due si separino e poi rientra in tenda.
Lì la trova Sarah arrivando dopo essersi lavata. Seduta sulla branda, in pantaloncini corti e maglietta, senza reggiseno, i capezzoli che sporgono dalla stoffa, Rita guarda la compagna mettere a posto l’attrezzatura, cominciare a spogliarsi. Man mano che la stoffa cade e il bel corpo della ragazza appare ai suoi occhi, pensa che è veramente bella.
– Aaaahhhh, non vedevo l’ora di togliermelo –
Sarah si stira dopo essersi tolta il reggiseno a fascia che usa sotto la divisa. I suoi seni sodi svettano, la pelle bianca luccica alla luce della lampada, e Rita non riesce a staccare gli occhi, immaginando di toccarli, carezzarli, suggere quei capezzoli erti. Quando Sarah è rientrata Rita ha avuto un moto di disappunto: si stava per mettere in branda, con la mezza intenzione si toccarsi velocemente per togliersi quel desiderio che le striscia dentro. Adesso è ipnotizzata dal movimento lieve delle mammelle che sobbalzano appena quando Sarah si gira e la fissa a sua volta.
– Rita? Cosa c’è? Perché mi guardi così? –
Colta in fallo, Rita volge la testa.
– Nulla. Scusami, ero sovrappensiero –
A Sarah non sfugge l’ultimo sguardo che la donna fa ai suoi seni, il lampo di lussuria nei suoi occhi.
L’amplesso frettoloso con Jack non l’ha soddisfatta appieno. Sì, è stato gradevole ma le ha lasciato ancora addosso l’eccitazione. In silenzio, con addosso solo le mutandine, si accosta alla branda dove è seduta Rita, le si pone davanti a pochi centimetri.
– Anche io ho voglia di te –
La sua voce è un sussurro mentre, con dolcezza, poggia le mani sulla testa di Rita tirandola a se fino a che le labbra sono a contatto con il ventre piatto.
Rita non è sicura di aver capito bene la frase inaspettata, ma non può equivocare la richiesta che le fanno le mani della ragazza. Appoggia le labbra sulla pelle liscia deponendo piccoli baci e poi, spinta da un coraggio che nemmeno sapeva di avere, prende con le mani i lati delle mutandine spingendoli in basso, scivolando con la bocca verso il ventre, sentendo il profumo intimo ed eccitante dell’altra. Continua a baciare leggermente ogni centimetro di pelle che scopre: la corta e dritta striscia di peli rossicci, l’inizio delle grandi labbra ed il bottoncino che vi si nasconde, il taglio su cui si sofferma strappando un gemito all’amica.
Si abbevera a quella fonte per lunghi istanti e le dita di Sarah stringono con più forza i suoi corti capelli. Poi si tira in piedi, immobile di fronte all’amica, aspettando un cenno, un qualcosa che è la bocca calda che si avvicina e si unisce alla sua. Le mani di Sarah alzano la maglietta di Rita, gliela tolgono staccando per un solo istante le labbra unite. I capezzoli nudi si sfiorano, si toccano, si scontrano. Entrambe gemono sentendo il desiderio farsi sempre più forte. Abbracciate scivolano sopra la branda ognuna cercando il sesso dell’altra, carezzandolo, penetrandolo con foga crescente, senza mai staccare le bocche unite, le lingue intrecciate, mugolando insieme al raggiungimento del piacere ed alla fine, distese di fronte, si sorridono carezzandosi il volto, finalmente soddisfatte.
Sarah, socievole di carattere, si fa benvolere da tutta la Compagnia. Sempre disponibile a dare una mano, non si sottrae mai agli impegni, sempre pronta ad accorrere in aiuto di un compagno in pericolo, nessuna paura davanti al nemico. Rispettosa per natura ottiene rispetto da tutti, e quando un qualche pericolo scampato le mette addosso una smania, anche se adesso più controllata, è facile trovare qualcuno con cui rilassarsi. Ma anche quando non vi è pericolo, per lei è bello ritrovarsi la sera abbracciata al corpo morbido e caldo di un’amica, in un rapporto senza impegno con Rita in cui trova un rifugio confortevole.
Si rende conto della propria popolarità nel momento in cui un bulletto arrogante di un altro plotone, che le fa una proposta oscena pensando fosse facile adescarla, reagisce al suo diniego apostrofandola quale “puttana che va con tutti”. E’ un momento di tensione nel campo a cui assistono in molti. Sarah è pronta a rispondere fisicamente a quell’aggressione ma non ne ha bisogno. Immediatamente, al suo fianco, si materializzano Rita, jack, altri due con cui ha fatto sesso, ma anche altri con cui non ne ha fatto, un po’ di tutta l’unità, frapponendosi tra lei e lo stronzetto pronti a dargli addosso per difenderla.
I giorni passano velocemente e le missioni si susseguono incessantemente. Il campo base si sposta in avanti per seguire il fronte dell’operazione denominata Phantom Fury. La compagnia di Sarah è esausta. Tanta tensione, poco riposo, per fortuna solo qualche ferito lieve tra loro. E’ la seconda battaglia per Falluja, quella che verrà ricordata per gli scontri cruenti, e l’intera squadra di Rita è in missione alla periferia della città. Si combatte casa per casa, dovendo rinunciare spesso all’appoggio di artiglieria ed aviazione. Sangue, sudore, polvere, l’universo dei soldati, di entrambi gli schieramenti, si riduce a questo. A tratti si sentono gli spari e ci si affretta a ripararsi, a tratti si vede una figura e si preme il grilletto. Ci sono caduti, nessuno della squadra Di Rita.
E’ notte e la squadra sta accorrendo in soccorso di un’altra squadra caduta in una imboscata. Nella casa dove, sotto un grandinare di pallottole, trovano riparo Rita e Sarah c’è un marine dell’altra. E’ ferito ad un braccio che si sostiene pressandovi una pezza intrisa di sangue. Mentre Sarah fa la guardia, Rita lo cura come può, disinfettando e bendando la ferita, somministrandogli un antidolorifico. E’ giovane quel marine, molto giovane, ed ha paura, una paura fottuta che gli si legge chiaramente negli occhi sgranati.
Urla, sta perdendo il controllo. Non sono sufficienti i tentativi di entrambe per calmarlo, né la voce dolce ed amichevole di Sarah né quella dura ed autoritaria di Rita. Accovacciato contro una parete, il fucile di fianco, trema, singhiozza.
– Shock da combattimento –
Sentenzia Rita che ha già visto altri casi del genere. Non è questione di coraggio o di fibra, semplicemente qualcosa ti si spezza dentro e non hai più il controllo di te stesso.
– Siamo bloccate qui. Dobbiamo farlo star zitto, è come un richiamo per il nemico. –
– Non ho niente di abbastanza forte per stenderlo, e non me la sento di colpirlo –
Sarah indugia a guardare il corpo singhiozzante e poi decide.
– Rita, fai tu la guardia –
– Cosa vuoi fare? –
– Non lo so se funzionerà ma voglio provarci. –
Sarah si inginocchia accanto al marine, gli circonda le spalle con un braccio, lo stringe a se con forza e lui le si aggrappa come un bimbo alla madre.
Con movimenti lenti, Sarah appoggia il fucile a terra, gli toglie l’elmetto, gli sfiora i corti capelli sussurrandogli parole di conforto, gli carezza le guance glabre provando tenerezza per quel cucciolo d’uomo di un paio d’anni più giovane di lei. Non urla più ma i singhiozzi sono continui e le mani di lui le stringono con forza le legature del giubbotto antiproiettile della ragazza.
Senza smettere di parlargli, Sarah fa scivolare la mano in basso, verso l’inguine del ragazzo che nemmeno se ne accorge, almeno inizialmente. Solo quando le dita stringono e massaggiano da sopra la stoffa il pene ha due reazioni: quella naturale del pene che si inturgidisce ed i singhiozzi che scemano fino a cessare. Resta abbracciato a lei come in attesa, senza alzare la testa, completamente in balia. La ragazza prosegue nella carezza impastando stoffa e carne, sentendo l’uccello crescere sempre più. Quando lo reputa al punto giusto, la mano sale a slacciare la cintura, ad aprire i pantaloni lo stretto necessario affinché il pene spunti prepotente puntando verso l’alto, subito avvolto dalla mano calda.
Sarah muove la mano su e giù, nel movimento vecchio come l’uomo e sente il ragazzo ansimare, le mani di lui che stringono con meno forza il giubbotto antiproiettile permettendole una maggior libertà di movimenti.
Sarah guarda verso Rita solo un attimo, ed in quell’attimo gli occhi si incontrano e si scambiano comprensione, accondiscendenza, tutta una serie di emozioni.
Poi Sarah non pensa ad altro, chinandosi in avanti per passare la lingua una, due, tre volte sulla punta scoperta prima di racchiudervi le labbra intorno.
Il ragazzo è immobile, la lascia fare, solo il respiro fattosi più pesante tradisce la sua partecipazione.
Rita li guarda. Col visore notturno ha una vista perfetta della scena altrimenti al buio. Si volge verso l’esterno e poi ancora li guarda provando un impeto di tenerezza per quella nuova amica che è pronta anche a questo.
Ha funzionato. Non è un qualcosa che si possa inserire in un rapporto ufficiale ma ha funzionato. Continua a fare la guardia lanciando di tanto in tanto un’occhiata dentro.
Sarah invece non pensa a ciò che la circonda. Il cazzo duro che le riempie la bocca inizia e termina il cerchio della sua attenzione. Pensa solo che è bello anche per lei succhiarlo, che anche se non prova la sensazione oramai abitudinaria del post-pericolo le piace tenerlo in bocca, leccarlo, vezzeggiarlo, sentire che il ragazzo è totalmente in suo potere, un potere che esercita scorrendo con le labbra chiuse su e giù per l’asta, gustando ogni fremito sulla lingua, facendoselo arrivare quasi in gola e poi risputandolo.
Da il meglio di se Sarah, ed è felice quando i fremiti del ragazzo si fanno più forti, il cazzo pare diventare più grosso riempiendola completamente, le anche di lui si muovono istintivamente verso l’alto. Un fiotto caldo e cremoso le invade la bocca senza coglierla di sorpresa. Pronta, ingoia man mano tutto quello che lui le spruzza dentro sorda ai gemiti di lui, attenta a non staccare le labbra che imprigionano la sola cappella, la mano che scorre veloce sull’asta lasciata libera. Continua a tenerlo in bocca fino a che non lo sente ammorbidirsi, perdere consistenza, rimpicciolirsi fino a sgusciarle fuori dalle labbra.
Solo allora si rialza. Beve un sorso d’acqua dalla borraccia e guarda la sua opera: il marine è ancora appoggiato al muro ma è silenzioso, un sorriso felice sulle labbra, addormentato all’istante dai medicinali, il piacere appena provato e l’assenza di sonno da quarantotto ore.
Sarah si avvicina a Rita dopo aver ripreso il fucile. Insieme scrutano la notte.
– Come ti è venuto in mente? –
– Ho pensato che se basta a me per rilassarmi, per farmi scordare il pericolo, forse avrebbe funzionato anche con lui. –
– Già, ma sinceramente non mi sento pronta ad imitarti se dovesse ricapitare –
– Sì… ih ih ih –
– Cosa hai da ridere? –
– Niente… sto pensando ai reparti di soli uomini –
La risata di entrambe è bassa, trattenuta nel silenzio della notte. Una mano di Rita si poggia sulla spalla di Sarah, la mano di Sarah la cerca e la stringe, poi riprendono a guardare fuori sperando che non ci sia nulla da vedere.
L’esplosione scuote le mura facendo cadere polvere dal soffitto. Rita balza in piedi di colpo.
– Cosa è stato? –
Sarah è alla finestra e sta facendo segno a qualcuno fuori. Nello squarcio si vede passare un Carro Abraham che si ferma sferragliando, spara ancora e poi riparte. Dietro di esso tante figure nelle divise amiche.
– Coraggio, portiamo fuori il ragazzo. I rinforzi sono arrivati a prelevarci. Andiamo –
Sorreggendo il marine, le due donne escono e si dirigono in direzione contraria al carro, cercando un viso conosciuto. Lo trovano nel tenente O’Reilly.
– State tutti bene? –
– Non lo sappiamo Signora, siamo restate bloccate con questo marine in quella casa, senza radio. Per fortuna che siete arrivati. –
– Bene, portatelo laggiù, ci sono i sanitari, poi cercate il vostro plotone. –
– Si Signora –
I rinforzi liberano in fretta la zona permettendo alla squadra di Rita di ritrovarsi.
Solo Moon, per un capriccio dei genitori battezzata Luna, ha un graffio ad una gamba, gli altri sono tutti illesi. Insieme si dirigono verso gli humvee per essere riportati al campo.
Nell’ospedale del campo Moon ed il marine ferito sono vicini. Entro poche ore lei verrà dimessa, entro poche ore lui partirà per tornare a casa ma non lo sa, dorme sotto effetto dei sedativi. I medici hanno deciso che la sua psiche sconvolta richiede il rimpatrio.
Rita e Sarah entrano e si avvicinano alle brande.
– Ciao Luna, pronta per tornare all’inferno?
– Sì Rita, Sarah, grazie della visita. Aspetto che il medico firmi la dimissione e torno a rompervi i coglioni –
– Ci servi ragazza, non ti permetteremo di poltrire –
Lo scambio di battute è amichevole. Luna è una ragazza di 26 anni, pochi meno di rita, pochi più di Sarah. Fa accomodare le commilitoni a sedere e insieme guardano il marine dormiente.
– Povero ragazzo, se l’è vista brutta. Lo tengono sedato perché altrimenti si sveglia e comincia ad urlare. A proposito… chi di voi due è “l’Angelo”?-
– Quale angelo? –
– Ha parlato parecchio quando era sveglio, frasi sconnesse ma dopo un po’ si capisce che… beh, “succhiamelo ancora Angelo, fammi stare bene” è una frase abbastanza precisa, no? –
Lievemente imbarazzate, le due la guardano senza parlare. Poi Sarah alza la mano e spiega le vicende della notte precedente
– Accidenti. Poco ortodosso come sistema… ma se ha funzionato… Povero ragazzo, è ancora sconvolto. I soli momenti in cui è tranquillo è quando pensa al suo “Angelo”. Senti Sarah, se dovesse capitare a me ci conto che me la lecchi.
– Contaci pure –
risponde Sarah.
– Stronzetta –
Risponde Rita. Tutte e tre sorridono sentendosi più vicine, e così le trovano Jack ed altri della squadra venuti anche loro a trovare Luna.
C’è tensione nella sala adibita a mensa. Rita, jack, Luna, l’intera squadra. E anche altri di altri plotoni, uomini e donne, tutti con l’aria cupa. Ne hanno motivo: due giorni prima, durante un’azione, Sarah è risultata dispersa. Inutili le ricerche nelle vicinanze del luogo dello scontro.
– Grazie per essere venuti. Ho fatto circolare la voce che c’erano novità riguardo Sarah e che chi era interessato doveva essere qui per un motivo ben preciso. –
Mostra a tutti delle foto dal satellite in cui si vedono quattro nemici trasportare un corpo, in divisa americana, verso un veicolo che parte allontanandosi.
– Questa è Sarah. E’ stata catturata e grazie a Marion – fa un cenno verso l’ufficiale dell’intelligence lì vicino – sappiamo dove la tengono. Vogliamo liberarla ed abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti. Vi anticipo che non è una missione autorizzata, quindi chi non vuole partecipare è pregato di andarsene e tenere la bocca chiusa. –
Uno ad uno, i presenti fanno cenno con la testa ad indicare che vogliono essere della partita.
Le motivazioni personali sono diverse: la squadra è compatta verso la commilitone, gli altri, chi prima, chi dopo, hanno avuto a che fare con lei, ed “avere a che fare” con Sarah significa averci fatto sesso. Non che Sarah l’abbia data a tutta la Compagnia, semplicemente è capitato, senza distinzioni di maschio o femmina, in situazioni particolari durante le settimane di combattimenti. Ora scoprono, guardandosi in volto, chi sono gli altri, senza gelosie, ed ognuno si sente parte di una élite, ben decisi ad aiutare la compagna di ore liete.
Rita illustra il piano ed in quel momento appare il Tenente O’Reilly che si era fermata appena fuori ad ascoltare.
– Avrete bisogno anche dell’appoggio di un drone. Ci penserò io. Ho fatto in modo che la tua squadra, Rita, aiutata da volontari, voi altri, faccia una ricognizione in quella zona. E’ tutto a posto. –
La sorpresa si dipinge sui volti di tutti per l’inaspettato arrivo dell’ufficiale la quale, anziché fermarli, vuole aiutarli e lo fa in modo risolutivo. Quando Rita finisce e si dirigono verso le proprie tende per armarsi, lo fanno con aria decisa. Rita rimane sola col tenente, ripiegando la cartina della zona che ha utilizzato per il briefing. Si volge verso l’ufficiale con aria interrogativa:
– ……… Anche lei tenente? –
O’Reilly risponde con un sospiro, gli occhi addolciti da una visione solo sua:
–… anche io Rita… riportatela a casa –
E benvenuto ufficialmente anche a Suve! 😀
Su, fate ciao con la manina anche a lui!
Bel racconto e decisamente originale…
Quando un racconto è così lungo e uno lo legge fino in fondo senza una pausa vuol dire che l’autore è riuscito nel proprio intento 😉
Benvenuto