Spy cam /13

di Claudia Effe

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Capitolo 13

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***

Martina tornò dal colloquio di lavoro con umore battagliero.

Con chi aveva pensato di avere a che fare quel deficiente?

Una come lei, con anni di esperienza e una laurea in economia, poteva accettare un lavoro da archivista, per di più part time, a quattrocento euro al mese?

Si era fatta ripetere la proposta in maniera tale da essere sicura di non avere capito male, poi aveva ringraziato il suo selezionatore e se ne era andata.

Cortese e educata, ma ferma.

Era ironico pensare che solo una settimana prima avrebbe forse accettato il lavoro, tanto era disperata; ora invece poteva permettersi di scegliere.

Meglio nuda davanti alla webcam per tremila euro che vestita in magazzino per quattrocento!

Entrò in casa decisa e capì subito che Sara era passata da lì in sua assenza: le ante degli armadi erano aperte e, soprattutto, mancavano le valigie.

Trovò un biglietto sul tavolo.

“Cara Martina, purtroppo un’imprevista ma gradita trasferta di lavoro mi impone di allontanarmi senza preavviso. Mi dispiace, avrei voluto avere almeno il tempo di salutarti e di vederti, ma l’aereo parte tra poco e non posso tardare. La notte appena trascorsa è stata dolcissima e la porterò tra i miei ricordi cari, anche se credo sia forse meglio non trascorrerne un’altra assieme. Ti mando un bacio, mi farò sentire cmq in questi giorni”.

Martina posò il biglietto sul tavolo.

E così era già tutto finito?

Non erano passate neanche dodici ore.

Si accese una sigaretta.

Non sapeva come avrebbe voluto che proseguisse il rapporto con Sara, ma quel brusco stop la infastidiva, avrebbe preferito gestire con l’amica il prosieguo della loro “relazione”, se così si poteva chiamare.

Alla fine era di nuovo da sola: prima Marco, ora anche Sara l’aveva lasciata.

Forse era stata colpa sua, le aveva forzato troppo la mano e l’amica si era spaventata.

Guardò verso la telecamera.

Le rimanevano i suoi spettatori, per fortuna.

Andò in camera da letto e si liberò della camicetta.

Sbirciò sul tablet: erano una ventina a guardarla e quasi si commosse.

Quelle persone erano rimaste ore con la finestra aperta su una stanza vuota, in attesa che lei rientrasse.

Sorrise verso la telecamera e si sfilò anche i pantaloni.

Indossava un bellissimo coordinato in pizzo bianco e voleva tenerlo su qualche minuto prima di levarlo.

“Posso sempre contare su di voi, vero?”, domandò alla webcam.

Si voltò e offrì al suo pubblico una visione del suo sedere, incorniciato da un sexy perizoma.

Era comunque delusa da Sara.

Una telefonata avrebbe potuto farla, non erano negli anni settanta che ci si lasciava i messaggi sul tavolo.

Si voltò nuovamente frontale verso la telecamera.

Quando Sara fosse tornata le avrebbe comunque detto che ci era rimasta male, anche solo in nome della lunga amicizia.

Il cuore le sobbalzò quando sentì il suono del campanello.

Chi poteva essere?

Indossò rapidamente un accappatoio e andò verso la porta.

Magari era Sara che aveva cambiato idea, oppure aveva solo fatto finta di partire per farla stare male.

Si allacciò la cintura e rimase di stucco quando davanti a sé vide il signor Agnello, il suo padrone di casa, accompagnato da un ragazzo alto che non aveva mai visto.

“Sorpresa?”, chiese l’uomo, e senza attendere risposta entrarono entrambi in casa.

Martina incrociò le braccia sul petto per coprire la scollatura e fece un passo indietro.

“Non… non vi aspettavo! Che giorno è oggi?”, domandò.

“È l’ennesimo giorno che passa senza che tu paghi l’affitto! Ma non solo: ho saputo che abbiamo ospiti”, tuonò Agnello.

“È una mia amica, ma è già andata via – si difese Martina – E comunque sto per incassare dei soldi, la pagherò subito dopo”.

“Non me ne frega niente, questa è casa mia e tu ti stai facendo i cazzi tuoi! Meriti una punizione”.

Martina rimase sorpresa da quella violenza verbale.

Una punizione? Cosa intendeva?

La volta precedente era stato molto più gentile.

I due uomini continuarono a camminare, incalzandola finché furono tutti nella stanza da letto.

“Comincia a toglierti l’accappatoio”, le disse Agnello.

Martina ubbidì meccanicamente; in ogni caso quell’uomo l’aveva già vista nuda la settimana precedente.

“Che ti avevo detto? – disse Agnello rivolto al ragazzo – È carina, vero?”.

Il ragazzo, che non doveva avere più di diciotto anni, annuì.

“Forza, sul letto!”, le sbraitò l’uomo.

Martina si mise a sedere sul materasso.

“Coricata, muoviti!”.

Non osava ribattere ed eseguì l’ordine.

Era a disagio, ma sentiva un brivido ad essere trattata così.

Agnello si sfilò dalla spalla uno zainetto che Martina subito non aveva notato e ne estrasse un rotolo di corda spessa.

“Legala, dai!”, disse rivolto al ragazzo.

Questo si inginocchiò sul materasso accanto a lei e le bloccò un polso all’angolo del letto.

Poteva ancora abbozzare una resistenza, ma doveva agire subito, prima di essere completamente immobilizzata; ma non si mosse.

Il ragazzo le legò anche l’altro polso, quindi le ancorò anche le caviglie alla stessa maniera.

Ora non poteva muovere un muscolo.

“Ora che questa stronza è immobilizzata, la puoi toccare, Lorenzo”, disse Agnello.

“Sai – proseguì rivolto a Martina – mio nipote è un po’ timido e non sa che ragazze come te sono poi solo delle puttane!”.

Martina arrossì ma non ribatté.

Agnello frugò ancora nello zaino e ne estrasse un paio di forbici.

“Avanti, tagliale via questi due stracci con cui è coperta e lascia che la vediamo nuda come una puttana!”, disse porgendo lo strumento al nipote.

Martina chiuse gli occhi quando sentì il freddo metallo appoggiarsi alla sua pelle in corrispondenza dell’attaccatura del reggiseno tra le due coppe, e trasalì quando, con un colpo secco, il ragazzo le recise la stoffa.

***

Alberto nella stanza d’albergo era completamente nudo.

Sapeva cosa sarebbe successo e si stava preparando, anche se già in quel momento faticava a non toccarsi.

Osservò il ragazzino tagliare in silenzio la biancheria intima di Martina, quindi metterle subito le mani addosso.

La ragazza sembrava paralizzata.

O aveva paura, o le piaceva.

***

Martina era turbata da quel ragazzo che, senza parlare, le stava passando le mani sul corpo.

Le accarezzò a lungo i seni, quindi le posò una mano sul pube.

Perché non parlava?

Anche l’avesse insultata sarebbe stato forse meglio di quel silenzio.

Chiuse gli occhi, pensando a quanti stessero guardando la scena in quel momento.

Tanti probabilmente.

Stavano apprezzando?

Riaprì gli occhi quando non sentì più le mani sopra di sé.

Guardò verso il ragazzo e vide che si stava spogliando, sotto gli occhi divertiti di suo zio.

“Dai Lorenzo, fotti questa troia!”.

“Aspetti! – disse Martina – Ha ragione, devo essere punita, ma per piacere non esageriamo!”.

Provò a rialzarsi, ma le corde erano strette.

“Qui l’unica cosa esagerata è la tua faccia tosta. Stai zitta e subisci!”.

Martina ammutolì, sentendo battere forte il cuore.

Lorenzo si era nel frattempo tolto anche i boxer; aveva il pene eretto.

Si inginocchiò tra le gambe di Martina e appoggiò la punta del pene sul clitoride di lei.

Rimase quasi sospeso in quella posizione, con gli addominali tesi per non lasciarsi cadere, quindi prese a disegnare un movimento circolare, usando il glande come un perno.

Martina trattenne il fiato, anticipando la penetrazione.

Il ragazzo, invece, si protese verso di lei, disegnando una linea con il pene sulla sua pancia diretta verso il suo volto.

Martina osservò l’organo che, come un aratro, la stava percorrendo, fino a quando il ragazzo non glielo appoggiò sul mento.

Sentiva il suo odore e la sua eccitazione.

Il ragazzo le appoggiò il glande sulle labbra e le percorse il contorno della bocca, come usando un pennello.

Martina era eccitata e dischiuse leggermente la bocca.

Lorenzo indugiò ancora un attimo sulle labbra, quindi lo appoggiò sui denti di Martina.

La ragazza aprì la bocca, lasciando che Lorenzo le scorresse dentro, rimanendo sorpresa da quanto in profondità se lo sentì arrivare.

Il ragazzo si appoggiò con le mani al muro e prese a eseguire un movimento pelvico, come se stesse facendo l’amore con la sua bocca.

Martina chiuse gli occhi e lasciò che l’altro eseguisse il suo movimento fluido.

Tecnicamente la stava violentando, ma non era spaventata.

Forse la inquietava il signor Agnello in piedi davanti a loro a guardare, ma il problema di essere osservata era sicuramente molto relativo.

Lorenzo intensificò il movimento dentro alla sua bocca, colpendola ripetutamente con il bacino e sfregando i peli pubici sulle labbra.

Martina serrò le labbra con l’obiettivo di procurargli maggiore piacere e il ragazzo, dopo pochi secondi, venne.

Non provò neppure a uscire, ma lasciò il membro dentro alla sua bocca fino a quando non si fu completamente scaricato.

“Forza, che dobbiamo andare!”, gli urlò dietro lo zio dopo pochi secondi.

Lorenzo flettè la schiena e si ritrasse da Martina, quindi scese a terra e si rivestì, sempre in silenzio.

Aveva un bel fisico, soprattutto i pettorali.

Il signor Agnello la guardò con aria divertita.

“Sembra che il pompino sia proprio la tua specialità, eh!”, commentò.

Martina non rispose alla provocazione.

“Mi liberate, ora? – domandò solo – Avete avuto quello che volevate, no?”.

Agnello sorrise.

“Tu, come la volta precedente, ti sopravvaluti. Sei convinta che un pompino di tre minuti possa sanare le tue colpe? Una nigeriana con venti euro potrebbe fare di meglio”.

Prese nuovamente lo zainetto e vi armeggiò dentro, estraendo un oggetto che Martina non riconobbe.

“Ora vediamo se esiste una soglia oltre la quale il piacere diventa dolore”, disse Agnello, avvicinandosi alla ragazza con quello strano oggetto in mano.

Quando fu più vicino, Martina realizzò di cosa si trattasse.

Era un vibratore, ma non solo; era un vibratore doppio.

Agnello appoggiò una delle due protuberanze, quella più grossa, sulla linea di giunzione delle grandi labbra.

“Vedo che sei bagnata, zoccoletta… almeno mi faciliti il compito”.

Martina arrossì, ma era preoccupata.

L’uomo affondò il colpo e, con un solo movimento, la penetrò in vagina e nell’ano.

Martina si lasciò sfuggire un leggero urletto, sentendosi improvvisamente molto “piena”.

“Ti piace, eh?”, domandò Agnello.

“No, veramente no! Lo tolga, per piacere!”.

Agnello sorrise, allungò la mano verso il bacino della ragazza e premette un pulsante.

L’apparato dentro di lei prese a vibrare, provocandole subito un brivido.

“Noi andiamo, zoccoletta, che forse il ragazzo qui presente deve ancora scoparsi la romena del quarto piano. Tu tanto qui non ti annoi. Racconta alla tua amica, quando rientrerà in casa, perché sei messa così”.

Martina venne presa dal panico. Sara non sarebbe tornata e quelli avevano intenzione di lasciarla legata lì!

“Aspettate! Vi prego!”, urlò.

Sentì la porta chiudersi.

***

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