Spy cam /17

di Claudia Effe

Capitolo 17

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***

Martina aspettò distesa sul letto che suo fratello terminasse la doccia.

Era contenta di averlo reso parte di quello che stava capitando, aveva bisogno di condividerlo con qualcuno e chi meglio di lui avrebbe potuto raccogliere quella confidenza senza condannarla?

Avrebbe dovuto elaborare l’averci fatto sesso, ma non in quel momento.

In quel momento era stanca e voleva solo riposarsi.

Però c’era qualcosa che non le tornava e aveva bisogno di parlarne con lui.

Sentì l’acqua chiudersi e dopo poco Massimo entrò in camera indossando un accappatoio bianco.

“Maxi, devi aiutarmi”, gli chiese.

Il ragazzo aprì un cassetto.

“Volentieri. Senti, Marco ha lasciato qui un paio di boxer, per caso?”.

“Nel cassetto sotto. Senti, tu mi hai detto di essere venuto qui dopo aver visto le immagini dalle telecamere, giusto?”.

Massimo aprì il cassetto giusto e ne estrasse un paio di boxer blu.

Li indossò.

“Sì. Sandro mi ha mandato una mail con un link; ho cliccato e ho trovato te. Lui sostiene che quando me l’aveva mandato c’era una ragazza bionda”.

“Sì, doveva essere Sara. Ma non è questo il punto. Tu eri in Italia, vero?”.

Il fratello la guardò perplesso.

“Certo che ero in Italia; ero a casa dei nostri genitori. Quella che è stata casa tua per vent’anni”.

“Ho capito bene dove eri – rispose la sorella piccata – Era solo per conferma”.

Massimo finì di vestirsi.

“Perché me lo chiedi?”.

“Nulla – rispose Martina, indossando un completo nero intimo – È che qualcuno mi ha preso per il culo, tanto per cambiare”.

Il ragazzo la guardò senza capire.

“Non preoccuparti – tagliò corto lei – Devo risolvere una questione”.

“Hai bisogno di aiuto? Io dovrei andare, ma se serve…”.

“No, grazie, faccio da sola. Se non avete nulla in contrario, verrei a cena da voi questa sera”.

Massimo rispose che avrebbe avvisato a casa, ma che non prevedeva difficoltà.

Martina salutò il fratello con un veloce bacio sulle labbra e terminò di vestirsi.

Luca aveva delle domande a cui rispondere.

***

Dieci minuti dopo Martina irrompeva nel negozio di Luca.

“Senti un po’, pensi che io sia scema?”, lo aggredì.

Il ragazzo sollevò lo sguardo da un catalogo e, con un cenno della mano, la invitò a seguirlo nel retro.

Chiuse la porta alle spalle della ragazza.

“Prego per averti salvata”, disse sarcastico.

“Prego un cazzo, Luca; mi pare di averti ampiamente dimostrato la mia riconoscenza. Però tu mi hai di nuovo presa per il culo, e non mi piace”.

“A cosa ti riferisci?”, domandò, anche se – avendola spiata fino a pochi minuti prima – sapeva bene a cosa lei alludesse.

“Tu mi avevi promesso che nessuno in Italia avrebbe visto attraverso le telecamere, e invece oggi mio fratello, nonché tutta una serie di amici anche miei, ha potuto spiarmi senza nessuna difficoltà. Perché?”.

“Magari usavano un server straniero….”, ipotizzò Luca.

“O magari mi ha presa per il culo, come avevi già fatto in precedenza”.

“Martina, non ti incazzare. Ora controllo, avrò fatto qualche errore nei settaggi…”, balbettò Luca.

“Non hai fatto nessun errore – lo incalzò lei quasi urlando – Te ne sei sbattuto le balle di me, semplicemente, come avevi fatto fin dall’inizio quando hai montato le telecamere senza dire nulla!”.

Luca serrò la mascella e reagì.

“Ma di cosa ti stai lamentando? – le urlò di rimando – Veramente vuoi fare la parte della vittima? Proprio tu?”.

“Sì, proprio io – ribattè Martina – Non dovrei?”.

“Ma guardati! – rispose Luca beffardo – Tra ieri e oggi ti sei fatta la tua amica, quindi hai fatto un pompino a un ragazzo che neppure ti ha rivolto la parola e poi ti sei fatta scopare da altri due, uno dei quali era tuo fratello! Cosa stai facendo la collezione dei generi porno? Lesbo, threesome, incest? Qual è il prossimo, animal?”.

“Essendo stata con te, il genere animal è già coperto – lo irrise Martina – E comunque cosa vuoi dire con questo, che sono una zoccola?”.

“Lo stai dicendo tu – rispose lui – Io dico solo che è bastato darti una piccola spinta perché tu rivelassi la tua vera natura. Perché, inutile negare, tu non lo stai facendo per i soldi. Tu lo stai facendo perché ti piace”.

Martina tacque per qualche secondo, ripensando alla conversazione avuta con suo fratello poco prima.

Le piaceva, non poteva negarlo, ma allo stesso tempo non poteva ammetterlo.

“Sono cazzate – disse infine – Lo faccio per denaro, ma c’è un limite alle offese che posso sopportare. Per me è finita, basta così. Stacca tutto”.

Luca scosse la testa.

“Pensaci un attimo. Abbiamo tutti da guadagnarci, soprattutto tu”, disse.

“No, sono sicura. Stacca tutto. È vero che ho bisogno di denaro, ma ho anche una mia dignità. Non permetto a nessuno di trattarmi come una zoccola”.

Luca scosse la testa e fece una smorfia.

“I giochi finiscono qui, Martina. Sei bella e intelligente, ma sei terribilmente testarda. Io ho voluto aiutarti, ma se preferisci gettare al vento questa opportunità, non sarò io a cercare di fermarti”.

Rimase un attimo a fissarla, come in attesa che lei desistesse.

“Non saranno questi complimenti a farmi cambiare idea”, rispose lei.

Luca si avvicinò al computer e mosse il mouse per far sparire il salvaschermo, quindi si portò sul sito di Martina.

Entrò nelle impostazioni dell’amministratore, digitò qualche comando e confermò.

Le finestre che trasmettevano le immagini di casa di Martina divennero simultaneamente grigie.

“Ecco – disse Luca mostrando lo schermo – Ora nessuno vedrà più nulla”.

“Non è che non appena me ne andrò ripristinerai tutto?”, dubitò Martina.

Luca alzò le spalle.

“Hai un tablet a casa, controlla da sola. Io non ho più voglia di farmi vomitare addosso la tua rabbia. Credevo di averti dato una mano in un momento in cui avevi bisogno, ma forse non la meritavi”.

Martina gli voltò le spalle in silenzio e uscì dal negozio.

Era fiera di sé per quello che aveva detto, ma ora?

Come avrebbe fatto a pagarsi i conti?

“Come fanno tutte le persone – si disse – Troverò un lavoro e salderò tutti i debiti”.

In quel momento ci credeva veramente.

***

Uscì dall’ascensore ancora assorta nei sui pensieri, e trasalì quando vide una ragazza in piedi accanto alla sua porta.

Ci mise qualche secondo a riconoscerla: era Loredana, la ragazza romena che abitava due piani sopra di lei.

Prima di quella volta si erano incrociate un paio di volte, ma senza neppure mai parlarsi.

“Scusa, mi hai spaventata”, disse Martina. Quindi indicò la porta: “Devo entrare in casa. Hai bisogno di qualcosa?”.

La romena annuì.

“Vorrei parlarti un attimo”, rispose con una dizione quasi priva di accento, tipica di chi, come lei, si era trasferita in Italia in tenera età.

Martina fu sorpresa dalla richiesta, ma la invitò ad entrare.

Fece scattare la serratura e precedette la ragazza dentro casa, quindi la fece accomodare sul divano.

“Dimmi – la esortò – Di cosa volevi parlarmi?”.

La ragazza bionda davanti a lei si prese per qualche secondo la testa fra le mani, quindi sospirò.

“Io e te abbiamo un problema comune – disse – Mi riferisco al nostro padrone di casa, il signor Agnello”.

Martina annuì senza parlare.

“È venuto da me, mi ha costretta a fare cose….”, disse Loredana.

“Cosa ti ha fatto?”, chiese Martina.

La romena deglutì prima di continuare.

“Mi ha costretta ad avere un rapporto orale con suo nipote, un ragazzino che si porta dietro. Ma non solo, ha voluto che io lo facessi davanti a mia sorella!”.

“Tua sorella?”, chiese Martina. Aveva talvolta incrociato Loredana accompagnata da una ragazza giovane, ma aveva pensato fosse la figlia.

“Sì, abito con lei. Mi ha costretto ad inginocchiarmi e a prenderglielo in bocca, e mia sorella è stata obbligata ad assistere. E quando ho finito, grazie a Dio, il signor Agnello le ha chiesto di toccare il cazzo di suo nipote e le ha detto che la prossima volta sarà lei ad assaggiarlo”.

Si abbandonò sul divano e chiuse gli occhi, ancora scossa dall’esperienza appena narrata, mentre Martina non poteva fare a meno di ricordare il sapore del pene del ragazzo nella sua bocca.

“Per me non è un problema, io potrei gestire una cosa del genere – proseguì Loredana – ma mia sorella non può vivere tutto questo. Da quel momento non mi ha più rivolto la parola e si è chiusa in camera sua. È vero che sono in debito con lui, ma a tutto c’è un limite!”.

Martina non sapeva cosa dire e, soprattutto, non capiva per quale motivo la sua vicina si fosse rivolta a lei.

Glielo chiese.

“Vorrei capire quali sono le tue intenzioni – spiegò la romena – Abbiamo voglia di continuare a sottostare a tutti i suoi capricci? Tu cosa hai intenzione di fare?”.

Martina pensò a come avesse appena gettato nel nulla la sua unica fonte di reddito e come non avesse nessuna idea su come guadagnare qualche soldo.

“Non lo so – rispose infine – Fino a quando non riuscirò a ripagare il debito temo che non potrò oppormi. Tu non lavori?”.

Loredana fece una smorfia.

“Faccio la cameriera in un ristorante la sera. Però non è tantissimo per due persone, anzi. Mia sorella, però, sta facendo il liceo e ci tengo che prosegua con gli studi”.

Martina alzò le spalle.

“Credimi, sono anche io in difficoltà. Ho appena perso il lavoro e non so come fare; anche io ho dovuto subire le perversioni del signor Agnello”.

Loredana fece un sorriso amaro.

“La buona notizia è che per una settimana dovrebbe lasciarci stare; la cattiva è che tra sette giorni sarà di nuovo qui”, disse.

Martina guardò l’ora: di lì a poco avrebbe dovuto uscire.

“Cosa vorresti fare, allora?”, le domandò.

A parte condividere il triste destino, non capiva cosa volesse la vicina.

“È importante che io e te facciamo fronte comune, che poniamo comunque un limite a quello che ci può fare. Saremo in debito, è vero, ma questo non significa che lui abbia il diritto di farci qualunque cosa gli passi per la testa”.

Martina rispose di essere d’accordo, benché dentro di sé non fosse particolarmente fiduciosa che loro due sarebbero state in grado di contrastare il signor Agnello.

Si scambiarono i telefonini e si promisero di tenersi aggiornate ad ogni contatto avessero avuto con il padrone di casa.

Martina salutò Loredana e si preparò per andare a cena dai suoi genitori.

Da quel momento in poi sarebbe sempre stato difficile vedere suo fratello con gli stessi occhi di prima.

***

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