Sul materassino

di racconti-osceni

Eravamo andati al mare a cercare sollievo dalla tremenda calura estiva,
ma la giornata si era rivelata particolarmente afosa, e riuscivamo a
trovare refrigerio solo in acqua. Fortunatamente avevamo portato con noi
un materassino gonfiabile poiché restare lì a mollo per ore stava
diventando noioso ed anche nuotare dopo un po’ diventava stancante.
Certo, ci facevamo degli scherzi con l’acqua, oppure facevamo trampolino
con le mani per i tuffi dell’altro, ma avere un giocattolo ci
permetteva di ingannare meglio il tempo, e poi volevamo anche
abbronzarci un po’. Quindi, stanchi e desiderosi di un po’ di relax,
dopo esserci portati sufficientemente al largo vi salimmo sopra,
mettendoci distesi di traverso a pancia in giù; poiché il moto ondoso ci
riportava continuamente verso riva, sbattevamo i piedi per
contrastarlo, ma ogni tanto dovevo scendere a spingere il materassino e
riportarlo al punto di arrivo
. Mi ritrovavo quindi frequentemente il suo meraviglioso culo sotto gli
occhi. Guardavo le sue chiappe contratte e strette alzarsi ed
abbassarsi alternativamente, scivolando tra loro, mentre sbatteva le
gambe in acqua, con il costume che si nascondeva in mezzo. Dio, che
voglia che mi metteva quando se lo aggiustava, infilandosi una mano in
mezzo allo spacco. Ad un certo punto volli farglielo io: le afferrai
quel pezzo di stoffa con due dita e glielo tirai.
“Fermo! Che fai??” mi rimproverò.
“Ti sto solo mettendo a posto il costume, tesoro …” risposi io. Ma non mi era piaciuto il suo tono, neanche un po’.

“Ah, va bene” rispose con più dolcezza.
“Con il costume inceppato in mezzo alle chiappe eri troppo provocante, piccola, l’ho fatto per non cadere in tentazione.”
Ma era impossibile resistere. Ogni volta che guardavo quel suo culo
splendido sentivo l’uccello gonfiarsi sempre di più dentro al costume.
Cominciai ad accarezzarglielo discretamente, quasi che la mia mano ci
finisse per caso, partendo dalla coscia e risalendo fin sulla natica.
Dio com’era morbido, e come mi eccitava. Sentivo il mio cazzo tendersi
duro dentro al costume, e mi sarebbe davvero piaciuto liberarlo.
Visto che lei non obiettava, presi a palparglielo e qualche volta glielo
baciavo pure. Ma quando le infilai due dita sotto lo sgambo del costume
la mia piccola, invece di godersi le coccole, si ribellò.
“Stai fermo!” e mi spinse via la mano.
“Daddy ha voglia di toccarti, piccola.”
“Daddy dovrà aspettare!”
Male. Così non andava.
“Daddy ha voglia adesso, bambina, e vedi di essere obbediente. Anche
perché non ti ho mai fatto niente che poi non ti sia piaciuto.”
“Daddy farà il bravo, invece.”
Che insolente!
Le afferrai un polso e le torsi il braccio dietro la schiena, bloccandola.
“Osi dare ordini al tuo daddy???” le ringhiai.
“Sì” rispose quella spudorata.
“Sai cosa vuol dire questo, vero?”
“Oh sììì …”
Che porca. Mi aveva provocato a bella posta e stava per ottenere quello
che voleva. Le scostai il costume in modo che una sua chiappa fosse ben
scoperta.
Le diedi una prima sculacciata, di prova. Lei inarcò la schiena trattenendo un gemito.
Con il secondo colpo, più forte, tese anche le gambe. Gliele accarezzai
mentre ammiravo la sagoma appena accennata della mia mano sulla sua
pelle.
Feci partire di nuovo la mano e gliela schiantai ancora sulla chiappa. Lei si contrasse tutta e di nuovo soffocò il suo gemito.
“Siamo piuttosto lontani da tutti gli altri bagnanti, stronzetta, non serve che tu trattenga le urla.”
In effetti anche la brezza ci copriva, soffiando da terra.
Le tirai un’altra sculacciata, più forte, ma lei soffocò di nuovo il grido.
Gliene diedi subito un’altra, ancora più forte, e lei finalmente lasciò andare un grido.
“Brava piccola, fai sentire al tuo daddy che ti sta educando bene …”
Il colpo successivo la fece urlare di nuovo, anche se fu meno forte.
Notai come l’acqua rendesse il suono dell’impatto ancora più eccitante.
Continuai a sculacciarla guardando il suo culo diventare di un rosso
acceso e tremare come un budino ad ogni mio colpo. Era uno spettacolo
che mi faceva ingrifare, e sentirla urlare mi eccitava ancora di più. Il
mio cazzo era così teso e duro che sentii la cappella uscirmi
dall’elastico del costume. Ed anche a lei, ci avrei scommesso, la cosa
faceva impazzire: a casa raramente poteva lasciarsi andare così. Peccato
che le mutandine fossero già bagnate, chissà di che bella chiazza di
umido avrei potuto godermi la vista, ma potevo comunque controllare
quanto si stesse eccitando tastandole la fichetta e sentendone il
gonfiore, ed era veramente gonfia. Dio, se fosse stata all’altezza
giusta del mio cazzo, l’avrei trombata subito, di brutto lì, in mezzo al
mare. Ero così eccitato che dovetti abbassarmi il costume e liberarmi
l’uccello perché costretto dal costume cominciava a farmi male.
Non potevo scoparle la fica con il cazzo ma con le dita sì, quindi
gliene infilai due nello sgambo del costume e gliele ficcai dentro.
Com’era bollente la mia porcellina, e come gemette sentendosi riempire
da quelle dita fredde. Presi a fotterla continuando a sculacciarla, ed
ad ogni colpo la sua fica stringeva sempre più forte. Lei era ormai un
gemito continuo.
“Ti piacerebbe che fosse il cazzo del tuo daddy, vero porcellina?” le ringhiai, ma lei non era più in grado di rispondere.
“Il mio cazzone grosso e duro che ti riempie tutta la tua fichetta, che
ti sfonda con il suo capellotto e poi ti riempie l’utero di sborra”
insistetti io.
A quelle parole la mia piccola venne come una porca, urlando e
dimenandosi come un’ossessa. Io le tenni a forza le dita dentro fino a
quando non si fu calmata, poi le accarezzai le cosce che ancora
tremavano per l’orgasmo. Quindi andai davanti a lei e la baciai con la
lingua.
“Appena a riva tu vieni con me in cabina e mi dai la bocca” le sussurrai severo.

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