Tutto in una notte

di Alessandra V.

Una stronza in Canadà – capitolo speciale

– Siamo arrivati, sono 15 dollari e 60.
Il bizzarro tassista indiano mi sorride mentre frugo nella borsetta per cercare il portafogli.

Questa sera sono stata invitata dai miei capi ad una cena di beneficenza contro il grave problema dell’epilessia canina.
In poche parole, l’agenzia di moda per cui lavoro, quando non tratta con
Grandi Firme che fanno fare gli abiti dai cinesi negli scantinati,
supporta cause inutili di gruppi animalisti per migliorare la propria
immagine. L’evento è stato tenuto presso un noto ristorante di cucina
fusion nel centro di Vancouver, uno di quelli col radar che vi scansiona
all’ingresso e se non avete almeno 3 carte di credito platinum, non vi
fa neanche entrare.

La sala era piena di gente del mio staff
intenta a ingozzarsi dal buffet e, ovviamente, dei cani epilettici non
fregava un cazzo a nessuno. Avevo pensato di imbucare anche Coraline ma
aveva la cena di compleanno di un suo amico chitarrista e quindi mi è
toccato stare in compagna di Sandy, la mia nuova direttrice, una maniaca
dell’interior design più stupida che simpatica, Oliver, il suo
fidanzato noiosissimo e Bobo, il loro orribile levriero afghano. Una
serata ad ascoltare di picnic al lago, di scrivanie firmate pagate
quanto monolocali, di premi aziendali e di altri interminabili episodi
della loro vita perfetta.

Come cazzo ho fatto a resistere per 3 ore senza morire di noia?
mi chiedo mentre pago il tassista con gli ultimi spiccioli ed esco dall’auto.

Vedo Ingrid, la mia vicina rincoglionita aprirmi la porta del palazzo mentre si accinge ad uscire.
– Alessandra! – mi saluta come se non mi vedesse da un anno – Non sai la
novità? Sto andando ad un appuntamento con un tipo nuovo, è fantastico,
lavora al take away del McDonald’s ma da quest’anno forse lo
promuoveranno junior manager e poi…
Continuo a fare sìsì con la testa mentre mi sposto verso l’ascensore per scappare
Ci sono quasi…
– Ah Alex, c’è un altra cosa…
Troppo tardi, bye bye
La porta dell’ascensore si chiude mentre la guardo con l’espressione innocente del “ops, ho premuto il pulsante”.

Salgo i piani mentre mi coccolo pensando al super bagno caldo che mi aspetta. Magari
al lume di candela… con un cd dei depeche… oppure potrei portarmi il
portatile e andare avanti con quella nuova serie horror fighissima…

Arrivo davanti alla porta quasi
saltellando all’idea di godermi finalmente un po’ di tempo con me stessa
quando si presenta il dramma di tutti i drammi:

Le chiavi??

Cerco nella borsa, nelle tasche.
Dove cazzo sono?
Svuoto la borsetta per terra
No no no no…
spargo gli oggetti sul pavimento, sempre più agitata

Niente.

Dove le avrò lasciate? Forse allo
studio… o al ristorante… Ecco sì, le avrò lasciate nel bagno quando
cercavo le salviettine nella borsa…

Esco dal palazzo e tiro fuori il telefono per chiamare il locale.
2 chiamate senza risposta, 4 messaggi.
Sto per sbloccare la schermata di blocco quando “PUFF” il piccolo schermo si spegne.
Inizio a cliccare ovunque per cercare di rianimarlo mentre nella mia testa si fa strada un quesito inquietante
oggi in pausa pranzo mi sono ricordata di metterlo in carica?
La risposta è qui davanti a me
Maledetto iphone di merda!

Mi guardo intorno, in fondo alla strada c’è una vecchia cabina del telefono.
Funzionerà ancora?
La raggiungo a passo deciso, entro e sollevo il ricevitore
Suona.
Apro il portafogli: 30 centesimi.
Ma la cosa ancora peggiore:
e il numero di telefono?
Poi mi ricordo che il mio capo nel pomeriggio mi aveva dato un biglietto
da visita del locale. Cerco in tutte le tasche e alla fine lo trovo.
Inserisco le monetine con la cura di uno scienziato durante un esperimento di fisica nucleare.
– Ristorante XXXX, mi dica.
– Buonasera sono Alessandra V., ero a cena da voi per…
– Un secondo che le passo il mio collega.
Perché cazzo deve rispondere al telefono uno che poi ti deve sempre
passare qualcun altro, non può rispondere subito il secondo?!

– Sì pronto?
– Sì, sono Alessandra V., sono in una cabina e ho pochissimo tempo,
dicevo che ero a cena da voi per la serata di beneficenza e credo di
aver dimenticat -CLICK- TU TU TU TU TU –
Fanculo!

Esco dalla cabina sbattendo la porta
E adesso?

Cerco di fare mente locale sulla situazione
La metro è già chiusa (e comunque non avrei soldi per il biglietto),
non posso chiamare un taxi… potrei impietosire l’autista di un bus…ma
non so neanche se ne passano ancora, finirei con aspettare una vita per
niente…

Non mi resta che andare a piedi. Ci vorrà un po’ ma almeno prima o poi al ristorante ci arrivo.

Il lungo viale che da West End porta fino
al centro si estende deserto e silenzioso davanti a me mentre alla mia
destra le luci della città si riflettono sulla superficie dell’oceano.
Cammino ragionando sul fatto che il mio doposerata
“bagno+relax+musica/film” stia pericolosamente rischiando di saltare per
via di questo fottuto contrattempo.
No, col cazzo che ci rinuncio, anche a costo di andare a dormire alle
5! E al massimo domani mi do malata… Tanto al mattino deve venire quel
fotografo francese insopportabile che ti parla a due centimetri con
quella faccia odiosa e quell’alito di merda e…

Una valanga d’acqua mi investe dalla testa ai piedi. Uno stronzo col SUV
ha appena attraversato una gigantesca pozzanghera a tutta velocità
infradiciandomi di acqua putrida.
Trattengo a stento le imprecazioni, cerco di strizzare quel che posso
dei vestiti e col passo incazzato di un’amazzone col ciclo mi rimetto in
moto verso il ristorante.

Arrivo che è quasi ora di chiusura, ho i capelli bagnati, il trucco sbavato e i vestiti ridotti ad uno straccio
– Buonasera, sono Alessandra, avevo anche chiamato un’oretta fa, ero a
cena qui e credo di aver dimenticato le chiavi di casa nel vostro bagno,
se posso dare un’occhiata…
– Ehm, signorina, mi dispiace ma temo abbia sbagliato posto.
– No no, ero qui a cena da voi, ve l’assicuro, a quel tavolo laggiù…
Signorina… – mi spiega il maître con una smorfia da prenderlo a
legnate sui denti – …questo è un Ristorante dove si entra…ehm, solo su
prenotazione, mi capisce?
Sto stronzo mi sta prendendo per una barbona!
Senti, mi chiamo Alessandra V., lavoro per l’agenzia di moda
che ha finanziato la serata, un pezzo di merda poco fa mi ha lavata
mentre stavo sul marciapiede e…
– Ehm sì certo… stia calma.
Il trambusto attira l’attenzione del direttore. Si avvicina e sento il maître sussurrargli all’orecchio:
– Dice di essere una modella ma probabilmente è una prostituta… sembra pure drogata.
– Una prostituta? – gli chiede bisbigliando
– Sì, ha detto che prima stava sul marciapiede.
Il direttore si fa avanti
– Signorina, devo chiederle di uscire dal locale, altrimenti sarò costretto a…
Sì sì, andate affanculo
Esco furiosa
Giuro che domani torno in questo posto di merda e metto su una scenata che li faccio chiudere!

Mentre riacquisto lucidità mi rendo che sono nel quartiere dove abita Coraline.
Aveva detto che sarebbe tornata tardi ma magari è già rientrata…

Mi incammino verso casa sua con passo spedito
Questa si che sarebbe una svolta, un bel lieto fine: mi faccio una
doccia, mi cambio, ci diamo due coccole e poi magari la torturo un po’.

Mi inizia a tornare il sorriso.
Sì, dopo quello che è successo ne ho proprio bisogno. Potrei legarla
come l’ultima volta e tenerla per ore sul filo dell’orgasmo mentre la
faccio stare con la lingua di fuori e le sputo in bocca. Oppure potrei
scriverle col rossetto qualcosa addosso di terribilmente umiliante e
farle le guance rosse di schiaffi. Sì, schiaffi. Ecco cosa ci vuole…

Arrivo sotto il suo portone già tutta eccitata, suono alla porta ma niente, Cory è ancora in giro.
Sarebbe stato troppo bello.
In compenso, proprio dall’altra parte della strada, un bancomat mi aspetta per riempire le tasche del mio portafogli.
Perfetto, penso, ritiro un po’ di soldi, chiamo un taxi e mi faccio lasciare al primo hotel della zona…
Ci rifletto meglio
Anzi, macché hotel! Mi faccio portare all’Hilton e mi prendo una cazzo di suite con idromassaggio!

Inserisco la carta, scelgo 300 dollari, digito il codice e…
Niente.
Clicco ancora qualche volta su Conferma, poi su Annulla ma la macchina non sembra dare risposta.
– Dai, dai!
Il software si è irrimediabilmente impallato. E quel che è peggio, mangiandosi la mia carta di credito.
Inizio a tirare pugni sui pulsanti
– Bastardo figlio di troia ridammi la mia cazzo di carta!
Gli mollo un calcio e scatta il meccanismo antirapina che mi averte che le banconote verranno macchiate e rese inutilizzabili
Merda, ci mancava pure questo!
Sento in lontananza partire la sirena di un’auto della polizia
Meglio levarsi di torno prima di farsi arrestare

Mi nascondo in una stradina buia e
aspetto che le auto se ne vadano, accompagnata dal miagolio di qualche
gatto randagio che fruga nei rifiuti.
E adesso dove cazzo vado?
– Signorina…
Un mendicante malconcio mi si avvicina alle spalle zoppicando
– Due dollari per mangiare? Sono tre giorni che…
– Amico, capiti male, un bancomat mi appena ha mangiato la carta di credito e non ho più neanche uno spicciolo.
– La prego, lei molto carina, io tanta fame…
– Senti, non ho un soldo, come te lo devo dire?!
Tiro fuori il portafogli spazientita e glielo apro davanti agli occhi per sbattergli in faccia la verità.
– Lo vedi? Ci sono solo i document… – con uno scatto improvviso l’uomo
me lo strappa di mano e come un novello Keyser Söze smette
improvvisamente di zoppicare e scappa via con la velocità di un
centometrista olimpionico per sparire in un vicoletto.

Resto immobile per non so quanti minuti, incredula di fronte ad una tale dose di malasorte.

Poi, non so come, mi viene in mente un
momento della serata che accende dentro di me un nuovo barlume di
speranza. Si tratta di qualcosa che aveva detto Sandy durante la cena, e
cioè che sarebbe dovuta tornare in ufficio per finire alcune pratiche.
Posso passare di lì, chiamare Coraline e farmi venire a prendere…

Tornata nella via principale sto
camminando scalza con i tacchi in mano canticchiando stonata “It’s my
party” di Lesley Gore tra sguardi curiosi di coppie sposate e quelli
divertiti dei ragazzini ubriachi.
Dopo altri 40 minuti arrivo esausta al palazzo della mia agenzia. Le luci al dodicesimo piano effettivamente sono accese.
Molto bene

Sto salendo in ascensore appoggiata alla parete, mi guardo i piedi: sono praticamente neri.
Appena arriviamo a casa, prendo Cory e glieli faccio pulire con la
lingua, poi la metto sul letto, le lego le caviglie ai polsi, prendo il
vibratore nuovo e…

La porta si apre interrompendo i miei pensieri, supero il corridoio e busso all’ingresso.
– Ehi c’è nessuno? Sandy, sono Alex!
Giro la maniglia ed entro.

Gli uffici sembrano vuoti, anche quello della mia capa, tuttavia la sua giacca è appesa all’attaccapanni all’ingresso.
Sarà andata in bagno
Provo ad usare un telefono ma per chiamare l’esterno credo serva un
codice che non conosco quindi, prima di fare casini, meglio aspettare
che Sandy torni dai suoi bisogni.
Mi levo gonna e camicetta bagnate per farle asciugare, rubo qualche
moneta da una scrivania, vado a prendermi una cioccolata calda alla
macchinetta e mi sistemo sui divanetti con un sospiro di sollievo.

Sto osservando le luci della città fuori dalla grande parete di vetro quando inizio a sentire dei rumori.
Ascolto meglio, sembrano provenire dall’ufficio del direttore generale.
Mi avvicino silenziosamente
Ehi, ma questi sono gemiti…
Non mi dire, la perfettina tutto-lavoro si è portata il fidanzatino per scopare!
Divertita dall’idea non riesco a resistere alla tentazione di origliare.
Mi avvicino alla porta e tendo l’orecchio
– Sì… ti piace quando mi metto così vero? Vuoi sentire come sono
bagnata? Vieni, lecca dai. Fammi federe come fai il bravo cagnolino,
leccami…
Giuro che se mi avessero detto che Sandy aveva un animo perverso non ci avrei mai creduto…
– Dai leccami leccami, continua… sì… la tua lingua… sì… sì…
Mi rendo conto di avere una mano in mezzo alle gambe
Ma guarda te se mi devo eccitare sta per coppia di sfigati…
– Sì, continua! continua! Fammi venire… continua… la tua lingua mi fa impazzire… non c’è confronto con quella di Olly…
Oddio, quello lì dentro non è Oliver!
E chi diavolo sarà?
Forse Warner, il commerciale… so che giocano tutti mercoledì a tennis insieme… o forse Mark, il nuovo stagista bellino…
– Si sto per venire… sto per venire… sì sì, metti la zampa qui…

La zampa?!

Vinta dalla curiosità incrocio le dita
per non farmi beccare e sbircio tra le tendine. Sandy è seduta sulla
scrivania a gambe aperte con davanti Bobo, il levriero afghano, intento a
leccarla golosamente come stesse ripulendo una ciotola di cibo.
Inavvertitamente faccio cadere un vaso che si frantuma sul pavimento.
Sandy salta su di colpo – Oddio c’è qualcuno!
Mi nascondo vicino ad un mobile dietro una pianta
– C’è un ladro, cazzo! Bobo, veloce dobbiamo uscire subito!
Sento Sandy farfugliare nervosa mentre si riveste in fretta e furia
– Oddio potrebbe essere un terrorista dell’Isis… ho sentito che vogliono iniziare a colpire i nostri simboli del lusso…
Semai del benessere…
Sandy sbuca fuori dall’ufficio correndo seguita dal cane, si fionda fuori e chiude la porta.

Ormai rassegnata, tiro fuori una
sigaretta ma non faccio in tempo neanche ad accenderla che le luci si
spengono di colpo e sento l’allarme partire a volume spianato. Corro
inciampando verso la porta di uscita ma è chiusa a chiave.
Sta deficiente mi ha chiusa dentro!
I telefoni sono tutti muti. Mi guardo intorno in cerca di uscita
La scala antincendio…
Apro una finestra e vengo attraversata da ventata di aria gelida che mi
spettina i capelli. Inizio a mettere timidamente un piede sul balconcino
Non guardare giù
Non guardare giù
Non guardare giù
Vedo la scaletta poco distante
Ok sono solo 10 metri, ce la posso fare…
Sto avanzando con cautela quando due fari mi illuminano il volto
accecandomi e facendomi quasi perdere l’equilibrio. Sento la voce
metallica di un megafono urlarmi dal basso:

– FERMA DOVE SEI E METTI LE MANI BENE IN VISTA.

Sotto di me tre auto della polizia hanno
accerchiato il palazzo. Alcuni agenti stanno salendo per venirmi a
prendere dalla scala mentre altri sono entrati dall’ingresso principale
per circondarmi.
Mi arrendo, avete vinto…

Seduta sul sedile posteriore della volante ormai non ho più neanche la forza di spiegare la situazione.
– Sì signore, l’abbiamo presa… – il poliziotto alla guida parla con la
centrale – …no signore, non sembra una terrorista islamica… è una
ragazza in reggiseno… sì signore, ha capito bene… caucasica, di un metro
e 80… e corrisponde alle descrizioni di altre segnalazioni che ci sono
arrivate questa notte…  a quanto pare ha fatto prima irruzione in un
ristorante del centro in evidente stato di alterazione da stupefacenti…
poi ha cercato di svaligiare un bancomat con la forza… ah, un dipendente
del ristorante afferma anche di averla vista prostituirsi per strada,
su un marciapiede… no signore, non ha i documenti… sì signore, anch’io
penso si tratti di una persona molto instabile.

All’interno di una piccola cella della
centrale di polizia sono in compagnia di: una chiromante brasiliana che
ha rubato due chili di salmone affumicato al supermercato, una
spogliarellista polacca beccata con una valigia di coca in macchina e
una signora cinese dal volto impassibile che pare abbia tagliato
l’uccello al marito.
La chiromante sostiene che il piano di politica estera della Clinton,
benché duro, è molto più serio di quello del suo avversario mentre la
spogliarellista non si fida di una donna che si è fatta mettere le corna
davanti agli occhi del mondo e crede che le ricchezze di Trump possano
essere un fattore positivo in quanto non gli daranno motivo per rubare.
Mi volto verso la cinese
– E tu cosa ne pensi?
– 我不喜歡。我喜歡普京!
– Ok, lascia stare…
La porta della cella si apre
– Alessandra V.?
– Sì, sono io.
– Tutto a posto, è libera di andare.

Il taxi, offerto gentilmente dagli
agenti, si ferma davanti a casa mia che è già mattina. E dopo una notte
che sembrava senza fine non mi sembra vero di vedere la luce del sole.

Esco dall’auto con addosso una tuta
azzurra, anch’essa offertami dalle forze dell’ordine ma che dovrò
riportare entro 3 giorni, e vengo subito accolta da Ingrid che stenta a
riconoscermi
– Alex??
La saluto con un cenno
– Ma che ti è successo??
– È una storia lunga, senti posso salire un attimo da te? Non posso
entrare in casa, sono senza telefono e ho bisogno di fare due chiamate…
– Certo! Non vedo l’ora di raccontarti del mio appuntamento… Ah, a proposito, devo darti una cosa.
Mi porge una busta bianca con scritto “per Alex”
– Cos’è?
– Non lo so, me l’ha portata Coraline ieri pomeriggio, te la stavo per
dare ieri sera quando ci siamo incrociate ma sei scappata in ascensore.

Apro la busta e trovo un bigliettino scritto a mano:

Stordita, perché non leggi i messaggi?
hai lasciato le chiavi a casa mia
te le ho messe sotto lo zerbino
Bacio
Cory

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