Una cugina da perderci la testa /3

[un nuovo capitolo viene pubblicato ogni pochi giorni! Torna all’indice][ti piace questo racconto? Dillo all’autore!]di iprimipassi

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Capitolo 3 – Un ottimo risveglio

Il calcio a Paolo interessava meno di zero. Quel pomeriggio di metà giugno, però, non sapendo cosa fare, aveva sintonizzato il televisore sull’incontro di esordio dell’Italia contro la Danimarca ai campionati europei, addormentandosi già a metà della prima frazione di gioco.
Si risvegliò dopo un tempo indefinito e, aprendo gli occhi e beandosi di ciò che aveva di fronte, ebbe la sensazione di stare ancora sognando. Sdraiata accanto a lui si trovava Damiana, che lo osservava carezzandogli la testa. «Buongiorno», sussurrò la ragazza. «Ciao», replicò Paolo sorridendole. «Ma che ci fai qui?». «Mamma aveva da sbrigare una commissione da queste parti, così ho pensato di aspettarla da te. Scusa se ti ho svegliato». «Ma scherzi? Anzi, potevi chiamarmi quando sei arrivata. Da quanto sei qui?». «Non molto, sarà un quarto d’ora. Tua madre mi ha aperto la porta appena prima di uscire. Dormivi così beato che non me la son sentita di chiamarti». Paolo le diede un bacio sulla guancia, sfiorandole appena l’estremità delle labbra, dopodiché prese a giocare con i suoi capelli. «Come stai?», le chiese. Lei ci pensò una frazione di secondo. «In questo momento bene». Paolo sorrise. «E in generale?». «Perseguitata dalle rotture di palle, come sempre!», replicò Damiana accennando un sorriso. «Allora siamo in due, se può consolarti», disse Paolo in tono scherzoso.
«E’ un sacco che non ci si vede», riprese il ragazzo. «Meno male che almeno ogni tanto ti sogno», aggiunse. «Come come? Mi hai sognata?». Paolo annuì, ripensando alla visione onirica di solo pochi giorni prima. «E che facevamo?». «No, lascia stare, era un sogno come un altro». «Dai, ora voglio saperlo!». «Non è il caso, davvero». «Non ti far pregare, cuginetto», Damiana finse una faccia imbronciata, avvicinandosi a Paolo tanto da poter sentire il suo respiro sfiorarle il volto. Il ragazzo restò di sasso, perso nell’azzurro di quegli occhi e con le labbra di Damiana ad una manciata di centimetri dalle sue. Si riprese a fatica. «Ok, se insisti. Ci baciavamo». «Davvero?». «Si, ti incontravo per strada, e ci salutavamo così». «Modo originale! Ma intendi un bacio vero?». «Già. E anche piacevole devo ammettere».
«Chissà che vuol dire», aggiunse Damiana dopo qualche secondo di riflessione. Paolo prese il coraggio a due mani: «Probabilmente, visto che ti considero una delle ragazze più belle e sexy che abbia mai visto, si trattava di un sogno nel cassetto».
I due non avevano mai smesso di guardarsi negli occhi, cosicché, nel momento esatto in cui Paolo pronunciò quelle parole, poté notare un lampo malinconico attraversare lo sguardo della ragazza. «Anche tu mi piaci molto. Ma siamo cugini, non si può», disse Damiana, allontanandosi di qualche centimetro.
Paolo restò, per qualche attimo, in silenzio, combattuto tra l’istinto di vincere le blande difese alzate da Damiana e la ragione, che gli imponeva di non calcare troppo la mano in quella situazione. Alla fine della battaglia tra queste due componenti dell’animo umano perennemente in conflitto, a spuntarla fu la seconda.
Toccò poi alla ragazza rompere quel silenzio imbarazzato: «Comunque, credo mi idealizzi troppo. Non son nulla di speciale». «Per me si», fu la risposta appena sussurrata di Paolo.
Ancora qualche secondo di silenzio attanagliò i due, prima che Damiana si convinse della necessità di deviare il discorso su un argomento meno pesante. «Sai che ho fatto un piercing all’ombelico?». Paolo la seguì a ruota sul nuovo terreno, valutando che fosse la scelta migliore. «Davvero? Oddio, ma non fa male?». «No, guarda», rispose Damiana, voltandosi supina e sollevando appena il suo top nero per lasciare scoperto parte del suo pancino.
Per un momento l’attenzione di Paolo venne catalizzata da due montagne di carne, rese evidenti dalla posizione assunta da Damiana. I seni della ragazza svettavano verso l’alto, seppur trattenuti dalla costrizione del reggiseno e dal tessuto elastico della maglia. Nonostante ciò, la loro abbondanza era evidente e Paolo dovette far ricorso a tutte le sue forze per non affondare le mani e il volto in quelle succose mammelle puntate verso il cielo. Con fatica, fece scorrere lo sguardo verso il basso, così da fissare la pallina metallica che attraversava il piccolo e grazioso ombelico di sua cugina. «Ti piace?». «In verità, preferisco quello che hai al naso», affermò Paolo, sfiorando con l’indice il brillantino che Damiana portava sulla narice sinistra. «Ma ti sta bene anche l’altro», si affrettò ad aggiungere. «Vabbè che a te sta bene qualsiasi cosa», concluse sorridendole. Damiana arrossì appena, poi la sua attenzione venne catturata dal cellulare che prese a squillare sulla scrivania di fronte al letto. La ragazza andò a prenderlo e premette il tasto di risposta nel momento esatto in cui tornò verso il morbido giaciglio, sedendosi sul bordo. «Ciao ma’».
Paolo si avvicinò a lei, cingendole la vita e giocando col piercing ammirato pochi istanti prima. Come sempre, l’intimità che veniva a crearsi con Damiana gli causava uno stato eccitazione che raramente cessava quando era ancora al cospetto della sua splendida cugina. E anche quel giorno, complici la vicinanza fisica tra i due, la visione di quei seni sodi e rotondi e, ora, il massaggio al morbido e delicato ventre della ragazza, una simile reazione fisica fu inevitabile.
Damiana, intanto, continuava la conversazione telefonica. «Hai già fatto quindi? Com’è andata?».
La ragazza, nel parlare, protese il braccio libero all’indietro, presumibilmente per accarezzare le gambe di Paolo, ricambiando le attenzioni che lui stava dedicando al suo ombelico. La mira, però, non fu altrettanto precisa, tanto che il dorso della mano di Damiana impattò contro il pene eretto di suo cugino.
Per la sorpresa, Paolo quasi serrò l’abbraccio attorno alla vita della ragazza, la quale per un momento restò immobile. Passarono solo pochi secondi prima che Damiana iniziasse lentamente a far scivolare la sua mano lungo l’asta, dapprima con il dorso, poi ruotandola, fino a trovarsi parte del membro di Paolo nel palmo.
Il ragazzo non sapeva come reagire. La sua mano scese a posarsi sulla gamba destra di Damiana, fasciata da un lungo e attillato pantalone nero. La strinse appena, riscoprendo la morbida tonicità delle cosce della cugina.
Lei, intanto, prendeva sempre più confidenza con quel pene che sentiva grosso e duro attraverso i calzoni della tuta acetata indossata da Paolo. La sua mano cinse parzialmente il membro del ragazzo, iniziando un lento su e giù, mentre la presa si faceva sempre più decisa.
«No. Ti ascoltavo, ma non si sentiva bene. Puoi ripetere?».
Damiana si sforzava di mantenere la concentrazione durante la telefonata, nonostante l’evidente motivo di distrazione alle sue spalle.
Paolo, invece, era libero di perdersi completamente nelle sue sensazioni. Pertanto, la voce di Damiana, seppur a pochi centimetri da lui, sembrava giungere da un’altra dimensione.
«Si, ok, arrivo», furono le ultime parole pronunciate dalla ragazza prima di interrompere la conversazione, mentre aveva ancora saldamente in mano il membro di Paolo, sul punto di esplodere.
Proprio mentre il ragazzo era a un passo dall’orgasmo, Damiana fece scivolare via la sua mano dal pene del cugino, portandola su un fianco di Paolo e avvicinandosi al viso del ragazzo, con aria confusa e quasi assente.
«Scusami, mamma è già qui sotto, quindi devo scendere. Mi dispiace tanto», disse in tono affranto Damiana, lasciando intendere di non riferirsi solo al dover interrompere quell’incontro.
Paolo la fissò negli occhi, fece poi scorrere il suo sguardo lungo il corpo di Damiana, tornando, infine, al punto di partenza: quegli incantevoli fari, azzurri come un cielo terso in un giorno di primavera. Non disse nulla, ma si limitò ad accettare l’abbraccio vigoroso che sua cugina gli riservò, prima di guardarla alzarsi e uscire lentamente dalla stanza, senza voltarsi.
Quando sentì il rumore della porta d’ingresso che si chiudeva, Paolo emise un lungo sospiro, dopodiché avvertì una intensa fitta allo stomaco, che imputò immediatamente all’alto livello di eccitazione raggiunto e alla successiva, mancata, eiaculazione. Si mise supino, con le braccia dietro la testa a fissare sconsolato il soffitto, maledicendo la sua scarsa audacia.

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