Capitolo III – L’ultima volta insieme
di Suve
L’amore tra me e Marisol, ora pienamente consapevole, colorò e rese felici gli anni di università insieme. Dividevamo con un’altra ragazza un appartamentino con due camere da letto. Naturalmente io e Mari prendemmo quella con letto matrimoniale, e quel materasso ci vide spesso abbracciate, prima del sonno, dopo una dura giornata di studio. Non che ci facessimo mancare qualche avventura, eravamo tornate entrambe single, ma il più delle volte non sentivamo il bisogno di una presenza maschile, prese come eravamo dagli impegni di facoltà e da noi stesse.
Poi successe che ci innamorammo entrambe, io di un compagno di studi, Carlo, e Mari di un docente di quindici anni più anziano, Ernesto, divorziato da poco. Mancava un anno alla laurea e pur continuando a dividere l’appartamento, il letto e qualche abbraccio sporadico, le nostre strade iniziarono a dividersi perché era impossibile frequentarsi in quattro.
Alla fine ci laureammo e io m’impiegai subito presso una grossa azienda con sede nella nostra città mentre Mari seguì Ernesto negli States per frequentare un master nella stessa università dove andò a insegnare lui.
Entrambe ci sposammo a pochi mesi di distanza l’una dall’altra. Ci tenemmo in contatto molto spesso i primi tempi, grazie a Skype, ma poi, prese dalla quotidianità, diradammo i contatti sino a sentirci solo per le festività e per avvenimenti importanti, come furono i nostri divorzi.
Mi trovavo ora a essere una donna in carriera, più che trentenne, ancora bella a detta di tutti. Non avevo legami fissi, solo qualche avventura di tanto in tanto con un uomo che mi piaceva particolarmente in quel periodo.
Fu una vera sorpresa vedermi giungere in ufficio Marisol. Era rientrata per un periodo di ferie (lavorava per una grossa organizzazione americana) di sei settimane e, preda della nostalgia, voleva rivedere le persone e i luoghi che aveva lasciato. Ovvio che la prima fossi io, subito dopo i genitori.
Senza esitazioni uscii prima dal lavoro e con lei passammo alcune ore tra giri in macchina, aperitivo e cena, a raccontarci particolari e aneddoti delle nostre vite. Un aggiornamento intensivo. Quando fu il momento di andare a dormire insistetti perché venisse da me così da continuare a parlare.
Era bello rivederla, aveva qualche chilo in più ma nei posti giusti, il fisico era tonico (tanta palestra mi raccontò) e, se possibile, era più bella ora che dieci anni prima.
Quando fummo a casa ci mettemmo in libertà e stravaccate sul divano, un bicchiere di vino bianco in mano, continuammo la conversazione finendo naturalmente sul sesso. Anche lei dopo il divorzio non aveva avuto storie serie, l’unica, forse, con una collega che poi si era trasferita in un altro stato. Le confidenze si fecero più intime e vidi ancora nei suoi occhi la luce “furbetta” che avevo imparato a conoscere bene. Anche io mi sentivo eccitata e fu naturale, spontaneo, avvicinarmi a lei e baciarla. Non si fece pregare per contraccambiarmi e per alcuni minuti le nostre bocche rimasero saldate in un bacio lento, tenero, umido.
Da quando era partita non avevo più avuto esperienze saffiche ma con lei tutto mi sembrava pacifico, normale. Tenendoci per mano ci recammo nella stanza da letto, ci spogliammo completamente e riprendemmo a baciarci distese l’una di fianco all’altra.
Sentii la sua mano coprire la mia micina, un dito curioso spingersi dentro lentamente e mi affrettai a ricambiare. La masturbazione reciproca fece salire il tasso erotico, non ci bastava più. Ci guardammo negli occhi e la vecchia complicità riaffiorò perché simultaneamente ci muovemmo per stenderci in posizione inversa. Ora avevo la sua fighetta davanti ai miei occhi. Allungai la lingua per risentire ancora quel sapore che mai avevo dimenticato e poi sprofondai in lei con bocca, lingua e naso, quasi a voler entrare con la testa. Mari afferrò il mio clitoride tra le labbra per suggerlo e ben presto partii verso un orgasmo stellare. Ancora una volta godemmo insieme, bagnando ognuna il viso dell’altra, dissetandoci a quella fonte che ben conoscevamo.
Placato il primo istinto ci mettemmo comode, abbracciate, e riprendemmo a parlare. Ora l’argomento era la nostra infanzia, gli aneddoti passati, sempre e soprattutto sul sesso.
Entrambe avevamo nostalgia delle cose fatte insieme e mi balenò l’idea per un’ulteriore “pazzia” da fare.
Io e Carlo poco prima del divorzio, per ravvivare un rapporto ormai stanco, avevamo frequentato per un periodo un club nella città vicina dove praticavamo lo scambio di coppia. Nel privè, mascherati, ne avevamo combinate di ogni. Proposi la cosa a Mari e lei accettò entusiasticamente, con le mascherine nessuno ci avrebbe riconosciuto e avremmo potuto lasciarci andare come un tempo al godimento più sfrenato.
La sera dopo con la sua auto a noleggio, agghindate “da battaglia” con abitini corti e leggeri, senza intimo, ci recammo a Xxxxxx. Nel parcheggio del locale notammo già un certo numero di auto. Indossammo le mascherine e ci presentammo all’ingresso. Il Boy di guardia non ci fece problemi, eravamo donne, e quindi entravamo gratis, eravamo sole, e quindi più che ben accette, e eravamo belle. Un mix da favola per quel genere di posti.
Al bar ci sedemmo mentre ci guardavamo intorno.
Le nostre cosce al vento non passavano inosservate su quegli alti sgabelli e più di un uomo cercò di avvicinarci. Non demmo confidenza a nessuno, era ancora troppo presto, ma in compenso ci trovammo con diversi drink offerti che consumammo pian piano.
– Accidenti Anna, mi sto eccitando, ci sono dei bei fusti, e anche giovani. Ci divertiremo un sacco –
Quando l’alcool iniziò a fare effetto la presi per mano e insieme ci recammo verso una porta sul fondo. Sapevo che dietro c’erano diversi ambienti con luci soffuse e la dark room. Proprio da quella volevo cominciare. Nell’anticamera mi spogliai, facile da farsi, dovevo solo sfilarmi l’abito, e invitai Mari a fare altrettanto. Riponemmo gli abiti nell’armadietto e restammo completamente nude, a parte le mascherine e la chiave legata al mio polso. Marisol titubò un attimo:
– Anna, e se al buio ci capita quel ciccione che abbiamo visto là fuori? Brrrr, mi fa senso solo a pensarlo –
– Non devi pensarci, è come una roulette, lì siamo solo corpi che si scambiano piacere. Per un ciccione che potrebbe scoparti ci sono tanti bei ragazzi con cui dimenticarlo -.
Non era del tutto convinta ma non oppose resistenza quando la presi per mano e la tirai dietro di me entrando nella dark room attraverso il compartimento apposito. L’ambiente, come lo ricordavo, non era totalmente buio, pochi neon offuscati strategicamente posti delineavano le silhouette scure senza permettere di riconoscere nessuno. Il pavimento imbottito, come le pareti, era come un letto gigantesco dove già una decina di figure si muovevano. Si sentivano sospiri, gemiti, voci roche manifestare piacere.
Scelto un angolino abbracciai Mari, la baciai e attesi…….non fu per molto. Una mano mi si appoggiò all’anca, una figura aderì alle mie spalle. Non era un uomo, stranamente la prima persona fu una donna, avvertivo i seni, grossi, appoggiati alla mia schiena mentre due labbra mi baciavano il collo e una mano, da dietro, mi andava a cercare la micina per sollecitarla. Allungai una mano dietro afferrando una natica che sentii soda, con l’altra andai a cercare la micina di Mari. La trovai occupata da una mano grande, chiaramente maschile. Gliela lasciai per cercarle il seno e tormentarle il capezzolo. Mari mugolò nella mia bocca, non era insensibile a ciò che le stavano facendo. La donna dietro di me mi spinse sulle scapole per farmi chinare in avanti e, inginocchiatasi, sostituì le dita con la lingua. Era calda, carezzevole, non disdegnava di passare sul mio buchino, irrigidendosi e cercando di penetralo a mò di cazzetto. Mi stava cominciando a piacere. Mari mi fu strappata con dolce violenza e il suo posto preso da una bocca che identificai come maschile. Era irruento, la sua lingua sembrava un esercito invasore teso alla conquista della mia bocca, che lieta si arrendeva accogliendola e succhiandola. Una mano dietro la nuca mi impose di chinarmi ancora in avanti; sbattei la faccia con il suo membro e mi affrettai a afferrarlo. Era ben dotato. Con un sospiro di piacere lo fagocitai iniziando a succhiarlo mentre la donna dietro di me ora mi leccava avidamente la micina e con un dito s’introduceva nel buchino per stimolarmi maggiormente. Era brava, mi stava facendo godere e volli ricambiarla. Staccai la bocca dal cazzo che stavo succhiando e mi rialzai. Tacitai le proteste dell’uomo sussurrandogli all’orecchio di stendersi, poi mi girai e feci alzare la donna. La sua bocca sapeva di me. Sempre baciandola me la tirai addosso mentre indietreggiavo, allargando le gambe per trovarmi sopra l’uomo. Reggendomi a lei scesi con il bacino fino a trovarmi nella posizione giusta, glielo afferrai e me lo puntai alla micina scendendo ancora per farmi penetrare. Sì, era proprio ben dotato, lo sentivo riempirmi bene. Tirai ancora a me la donna e la feci mettere davanti a me, il suo sesso a portata della mia lingua. Tenendomi alle sue anche cercai di sincronizzare il movimento su e giù del mio bacino con quello della lingua nella sua micina. Dei gemiti da entrambe le parti mi fecero capire che stavo facendo bene. Mi godetti l’amplesso. L’uomo presto mi afferrò per i fianchi prendendo a alzarsi per venirmi incontro e penetrarmi completamente, io leccavo lei e agitavo il bacino su di lui. Presto i gemiti della donna divennero urla e mentre godeva bagnandomi tutta la faccia le ficcai profondamente l’indice nell’ano sentendo le contrazioni del suo orgasmo stringermelo spasmodicamente. L’uomo stava arrivando anche lui mentre io ero ancora abbastanza lontana dall’orgasmo. Sveltamente mi tolsi da sopra lui, afferrai lei costringendola a inginocchiarsi di fianco a me e tenendola per la testa la costrinsi a imboccare quel cazzo che stava per sborrare. Pochi istanti, nella mano che lo stringeva sentii i fremiti premonitori e lo tolsi dalla bocca di lei per ingoiarlo io. Uno, due spruzzi violenti mi colpirono l’ugola. Ingoiai il primo e col secondo ancora in bocca costrinsi lei a prendere gli ultimi getti, gli ultimi sussulti. Il pene ora stava perdendo il suo vigore, lei lo lasciò e io la baciai, scambiandoci saliva e sperma insieme.
Mi alzai e cercando di non calpestare nessuno andai verso dove avevo lasciato Marisol. C’era una coppia a terra, lui la scopava alla pecorina. Mi abbassai e riconobbi gli urletti di Mari, li conoscevo bene. M’impossessai della sua bocca e mentre lei godeva travasai quel po’ di sperma che ancora avevo in me impastandolo con la sua saliva tra le nostre lingue guizzanti.
Attesi che si spegnessero gli ultimi sussulti del suo orgasmo e, tirandola per un braccio, la sottrassi all’abbraccio dell’uomo incurante delle sue proteste.
La portai verso l’uscita e la sorressi nel suo passo ancora incerto. La condussi alla toilette per una veloce rinfrescata,
– Mari, come ti senti? –
– Benissimo, non avevo mai fatto una cosa del genere e ero curiosa. Ho goduto tantissimo. Ma perché siamo uscite? –
– Perché il bello viene ora, la dark era solo per riscaldarci. Lì le mascherine non servivano, adesso devi fare ben attenzione a non perderla perché dove andiamo le luci ci sono anche se soffuse. Ci sono degli ambienti qui chiusi da una tendina di perline, chi sta fuori può solo guardare, chi entra è solo se gli occupanti sono d’accordo. Scegli tu con chi stare. –
Prendemmo un piccolo corridoio che aveva quattro aperture, due per lato, le quali davano accesso a tre piccole stanze e una quarta molto più grande. La prima era proprio questa. Passando vedemmo che davanti c’erano diverse persone tra cui il ciccione visto prima e una signora, probabilmente sua moglie, un po’ avanti con gli anni, i seni un po’ cadenti ma tutto sommato ancora bella. Sbirciammo vedendo che dentro c’erano forse una quindicina di persone ambosessi prese a accoppiarsi nei modi più disparati. Proseguimmo. Il ciccione ci guardò speranzoso ma non lo degnammo di uno sguardo. Altri due ambienti erano occupati da gruppi di 3-5 persone, sempre con qualcuno a guardare, e solo l’ultimo era libero. Feci entrare Marisol e la bloccai facendola girare appena entrata.
– Ora scegliamo, tienimi la mano e stringimela se sei d’accordo sulla mia scelta –
Con un gesto chiamai un bel ragazzo, mascherato come tutti, che stava nel corridoio. Si avvicinò e lo squadrai per bene. Spalle larghe, fisico asciutto, doveva avere 25 anni, l’uccello era moscio ma prometteva bene. Sentii Marisol stringermi la mano e gli feci cenno d’entrare. Con lo stesso sistema ne scelsi altri due e sempre Mari approvò. A quel punto entrai anche io e subito gente si assiepò dietro la tendina. Sapevo che non avrebbero mai osato entrare senza permesso e non m’interessava se guardavano.
Ora eravamo tutti e cinque in piedi, vicini a un letto circolare. Pareva fossimo tutti timidi ma il primo che avevo scelto, un bel moretto, ruppe il ghiaccio avvicinandosi a Mari per baciarla e accarezzarle il seno. Mari accettò l’omaggio e rispose mentre gli altri due la circondavano prendendo a carezzarla.
Eh no, proprio non ci tenevo a rimanere in disparte. Mi accostai alle spalle del moretto appoggiandogli le tette sulla schiena e con la mano raggiunsi il suo uccello. Si stava ergendo e lo segai mentre lui leccava il seno a Mari. Ora era in piena erezione. Non mi ero sbagliata, era di una buona dimensione e durissimo. Mi inginocchiai e glielo presi in bocca. Non avevo fretta, lo succhiai brevemente e poi mi dedicai a un lavoro -in punta di lingua- tutto intorno alla cappella stuzzicandolo. Lo leccai per bene, scendendo sino ai testicoli e poi risalendo, picchiettando la punta e infine imboccandolo per cercare di farmelo arrivare fino in fondo alla gola. Apprezzava. Anche con la musica di sottofondo lo sentii gemere. Mi mise le mani intorno alla testa e temetti che volesse concludere così ma aveva ben altre intenzioni.
– Ora tocca a te – mi disse dopo avermi fatto alzare per condurmi al letto dove mi fece sdraiare con le gambe fuori dal bordo. Si inginocchiò tra le mie cosce aperte e prese a leccarmi la micina.
Sapeva come fare, si dedicava principalmente alle labbra usando le dita per sollecitare il clitoride. Ogni tanto irrigidiva la lingua penetrandomi fin dove poteva. Cominciai a eccitarmi.
Girando la testa vidi Mari che si era distesa come me sul letto, mentre uno la leccava nella mia stessa posizione lei spompinava l’altro. L’eccitazione crebbe e aiutai con la mano il mio moretto, che nel frattempo mi era scivolato sopra cercando di penetrarmi, accogliendolo volentieri dentro di me.
Scopava bene, senza fretta e nel contempo mi leccava e mordicchiava i capezzoli.
Cominciai a godere e a incitarlo a sbattermi sempre più forte. La stanza si riempì di gemiti e urla mentre diverse persone dall’altra parte della tenda ci guardavano masturbandosi. Mi venne voglia di cambiare. Bloccai il mio moretto con le mani e riuscii a fargli capire che volevo salire io sopra. Accondiscese di buon grado e ora ero io a muovermi su di lui galoppando a briglia sciolta, ma non era ancora ciò che volevo. Allungai la mano per tirare a me quello che, in piedi sul letto, si stava facendo spompinare da Marisol, scopata a pecorina dall’altro. Lo tirai con forza verso di me, la mia schiena. Non tardò a capire cosa volessi e mentre mi chinavo sul petto del moretto si posizionò alle mie spalle puntandomi il cazzo sul buchino. Non fu tanto semplice, riempita nella micina dal moretto il mio buchino stentava a lasciar passare l’arnese del tipo. Provai anche una piccola fitta di dolore quando spinse con più forza riuscendo a far entrare la cappella. All’improvviso mi sentii piena, riempita dappertutto dai due, non badai più al piccolo dolore ma sentii solo crescere il godimento, un piacere che mi partiva dal ventre e mi arrivava alla testa facendomela girare.
Sentii un colpo sul viso, come uno schiaffo, e proprio di uno schiaffo si trattava perché il terzo tipo aveva smesso di scopare Marisol e ora era davanti a me, con il suo coso che mi aveva urtato la guancia. Mi impadronii subito del suo affare ficcandomelo in bocca. Ora ero veramente piena dappertutto, il piacere sottile dello spettacolo che sapevo stavo dando si mescolava all’azione sapiente dei due che mi scopavano. Gemetti a bocca piena. Mancava veramente poco e mentre Marisol, che si era messa lì vicino masturbandosi, con una mano s’impadroniva del mio capezzolo sinistro stringendolo e stimolandolo partii per la tangente. M’inarcai con violenza spingendo indietro per accogliere nella micia e nel culo quanto più cazzo dei due potevo e se pur imbavagliata dal pene del terzo urlai, urlai di godimento muovendomi come una bambola disarticolata. Mancò poco che mi strozzassi quando il tipo, senza preavviso, mi godette in bocca sparandomi il suo seme direttamente in gola. Riuscii a togliermelo tossendo e ricevendo due o tre schizzi in piena faccia, ma non appena ripresami me lo riaffondai in bocca succhiandolo per togliergli via ogni stilla del suo piacere.
Marisol era eccitata come mai l’avevo vista. Praticamente mi strappò via il tizio che ancora m’inculava per tirarselo addosso e farsi scopare. Anche lei come me prima fece in modo di girarsi e cavalcarlo. Il moretto fece per alzarsi, ancora dentro di me, e mi affrettai a togliermi per permettergli di accostarsi alla schiena di Mari. Fui io a afferrargli l’uccello e puntarlo sulla rosetta di Mari lasciandolo solo quando fu entrato per metà, con un colpo secco che strappò un urlo a Marisol. La vedevo presa tra i due e in lei rivedevo me pochi minuti prima. Mancava ancora qualcosa per completare il quadro. Il tizio che mi aveva goduto in bocca si era seduto sul letto per riprendere fiato, gli feci cenno di salire sopra il letto e lo spinsi verso la faccia di Marisol che subito prese a succhiarlo facendogli ritrovare nuovo vigore. Capii perché Marisol si era masturbata guardandoci, anche io non potei trattenermi dal darmi piacere da sola osservando il moretto che con colpi violenti l’inculava mentre lei gemeva a bocca piena. Fuori dalla tenda la folla era aumentata, tutti, uomini e donne, si stavano toccando, da soli o in coppia. Nel sentire un gemito di disappunto da parte di Marisol tornai a guardarli. Il moretto si era tolto dal suo bel buchino ma l’aveva fatto solo per scambiarsi di posto con il tipo nella sua bocca. Mi accostai andando a contendere il suo uccello alla bocca vogliosa di Mari. Lo leccammo in due, lo succhiammo a turno regalandogli un doppio pompino che avrebbe ricordato per sempre. Ce lo scambiavamo continuamente non disprezzando di baciarci tra di noi ogni tanto, giocavamo con le lingue sulla sua cappella e poi sull’asta mentre l’altra tornava a succhiarlo. La sua resistenza venne meno e con un grido si prese l’uccello in mano segandosi davanti ai nostri volti accostati finché non spruzzò tutto il suo seme nelle nostre bocche, sui nostri visi, sui nostri capelli. Contemporaneamente venni anche io che avevo continuato a masturbarmi, un orgasmo meno violento del primo ma altrettanto soddisfacente. Marisol, ora con la bocca libera, prese urlare di piacere dimenandosi sotto i colpi dei due tipi che continuavano a scoparla e incularla simultaneamente. Poi si accasciò sul petto del tipo sotto mentre questi godeva a sua volta riempiendole la micina. Il tipo dietro tardava un po’, sarebbe stato il suo secondo orgasmo, ma presto anche lui accelerò il ritmo e venne riempiendole l’intestino. Forse Mari ebbe un altro orgasmo, perché la vidi con la faccia beata anche se ancora immobile sopra il petto del tipo.
Piano piano ci riprendemmo. Eravamo tutti sudati e sporchi di sperma e umori, sentivo il bisogno fisico di farmi una doccia e stavo per chiamare Mari e andarcene quando il moretto mi venne vicino sussurrandomi all’orecchio:
– C’è mio cugino qui fuori, vorrebbe scoparti se lo fai entrare……….. ha un uccello enorme –
Guardai verso l’entrata e effettivamente c’era un ragazzo, neanche male, che si stava masturbando guardandoci. Rimasi sorpresa, il suo affare era veramente enorme, forse più di 25 centimetri, e con un diametro in proporzione. Non ne avevo mai visto, né tantomeno provato, uno simile. Mi saziai gli occhi di fronte a tanta abbondanza ma mi sentivo stanca, avevo veramente voglia di una doccia e poi di riposo. La libido s’era acquietata. Con Marisol uscimmo dalla stanza e passando non resistetti alla tentazione di toccarlo. Non riuscivo a circondarlo completamente come anche Mari, che stupefatta aveva allungato anch’essa la mano per saggiarlo.
Il ragazzo aveva un’aria mogia, aveva capito che stavamo andando via. Gli sussurrai all’orecchio:
– Oggi no, siamo esauste, un’altra volta magari……… –
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