Fantàsia #3 – Resort (1° tempo)
- Fantàsia #1 – La partenza
- Fantàsia #3 – Resort (1° tempo)
- Fantàsia #2 – Il viaggio
di Blubear
Una vita con la solita routine può avere svolte inaspettate…
Capitolo 3 – Resort (1° tempo)
Omnia mutantur.
Si era svegliata con il solito mal di testa, avrebbe voluto dormire
ancora ma i crampi addominali non le davano tregua e quel fischio
nell’orecchio era insopportabile, tanto valeva alzarsi e fare la doccia.
Si alzò e, in modo meccanico, si tolse il pigiama mentre si avviava
verso il bagno. Sfilò le mutande e si infilò sotto il getto caldo. Lo
squillo del telefono la interruppe, “E adesso chi diavolo sarà?” pensò
mentre usciva di corsa dalla doccia afferrando l’accappatoio per non
sgocciolare in giro per casa.
-Pronto?- disse appena raggiunse il cordless che aveva dimenticato in camera.
-Buongiorno signora,- fu la risposta all’altro capo della linea – sono
Rosa, ho il compito di avvisarla che tra dieci minuti una nostra addetta
passerà a prenderla.
-Scusi ma credo abbia sbagliato numero.- ribatté lei, visto che non aspettava nessuno e tanto meno aveva degli appuntamenti.
-No signora, è tutto corretto si prepari- fu la replica che ricevette
dall’altro capo della linea e subito dopo riagganciata. Rimase qualche
secondo con la cornetta in mano, interdetta, “Bah, strano modo di fare
promozioni” pensò perplessa mentre tornava in bagno per finire la
doccia. Cinque minuti ed era già pronta per uscire, la solita T-shirt
extra large grigia a fiori sopra un reggiseno da cesta delle offerte dei
grandi magazzini, pantaloni lisci neri a tubo su mutandine della stessa
cesta del reggiseno; completava il tutto i famosi gambaletti antistupro
color carne e delle ballerine marroni, una mise che sicuramente anche a
East Harlem di notte non le avrebbe fatto correre alcun pericolo, tanto
era insignificante ed anonima. Prese le chiavi della macchina e in un
attimo fu fuori del palazzo in direzione del parcheggio dove aveva
lasciato la macchina.
-Perché non mi ha atteso, eppure era stata avvisata.- udì all’improvviso alle sue spalle.
-AH!- gridò voltandosi di scatto, la voce di donna alle sue spalle pareva ce l’avesse con lei.
Si trovò di fronte a quella che si sarebbe potuta definire una Top Model
nel pieno della carriera ma più giunonica. Portava un tailleur viola
con gonna a mezza coscia da cui sporgeva leggermente il bordo di pizzo
delle calze autoreggenti e le décolleté tacco 13 a spillo facevano sì
che risultasse poco più alta di lei. Al collo aveva un collare semi
rigido di raso nero con un disegno in strass che sembrava una specie di
Y; non aveva camicia cosicché dal bavero della giacca si poteva vedere
benissimo l’incavo del seno; capelli di un nero corvino erano raccolti
in una coda di cavallo legata alta; ai lati del collo slanciato due
lunghi pendenti Swarovski pendevano dalle orecchie; sulla testa un
piccolo cappellino sulle ventitré da cui scendeva una veletta fitta a
coprire gli occhi tanto da non permettere di identificare né la forma né
il colore; le mani erano avvolte in guanti neri.
-Accidenti, mi ha spaventata. Scusi ma credo mi abbia confusa con
qualcun altro.- affermò Lei, perplessa, in risposta a quello strano
rimprovero.
-Nessuno sbaglio: suo marito sta lavorando per noi. Fino al termine
della sua missione io sono stata designata come sua attendente per tutto
il periodo necessario.- le disse quella strana donna -Mi chiamo Hande.
-N… non capisco.- fu l’unica cosa che le uscì di bocca in quel momento.
-Sì, la sua perplessità è giustificata- disse Hande porgendole un plico -Qui ci sono tutte le spiegazioni.
Prese la busta con l’intestazione “Sakha Merka Ltd, Resort & SPA” e l’aprì.
“Buongiorno Signora,
suo marito è al momento alle Nostre dipendenze con un incarico molto delicato che richiede anche la sua collaborazione.
Per questioni logistiche e di sicurezza non Le è concesso di comunicare
con lui e al contempo non possiamo permetterCi che riveli, anche
involontariamente, informazioni che potrebbero vanificare la missione in
cui è impegnato.
Quindi La preghiamo di seguire la persona che le ha consegnato questa
lettera senza fare obiezioni, le è stato riservato un soggiorno in un
nostro Resort esclusivo dove provvederemo a quanto necessario per lei.”
-Cos’è, uno scherzo?- chiese appena terminato di leggere -una specie di Candid Camera?
-No signora.- le rispose Hande facendo cenno alla Limousine Nera nera
alle sue spalle di avvicinarsi -Dobbiamo assolutamente andare adesso,
siamo già in ritardo.
-No, guardi la cosa non mi interessa e franc…- Non riuscì a finire la
frase, gli occhi si annebbiarono e le gambe cedettero. Hande la sorresse
appena in tempo, sapeva che la droga, di cui era impregnata la lettera,
faceva effetto abbastanza velocemente ma non riusciva mai a calcolare
correttamente i tempi di reazione dei soggetti. La infilò rapidamente in
macchina e si mise a sedere al posto passeggero anteriore.
-A quanto pare avremo parecchio da lavorare con lei.- disse, rivolto alla autista. -Andiamo!
Si sentiva leggera, come stesse dormendo ma percepiva distintamente i
suoni. Aveva sentito quello che aveva detto Hande all’autista e lo
stupore iniziale divenne angoscia. Non vedeva niente: i suoi occhi
percepivano solo delle ombre; non riusciva a muovere un muscolo: era
come paralizzata, quel torpore simile ad un arto addormentato, solo che
prendeva tutto il corpo. Distesa su l’ampio sedile posteriore vedeva
solo la luce del sole, si stavano dirigendo fuori città. Trascorse un
lasso di tempo che non riuscì a definire, quando ebbe la sensazione che
la Limousine si fermasse per accedere a qualche varco di controllo
percepí una serie di rumori familiari, le ricordavano quando
accompagnava il compagno in aeroporto.
“Dove mi stanno portando? Cosa vogliono da me? Cosa mi succederà?”
pensò mentre l’angoscia cominciava a lasciar posto alla paura.
-Ti stiamo portando dove ti è stato detto.- disse Hande -Solo che il Resort è, diciamo… lontano e un po’ particolare.
“Oddio, sta parlando con me?” pensò ancora più impaurita da quella affermazione.
-Sì, proprio con te- proseguì Hande -Il nostro compito sarà quello di
rieducare e per quanto riguarda cosa ti succederà, quello dipenderà
tutto esclusivamente da te.
Ora era nel panico più assoluto, si sentì sollevare e dopo qualche
minuto le sembrò di essere adagiata su un seggiolino d’aereo e qualcuno
che le stesse legando le cinture di sicurezza, poi fu buio e silenzio
più assoluto.