Fantàsia #2 – Il viaggio

Questa è la parte 2 di 10 della serie Fantásia

di Blubear

Una vita con la solit­a routine può avere s­volte inaspettate…

Capitolo 2 – Il viaggio

Alea iacta est.

Come sarebbe “Non era quello il tuo volo.” Certo che lo era. Lo avevo
prenotato da più di un mese, per di più con data fissa per stare nelle
spese: adesso sarei stato costretto ad acquistarne un altro e  sborsare
ben più di mille euro, CAZZO!

Bip, Bip, Bip. E dáje, aĺlora insiste. “Segui attentamente le
istruzioni.” diceva il nuovo messaggio. Quali istruzioni? Ero perplesso,
va bene che avevo avuto un’esperienza del tutto fuori dall’ordinario,
ma le due ragazze che mi avevano scopato poco prima mica avevano parlato
di istruzioni particolari.
Fu allora che la vidi: si stava dirigendo verso l’altro terminal: come
era possibile! Aveva fatto il check-in per il mio stesso volo, non
poteva trovarsi ancora a terra! Era impossibile! La hostess di terra al
gate d’imbarco mi aveva letteralmente chiuso le porte in faccia e sul
tabellone delle partenze il volo non era più segnalato: ero certo che
fosse partito! E quindi?

Adesso avevo una ragione più valida per attaccare bottone, la rincorsi
sperando di raggiungerla e di arrivare nello stesso luogo in cui stava
andando lei: se era sul mio volo vuol dire che in qualche modo sarei
potuto arrivare a Parigi. Stavo per raggiungerla, solo ad una decina di
metri mi separavano da lei, quando voltò l’angolo del corridoio e sparì
dalla mia vista quei pochi secondi che occorsero per arrivare in quello
stesso punto. Mi ritrovai in una sala d’attesa con una vetrata che dava
sul piazzale di sosta dei voli privati: sparita! Non c’era nessuno,
altri accessi oltre a quello da cui provenivo e da cui potesse essere
uscita non ce n’erano, quindi? Dove era finita? Doveva per forza essere
nelle vicinanze, quel profumo particolare era ancora nell’aria.

-Questa è per lei.- disse una voce femminile.

Accidenti! Quasi mi piglia un colpo! Ero talmente assorto nella ricerca
di quella donna sfuggente da non essermi accorto di avere qualcuno alle
spalle. Mi voltai di scatto e quel che vidi fu una hostess di terra
mozzafiato: una Walkiria alta forse 1.85, rossa di capelli anche se non
più giovane. Sui siti erotici sarebbe stata sicuramente classificata
MILF, ma come fisico era intrigante, anche se dalle gambe mi sembrava
ben piazzata in fatto di muscolatura. Mi stava porgendo una busta.
-Scusi, ma come fa a sapere che è per me?- le chiesi -Non ha neanche chiesto il mio nome!
-Prenda! Non abbiamo tempo da perdere.- insistette lei -È già stato informato.
Ah, ecco, adesso l’ultimo messaggio ricevuto aveva un senso. Presi la
busta e l’aprii, conteneva una fotografia, ma non una foto qualunque,
era uno scatto fatto al mio matrimonio: io e mia moglie sull’altare
mentre stavamo ricevendo dal sacerdote il calice con il vino consacrato
che avremmo bevuto per la comunione.
-Cosa significa questo! Come fa ad averla! Chi gliel’ha data?- chiesi inquieto.
La walkiria mi guardò spazientita, mi prese la foto dalla mano e me ne
mostrò il dorso. -Legga! E non faccia troppe storie.- disse.

‘Non si preoccupi, e si rilassi. Sua moglie sta bene, trascorrerà un
soggiorno rilassante in una località termale per tutto il tempo in cui
lei sarà assente.
Le è stato detto che è tutto offerto dal cliente, che lei avrebbe dovuto
incontrare, quale ringraziamento per la sua disponibilità e discrezione
nell’aver accettato l’incarico delicato affidatole e a causa del quale,
per le difficoltà logistiche a raggiungere il luogo in cui si trova, i
contatti tra voi sarebbero stati presi esclusivamente tramite la nostra
agenzia. Sua moglie non saprà mai quello che lei dirà, farà o vedrà.
Deve decidere adesso accettare quanto le offriamo o tornare sui suoi
passi. Qualunque sarà la sua decisione segua la nostra addetta, non se
ne pentirà.’

Rimasi interdetto ma la cosa era  intrigante, anche se non capivo proprio il senso: quale incarico? Accettare cosa?
La walkiria era sempre più impaziente,  sembrava mi volesse fulminarmi con gli occhi.
-Allora! Ci decidiamo, stiamo perdendo lo slot di decollo!- incalzó.
“Non saprà mai niente.” pensai “Rischiare? Se le condizioni sono veramente queste…”
-Oh, finalmente ha deciso!- disse sollevata -Muoviti, andiamo!
Chissà perché non rimasi stupito che sapesse già, prima che parlassi,
quale fosse la mia decisione. Mi condusse verso una porta di sicurezza
sul lato opposto della sala d’attesa che aprì col suo badge, scendemmo
le scale fino  al piazzale di sosta visto dalla vetrata della sala
d’attesa.
-Seguimi, l’aereo ti aspetta.- disse dirigendosi verso uno degli hangar
con all’interno un Gulfstream V senza insegne particolari, a parte il
numero di identificazione: G9-1325Y. Che coincidenza, lo stesso numero
del gate, o no?

Salimmo e, indicando la poltroncina più in fondo, disse: -Si metta comodo e allacci la cintura, tra dieci minuti decolliamo.

Appena seduto vidi dal finestrino avvicinarsi quello che pensai sarebbe
stato l’equipaggio, cinque ragazze in tailleur viola ma, osservando
meglio sembrava decisamente un abbigliamento troppo succinto per gli
standard di un aeroporto: la gonna si sarebbe potuta tranquillamente
definire “inguinale”, se non addirittura “trans-vaginale” perchè
arrivava appena a coprire il bordo delle calze autoreggenti e, altra
cosa strana, le décolleté tacco 13 a spillo. “Non molto indicate per una
hostess di volo.” pensai. Al collo, invece del classico foulard,
avevano un collare semi rigido di raso nero con un disegno in strass
sulla parte anteriore, sembrava avere la stessa forma del segno che la
commessa del duty-free mi aveva fatto sulla mano. Non portavano camicia e
il bavero della giacca andava a sottolineare la curva del seno, tutte
con i capelli raccolti sulla nuca in uno chignon, il tutto completato da
un piccolo cappello sulle ven
titré da cui scendeva una veletta nera con una trama tanto fitta da
nascondere gli occhi.
Salirono a bordo e si iniziarono le operazioni per il decollo.
-Attendiamo il capitano e partiamo.- disse la walkiria che per tutto
quel tempo mi era stata di fronte, come a volermi tenere sotto
controllo. -Ancora un minuto.- concluse.
Sentii dei passi sulla scaletta, probabilmente era arrivato ma da dove
era venuto? Non era insieme all’equipaggio e dal finestrino non l’avevo
visto arrivare, eppure da lì avevo la visuale su tutto il piazzale.
CRIBBIO! Era “Lei” il capitano?! Rimasi letteralmente a bocca aperta,
una delle hostess fece un sorriso divertito mentre la walkiria provvede a
chiuderla sollevando il mento con due dita.
Da quando era salita a quando si chiuse nella cabina di pilotaggio “Lei”
riuscì sempre a impedirmi di vederle il viso. Furono chiuse le porte e
supposi sarebbero iniziate le normali le operazioni per la partenza, e
infatti: -Prepararsi al decollo.- disse la walkiria rivolgendosi alle
altre hostess. Tutte cominciarono a svestirsi, compresa lei,  e a
riporre nel guardaroba il tailleur che avevano addosso, rimasero solo in
intimo, molto arrapante peraltro, cappellino, calze e scarpe.
“Prevedo un viaggio molto particolare.” pensai.
– Sì. Lo sarà.- disse la walkiria rivolta a me -Non immagini quanto.
Eh, certo, figurati se non succedeva ancora! Mi adagiai allo schienale e
attesi. Mentre l’aereo inizia a rullare verso la pista l’equipaggio
terminò di sistemare gli abiti nel guardaroba, fecero il normale
cross-check per il decollo quindi si sedettero sulle poltroncine di
servizio assicurandosi con le cinture di sicurezza. Piloti ed equipaggio
non si scambiarono alcuna informazione tramite interfono o segnali
acustici, come sarebbe normale su tutti gli aerei in fase di decollo ma
la cosa ormai non mi sorprendeva più, mi sentivo comunque tranquillo.
Decolló salendo con rateo di salita estremamente ripido per una rotta
civile, sembrava stessero spingendo l’aereo fino al limite dello stallo
perché non passarono più di cinque minuti dal decollo al momento in cui
raggiungemmo le nubi dove si mise in assetto da crociera. Anche la quota
era strana: perché volare all’interno delle nuvole?
La hostess che mi aveva portato fin lì si alzò dalla poltroncina di servizio si diresse verso di me.
-Tra poco cominceremo, ti dobbiamo preparare. Spogliati!
-Come scusa?- ribadii io -D’accordo che oggi ho già avuto di questi inviti strani, ma…
Guardandomi con aria severamente infastidita fece un cenno alle altre
assistenti di volo, due hostess vennero verso di me e mi sollevarono di
peso dalla poltroncina tenendomi saldamente sotto la spalla e per il
polso. Con me così bloccato la walkiria iniziò a sbottonarmi la camicia.
-Va bene, va bene, faccio da solo.- mi arresi.
-Ecco, bravo. Hai capito.- rispose lei.
Nudo come un verme mi fecero stendere sopra un lettino da massaggiatore
che era stato preparato. Divise sui due lati provvidero a manicure,
pedicure e depilazione strategica. Mi ritrovai pettinato,  sbarbato,
mani e piedi lisciati e la foresta bassa diradata così tanto che ne
rimase solo un pizzetto all’attaccatura del mio pennello, sufficiente
però per stimolare in modo appropriato un eventuale clitoride che lo
avesse incontrato.
A parte la walkiria, solo una di loro non aveva partecipato a quella
operazione: la più giovane. Pelle olivastra e capelli corvini,
probabilmente mediorientale, con un seno prosperoso di una quarta
abbondante e dalle curve ben piazzate.
-Bene, ora possiamo iniziare la cerimonia.- disse la capo hostess
rivolgendosi a me -Rilassati, non reagire a quello che vedrai o ti sarà
fatto o te ne pentirai.
Posò le sue labbra sulle mie in un casto bacio. Rimase così, immobile
sul mio viso mentre percepivo che mi veniva versato olio tiepido sul
corpo e iniziava un massaggio a più mani che stimolava soprattutto le
parti più sensibili, sembrava lo facessero apposta: anche se non
direttamente interessato da quella manipolazione il mio “cervello” da
uomo stava vivamente apprezzando quel trattamento e cominciava a darne
dimostrazione.
“In che cavolo di guaio mi sono cacciato? Accidenti a me è alla mia
curiosità!” pensai, ma la sensazione che già da prima avevo si fece più
insistente, dovevo verificare. “Decollare è stata una scelta. Visto che
prima o poi sarò obbligato ad atterrare,  vediamo almeno di goderci il
volo.” continuai a pensare “Qual’è il tuo nome?”
-Bene, cominciamo.-  mi sussurrò all’orecchio la capo hostess -Mi chiamo Elannah. Le altre intanto interruppero il trattamento.

Elannah si mise di fianco al lettino. Si chinò infilandomi una mano
dietro nuca, l’altra sul fianco mi attiró lentamente verso a sé.
Incontrai le sue labbra, umide, carnose in un bacio profondo, la mano
sul fianco scivolò lentamente verso il cazzo, lo impugnò e iniziò un
lento e piacevole movimento su e giù. Chiusi gli occhi e mi abbandonai a
quelle sensazioni, non era certo mia intenzione resisterle. Anch’io
mossi la mano sul suo fianco, fu naturale, automatico. La sua presa
sulla nuca si fece più decisa iniziando a succhiarmi il labbro
inferiore. Feci scivolare la mano verso l’interno coscia, verso
l’inguine,  volevo saggiare la figa, volevo sentirla, ma arrivarono
prima le sue unghie piantate sul collo e i denti serrati sul labbro ad
avvisarmi di desistere. Il dolore mi fece tornare sui miei passi,
aprendo gli occhi vidi Elannah che mi guarda severamente mentre si
sollevava da me e dietro di lei le altr
e quattro hostess attorniavano la più giovane che aveva lo sguardo di
un bambino davanti a una torta.
-Recepito il messaggio?- chiese Elannah.
-Forte e chiaro.- le risposi.
-Bene! Alzati adesso!- mi ordinò. Obbedii e, mentre due delle hostess
riponevano il lettino, Elannah mi lasciò per andare verso la giovane.
Seppure l’avessi paragonata a una MILF, il corpo era molto tonico e il
culo era una favola,  il tanga poi ne accentuava le forme: lo avrei
voluto saggiare volentieri in profondità. Ora era di fronte a l’adepta,
le due hostess impegnate con il lettino la raggiunsero, le slacciarono
il reggiseno liberando il seno prosperoso, da donna matura; le altre due
fecero lo stesso con la giovane.  Il suo naturalmente era più sodo e
giovane, più contenuto in confronto a chi le stava di fronte. Elannah
aveva uno sguardo fiero e bramoso verso la ragazza, lei ne sembrava
intimidita e chinò leggermente la testa, fecero entrambe un cenno e i
loro  tanga furono strappati tirando le fettucce sui fianchi.
La ragazza disse: -Elannah, Mia Signora Genitrice lascia che apra la porta della Vita.
-Ti sarà concesso. Sarai Inya che Marte controlla.- fu la risposta di
Elannah mentre le portava una mano sul pube e l’altra alla nuca, carezzó
un attimo il triangolo di peli corvini quindi scese più in basso
intrufolando un dito fra le grandi labbra. La ragazza parve come
sollevata, il viso tradiva quanto gradisse quel trattamento, socchiuse
la bocca e si abbandonò alla stimolazione che le veniva fatta sulla
clitoride, i suoi umori cominciarono a fluire all’esterno, il dito si
introdusse ancora più a fondo, separando le piccole labbra cominciò un
lento avanti indietro da e verso il perineo. Prima che potesse
soccombere all’orgasmo il dito si inserì nella vagina fino a incontrare
la resistenza dell’imene ancora intatto. Non venne lacerato ma la
sensazione di dolore le impedì di raggiungere l’orgasmo lasciandole però
la voglia. L’operazione proseguì per diverse volte fino a quando l&
rsquo;eccitazione della ragazza raggiunse un livello tale che i suoi
fluidi vaginali furono talmente abbondanti da colare lungo le gambe e
ogni semplice tocco la faceva sussultare. Elannah passò sulle gambe
della ragazza il palmo della mano usata per stimolarla raccogliendo i
rivoli di umori che stavano scendendo a terra.
-Vuoi mandare il tuo segno a Marte?- le chiese.
-Lo voglio!- rispose lei decisa -Apro a lui la porta della Vita e le porte del Piacere.

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