Fantàsia #6 – Es

Questa è la parte 7 di 10 della serie Fantásia

di Blubear

Una vita con la solita routine può avere svolte inaspettate…

Capitolo 6 – Es.


Nosce te ipsum.

“Mio dio! Che diavolo mi è preso! Amoreggiare con una donna! Che mi è preso!!!” Una miriade di pensieri le turbinavano in testa.
“Non è da me, sicuramente mi hanno drogata! Non è possibile che mi
comporti così. Che vergogna… E che schifo!!!” Era scioccata, ma anche
sorpresa di se stessa, del suo comportamento.
-Sì. Forse scopolamina e metaqualone c’entrano qualcosa.- disse Hande
alle sue spalle, -Ma non credo sia il tuo caso, gli effetti sono già
passati da un pezzo: hai dormito per ventidue ore.

Aveva raggiunto Ween nel guardaroba, asciutta e rivestita dopo la doccia
fatta insieme, poteva vederne l’espressione sconvolta dal riflesso
dello specchio della coiffeuse dove era seduta, ancora avvolta nel telo
che le aveva messo addosso.
-Cosa?- chiese Ween, interdetta dall’aver ricevuto risposta a una domanda non espressa.
-Dicevo: è possibile che ciò che abbiamo usato causi questo tipo di
comportamenti. Ma non ha certo il potere di costringerti a fare cose che
non vuoi. Quindi…- Ribadí Hande con un sorrisetto sarcastico.
Ween avvampó nel rendersi conto di cosa intendeva con quel “Quindi”.
-Adesso prepariamoci, ci stanno aspettando e rischiamo di arrivare in
ritardo.- Concluse iniziando ad armeggiare con le attrezzature da
makeup.
Ci volle parecchio tempo ma il risultato che Ween vide riflesso nello
specchio la lasciò senza parole: l’immagine di una Playmate.
“Non è possibile, non ci credo, sono io?!” Pensò.
-Non ti stupire, non c’è nulla di meglio di un buon trucco per
valorizzare una donna.- affermò Hande mentre apriva l’anta di un armadio
vicino a lei per prelevarne il contenuto – Soprattutto se abbinato al
giusto vestito.

-Ma è indecente!- esclamò Ween osservandolo, -Non mi metterò certo un coso del genere!

Era un vestito lungo, di seta bianca leggera, aperto sul di dietro:
talmente aperto da lasciare la schiena scoperta fin sotto l’inizio del
solco tra le natiche. Sul davanti era praticamente trasparente, salvo il
ricamo di un serpente: era tessuto con una trama in pizzo poco più
fitta e partiva all’altezza dell’ombelico per salire ad avvolgere il
collo, quindi ridiscendere con l’intento di coprire i capezzoli e
terminare in basso dove la testa a fauci spalancate celava a malapena
l’inguine.

-Senti, vedi di non crearmi problemi.- La riprese Hande, -Sei stata
assegnata a me e chi mi comanda non accetta rifiuti: non voglio
conseguenze a causa tua!
Lo stesso sguardo severo mostrato poco prima nel bagno, era chiaro: ogni resistenza sarebbe stata inutile.
-Ok, direi che ci siamo capite.

Hande prosegui levandole il telo in cui l’aveva avvolta dopo la doccia,
solo un accenno di Ween a trattenerlo: si vergognava ancora a farsi
vedere nuda anche dopo ciò che era successo ma la maniera decisa
dell’attendente ebbe la meglio, quindi alla fine si arrese e la lasciò
fare.
-In piedi e alza le braccia!- le ordinò e lei, obbediente, eseguí. Le infilò il vestito: calzava alla perfezione.
Ween era certa fosse stato fatto apposta per le sue misure perché non vi
era una piega fuori posto, il serpente di pizzo copriva esattamente i
punti previsti, l’orlo lasciava scoperte le caviglie, uno spacco per
lato arrivava giusto all’altezza del fianco dove i lembi si sormontavano
fra loro cosicché rimaneva chiuso, a patto che stesse ferma, ben eretta
e con le gambe unite.

Non capí bene perché ma Ween sentì il bisogno di mettersi in punta di piedi.
-Uhm, bene, bene, bene.- mormorò tra sé e sé Hande: seppur impegnata a
passare in rassegna la scarpiera aveva notato quel suo gesto e ne rimase
compiaciuta, -Alla natura non si comanda!
-Queste!- disse infine scegliendo un paio di Ankle Strap col cinturino
sottile e tacco particolarmente alto a stiletto. La calzata era fatta
solo di una sottilissima striscia in vernice: praticamente aveva solo la
funzione di tenere fissata la suola al piede.

-Non riuscirò mai a camminare con quelle! Rischio di rompermi una caviglia!- Si lamentò Ween.
-Oh, non ti preoccupare, so che c’è la puoi fare!- replicò Hande
inginocchiandosi davanti a sollevarle un piede per calzare la prima
scarpa e poi fare lo stesso con la seconda.

Ween, in precario equilibrio su quei tacchi esagerati, osservó Hande
inginocchiata davanti a lei e iniziò a provare un sottile piacere da
quella situazione: si sentiva una matrona romana durante la vestizione,
mentre viene aiutata dalla propria schiava personale.
Quel pensiero unito all’immagine di loro due insieme sotto la doccia la
eccitavano ne era sconcertata. Si rese conto di non poter impedire ai
capezzoli di ergersi e al suo nido di bagnarsi e di desiderare, no… di
voler ripetere quella esperienza.
Le sembrò che Hande avesse capito: nell’istante in cui quel pensiero
erotico le attraversò la mente Hande alzò la testa e la guardò con un
sorriso ambiguo.

Si, ne era quasi certa.

Terminato di allacciare la seconda scarpa Hande le bloccò la caviglia
con la mano mentre col palmo dell’altra era partita ad accarezzare
l’interno della gamba, risalendo verso l’inguine.

“Dio, no… Ti prego… No… Non ce la faccio…” pensò.
Stava mordendosi il labbro inferiore dalla voglia che provava ma non
voleva accettare, provò a bloccare quella mano serrando le cosce, ma fu
peggio: per non perdere l’equilibrio arretrò le braccia appoggiando le
mani sul piano della coiffeuse.
Quella posizione, più che un rifiuto, sembrava un invito esplicito a soddisfarla.
Le dita di Hande raggiunsero la fessura all’incrocio delle gambe, facendola sussultare.

-Tranquilla, non sarà come pensi.- le disse Hande -Devo allacciare il sottogonna, altrimenti ti salirà tutto fin sotto le tette.
Ne fu sollevata ma anche delusa. Effettivamente sotto il vestito sentiva dei laccetti, come se indossasse un reggicalze.

Hande lasciò la caviglia che stava tenendo e aprí un cassetto del mobile
dove Ween era poggiata. Estrasse uno strano oggetto di metallo: aveva
una vaga forma a L, arrotondata, il lato più lungo terminava a ogiva,
con tre anelli equidistanti alla base. Muovendolo produceva un
tintinnio. Ween comprese: era un dildo, molto particolare ma un dildo.

-Ho detto che non sarà come pensi, non che non ci sarà nulla.- le
sussurrò Hande mentre spostava la parte frontale del vestito per
scoprirle il monte di Venere. -Molto bene, vedo che non hai bisogno di
aiuti.
Era vero. Era così tanto eccitata che in quella posizione le grandi
labbra si erano leggermente dischiuse e si potevano vedere umori che
formavano filamenti sui bordi: sembrava l’ingresso della rana di un
ragno di terra.

Con pollice e indice Hande le divaricó bene la vulva, poggiò la punta
del dildo all’imbocco e iniziò l’introduzione. Ween non reagiva,
immobile nella posizione che aveva assunto cercava di domare le
sensazioni che le stavano combattendo dentro.
Avrebbe voluto fuggire, ma allo stesso tempo andare incontro a quello strumento di piacevole tortura.
Smise di respirare, strinse le dita sul bordo del mobile tanto da farsi
venire le nocche bianche. Rimase così, congelata, fino a quando Hande
non terminò di introdurre completamente la parte più lunga, quindi fece
in modo che quella più corta e ricurva sfiorasse la clitoride. Completò
l’operazione legando i lacci del vestito ai tre anelli cosicché rimase
fissato in quella posizione.
Capí quale sarebbe stato il supplizio: il dildo era parte integrante del
vestito, si sarebbe mosso dentro e fuori di lei ogni volta che avesse
mosso un passo. Non osó immaginare con quale risultato, viste le
condizioni in cui già si trovava.
-Su, cammina.- disse Hande mentre la aiutava a rimettersi eretta.
-N… Non ce la faccio- piagnucoló Ween.
Già solo le scarpe le rendevano difficile mantenere l’equilibrio con
quel coso dentro poi… Sarebbe stata distratta ad ogni passo: una
piacevole distrazione che le avrebbe impedito di pensare ad altro.
-Oh, si che c’è la puoi fare. … solo questione di allenamento, come
tutte le cose.- la rimproverò Hande. Prese in astuccio dallo stesso
cassetto dove aveva trovato il dildo quindi la accompagnò fuori del
guardaroba, verso la parete a specchio nella stanza.
Quei pochi passi erano stati un supplizio, mantenere l’equilibrio su
quelle scarpe la costringeva a muovere le spalle, e l’oggetto dentro di
lei, legato a loro dal vestito, le seguiva con un leggero movimento
circolare o con un dentro fuori che stimolava nello stesso tempo la
clitoride, colpita mai due volte di seguito nello stesso punto.
Il ricamo del vestito poi le stava stuzzicando i capezzoli.
Ogni passo un flashback: si immaginava vista dall’esterno alla ‘visita’,
nella ‘doccia’, alla ‘vestizione’; ogni metro un livello più alto del
piacere provava. Ma i passi furono troppo pochi.

-E adesso?- chiese.
-Un attimo.- Hande aprì l’astuccio.
Ween sgranó gli occhi: un collare, un collare in morbido cuoio nero, al
centro un anello di metallo. Al di sopra dell’anello una croce con i due
bracci inclinati fatta di strass, simili a diamanti, al di sotto la
scritta WEEN sempre in strass ma simili a smeraldi.

-Mettilo.-

Lo prese titubante e se lo avvolse al collo. Avvicinó le clip magnetiche
di chiusura e contemporaneamente al click del collare la porta sulla
parete a specchio si aprì.

-Potrai uscire di qui solo con indosso quello. Potrai toglierlo solo chiusa in questa stanza. Adesso andiamo.

Uscirono, Ween si trovò in corridoio con pareti coperte da pesanti tende di velluto scarlatto che rendevano l’ambiente ovattato.
Ebbe un brivido e dalla bocca socchiusa un sospiro simile a un rantolo: era lungo, molto lungo e alla fine…
delle scale.

Avanzò, appoggiata al braccio di Hande.

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